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Autore: 18Ginny18    08/08/2023    1 recensioni
[Sequel di 'Secrets']
La vita di Ginevra Andromeda Black era stata sconvolta da quella strana Creatura Oscura di cui ignorava il nome. Viveva dentro di lei, come un parassita, e pian piano cercava di prendere il controllo al suo posto.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
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Capitolo 33 – L’ES

Durante la loro ultima lezione dell’ES, prima delle vacanze pasquali, la maggior parte del gruppo era riuscita a evocare un Patronus corporeo anziché dei soliti sbuffi di vapore argenteo, grazie anche all’ausilio di un Molliccio che la Stanza delle Necessità fece apparire dal nulla.
- Pensate a qualcosa che vi rende felici – ricordò loro Harry, camminando tra di loro dando suggerimenti.
Fred e George furono tra i primi ad evocare un Patronus corporeo. Quello di Fred era una volpe, mentre quello di George era un dolcissimo scimpanzé; i due fratelli avevano persino dato inizio ad una discussione su quale dei due Patronus fosse più potente, battibeccando proprio come due bambini.
Nel frattempo la Stanza delle Necessità si stava riempendo di Patronus e di esclamazioni gioiose.
- Sono così carini! - esclamò allegramente Katie guardandosi intorno.
Era come essere in un parco giochi pieno di animali luminosi: cavalli, cigni, procioni, cani, gatti, uccellini, ippogrifi, grifoni… una vera meraviglia.
Paul annuì, trovandosi completamente d’accordo con lei, mentre guardava con affetto il suo Patronus; uno scintillante quokka argenteo che continuava a saltellargli attorno e a guardarlo con i suoi dolci occhioni.
- Wow! - gridò Draco, seguendo con lo sguardo il proprio Patronus che pian piano prendeva forma; era un bellissimo ed elegante pavone. - Non mi aspettavo di riuscirci davvero!
- Bravissimo, Draco – si congratulò Harry quando gli passò vicino, felice che anche lui fosse riuscito ad evocarne uno.
Anche Draco era felice. Anzi, ne era a dir poco emozionato.
Istintivamente lanciò un’occhiata a Hermione, incrociando il suo sguardo luminoso e sorridente. Anche lei era appena riuscita ad evocare il suo Patronus: una lontra argentea stava volteggiando nella Stanza delle Necessità, per poi tornare da lei per giocare.
- Ma come ci riesci? - gli domandò Daphne, dalla cui bacchetta uscivano solo sputacchianti sbuffi di vapore argenteo. - Sono giorni che ci provo! - aggiunse imbronciata.
- Devi pensare a qualcosa che ti renda felice - le ricordò, con un sorriso smagliante.
- E tu a cosa pensi, Drake? - lo provocò Blaise, spintonandolo giocosamente.
Draco abbassò lo sguardo, senza riuscire a nascondere il rossore sulle guance diafane e un piccolo sorriso imbarazzato.
Theodore e Daphne iniziarono a ridacchiare insieme a Blaise, ma non con cattiveria, bensì nel modo scherzoso che usavano sempre tra di loro per stuzzicarsi.
I tre Serpeverde sapevano benissimo qual’era il pensiero felice del loro amico Draco o meglio chi.
Hermione era l’unica a renderlo felice. Davvero felice. Grazie a lei il vero Draco era emerso, abbandonando i pregiudizi e gli ideali della sua famiglia e trovando persino dei nuovi amici.
Chi l’avrebbe mai detto?
Draco Malfoy era felice grazie a Hermione Granger.
I due tornarono a guardarsi, come due fidanzatini.
L’uno non poteva fare a meno dello sguardo dell’altra. Lui stava sorridendo. Un sorriso genuino, dolce, ed era indirizzato proprio a lei.
Hermione sospirò. Amava quel sorriso.
In realtà non c’era una sola cosa che non amasse di lui: la sua dolcezza, il suo senso dell’umorismo, il suo carattere, la sua passionalità. Ma se c’era una cosa di lui che amava più di ogni altra cosa erano i suoi occhi azzurri e penetranti, nei quali si perdeva ogni volta, e amava il modo in cui i suoi pensieri si riflettevano in essi, quasi fossero lo specchio della sua anima.
Lo amava con ogni fibra del suo essere.
Quando Ginevra notò lo sguardo di Hermione sul biondo, non poté fare a meno di stuzzicarla.
- Smettila di mangiare mio cugino con gli occhi, Granger – la rimproverò, maliziosa.
Hermione distolse immediatamente lo sguardo dal Serpeverde con un piccolo sorriso, mentre le sue guance si tingevano lentamente di rosso. - Non lo stavo… mangiando con gli occhi – provò a replicare, un po’ tra l’imbarazzo e il divertito.
- Oh, ti prego! - disse l’altra con un sospiro esagerato e un sorriso. - Chi vuoi prendere in giro?
Hermione sbuffò, fingendosi offesa. - E allora tu e George? - replicò. - Anche voi vi mangiate con gli occhi! Persino adesso…
Lo indicò con un cenno del capo e Ginevra si voltò a guardarlo.
George era in piedi dall’altro lato della stanza, che giocherellava distrattamente con la bacchetta, facendola scivolare tra le dita affusolate, mentre con lo sguardo accarezzava le curve del suo corpo con una tale intensità da farla tremare.
Il ricordo della notte precedente le tornò in mente nello stesso istante. Tutti quei sospiri, i gemiti, il corpo scolpito di George, i suoi baci infuocati, i muscoli delle sue braccia tesi… le grida a mezza voce che risuonavano nell’aula abbandonata di Babbanologia…
Fortuna che lei era Caposcuola e che intrufolarsi era la loro specialità, altrimenti Gazza li avrebbe beccati in meno di venti secondi.
Essere Caposcuola dava molti privilegi.
In quel momento George stava passando su di lei uno sguardo lento e sensuale che le faceva accelerare i battiti del cuore.
Ginevra si morse il labbro inferiore nel tentativo di nascondere la sua eccitazione. Lui lo notò. Alzò un sopracciglio, compiaciuto, mentre il divertimento gli scintillava negli occhi.
Le fece l’occhiolino con un sorriso malizioso.
Adorava provocarla.
- Visto? - esclamò Hermione, divertita, attirando nuovamente l’attenzione della ragazza. - Avevo ragione…
- Ma piantala. - Ginevra rise e la spintonò giocosamente, ma improvvisamente la sua attenzione venne catturata dalla porta della Stanza delle Necessità che si aprì e si richiuse in un’istante, ma non entrò nessuno. O almeno così credeva.
Incrociò lo sguardo di Harry.
Anche lui aveva notato il movimento della porta e si era voltato per vedere chi fosse entrato, ma neanche lui sembrò aver visto nessuno.
Nella Stanza delle Necessità cadde un silenzio attonito e i ragazzi si avvicinarono alla porta, confusi e preoccupati.
Un attimo dopo Harry si sentì strattonare i pantaloni all'altezza del ginocchio, e abbassando stupefatto lo sguardo vide Dobby l'elfo domestico che lo guardava da sotto i suoi otto berretti di lana.
- Dobby! - disse. - Ci hai fatto quasi venire un colpo. Che cosa fai... Cosa succede?
L'elfo aveva gli occhi sbarrati e tremava da capo a piedi. Gli studenti più vicini a Harry fissarono i loro occhi su Dobby. I pochi Patronus che erano riusciti a evocare svanirono in una nebbiolina perlacea, lasciando la stanza molto più buia di prima.
- Harry Potter, signore… - squittì l'elfo, senza smettere di tremare. - Harry Potter, signore... Dobby viene per avvertire...
- Cos'è successo, Dobby?
- Harry Potter... lei... lei... - Dobby cominciò a guardarsi intorno, spaventato.
- Chi è “lei”, Dobby? - chiese Harry, ma sospettava di conoscere la risposta; soltanto una lei poteva terrorizzare Dobby fino a quel punto. - La Umbridge? - sussurrò Harry inorridito.
Dobby lo fissò strabuzzando gli occhi e mosse le labbra senza emettere suono, poi annuì, e subito nascose la testa tra le pieghe dei pantaloni di Harry. - Lei sta arrivando.
- Che cosa? - esclamò Harry ad occhi sgranati.
- Lei ha scoperto tutto… ha scoperto il gruppo segreto di Harry Potter... - tremò il piccolo elfo. Lanciò un ululato e cominciò a pestare i piedi nudi sul pavimento. - Dobby è dispiaciuto. Dobby ha provato a fermarla ma è stato inutile. Cattivo Dobby! Cattivo!
Tentò di darsi dei pugni in faccia, ma Harry, ormai abituato alle autopunizioni di Dobby, si affrettò a bloccargli le braccia.
Harry si raddrizzò di scatto a fissare i compagni che assistevano paralizzati alle contorsioni dell'elfo.
- CHE COSA ASPETTATE? - urlò. - SCAPPATE!
Quelle parole furono come una doccia fredda.
I ragazzi si lanciarono tutti insieme verso l'uscita a passo di corsa, accalcandosi sulla porta; poi cominciarono a riversarsi nel corridoio per disperdersi.
Mancavano ancora dieci minuti alle nove e sarebbe stato stupido e sospetto da parte loro raggiungere i dormitori. Il modo più semplice per crearsi un alibi era rifugiarsi in biblioteca o nella Guferia, entrambe vicine alla Stanza… ma ovviamente non potevano andare tutti nello stesso posto.
Ginevra si guardò intorno: vicino a lei c’erano Paul, Katie e George. Intorno a loro vi era una vera e propria baraonda. Dall’altro lato del corridoio vide Fred e Angelina allontanarsi dalla mischia, cercando di trovare il nascondiglio migliore. Draco e Hermione si erano separati, lei raggiunse la piccola Weasley e Ron; lui, invece, seguì i suoi compagni Serpeverde.
- Da che parte andiamo? - domandò Katie, cercando di mantenere la calma.
- Forse è meglio separarci – esclamò Paul, lanciando delle occhiate a destra e sinistra. - Potremmo nasconderci nella Guferia.
- D’accordo. Andate voi due – disse George, dopodiché prese per mano Ginevra. - Noi andremo nell’aula di Trasfigurazione, dove incontreremo Fred e Angelina.
Ginevra annuì, anche se un po’ risentita. Lui aveva ideato un piano di fuga senza consultarla?
Ah, i maschi! Che vuoi farci?”, borbottò Entity.
- Quindi il vostro piano è appena cominciato? - domandò poi Katie, confondendola.
George le sorrise e le diede un buffetto sulla testa. - Già.
- Piano? Quale piano? - domandarono in coro Ginevra e Paul, sempre più confusi.
- La grande fuga, piccola – spiegò George sfoggiando un grande sorriso. - Stasera lasceremo Hogwarts col botto!
- E quando avevi intenzione di dirmelo? - esclamò Ginevra, cominciando ad arrabbiarsi.
- Hai ragione. Scusa - George si passò una mano tra i capelli, con un sorrisetto imbarazzato. - Ma la segretezza non è mai troppa.
- Però Katie lo sa! - protestò Ginevra. Poi guardò Katie. - Come fai a saperlo?
- Fred mi aveva accennato qualcosa…
Scommetto che anche Agnellina lo sa”, sbottò Entity, ironica. “Perché siamo sempre le ultime a sapere le cose?”.
“Non si chiama Agnellina”, disse Ginevra. Provò a nascondere il divertimento per quella storpiatura del nome della Cacciatrice, ma fallì miseramente.
Ah-ah! Mi trovi divertente”, gongolò Entity.
- Ok, non mi sembra il momento di parlarne – disse Paul, guardandosi intorno in quel caos di ragazzi che scappavano da una parte all’altra.
- Hai ragione. È solo che… odio non sapere le cose. Soprattutto quando mi riguardano – disse assottigliando lo sguardo verso George.
- Lo so… Ma mi farò perdonare – le sussurrò all’orecchio.
Anche se era ancora un po’ offesa, Ginevra si lasciò convincere.
Finalmente stavano per lasciare Hogwarts. Non credeva che un giorno avrebbe trovato quel pensiero tanto appagante.
- D’accordo – disse Katie. - Noi andiamo.
Mentre si allontanavano, Paul si portò due dita alla fronte in segno di saluto. - Buona fortuna ragazzi – esclamò, dopodiché lui e Katie cominciarono a correre, fino a sparire dietro il corridoio in fondo.
- Andiamo anche noi.
- Aspetta – disse Ginevra all’improvviso. - Dov’è Harry? L’hai visto?
Aveva una strana sensazione.
Guardò George, sperando di trovare risposte, ma lui scosse la testa.
Ginevra si guardò intorno un’ultima volta in cerca del fratello, trovandolo subito dopo: era appena uscito dalla Stanza delle Necessità, sbattendosi la porta alle spalle. Stava sollevando di peso Dobby, che ancora tentava di procurarsi qualche ferita grave.
- Dobby… - disse. - Questo è un ordine: torna in cucina con gli altri elfi, e se lei ti chiede se mi hai avvertito, menti e rispondi di no! E ti proibisco di farti del male! - aggiunse, poi lo lasciò andare.
- Grazie, Harry Potter! - squittì Dobby e filò via.
- Harry! - lo chiamò Ginevra.
Harry le andò incontro subito e la incitò a scappare con George. - Che ci fate ancora qui? Andate!
- Vieni con noi – disse Ginevra.
- No – ribatté prontamente Harry. - In questi casi è meglio separarsi.
- Hai un posto dove nasconderti? - gli domandò George.
Harry sembrò esitare. - Troverò qualcosa. Voi andate.
Spinse delicatamente la sorella, nonostante le sue continue proteste, dopodiché si slanciò verso destra; più avanti c'era un bagno, se fosse riuscito a raggiungerlo poteva fingere di essere sempre stato lì… o magari raggiungere la Torre di Astronomia…
Dall’altro lato del corridoio, Ginevra continuava a guardarsi indietro cercando di convincersi che Harry se la sarebbe cavata ma non ci riusciva. La sua ansia non faceva che crescere ad ogni passo che la teneva lontano da lui.
George sembrò leggerle il pensiero.
- Se la caverà – le sussurrò, stringendole la mano delicatamente. Non l’aveva lasciata nemmeno per un secondo.
Lei sospirò, concentrando il suo sguardo in avanti.
- Lo spero – disse. - Altrimenti lo ammazzo.
George sbuffò una piccola risata e le accarezzò il dorso della mano con il pollice, un piccolo gesto che riusciva sempre a rassicurarla.
- Lì c’è il passaggio segreto – disse poi, indicando la statua di una nobildonna dal volto delicato e con le mani giunte posta a muro, vicino a una grande finestra che dava sul cortile del castello.
George lasciò la mano di Ginevra solo per un momento, per aprire il passaggio. Anche se non utilizzavano quel passaggio da molto tempo, per lui era tutto istintivo: si muoveva così in fretta da sembrare quasi impercettibile. Pochi secondi dopo la statua si spostò di lato, rivelando il passaggio segreto.
L’eco di passi ticchettanti nel corridoio indicava che la Umbridge era vicina.
Si fiondarono subito nel passaggio, ma poco prima che esso si richiudesse dietro di loro, nel corridoio risuonò un grido che riconobbero immediatamente.
- AAARGH!
Ginevra si voltò di scatto. - Harry…
Cominciò a battere i pugni sul muro che si interponeva tra lei e il corridoio, ma quello non si apriva. Iniziò a calciare, dare spallate, ma era tutto inutile. George riuscì ad afferrarla poco prima che potesse farsi male sul serio.
- Lasciami – protestò lei. Gli occhi iniziarono pizzicare. - Devo andare da lui!
- Non puoi – disse. - Non si può uscire da qui. Ormai la porta è sigillata.
- Allora farò un buco.
Tirò fuori la bacchetta, ma George la bloccò ancora una volta. - Devo ricordarti cosa ha combinato Fred con l’ultimo passaggio segreto?
Il ricordo di due anni prima quando, per aver dimenticato quale fosse il meccanismo per uscire dal tunnel, Fred si era fatto venire in mente la brillante idea di usare l’incantesimo ‘Bombarda’ per uscire le tornò in mente.
Per chissà quale miracolo ne erano usciti vivi… ma il tunnel era crollato e, quindi, inutilizzabile.
Ginevra annuì, riprendendo pian piano la calma, e George lasciò la presa sul suo braccio.
- Lumos – sussurrò lei, così che la sua bacchetta facesse luce in quel tunnel buio.
Le lacrime di frustrazione minacciavano di uscire, ma lei ricacciò indietro. George le mise un braccio attorno alle spalle e depose un bacio sulla sua fronte.
- Andrà bene. Lo troveremo – la rassicurò.
E si incamminarono verso la fine del lungo tunnel, superando i gradini improvvisati e le piccole buche che insinuavano il passaggio.
Il grido di dolore di Harry stava echeggiando nelle loro menti, spingendoli ad avanzare con maggiore velocità. Entrambi speravano che Harry stesse bene.

Nel frattempo Harry, disteso sul pavimento del corridoio, stava lottando contro le convulsioni. Le sue urla echeggiavano in tutto il settimo piano.
Il suo corpo venne invaso da atroci dolori e da una sensazione di forte bruciore, come se qualcuno gli avesse infilato dei coltelli incandescenti nello stomaco e nel cervello.
Lo avevano colpito con una Maledizione senza Perdono.
La Maledizione Cruciatus.
Harry la conosceva bene. Voldemort l’aveva usata contro di lui qualche mese prima. Ormai il ricordo era marchiato a fuoco nella sua mente.
Qualcuno rideva alle sue spalle. - Ti ho trovato, Potter – esultò la Umbridge.
Nonostante le convulsioni, Harry rotolò sulla schiena e vide il sorriso deliziato della donna.
- L’ho trovato, signor Ministro! - urlò soddisfatta.
A quel punto il dolore provocato dalla Maledizione Cruciatus si placò e, dopo qualche colpo di tosse, Harry tornò a respirare normalmente.
Il Ministro in persona, Cornelius Caramell, arrivò di gran carriera dall’altro capo del corridoio, col fiato corto e la mano che reggeva il cappello sulla testa. Insieme a lui vi erano altri due uomini.
- Potter – disse il Ministro, guardandolo dall’alto in basso. - Dovevo immaginare che ci fossi tu dietro a tutto questo.
- Probabilmente cercava di raggiungere la Torre di Grifondoro - disse la Umbridge. Nella sua voce vibrava un'eccitazione indecente. - Ecco la sua bacchetta.
- Che gli è successo? - domandò poi il Ministro, dopo averlo guardato con più attenzione.
- Ho usato un incantesimo d'Inciampo, per non farlo scappare – mentì lei, continuando a sorridere. - Ha battuto la testa.
Harry vide il Ministro fare un gesto alla professoressa, poi si voltò a parlare con gli altri due uomini, ma non poteva dirlo con certezza. La sua vista era un po’ annebbiata. Quando era caduto aveva sbattuto la testa contro il pavimento in pietra e il colpo era stato così violento da fargli venire la nausea. Se poi si consideravano anche i danni provocati dalla Maledizione Cruciatus… be’, diciamo che quello non era un buon momento per fare una piroetta.
- In piedi, Potter! - intimò la Umbridge, sfoggiando un sorriso raggiante.
Anche se a fatica, Harry si tirò su, fulminandola con lo sguardo. Non aveva mai visto la Umbridge così soddisfatta. Gli strinse le dita come una morsa attorno al braccio e si voltò sorridendo verso qualcuno alle sue spalle.
Harry cercò di mettere a fuoco almeno il volto di qualcuno, riuscendoci a fatica. Riconobbe una divisa di Corvonero e alcuni tratti del viso dello studente gli ricordarono quelli di Chris Turner, il ragazzo che aveva pedinato lui e Ginevra qualche giorno prima.
Guardando con più attenzione, notò anche Pansy Parkinson e qualche altro Serpeverde e Corvonero, ma alcuni di loro avevano, come Chris Turner, una faccia sconvolta, quasi spaventata. I loro occhi passavano da Harry alla Umbridge come in una partita di Tennis ma con la suspense di un film Horror.
Harry non riuscì a capirne il motivo, poi un rivolo di sangue cominciò a bagnargli la fronte, colpendo anche l’orecchio. Evidentemente il colpo alla testa era stato talmente forte da farlo sanguinare.
Ma c’era qualcos’altro che sconvolgeva quegli studenti.
Pian piano la vista di Harry tornò ad essere nitida e capì la loro paura: la Umbridge.
Erano lì quando lei gli aveva lanciato la Maledizione senza Perdono? Probabilmente sì.
Il gesto inaspettato della donna li aveva sconvolti a tal punto da non voler incrociare il suo sguardo.
- Voi cercate di acchiapparne qualcun altro – diceva la Umbridge a Chris e agli altri studenti del gruppo. - Dite agli altri di controllare in biblioteca… chiunque abbia il fiatone… e anche nei bagni, la signorina Parkinson può controllare quello delle ragazze… andate, svelti… Quanto a lei, Potter - aggiunse con la sua voce più sommessa e più pericolosa, mentre Chris e gli altri si allontanavano, ancora attoniti, - verrà con me e il Ministro nell'ufficio del Preside.

Quando George e Ginevra raggiunsero l’aula di Trasfigurazione lei scattò subito verso la porta, ignorando gli sguardi confusi di Fred e Angelina.
- Che succede? - domandò Angelina, iniziando a preoccuparsi.
Istintivamente portò una mano sul grembo, come faceva sempre nell’ultimo periodo.
- Harry – rispose George in tono greve, avvicinandosi anche lui alla porta. - L’hanno preso.
Ginevra provò ad aprire la porta, ma non ci riuscì. Era sigillata.
Puntò la bacchetta e provò ad aprirla con un incantesimo ma, stranamente, non accadde nulla. Anche George provò ad aprirla, ma smise dopo il terzo tentativo.
Incrociando lo sguardo del suo gemello capì il perché fosse bloccata.
- Perché questa dannata porta non si apre? - esclamò allora Ginevra, cominciando a picchiare la mano su di essa, furiosa.
- Gin - provò a chiamarla George.
Lei lo ignorò.
Angelina provò a calmarla, spiegandole che Fred l’aveva sigillata con un congegno di sua invenzione che neutralizzava gli incantesimi e ogni forma di apertura manuale. - Dura solo un’ora.
Ma l’informazione non riuscì a consolarla.
Harry era lì fuori, ed era in pericolo. Aveva bisogno di aiuto.
Lo troveremo”, disse Entity. Stava cercando di mantenere un tono fiducioso, ma Ginevra sentiva che anche lei stava provando la sua stessa rabbia e preoccupazione.
Ginevra urlò a pieni polmoni e tirò una serie di calici alla porta con tutta la sua forza, fino a quando qualcuno la prese per le spalle e la tenne ben ferma.
Era Fred.
- Mi dispiace – le sussurrò, stringendola in un abbraccio.
Lei si lasciò andare a quell’abbraccio, nascondendo il viso contro il suo petto, stringendolo a sua volta. Strinse forte gli occhi, cercando di trattenere le lacrime che presero comunque a scorrere.
Fred la strinse forte.
Odiava vederla piangere.
In quel momento odiava persino sé stesso perché, per colpa sua, lei era bloccata lì senza poter aiutare suo fratello. Non si sarebbe stupito più di tanto se lei lo avesse allontanato in malo modo urlandogli contro.
George si avvicinò a loro e si unì a quell’abbraccio che l’avvolse completamente, come una coperta calda.
L’abbraccio da orso.
Il loro abbraccio.
Quello era un momento raro e per Ginevra fu davvero come una coperta calda e avvolgente. Quell’abbraccio riusciva a calmarla come nient’altro.
La magia de “l’abbraccio da orso” era proprio quella di farli sentire protetti, al sicuro. E, per l’ennesima volta, l’abbraccio fece la sua “magia”: lentamente, Ginevra smise di piangere e tornò calma.
Rimasero lì, stretti tra loro, sotto lo sguardo un po’ confuso di Angelina, mentre le loro menti vagavano perdendosi nei loro pensieri. Proprio come l’ultima volta che si erano dati quell’abbraccio l’anno prima, George non pensava a nient’altro che Ginevra e al desiderio di proteggerla anche a costo della propria vita. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
L’amava con tutto sé stesso.
Fred, invece, pensava a quanto fosse stato stupido ad allontanarsi da lei e maledì ogni secondo in cui le era stato lontano. Promise a sé stesso che non sarebbe successo di nuovo.
I pensieri di Ginevra, invece, erano solo per il fratello. Sperava che stesse bene e che riuscisse a cavarsela anche senza di lei. Lo sperava con tutto il cuore.
I suoi leggendari angeli custodi erano riusciti a sedare la sua sofferenza e la sua rabbia con un semplice gesto.
Fred e George erano una vera magia.
Passò un bel po’ di tempo quando si separarono.
Fred le aveva accarezzando la guancia, senza smettere di guardarla dritta negli occhi. Le rivolse un sorriso carico di dolcezza, dopodiché le pizzicò la guancia e si allontanò.
George la fece voltare lentamente verso di lui. Si chinò sulle sue labbra e la baciò teneramente.
Il suo dolce sorriso era in grado di scioglierle il cuore.
Entity sospirò nella testa di lei. “Menomale che ci sono loro a calmarci”.
Per una volta Ginevra decise di non ribattere, trovandosi d’accordo con lei.
Senza Fred e George non sapeva come fare. Loro erano la sua ancora di salvezza. Lo erano sempre stati.
- Grazie – sussurrò vicino alle labbra di George ricambiando il suo dolce sorriso.

Quando si trovò davanti al gargoyle di pietra insieme alla Umbridge, il Ministro e i suoi accompagnatori, Harry continuava a chiedersi se avevano catturato qualcun altro, sperando che nessuno dei suoi amici fosse compreso. Forse era egoista da parte sua, ma non voleva metterli in mezzo. Pensò a Ron, Hermione, Ginny, Draco, Neville e al resto del gruppo con un groppo alla gola. Poi il suo pensiero andò a sua sorella, sperando che anche lei fosse riuscita a scappare in tempo.
- Ape Frizzola - cantilenò la Umbridge; il gargoyle si scostò, la parete si spalancò e tutti salirono la scala mobile di pietra.
- Che stupida parola d’ordine – borbottò uno dei due uomini alle spalle del Ministro, trovando la complicità della Umbridge, che ridacchiò gioviale.
Harry aveva la nausea.
Quando raggiunsero la lucida porta col batacchio a forma di grifone, la Umbridge, sempre tenendo stretto Harry, entrò senza nemmeno bussare.
L'ufficio era pieno. Silente era seduto dietro la scrivania, l'espressione serena, le lunghe dita unite in punta. La professoressa McGranitt gli stava accanto, irrigidita dalla tensione. Kingsley Shacklebolt e un mago alto e atletico, con i capelli biondi, che Harry non aveva mai visto, erano piazzati ai lati della porta come guardie.
Quella sera i ritratti degli antichi Presidi non stavano sonnecchiando. Erano tutti vigili e seri, lo sguardo fisso su quanto accadeva sotto di loro. Quando Harry entrò, alcuni si spostarono nei quadri vicini, scambiandosi bisbigli ansiosi.
Mentre la porta si chiudeva alle loro spalle, Harry si divincolò dalla stretta della Umbridge. Cornelius Caramell lo sorpassò, guardandosi intorno con aria di maligna soddisfazione. Percy Weasley lo seguì, come un’ombra, con un penna d’oca e un rotolo di pergamena fra le mani, pronto a prendere appunti.
Harry non si era minimamente accorto che fosse lui l’altro uomo alle spalle del Ministro. Lo stava ignorando, proprio come il giorno della sua udienza.
Quando la professoressa McGranitt lo guardò, invece, sembrava sul punto di marciare spedita verso di lui, ma Silente la fermò. Nonostante la sua lampante preoccupazione per lo stato del ragazzo, la professoressa dovette ubbidire. I suoi occhi rimasero su Harry per tutto il tempo.
- Bene, bene, bene... - disse Caramell, mettendosi al centro della stanza. - Direi che ci siamo tutti.
Il secondo uomo che era rimasto con loro per tutto il tragitto lo seguì, mettendosi alle sue spalle, guardando a destra a sinistra con fare circospetto, assottigliando lo sguardo su ogni persona presente nella stanza.
Forse, pensò Harry, era la sua guardia del corpo.
Dal modo in cui l’uomo alternava lo sguardo da lui a Silente, Harry lo trovava abbastanza ridicolo. Tutto sembrava ridicolo.
- Bene, Potter… - disse il Ministro, richiamando la sua attenzione, - suppongo che tu sappia perché sei qui, vero?
Harry gli lanciò la sua occhiata più velenosa. Si sentiva il cuore in gola, ma il cervello stranamente freddo e lucido, nonostante la vista fosse ancora un po’ annebbiata.
Era pronto a rispondere con un Sì” di sfida: aveva già aperto la bocca e la parola gli era già quasi uscita dalle labbra quando vide il volto di Silente. Non guardava esattamente lui, teneva gli occhi fissi su un punto appena sopra le sue spalle, ma lo vide chiaramente scuotere il capo di una frazione di centimetro.
Perché doveva dargli retta? Dopotutto lui era un manipolatore.
Non era nemmeno sicuro di potersi fidare ancora di lui dopo tutto quello che aveva fatto a sua sorella.
Alla fine decise di non rispondere come si era impuntato di fare e, senza esitare, cambiò idea a metà parola.
- Sss… sinceramente vorrei sapere cosa ci fa tutta questa gente qui.
- Prego? - chiese Caramell.
- Ah, è sordo? Va bene, allora ripeto. Cosa ci fa tutta questa gente qui? Giochiamo a Bingo? - chiese Harry, infischiandosene di tutti gli sguardi su di sé.
Era stanco di fare il bravo soldatino. Non avrebbe dato ascolto né a Silente né a nessun altro. Tutto quello che faceva era per proteggere il suo gruppo dell’ES. Per i suoi amici.
Caramell alzò un sopracciglio e lo guardò, confuso. - Non… Non sai perché sei qui?
- No, non lo so.
Lo sguardo incredulo di Caramell si spostò da lui alla professoressa Umbridge.
Quella specie d’interrogatorio andò avanti per un tempo che parve indefinito. Era stato accusato di infrangere le regole della scuola, o meglio i “Decreti del Ministero”, ma Harry continuò a rispondere con tono affabile e carico di sarcasmo.
Valeva quasi la pena di mentire così spudoratamente per vedere alzarsi la pressione di Caramell, ma non capiva come questo potesse aiutarlo a cavarsela: se qualcuno aveva spifferato alla Umbridge dell'ES, tanto valeva che lui, suo organizzatore e capo, facesse i bagagli sui due piedi.
Preferiva addossarsi tutta la colpa pur di salvare i suoi amici.
- Insomma, è una novità per te - riprese Caramell con voce fremente di collera, - apprendere che in questa scuola è stata scoperta un'organizzazione illegale?
- Davvero? - disse Harry, ostentando un'aria stupita. - Hanno organizzato una bisca clandestina? Se solo lo avessi saputo prima...
- Ritengo, Ministro - intervenne melliflua la Umbridge, ancora accanto a lui, -che potremmo compiere maggiori progressi se mi fosse permesso convocare la nostra informatrice.
“Ah, la fantomatica traditrice”, pensò Harry con amarezza. “Vorrei tanto sapere chi è, così da fargliela pagare”.
- Sì, sì, permesso accordato.
Mentre la Umbridge usciva svelta dall'ufficio, Caramell lanciò un'occhiata maligna a Silente. - Non c'è nulla di meglio di un buon testimone, eh, Silente?
- Assolutamente nulla, Cornelius - concordò Silente in tono grave, inclinando la testa di lato.
Dopo un'attesa di vari minuti, durante i quali tutti evitarono di guardarsi, Harry sentì aprirsi la porta. La Umbridge gli passò accanto, tenendo una mano sulla spalla della ricciuta amica di Cho Chang, Marietta, che si nascondeva la faccia tra le mani.
Harry la guardò, senza poter fare a meno di domandarsi perché la ragazza si nascondesse. Aveva paura di lui?
Marietta era sempre stata presente agli incontri dell’ES. Lei e Cho erano sempre insieme, l’una vicino all’altra. Anche se Harry non le prestava attenzione più di tanto, non si sarebbe mai immaginato un tradimento da parte sua né da nessun altro membro del gruppo.
Perché lo aveva fatto?
La Umbridge continuava ad incoraggiarla a scoprire il viso, dandole dei colpetti rassicuranti sulla schiena. - Andrà tutto bene. Ha fatto la cosa giusta – disse.
Marietta continuava a scuotere la testa, spaventata.
- Su, cara, non essere timida - disse calorosamente Caramell. - Sentiamo cos'hai da dire... Per tutti i gargoyle galoppanti!
Marietta quasi non fece in tempo ad abbassare le mani e alzare la testa che Caramell indietreggiò sgomento, evitando per un pelo di finire nel fuoco del camino, e prese a calpestare imprecando l'orlo bruciacchiato del mantello. Con un gemito, Marietta si tirò il colletto della veste fin sopra gli occhi, ma tutti fecero in tempo a vederle la faccia orribilmente sfigurata da una serie di fitte pustole purpuree che le si allargavano sul naso e sulle guance formando la parola spia.
Harry pensò subito alla sua amica Hermione e al suo brillante cervello, provando un impeto di orgoglio per la sua abilità negli incantesimi, ringraziando persino il cielo per aver avuto un’idea tanto geniale ed efficace.
La Umbridge provò più volte a far scoprire nuovamente il volto alla ragazza, ma Marietta non faceva altro che gemere e scuotere la testa freneticamente.
Dentro di sé Harry cominciò a gongolare.
La Corvonero meritava quella punizione.
- E va bene, sciocca ragazza, glielo dirò io - scattò la Umbridge. - Le cose stanno così, signor Ministro - cominciò, stampandosi sul viso il solito sorriso nauseante. - Questa sera dopo cena, la signorina Edgecombe è venuta nel mio ufficio e ha detto di volermi confidare qualcosa. Se fossi andata in una stanza appartata al settimo piano, nota come Stanza delle Necessità, vi avrei trovato qualcosa di molto interessante. L'ho interrogata più a fondo, e alla fine lei ha ammesso che lassù si sarebbe svolta una specie di riunione. Purtroppo a questo punto è entrata in azione una fattura – disse, stizzita, accennando alla faccia sempre nascosta di Marietta, - e non appena la ragazza si è vista allo specchio è rimasta troppo sconvolta per aggiungere altro.
- Bene bene - ripeté Caramell, fissando Marietta con quella che secondo lui era un'espressione gentile e paterna. - Sei stata molto coraggiosa, mia cara, a raccontare tutto alla professoressa Umbridge. Hai fatto bene. Adesso, da brava, perché non mi dici che cosa succedeva durante queste riunioni? Qual era il loro scopo? Chi vi partecipava?
Marietta scosse di nuovo il capo in silenzio, gli occhi sgranati e impauriti.
- Non c'è una controfattura? - chiese impaziente Caramell alla Umbridge, accennando alla faccia di Marietta. - In modo che possa parlare liberamente?
- Non sono ancora riuscita a trovarla - ammise imbronciata la Umbridge, e l’orgoglio di Harry per Hermione aumentò ulteriormente.
Poi la Umbridge cominciò a raccontare di come, qualche mese prima, uno studente, o meglio uno dei suoi informatori, aveva assistito all’incontro segreto del gruppo alla Testa di Porco, a Hogsmeade, per poi riferirle ogni cosa, parola per parola.
- Lo scopo della riunione - proseguì la professoressa Umbridge, - era persuadere i convenuti a aderire a un'associazione illegale, al fine di apprendere incantesimi e maledizioni che il Ministero ha ritenuto inadatti a studenti così giovani...
- Penso che a questo proposito scoprirà di essersi sbagliata, Dolores - disse pacato Silente, scrutandola al di sopra degli occhialetti a mezzaluna appollaiati a metà del naso storto.
Harry lo fissò, provando un'orribile sensazione di vuoto allo stomaco.
Non riusciva a capire come il Preside potesse sperare di tirarlo fuori dai guai; se l’informatore della Umbridge aveva davvero sentito tutto quello che era stato detto alla Testa di Porco, per lui non c'era scampo e nemmeno per l’ES.
- Oho! - esclamò Caramell, oscillando sulla punta dei piedi. - Sì, sentiamo la tua ultima trovata per salvare il collo a Potter! Avanti, Silente, va' avanti... L’informatore ha mentito, no? O forse quello alla Testa di Porco era il gemello di Potter? O magari è la solita spiegazione semplice semplice che coinvolge un viaggio nel tempo, un morto che torna in vita e un paio di Dissennatori invisibili?
Percy Weasley scoppiò a ridere.
- Questa è buona, Ministro, davvero buona!
Harry soffocò l'impulso di prenderlo a calci. Da quando era diventato così viscido?
Poi, stupefatto, vide Silente sorridere affabile.
“A che gioco sta giocando?”, si domandò, sospettoso.
Si toccò la tempia destra, provando una fitta di dolore acuto e bruciante. Sentì qualcosa di umido sfiorargli le dita e ricordò che il sangue continuava a scorrere a causa della botta.
A lungo andare, il dolore che aveva ignorato fino a quel momento tornò, aumentando ulteriormente.
La vista cominciò ad annebbiarsi, la stanza a vorticare.
Stava per svenire.
La sua mano cercò freneticamente un appiglio per non cadere. La professoressa McGranitt lo notò e attraversò la stanza appena in tempo per sorreggerlo.
Lo accompagnò alla sedia più vicina, esaminando accuratamente la ferita. Harry sembrò non notarlo nemmeno.
Era tutto così confuso...
- Perché non l’avete portato in infermeria? - esclamò la professoressa. Accarezzò il volto di Harry con una mano mentre con l’altra tamponava delicatamente la ferita con un fazzoletto.
- Oh, sta bene – ribatté la Umbridge. - La sua è tutta scena.
La McGranitt si voltò, guardandola con occhi fiammeggianti. - Tutta scena? - sbraitò, in preda alla collera.
- Minerva, saresti così gentile da scortare il signor Potter in infermeria? - chiese Silente a voce bassa.
- Eh, no! - protestò il Ministro. - Il ragazzo non si muove da qui. È sotto accusa fino a prova contraria.
- Non siamo di certo in un tribunale – protestò Silente. - Il signor Potter ha bisogno di cure. Non vorrai che perda coscienza per un tuo capriccio, vero Cornelius?
Il Ministro si sentì avvampare sulle guance. Si schiarì la voce e fece cenno all’uomo dai capelli biondi vicino a Kingsley di avvicinarsi. - Scorta il ragazzo in infermeria. Nessuno deve avvicinarsi a lui. Tienilo d’occhio.
L’uomo annuì, ubbidiente, e si avvicinò a Harry e lo aiutò a sollevarsi un po’. Sorreggendolo per la vita lo portò verso l’uscita.
Harry sentì la voce sommessa della professoressa McGranitt dire qualcosa al Ministro, ma non riuscì a cogliere bene le parole. Intuì che fosse una specie di insulto velato, una protesta, ma prima che riuscisse a indovinare le gambe cedettero e l’uomo fu costretto a prenderlo in braccio.
- Piano, Potter – sussurrò l’Auror, Simon Clarke.
Mentre lo scortava di peso verso l’infermeria, in quel momento, Simon provò una gran pena per Harry.
Conosceva bene la sua storia, come ogni mago o strega, e ammirava il modo in cui aveva lottato per tutti quegli anni, sovrastando anche la famigerata Dolores Umbridge: la piaga del Ministero.
Era persino riuscito a mettere i piedi in testa al Ministro! Quel ragazzo aveva fegato da vendere. Ma in quel momento era completamente inerme tra le sue braccia.
Guardarlo fece scattare un gran senso di colpa nella mente di Simon. Harry era solo un ragazzo… e in quel momento aveva tutto il mondo magico contro. La sua unica colpa era sostenere che il Signore Oscuro era tornato.
“Sarebbe da stupidi mentire su una cosa tanto delicata e importante, no?”, pensò. Infatti, lui credeva ciecamente a Harry, nonostante questo significasse remare contro il Ministro in persona.
Nonostante avesse paura, mentre teneva stretto tra le braccia il ragazzo sopravvissuto, Simon Clarke promise che avrebbe lottato al suo fianco per portare la pace nel loro mondo, o sarebbe morto provandoci, con la bacchetta stretta tra le dita.
  
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