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Autore: AMYpond88    01/08/2023    3 recensioni
"Lui non fa mai cose del genere.
Mai.
È questo tutto quello a cui Megumi riesce a pensare, mentre tiene la fronte premuta contro il bancone del negozio, in quello che è il peggior post sbornia della sua vita.
Il primo e, può giurarlo, l'ultimo post sbornia della sua vita".
AU dove le vite di Megumi, Yuji e Sukuna si intrecciano in modo inaspettato.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fushiguro Megumi, Geto Suguru, Gojo Satoru, Itadori Yuji, Ryōmen Sukuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ijichi è un uomo morto. Peccato, si fidava di lui.
È abbastanza assurdo, con tutto quello che è successo, che sia questo il primo pensiero, nel momento in cui Gojo sente la porta dell'aula aprirsi alle sue spalle.
"Satoru..."
La voce di Suguru è poco più di un sussurro, appena udibile al di là del muro di musica che si è eretto attorno, alla barriera intaccata dal tradimento che ha appena scoperto di aver subito.
Gli viene quasi da ridere. Forse è davvero fottutamente melodrammatico come dicono.
Il sorriso, sfuggito al suo controllo per il tempo di un istante, si spegne prima che il nuovo arrivato abbia il tempo di coglierlo.
"Pensavo di aver detto in portineria di non far entrare nessuno..." , risponde, senza smettere di suonare, nemmeno troppo stupito da quanto suoni fredda la sua voce.
Non serve comunque a molto.
"... sai che se c'è qualcuno che fa più paura di te a quel pover uomo...", lo interrompe infatti Geto, con un sorriso da volpe stampato in viso.
Non che Satoru possa vederlo, dato che ancora dà le spalle all'altro, ma conosce abbastanza bene il compagno da sapere che quel sorriso è lì.
"È il mio tatuatissimo ragazzo...", conclude per lui.
"...e questo non fa che confermarmi quanto sia inetto".
"Non essere cattivo, Satoru..."

Non riesce a trattenere un ghigno.
Impeccabile, morale, integerrimo Suguru.
Alla fine passano gli anni, ma l'uomo resta sempre lo stesso ragazzo che gli faceva da bussola morale al liceo.
'Non si prendono in giro i più deboli, Satoru...'
'Aiuta gli altri, Satoru...'
'Non essere cattivo, Satoru...'
Di una cosa Gojo è certo: Suguru potrebbe iniziare un genocidio ed ergersi comunque ad eroe tragico intriso di onore e senso del dovere.
Eppure, per una volta non è lui ad avere il vantaggio morale nella litigata.
La sua terapista avrebbe qualcosa da dire a riguardo della sua gestione dei contrasti all'interno della coppia. Qualcosa che suonerebbe tipo che l'importante non è vincere. Che serve aprirsi alla comunicazione.
Stronzate.
Lui è Satoru Gojo, lui vince sempre.
C'è un problema però. In quello che le persone che lo circondano definirebbero il tipico sfoggio di arroganza di cui alcuni (tutti) lo accusano, non ha però tenuto conto di una cosa: l'effetto che ha su di lui la voce di Suguru.
Rassicurante come una carezza, placida come la pioggerellina che segue un acquazzone estivo.
Gli scalda il cuore, anche quando lui vorrebbe rimanersene nel freddo della sua ragione.
Anche quando cederebbe volentieri alla tentazione di restare barricato sul suo piedistallo, a crogiolarsi alla luce (fredda) dell'ammirazione che essere il migliore, sempre e comunque, gli assicura.
Anche se alla fine sa bene che se stesso è la peggior compagnia che possa avere.
Ma Suguru lo viene sempre a riprendere. Spera non smetta mai.

Termina il brano, prima di lasciar cadere il braccio che tiene l'archetto lungo il fianco e adagiare il violino nella custodia.
Sente Suguru muoversi verso di lui, le dita che scorrono gentili sul legno dei banchi.
Avanza piano, sembra tastare le acque. Solo quando è abbastanza vicino da essere certo che Gojo gli sarebbe già saltato alla gola se avesse voluto, si decide a parlare di nuovo.
"Mi hai lasciato in balia di due mocciosi...", cantilena con un tono tanto lamentoso da sfiorare il teatrale.
Sbuffa in risposta, incredulo. Il compagno vuole davvero prenderla così alla larga?
Non può negare di provare sentimenti contrastanti per la scena che si sono trovati davanti. Megumi, con... beh, deve ammettere che è abbastanza inaspettato.
Finge comunque disinteresse, prendendosi il suo tempo prima di rispondere.
"È il minimo... li hai buttati sotto una doccia fredda?"
"No, gli ho lasciato un paio di preservativi e sono uscito..."
Il silenzio in risposta a quello che si augura sia uno scherzo, deve essere abbastanza gelido da far riconsiderare a Suguru le sue parole, dato il passo indietro che arriva in pochi istanti.
Nonostante Gojo non stia ancora guardando, può quasi vedere le mani alzate in segno di resa.
"Colpo basso, scusa", riprende Geto, masticando un sorrisetto.
"Ho sequestrato le chiavi dello studio e li ho mandati a prendersi una birra..."
"Cosa sei venuto a fare, Suguru?"
Si volta appena, facendo un nuovo errore, cadendo ancora una volta nel tranello della sua eccessiva sicurezza.
Shoko direbbe che Satoru è davvero il peggior nemico di se stesso.
Se la voce di Suguru, il tono cadenzato con cui scandisce le sillabe del suo nome, sono miele, posare lo sguardo su di lui è sempre e comunque una gioia per gli occhi.
Rabbia a parte, si definisce un uomo onesto e oggettivamente deve ammettere che Suguru è bello. Non riesce a pensare ad un'epoca in cui la sua bellezza risulterebbe fuori luogo.
Anche così, scocciato, stanco, con odore di sesso addosso e scritta in faccia la voglia di farsi una doccia.
Anche così, tutto nell'uomo riesce a far sussultare Satoru, tanto da spingerlo a lottare con le unghie e con i denti per rimanere arrabbiato.
Un'occhiata basta per portarlo sul punto di mandare a quel paese il suo puntiglio, per riprendere con mani, bocca, lingua, quello che la sua mente e i suoi occhi hanno già ricominciato a fare.
Quando però Geto si lascia cadere su una delle sedie, con uno sbuffo che grida tutta la sua stanchezza e con le occhiaie scure che segnano il viso, Satoru sente che un brav'uomo potrebbe quasi impietosirsi.
Niente litigata, niente discussioni, soprattutto niente sesso.
Ma lui non si definirebbe né pietoso, né un brav'uomo.
Suguru non pare cogliere le sue intenzioni, almeno per il momento e alza lo sguardo su di lui, mentre ricomincia a parlare.
"Ho sbagliato a non affrontare il discorso con te..."
"Sì, lo hai fatto".
"Ma non sono pentito di aver..."
"Strano modo per essere dispiaciuto..."
"... parlato con Megumi, solo avrei dovuto..."
"Parlarne con me, prima?"
"Satoru pensi di riuscire a farmi finire una frase?"
"Farti finire la frase non era esattamente quello a cui stavo pensando..."
Geto lo guarda, inclinando il capo, improvvisamente più consapevole.
"Sei arrabbiato con me..."
Non è una domanda. È un'affermazione, ma si sente in dovere comunque di dare conferma.
"Lo sono..."
"Ma non stiamo per parlarne..."
Nemmeno questa è una domanda, ma la sua risposta si limita ad un ghigno.
"Satoru, sai che dovremmo trovare un modo di dialogare che non coinvolga il sesso?"
Fa spallucce. Apre con un ginocchio le gambe di Suguru e si piazza in mezzo.
Affonda una mano tra i capelli corvini e tira, forzando l'uomo ad inclinare la testa, fino ad incrociare il suo sguardo.
Sorride, mentre lascia scorrere sullo zigomo alto le dita che non sono impegnate a torturare il cuoio capelluto dell'altro.
"Possiamo fare a botte, se vuoi...", propone, il tono di chi forse sta scherzando o forse sta proponendo davvero un'alternativa plausibile.
"Come al liceo?"
"Come al liceo..."
Per un attimo gli occhi di Satoru perdono ogni traccia della malizia gelida, della finta gentilezza, del sottile spasimo al dominio e al possesso che sa di avere scritto in faccia, un appunto leggibile solo da Suguru, ma non per questo meno radicato.
Per un secondo, sorride con il cuore al ricordo di Suguru sedicenne, ancora incapace di non perdere i nervi davanti alle sue buffonate.
È solo un istante però, prima che si ricordi che questo Suguru sa gestirlo fin troppo bene. Che non solo questo Suguru gli ha mentito, anzi gli ha nascosto la verità (di nuovo), ma se lasciato libero di parlare cercherà di convincere lui e forse anche se stesso di averlo fatto per il suo bene.
Di tutti i modi in cui potrebbe sfogare la sua rabbia, il più sano, con buona pace di quello che la sua psicoterapeuta avrebbe da ridire a riguardo, o almeno, il potenzialmente meno pericoloso passa attraverso il sesso. Decide definitivamente di optare per quello.

"Quindi non vuoi proprio farti perdonare?"
Quando parla lo fa con il suo tono più gentile, indossando il suo sorriso più dolce.
Tutto però fa a pugni con la presa sempre più stretta sulle ciocche corvine del compagno.
La morsa delle dita sui capelli dell'altro non si allenta nemmeno di una briciola, obbligandolo a lottare per conquistare ogni centimetro per riportare il suo collo in una posizione appena più sopportabile.
Non ha rimpianti per il sibilo che sfugge a Suguru, sa cosa gli piace. E lasciare che lui giochi con i suoi capelli è una delle cose che preferisce, anche quando finisce per portarlo al limite del dolore.
Quando Satoru si ritiene soddisfatto, con una mano scende lungo il torace, facendosi spazio nello scollo della maglietta, mentre l'altra abbandona il ruolo di aguzzina e scivola a far leva sulla spalla, per dargli un po' di equilibrio mentre si sistema a cavalcioni sul grembo del compagno.
Si concede la soddisfazione di catturare l'istante in cui l'uomo trattiene il fiato.
Vuole sentire tutto di Suguru.
Il calore della pelle sotto i vestiti, il cuore che batte, i muscoli tesi.
Quindi scende, lento, sfilando la t-shirt nera, lasciando baci a bocca aperta su ogni centimetro di corpo che scopre.
Non morde, come vorrebbe, non graffia, come le sue mani tremano dalla voglia di fare.
Abbandona ogni segno della rabbia che gli scorre sotto pelle.
Da fuori potrebbe sembrare tenerezza.
Lui sa che quella che sta portando avanti è una tortura.
Conosce Suguru.
Conosce mille e uno modi per farlo impazzire.
Ne conosce anche di più per farlo pregare, anche se non pensa gli servirà ricorrere a molti di questi.

"Satoru..."
La voce di Geto esce come un sussurro, una richiesta. Vuole che si fermi?
Vuole che lo ascolti parlare? O vuole le sue unghie piantate sulla schiena?
Probabilmente non lo sa nemmeno lui o vuole fingere di non saperlo.
Satoru è abbastanza attento da notare come le dita dell'altro si contraggano, grattando il tessuto dei jeans che indossa, a soffocare l'istinto, il bisogno di afferrarlo, di affondare le mani nei suoi fianchi.
"Satoru noi dovremmo parlare...", riprova Geto, agitandosi sulla sedia e deglutendo a vuoto.
Peccato, pensa Gojo. A questo punto sa bene cosa vuole ed è abbastanza sicuro di non voler parlare.
Le sue dita abbandonano la presa sulla spalla, corrono lungo la clavicola, per avvolgersi al collo, stringendo abbastanza da lasciare per un attimo l'altro senza fiato.
"Ah ah, non so se voglio sentire altre bugie per sta sera...", ghigna, scuotendo la testa.
Il battito della giugulare dell'uomo sotto il suo palmo è così allettante, che vorrebbe sentirlo sotto la lingua.
Ma si trattiene.
Invece allenta la presa e prende il mento di Suguru tra le dita, approfittando del momento di calma per sfilarsi gli occhiali da sole che indossava fino ad un istante prima.
"Fammi vedere, quanto vuoi farti perdonare...", sussurra, così vicino che a dividerli sembra esserci solo una particella d'ossigeno, anche se pare infinita.
Mette qualche centimetro tra di loro. Non per concedere il sollievo, ma per incrociare lo sguardo dell'altro.
Per non perdersi l'istante in cui vedrà Suguru rassegnarsi, accettare come sconterà la sua pena, almeno per la prossima ora.
Guardarlo lasciarsi trascinare nel capriccio di un autoproclamato semi dio viziato.
Lo adora. È quasi catartico.
Quindi sfiora il guscio dell'orecchio, lasciando che il suo respiro accarezzi la pelle tenera del collo. È vicino, abbastanza perchè quello ha da dirgli possa bruciare ogni nervo.
"E non ti sognare nemmeno di essere gentile".
Ed è in quel momento che qualcosa nella stoica determinazione di Suguru si spezza.
Satoru fa appena in tempo a notare lo sguardo dell'altro scurirsi, prima di cantare vittoria sentendo il ringhio esasperato che segna la resa del compagno, mentre chiude la distanza tra loro e lo divora.

*

Sei giorni prima, mattina...


"Sei reale?"

"Puoi nascondermi?"

"Che cosa ci fai qui?"


Quando decide di arrendersi all'inevitabile, ovvero alzarsi, Megumi si mette seduto sul letto, una mano a grattare la tempia, l'altra a cercare di spegnere la fonte di rumore e fastidio che da almeno una mezz'ora cerca di ignorare, girando e rigirandosi nelle lenzuola come un ossesso: il suo telefono.
Deve essere nato nell'epoca sbagliata. Magari il periodo Heian sarebbe stato più adatto a lui? Ci si vede bene in abiti tradizionali. Un po' scomodi forse...
Peccato soprattutto per la mancanza di biancheria comoda e di medicinali.
In ogni caso gli smartphone non sarebbero stati inventati e l'assenza di antidolorifici non gli pare un contrappasso così folle, dato che forse non gli servirebbero.
Ora ad esempio non avrebbe bisogno di una pastiglia per il mal di testa, se praticamente tutta la sua famiglia non lo stesse assaltando via whatapp.
Escluso Geto, che comincia ad essere davvero il suo non parente, l'ennesimo, preferito.
Per il resto la casa è stranamente silenziosa e questo spiega perché il suo cellulare continui a vibrare dalla scrivania.
Cielo, perché non ha silenziato le chat prima di mettersi a dormire?
Cede definitivamente, lo schermo che si illumina sotto le sue dita, mentre lancia una veloce occhiata al numero inquietante di contatti che lo stanno stalkeran...cercando.
In cima alla lista, la sua versione bambina lo guarda con evidente fastidio, mentre cerca di liberarsi dall'abbraccio di una versione più giovane di Gojo.
Non aveva notato che l'uomo avesse di nuovo cambiato la foto del profilo.
Ma perché deve sempre usare foto tanto imbarazzanti? Almeno per lui...
Decide di levarsi il dente e aprire per prima la conversazione con il suo tutore.
Avvia il vocale e... sì pente al volo.
'Megu...'
Blocca la riproduzione, un brivido che lo attraversa, mentre le sue sopracciglia si aggrottano in un attimo di nervoso.
A quanto pare ha sopravvalutato la sua capacità di sopportazione del genere umano ad inizio giornata, perché non era davvero pronto per il tono squillante di Gojo.
Decide di concedersi ancora un attimo. Chiude gli occhi, respira profondamente, conta fino a dieci in via precauzionale e... via.
'Megumi~ chaaaan! Sono in aeroporto a prendere Mimi Chan e Nana Chan...'
Allontana il telefono dall'orecchio, chiedendosi se sia legale urlare tanto alle otto della mattina... e se lo sia usare così tanti vezzeggiativi.
'Comunque dopo che avremmo fatto una sorpresa così gigantesca a Suguru, che comincerà a piangere dalla gioia fino a vomitare dall'emozione...'
Megumi fissa incredulo lo schermo, chiedendosi cosa diamine non vada nella testa di Gojo e guardando quanto manca al termine del vocale.
Trenta secondi, può farcela.
'Potremmo vederci per quel pezzo?'
No. No. No  assolutamente no. La fronte gli fa ancora male dal giorno prima.
'Comunque prima andremo da...'
Interrompe, questa volta definitivamente, la riproduzione.
Decide di ignorare momentaneamente la chat di Mimiko ed a tempo indeterminato quella di Nanako. Tanto diranno le stesse cose del suo tutore e probabilmente lo faranno in coro.
Scorrendo le conversazioni, scopre che no, alla fine nemmeno Geto si è risparmiato dal contattarlo.
Il suo messaggio è breve, un vocale di pochi istanti per ricordargli di controllare che Gojo abbia impostato la lavatrice e dirgli di chiamarlo quando avrà risolto la questione di cui hanno parlato.
Liquida velocemente la questione: la lavatrice sarà sicuramente da programmare.
Decide che il resto sarà un problema del Megumi del futuro, almeno di quello del primo pomeriggio.

Si alza dal letto, avviandosi verso la cucina insolitamente silenziosa, mentre apre la chat con Tsumiki.
Sorride tra sé e sé, guardando la foto inviatagli dalla sorella: un selfie che la ritrae raggiante, con Demon Dog e Shinigami che trotterellano felici al suo fianco.
Ecco perché tanto spazio libero nel letto, ridacchia. Mentre cammina per la cucina deciso ad ignorare le restanti conversazioni, almeno non prima di aver bevuto il suo tè mattutino, una nuova notifica attira la sua attenzione sulla chat con Tsumiki.
Alza un sopracciglio, incuriosito, all'arrivo di una seconda foto.
Qualcosa nel suo stomaco si contorce, una sensazione che trova conferma quando Megumi apre l'immagine.
La ragazza ha il viso sporco di fango, l'espressione colpevole.
I cani sono totalmente coperti di terra.
La didascalia della foto recita: 'Tutti infangati. Siamo caduti'.
Impreca tra sè e sè, immaginando Demon Dog che trascina in giro sua sorella, cinquanta chili scarsi di ragazza, chiedendosi quanto questo scombussolerà la sua giornata.
A pensarci bene, è comunque una scusa per evitare Satoru e il suo dannato archetto.
Apre la rubrica, non fingendo nemmeno più di stupirsi a vedere il negozio toelettatura cani tra i contattati frequenti.
Se deve essere proprio sincero, non è che incidenti del genere capitino solo a Tsumiki.
Dopo un paio di squilli, la ragazza che gestisce il negozio risponde allegra. Sembra quasi che canti.
Come diamine si fa ad essere tanto allegri la mattina?
Il tono di voce all'altro capo del telefono diventa mortificato in poco più di un attimo: l'unico posto libero è per le due.
Cazzo. Punto primo: non ha più scuse per la mattina.
Punto secondo: è esattamente l'ora dell'appuntamento con Itadori e kugisaki.
Una parte di lui è sinceramente dispiaciuta di dover rivedere i suoi programmi.
Cerca di scacciare il pensiero che prende piede nella sua mente: la delusione che compare sul volto di Itadori.
Non vuole ammettere che forse è l'idea di disilludere le aspettative dell'altro a infastidirlo.
Vuole davvero incolpare la sua mania del controllo per il piccolo tarlo che si sente dentro e pensa che lo farà. È troppo presto per essere sinceri con se stessi.
Si ferma a riflettere a come aggirare il problema. Tsumiki probabilmente gli suggeribbe di invitarli, ma dove? A lavare due cani?
Sbuffa. Apre la chat con Yuji e inizia a parlare...

"Oh, terra chiama Megumi! Non hai risposto alla mia domanda..."
Le immagini nella sua testa si infrangono come una bolla di sapone, lasciando il posto al viso abbastanza scocciato di Sukuna, vicino, troppo vicino, perché diamine deve essere così vicino? che gli ricorda di non aver detto una parola in risposta.
Nessun altro, a parte lui, ha assistito al Nelle puntate precedenti andato in scena nella sua testa.
Ora, c'è un problema: Megumi ama il suo spazio personale.
È il suo posto felice, la sua zona di confort, il bastione della sua sicurezza, passato negli anni da una riproduzione fedele del Fosso di Helm a poco più di un fortino, a causa dei continui assedi a cui è stato sottoposto da Satoru, Tsumiki, le gemelle, Satoru, ora Yuji e Nobara e ha già detto Satoru?
Con il tempo però anche la sua famiglia ha imparato che c'è un confine inviolabile, una distanza, uno spazio fisico minimo che non vorrebbe vedere invaso.
Beh, tutti a parte Satoru, ovviamente.
Ora Sukuna, dopo l'iniziale momento di smarrimento, non sta violando la sua confort zone, la sta facendo praticamente a pezzi.
Palmi delle mani appoggiati sul lettino ad ingabbiarlo, viso spinto verso il suo.
"Che diamine ci fai qui?", quasi ringhia, evidentemente incapace di ripetere due volte la stessa domanda senza sembrare sul punto di scatenare una rissa.
È una domanda lecita, comunque, pensa Megumi. Peccato che anche lui ne abbia una.
"Perchè mi hai appena chiesto se io sia reale?"
Sukuna accusa il colpo, per il tempo di un istante.
"Un'allucinazione non sarebbe così saccente...", risponde, mettendo su un sorriso storto, che di sicuro non va a colpirgli dritto allo stomaco... O almeno Megumi non ha intenzione di ammetterlo.
Il ragazzo non gli lascia il tempo di pensarci, mentre si allontana per riprendere il bicchiere che aveva posato, sarebbe meglio dire schiantato, sul tavolino.
"Quindi rispondi alla seconda domanda", riprende, bevendo un sorso di caffè.
Megumi lascia ciondolare le gambe dal lettino, gomiti appoggiati sulle cosce e testa abbandonata sul palmo della mano.
"Risposta veloce?"
"Va bene anche quella..."
"Evito Gojo".
Sukuna ridacchia. Un suono sporco che assomiglia quasi più ad un ghigno, ma pare sinceramente divertito.
"Per quanto possa anche essere solidale in questo", puntualizza dopo un istante, "la sento solo io l'allegra riunione di famiglia nella stanza a fianco?"
La voce esageratamente alta di Gojo arriva puntale da oltre la parete, fastidiosa come sempre, ma capitando a proposito.
"Pensavo passassero da... beh, dovrei semplicemente ascoltare i messaggi per intero e..."
"Non mi sento di condannarti per non averlo fatto", fa spallucce il tatuatore, lanciando un'occhiata storta verso la porta. Nella stanza a fianco, Satoru sceglie quel momento per scoppiare in una risata.
"Puoi stare qui quanto vuoi, mi inventerò una scusa per usare un'altra cabina..."
Sukuna fa per uscire, ma appena arriva alla porta si ferma. Sembra riflettere per un istante, indeciso sulla direzione da prendere.
Guarda Megumi da sopra una spalla, scuote la testa, borbottando qualcosa tra sé e sé.
"Se ti facessi una terza domanda?"
"A questo punto... "
"Vuoi uscire con me?"

*

"Cazzo!"
Sdraiato sul materasso, Yuji impreca, le mani che corrono a coprire il setto nasale nel punto in cui il suo cellulare ha colpito, scivolandogli dalle mani mentre lo teneva sospeso a pochi centimetri dalla faccia e piombandogli sul naso.
Si sente in imbarazzo, sia per essersi fatto male in un modo tanto idiota, sia per come se si sente quasi fosse stato colto in flagranza di reato da Fushiguro.
È uno stupido, davvero. Alla fine era solo un sogno.
Un sogno in cui nemmeno riusciva a baciarlo davvero.
Si fa coraggio e ascolta il vocale.
Anche perché comincia davvero a scappargli tanto da andare a fare pipì e la sensazione della sua vescica che sta per esplodere gli impedisce di pensare razionalmente.
Senza contare che il naso comincia a fargli davvero male.
Nonostante tutto, non riesce ad impedire ad un sorriso di aprirsi sul suo volto mentre ascolta la voce di Fushiguro dare vita al suo telefono.
Bastano trenta secondi scarsi però, perché le sue labbra si stringano in un cipiglio deluso.
Il ragazzo probabilmente non riuscirà a raggiungerli oggi.
La motivazione gli sembra un po' una scusa, anche se l'altro non gli pare proprio il tipo da inventarsi frottole.
Lo conosce poco, ma qualcosa gli dice che se non avesse voluto vederli, si sarebbe semplicemente rifiutato senza troppe cerimonie.
Poi un' idea. Certo che... sarebbe troppo invadente?
Si rigira il cellulare tra le dira, frenetico. Sembra quasi che l'apparecchio scotti fra le mani.
Non riesce a decidersi, apre e chiude la chat con Fugushiro, passando una decina di minuti buoni a iniziare messaggi e vocali che non invia.
Lancia il cellulare sul cuscini e si lascia cadere sul letto, il viso affondato nel cuscino.
Il caffè preparato da Sukuna sta decisamente diventando freddo. Diamine, una volta che il fratello si è degnato di prepararlo.
Deve venirne a una. Scorre la rubrica, fino al contatto di Kugisaki.
Se qualcuno può incoraggiarlo, quella è lei.
Se qualcuno può dirgli che quella che sta per fare è una cavolata, è comunque lei la persona giusta.
In ogni caso, la ragazza non si tratterrà dal dargli un parere sincero e spontaneo. Forse troppo spontaneo.
Uno, due, tre squilli.
"Itador..."
"Sei una persona da cani?"
Per chiunque sarebbe una domanda stupida. Non per Nobara.
"E chi non lo è?", risponde la ragazza senza troppa esitazione.
"Junpei. Secondo me lui preferisce i gatti...", ribatte lui, chiedendosi perché gli sia spuntato in mente l'altro ragazzo. Per la seconda volta da quando è sveglio, ad essere sincero.
Deve coinvolgere anche lui?
Sì, non vede perché no. Chiamerà assolutamente anche lui.
"Probabile. Perché me lo chiedi?", incalza l'amica dall'altro del telefono.
Sorride, improvvisamente sicuro di sé.

"... ti va di andare a far il bagnetto a due cani lupo?"





Ok, questa volta ci ho messo davvero, davvero, davvero un sacco. Eviterò di tediarvi con i motivi del mio assurdo ritardo che finirei solo per annoiarvi, mi limito a scusarmi 😅
Metteteci anche di mezzo che se un capitolo non piace a me, do per scontato che non piacerà manco a voi, quindi preferisco ritardare che mettere giù qualcosa che non accontenti nemmeno la sottoscritta.
Detto questo, vi abbraccio e spero di riuscire a lanciare il prossimo capitolo in tempi umani.
Ps. Se volete un'idea dell'espressione che fa Satoru mentre seduce/malmena quell'altro pazzo di Suguru, andate a vedere quando sorride tutto caruccio a Jogo prima di staccargli la testa nella prima stagione.
La scrittura di questa scena mi è costata un mesetto a sentire e risentire "L'odore" e "Veleno" dei Subsonica, apprezzate lo sforzo.
Ancora un abbraccio Amy
   
 
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