Ambwitchious: di
Balli, Paparazzi e Serpeverde è disseminata la via per il
potere
“Pochi
vedono quel che siamo, ma
tutti vedono quello che fingiamo di essere”
N.
Macchiavelli, Il principe
«Hermione,
grazie
di averci raggiunto, il Ministro era così ansioso di
conoscerti». Il sorriso
del Direttore del Dipartimento per le Creature Magiche era talmente
abbagliante che per un attimo le ricordò la dentatura
smagliante di Gilderoy
Lockhart. «Hai per caso avuto modo di sentire
Harry?»
E
altrettanto
falso.
Macduff
la
chiamava sempre quando c’era qualche ospite importante con
cui pavoneggiarsi,
meglio ancora se poi tramite lei riusciva a nominare almeno dieci volte
in una
frase l’Ex Bambino Sopravvissuto, ormai a capo degli Auror.
Bambino
sopravvissuto che notoriamente si guardava bene
dall’accettare qualsiasi voglia
uscita pubblica che non consistesse in un gelato da Florian
Fortebraccio.
Almeno
lui aveva
la scusa del lavoro, anche se sapeva che in quel momento probabilmente
se ne
stava seduto alla sua scrivania sbuffando sotto una marea di
scartoffie. E lo
sapeva benissimo perché solitamente il suddetto
NonPiùCosiBambino Sopravvissuto
le mandava un gufo per lamentarsi verso le diciotto, invitandola a
prendere un
drink insieme per aiutarlo con i compiti a casa. Ehm, con le pratiche
burocratiche. Ormai avevano lasciato Hogwarts da più di sette anni, eppure certe cose non cambiavano mai
E
senza Ron,
trasferitosi a Chudley per allenare la sua amatissima squadra, era
rimasta solo
lei, la mente del Golden Trio, da sfoggiare neanche fosse una dannata
Coppa
contraffatta
del Torneo Tre Maghi.
«Pensavo
volessimo parlare del mio progetto sui diritti degli Elfi Domestici, Ed»
sibilò tra i denti,
calcando su un diminutivo che non si era mai sognata di usare, mentre
sorrideva
al Ministro degli Esteri kazakho, parlando decisamente troppo
velocemente
perché questo capisse qualcosa di più di una
delicata stretta di mano e un
cortese cenno con la testa.
«Non
ora, non
vedi che abbiamo ospiti importanti? Ti fermi a cena con noi, vero? Ho
prenotato
in un magnifico ristorante di Diagon Alley, solo il meglio per il
nostro caro
amico Alimov. Sicura che Harry non possa raggiungerci?»
Hermione
fece
finta di non sentire, ingoiando gli insulti coperti da qualche scusa
per non
poter essere presente.
Odiava
essere
distratta dal suo lavoro, e ancora di più odiava quelle cene
in cui nessuno le
rivolgeva una sola domanda interessante, tutti troppo compiaciuti di
poter
tornare a casa con una bella foto e un racconto su quanto fosse in
realtà
scialba e poco attraente la strega più intelligente della
sua generazione.
Aveva
pensato
decine di volte di lasciare il posto, ma cosa sarebbe accaduto al suo
progetto?
Non c’era nessuno di cui si fidasse abbastanza da lottare
affinché venisse
approvato, e lo stesso Shackebolt era impossibilitato a scavalcare i
capi
Dipartimento. D’altronde, nonostante fossero passati
già diversi anni, anche
per lui il passaggio da operativo a politico non era stato affatto
semplice. Ed
ora era semplicemente troppo stanca persino per continuare a lottare.
All’inizio
tutto
sembrava andare per il meglio: ancora prima di prendere la decisione di
tornare
comunque a Hogwarts per un ottavo anno aveva già ricevuto
decine di proposte
dal Ministero. Avrebbe solo dovuto indicare un posto e sarebbe stato
suo,
questo è quanto le avevano promesso.
Ed
in effetti era
stato così. Era stata a lungo indecisa su quale Dipartimento
scegliere,
stilando liste su liste di pro e contro, discutendone a sfinimento con
Ginny,
Luna, Neville, Harry… e Ron.
Ron
che ogni
sabato libero dall’addestramento per gli Auror in cui si era
imbarcato insieme
a Harry, veniva a Hogsmeade e l’aspettava da Madame
Rosmerta e che si
illuminava nel vederla entrare da quella porta.
Ron,
con il quale
aveva preso un appartamentino vicino al Ministero e con il quale aveva
provato
per la prima volta la felicità di addormentarsi ogni notte
cullata dal tepore
del suo corpo.
Ron,
con cui
aveva condiviso gli incubi e i ricordi che li facevano urlare ogni
notte.
Ron,
che un
giorno aveva capito di non poter più vivere
all’ombra di Harry e aveva avuto il
coraggio di cambiare drasticamente vita.
Ron,
che un
giorno a colazione aveva guardato e si era resa conto di non amare
più, non
come avrebbe dovuto, perlomeno.
Ron,
che non
avrebbe mai saputo che dietro quell’incredibile proposta
lavorativa c’era stato
lo zampino di Viktor Krum.
Le
mancava
Viktor, la sua fiducia in lei, il suo non fare domande.
E
il suo
fregarsene di tutte le convezioni sociali.
Ma
lei non era
Viktor Krum.
E
neanche Harry
Potter.
Lei
era Hermione
Granger e, per Godric Grifondoro, era finita chissà come a
fare la fine di un
esperimento di pozioni finito male in un ufficio minuscolo che di
brillante
aveva solo la targa sulla porta.
Esausta
si buttò
sul divano dell’appartamento, rigirando pensierosa un
triangolino di cartone
grigio che qualcuno le aveva fatto scivolare sotto la porta
dell’ufficio mesi
fa. Accompagnato solo da due righe.
Fortitudo Prodo Laurus
Dov’è il tuo coraggio,
Granger?*
Seguiva
poi un
testo da pubblicare sulla Gazzetta del Profeta, talmente idiota che
aveva
pensato all’inizio ad uno scherzo di pessimo gusto. Eppure
non era riuscita a
gettarlo via, qualcosa dentro di lei l’aveva spinta a
nasconderlo nel senza
fondo della sua borsa.
Le
era venuto di
nuovo in mente mentre guardava i denti troppo bianchi di Macduff.
In
fondo cosa
aveva da perdere?
Grattastinchi
miagolò soddisfatto, guardandola di sottecchi prima di
acciambellarsi e
mettersi a dormire senza più degnarlo di uno sguardo.
Prima
di cambiare
idea, scarabocchiò velocemente il messaggio per la Gazzetta, inserendo
i soldi
per la pubblicazione nella busta che consegnò al suo gufo.
Iniziava
davvero
ad avere le allucinazioni, per un attimo le era quasi sembrato di
vedere la
sagoma di Piton che la guardava sconsolato, meglio che leggesse il
report che
Justin le aveva mandato, forse avrebbe trovato qualcosa di
interessante. O
almeno avrebbe evitato di pensare di essersi appena fatta fregare da un
perfetto sconosciuto.
Il
giorno dopo
Hermione aveva evitato accuratamente la sezione annunci della Gazzetta
del
Profeta, limitandosi a spostare la copia che le era stata regolarmente
recapitata sia a casa che al Ministero nell’angolo
più esterno della sua
visuale, coperta da una marea di appunti e relazioni.
In
fondo se
davvero era solo una presa in giro si doveva solo comportare
normalmente, e nel
caso qualcuno avesse fatto qualche riferimento avrebbe dovuto
semplicemente far
finta di niente.
Nel
primo
pomeriggio, ormai sicura che si fosse trattato di uno scherzo di
pessimo gusto,
aveva deciso di potersi avventurare fuori dalla sua stanza per andare
da Harry,
il quale le aveva mandato tre gufi e tre chiamate via camino pregandola
di
scendere prima che schiantasse tutti i suoi inutili apprendisti. Quando
era
arrivata aveva trovato il suo miglior amico con i capelli ancora
più dritti del
solito e uno sguardo omicida negli occhi verdi. A dire la
verità, il modo in
cui l’aveva trovato a camminare avanti e indietro tra le
nuove reclute con una
nube scura di malumore che lo seguiva, aveva fatto davvero fatica a non
fargli
notare quanto fosse simile a Piton. Oh, quando l’avrebbe
raccontato a Ginny…
era certa che anche lei l’avrebbe trovato estremamente
divertente.
Certo,
più di
Harry che sembrava pronto a buttarsi direttamente nelle fauci del primo
Ungaro
Spinato che avesse trovato parcheggiato fuori dal Dipartimento degli
Auror.
Stava
ancora
ridacchiando, pensando alla fotografia che aveva scattato di nascosto
per
ricattare a vita la Speranza dei maghi ogni volta che avesse tentato di
farla
uscire di casa quando lei non ne aveva nessuna voglia, quando
notò che c’era
qualcosa che non andava.
La
sua
assistente, una ragazza dai lunghi capelli biondi sempre perfettamente
acconciati in una coda di cavallo tenuta da un nastro ossessivamente
dello
stesso colore del vestito, che solitamente era una persona estremamente
precisa
e disponibile, si era rintanata appena l’aveva vista svoltare
nel corridoio,
rossa in faccia.
L’occhio
le cadde
poi su quello che Amelia teneva in mano, con la stessa faccia colpevole
con cui
il povero Dobby aveva ammesso di aver tentato di uccidere Harry, tanti
anni
prima. Ma in quel momento non c’era nessuno da salvare con
metodi alternativi
spinti dall’amore, seppur discutibili, e, soprattutto, era
assolutamente certa
che non avesse alcun motivo di avere in mano un vassoietto di dolci
ancora
incartati nella velina rosa della pasticceria dietro il Ministero.
«Ehm…
stavano
bene con il tè» balbettò, cercando di
scansare il suo sguardo inquisitore.
«Di
cosa sta
parlando, Signorina Blake? Quale tè?» chiese
ricevendo come risposta solamente
che le venisse lanciato in mano il suddetto pacchetto, neanche si fosse
trattato dell’ennesimo Horcrux, girando i tacchi e
borbottando qualcosa di una
chiamata da parte del Direttore Generale.
Entrò
nel suo
ufficio ripetendo la domanda a voce alta, ben sapendo che non avrebbe
avuto
alcuna risposta. Sbuffando sbatté la porta, sperando che
quella giornata
pessima avesse finalmente fine.
Ma,
evidentemente,
il destino aveva uno strano senso dell’umorismo.
«Quello
che ho
portato io. Ero certo che non avessi altro che caffè, e mi
sembri già
abbastanza nervosa».
Quella voce. Strascinata, leggermente annoiata, con un tono di compiacimento divertito che aveva sentito troppe volte.
Sanguesporco.
L’ultima
volta
che l’aveva sentita era stato al suo processo, quando aveva
risposto a pezzi e
bocconi alle domande del Wizegamot, fissandoli senza praticamente
battere le
palpebre.
«Malfoy?»
chiese
girandosi e sperando di essersi sbagliata e che si trattasse di uno
scherzo
finito male da parte di George. O di Seamus. O di Harry, per vendicarsi
del suo
paragonarlo a Piton. O persino di Ginny, doveva ammettere che aveva
sempre
avuto un umorismo non troppo sottile.
E
invece, come
sempre, non si era sbagliata.
Seduto
comodamente sulla sedia dietro la scrivania, la sua
sedia e la sua
scrivania per
essere precisi, con un completo tre pezzi grigio che probabilmente
costava
quanto un suo intero stipendio, c’era Malfoy Furetto Malfoy.
Ma
del
diciassettenne pallido e scavato non c’era traccia.
Tranne
una cosa.
Quella era rimasta la stessa.
Quel
suo dannato
ghigno.
«Cosa
diavolo ci
fai qui?» ringhiò, trattenendo l’istinto
di schiantarlo. «Ti sei perso?»
Lui
scosse la
testa, non smettendo di squadrarla. Poi richiamò la gazzetta
del profeta
dall’angolo in cui l’aveva lanciata.
«Non sai trattenerti o provi orgoglio
nell’essere un’insopportabile so tutto io?»
chiese invece, come se fosse
normale, scandendo le parole con evidente disgusto.
Poi ghignò: «Avevo pensato a Potter puzza, ma mi sembrava infantile.
Peccato, sarebbe stato bello vederlo stampato a tiratura
nazionale».
È la
seconda volta che parlo non interpellata **
La
frase che
aveva fatto pubblicare il giorno precedente. Ecco perché le
era sembrata
famigliare. E, soprattutto, perché continuava a pensare a
Piton.
Hermione
digrignò
i denti, chiudendo a grandi passi lo spazio tra di loro e
strattonandolo per la
manica della giacca.
«Punto
primo,
alzati o ti trasfiguro in un furetto. E mi sembra che la prima volta
non ti sia
piaciuto».
Malfoy
ridacchiò
alzandosi pigramente.
«Ti piace comandare eh, Granger?»
«Mi
piace che
nessuno entri di nascosto nel mio ufficio e si sieda alla mia
scrivania, ti
sembra strano?» rimbeccò spintonandolo lontano.
«E, per l’ennesima volta prima
che ti schianti, cosa vuoi?»
Lui,
come se
nulla fosse, si limitò a far lievitare una pila di rotoli di
pergamena e
appunti che occupavano l’unica sedia spartana del suo
minuscolo ufficio,
accavallando le gambe e riprendendo in mano la tazza ancora piena di
liquido
ambrato e fumante che era rimasta pericolosamente vicina al suo
quaderno per
gli appunti.
«Aiutarti»
rispose, sorbendone un sorso. «Davvero Granger, dovresti
smetterla con il
caffè… te l’ho detto, ti rende nervosa.
O forse è l’effetto che ti faccio io?»
«Il
caffè mi
tiene sveglia e tu mi fai venire voglia di darti un pugno. Non ti vedo
da anni,
Malfoy…»
«Dal
mio
processo, per essere esatti. Non ti sei neanche fermata a salutarmi
dopo il
verdetto».
Erano
passati
quattro anni da allora. E in tutto quel tempo, sino a
quell’esatto momento in
un pomeriggio qualsiasi di settembre, non si era degnato neanche di
mandarle un
biglietto di ringraziamento. O di scuse.
Settembre…
Era
il primo
settembre. Ed erano passati esattamente quindici anni dalla prima volta
che le
loro strade si erano, purtroppo, incontrate.
«E,
dimmi, cosa
avrei dovuto dirti?» chiese lei esasperata, sedendosi. A
quanto aveva capito
quella cosa sarebbe andata per le lunghe. Quanto sarebbe stato grave se
avesse
usato l’Imperius
su quell’imbecille borioso?
Per
la prima
volta Malfoy sembrò abbassare lo sguardo. «Forse
c’era qualcosa che ti avrei
voluto dire io, non credi? In ogni caso, ora sono qui».
«Sì,
lo vedo. E,
ancora una volta, mi chiedo il motivo».
Lui
sbuffò,
alzando gli occhi al cielo: «Per Salazar Serpeverde, Granger,
certo che per
essere la strega più intelligente della tua generazione a
volte sei davvero
idiota».
Forse
tanto
valeva usare la Cruciatus, illegale per illegale, almeno si sarebbe
tolta una
soddisfazione. E poi chiunque avesse passato cinque minuti con Malfoy
l’avrebbe
capita.
«Ora,
se invece
di ringhiare mi stessi ad ascoltare, avresti già capito che
sono qui per
aiutarti. E vorrei ricordati che sei tu che hai chiesto il mio
aiuto».
«In
un possibile
momento di stanchezza, forse, ho considerato l’idea di poter
valutare l’ipotesi
che qualcuno potesse, in via del tutto ipotetica, avere una qualche
eventuale
possibilità di, eventualmente, migliorare qualche
trascurabile aspetto non
propriamente eccezionale della mia situazione attuale».
Di
nuovo quello
sbuffo insofferente.
«Dieci
punti a
Grifondoro per la parafrasi e cinquanta in meno perché mi
sono annoiato alla
terza parola. Tu hai bisogno di aiuto, Granger, e io sono la risposta
alla tua
domanda».
«E
secondo te la
domanda quale sarebbe? Perché per me l’unica
è “Chi deve uscire dal mio
ufficio, ORA?”»
«Tu.
Dannazione,
ci dormi anche qui dentro? Sono quasi certa di aver visto un cuscino
con sopra
stampata la tua faccia in quell’armadietto.»
continuò lui. Poi alzò le mani in
segno di resa. «E ora, se proprio dobbiamo essere
didascalici, anche se da te
mi aspettavo molto di più, la domanda è: Come faccio a diventare il nuovo
Primo Ministro del Mondo
Magico?»
«Io
non…» aveva
iniziato a rispondere Hermione di getto, più per il puro
gusto di contraddirlo
che per altro. Poi però si era fermata. «Ti do
dieci minuti per darmi le tue
assurde spiegazioni. Poi meglio per te se ti smaterializzerai
all’istante,
oppure ti trasformerò in una delle tue preziose bustine di
tè. E nessuno mi
sentirà, questa stanza è piena di incantesimi silenzianti.
«Tè
in foglie,
mai in bustine. Dimmi un po’, Granger... come mai tutti
questi incantesimi? Sei
una che urla? Merlino, spero che non sia stato con
Weasley…» il ghigno gli
spari di colpo. «Per Merlino, dimmi che non è
stato con Weasley su questa
sedia, dovrei dare fuoco a questo vestito e mi piace molto. E poi
dovrei
buttarmi in una vasca di pozione disinfettante...»
«Nove
minuti,
Malfoy. E sono certa che tu sia abbastanza ricco da permetterti un
completo
nuovo, anche dopo tutti i soldi che avete dato in
beneficenza».
Lui
fece una
smorfia di disappunto. «Tralasciando i tuoi pessimi gusti in
fatto di uomini, è
chiaro come il sole che qui sei sprecata. Sei sempre stata una dannata
sotuttoio che voleva
essere la prima della classe…»
«Io ero
la prima della classe, Malfoy. Devo
ricordarti che ti ho sempre battuto ad ogni esame che abbiamo
fatto… beh
ad eccezione del settimo anno, ovviamente?»
rimbeccò, appoggiando i gomiti sulla
scrivania e squadrandolo da dietro le mani intrecciate. «Otto
minuti».
«E
quindi ora ti
sta bene fare il Neville Longbottom a lezione di Pozioni? Non credo
proprio,
Granger. TU vuoi diventare Ministro della Magia, lo so io e lo sai
anche tu. E
probabilmente anche i tuoi superiori, che, come vedi, non perdono
occasione di
dimostrare quanto tu sia inadatta agli eventi sociali».
«Inadatta?»
Lui
annuì. «Sì,
ti ho visto ad un paio di eventi ufficiali del Ministero. Non sai fare
conversazioni leggere, non sai intrattenere gli ospiti, non riesci a
non
annoiare a morte tutti. E, per Merlino, non sai ballare».
«Non
sapevo fosse
un concorso di bellezza degli anni Cinquanta. Scema io che pensavo che
un ruolo
pubblico richiedesse solo impegno, spiriti di sacrificio e
competenze…»
Il
Serpeverde
fece un gesto stizzito con la mano. «Sì, come ti pare. Vuoi
sapere se credo che
saresti un buon Ministro della magia?» chiese con tono
vagamente irritato.
«Quello che penso io non è importante.
Ma sei giovane, donna e Nata
Babbana.
Il Mondo Magico è un’enclave patriarcale e
classista, Granger. E loro ti
vedranno sempre come la compagna di Potter con i capelli crespi che si
batte
per dei dannati elfi domestici di cui non importa a nessuno. E sai
perché?
Perché quelli che hanno gli elfi domestici non ti
guarderanno mai come una di
loro…»
«E
per fortuna,
direi! Cos’è, Malfoy, vorresti presentarmi ai tuoi
cari amici dell’alta società
magica? A quanto ho visto mi pare che la tua famiglia sia rientrata
piuttosto
bene nel giro, o sbaglio?» lo provocò stizzita,
ripensando all’ultimo numero
dell’inserto mondano settimanale della Gazzetta del Profeta
dove al Ballo per
la raccolta fondi del San Mungo erano ben visibili, con tanto di
dettagli sui
gioielli di famiglia, Lucius e Narcissa Malfoy. «Il denaro
può veramente
comprare qualsiasi cosa, vero?»
Il
volto di
Malfoy era una maschera di pietra, impassibile come il suo sguardo
diventato
plumbeo. «Finalmente ti riconosco, Granger. Ed ecco
perché io ti posso aiutare,
non c’è nessuno più di me che conosca
le regole del gioco. Fidati di me e nel
giro di neanche un anno ti assicuro che dirigerai questo schifo di
posto e sarai
la principale candidata per il Ministero. Il mandato di Shackebolt
scade tra
poco, no?»
«Fidarmi
di te,
Malfoy? E secondo te come potrei fare mai dimenticare a quei dannati
snob che
io sia, per usare parole tue, giovane, donna e Nata
Babbana?» chiese
ironica, chiedendosi come avesse fatto a essere così sciocca
da rimanere lì a
farlo parlare. Chiacchiere, chiacchiere inutili come al solito.
«Diventando
la
finta fidanzata di un Purosangue
ricco, bello e affascinante che ti
permetterà di stringere tutti quei legami di cui manca per
nascita e amicizie
sbagliate. Perché, scusa se te lo dico, ma gli unici Purosangue
con cui
interagisci tu sono più inutili di una puffola pigmea
ubriaca…»
«É
la cosa più
sessista, classista, elitaria e…»
iniziò, alzandosi ed indicandogli l’uscita.
«E
ragionevole
che tu abbia mai sentito. Pochi mesi… sei in grado di
fingere per pochi mesi?
Andiamo… so bene che anche per te alla fine conta il
risultato, nonostante vi
piaccia tanto fare i
puri di cuore» rispose lui
noncurante, avviandosi verso la porta. Poi con la mano sulla maniglia,
si girò
a guardarla, per la prima volta negli occhi, disse a voce bassa:
«Sono
il migliore
in questo, Granger. Ho aiutato primi Ministri, Ambasciatori,
imprenditori…
nomina una persona di successo degli ultimi due anni e dietro ci sono
io. Puoi
decidere di continuare con… questo» e fece un
gesto ampio, accompagnato da una
smorfia di disgusto. «O puoi inseguire il tuo destino. Ci
vediamo domani alle
sette di sera a casa tua, sempre che la strega più brillante
della sua
generazione non decida di rintanarsi da codarda in un buco dimenticato
da
Merlino a riempire pergamene di informazioni che nessuno
leggerà mai».
Prima
che potesse
rispondere, aprì di colpo la porta, prendendo al volo Amelia
che gli rovinò tra
le braccia.
«Miss
Blake, è
stato un piacere» lo sentì dire querulo ad Amelia,
facendole un baciamano
appena accennato, mentre la ragazza sembrava aver preso una dose troppo
abbondante di Pozione Peperina, da quanto era arrossita.
E
poi il viscido
Serpeverde che era sempre stato si girò verso di lei e ad un
tono abbastanza
alto affinché lo sentissero fino a Hogsmeade, la salutò.
«Ciao,
tesoro. Non aspettarmi
stasera».
E,
come niente
fosse, sparì.
Prima
di tutto grazie ad Eli, che ha cercato di aiutarmi
nelle mie lotte perse contro il correttore e la mia dabenaggine, ed ha
ascoltato
paziente tutti i mie sbuffi e capricci.
La
storia è ispirata dall’iniziativa di RosmaryW
“Il
mio finto fidanzato!” indetta sul forum Ferisce
Più la Penna. E’
il mio primo esperimento con Draco ed
Hermione adulti e il primissimo fake dating.
Insomma,
il tentativo è quello di scrivere una
commedia romantica, senza troppi intrighi e misteri. Ovviamente questi
due non
resteranno soli… arriveranno ben presto Serpeverde in aiuto,
purtroppo per la
futura Ministra Granger. E sì, una di loro è Pansy, che il
tatto lo ha lasciato
sull’Hogwarts Express come sempre.
A
proposito di Pansy…Ambwitchious è un termine
(copiato)
che uso spesso nelle mie storie: in “Il calice della
Vita” e sequel è il
magazine fondato da Pansy ed Hermione, in “Sweet and
Soul” è il nome della boutique
di Pansy… ed adesso torniamo a Hermione. Che queste due
streghe siano in fondo
in fondo fin troppo simili?
Ci
vediamo prima di fine agosto per un
aggiornamento, poi spero di essere più costante.
*Fortitudo Prodo Lauros dovrebbe
essere secondo internet il motto dei Grifondoro.
** la frase originale era di Piton e
la sua incontenibile simpatia pari solo ad uno spruzzo di puzzalinfa
è presa
dal film de “Il prigioniero di Azkaban”: “È
la seconda volta
che parli non interpellata, signorina Granger. Non sai
trattenerti o provi
orgoglio nell'essere un'insopportabile so tutto io?!FOre so tutto
io?!”