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Autore: shana8998    14/08/2023    0 recensioni
Appena arrivato, in soli dieci minuti, era riuscito a fare retromarcia contro la mia cassetta delle lettere, a disseminare per il mio giardino immacolato gli incarti del fast food di cui straripava la sua auto, e per finire si era svuotato la vescica sul grosso tronco della vecchia quercia che si trovava sul prato di fronte, indirizzandomi un sorriso pigro e una scrollata di spalle, non appena si accorse di me, scandalizzata, sull'uscio di casa.
Quel ragazzo era un barbaro.
Nei quattro mesi successivi, aveva trasformato la mia vita da cartolina in un inferno. Non riuscivo a spiegarmi come potesse, un ragazzo da solo, avere un impatto tale sulla mia felicità, eppure lui ce l'aveva.
Genere: Erotico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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10.


Da quella sera delle due birre doppio malto -che poi erano diventate quattro- erano passate un paio di settimane. Conscia di quanto accaduto e dopo essermi maledetta per più di un paio di volte, avevo cercato di mantenere la parola data: Aron ed io eravamo amici.

E con amici, mi piaceva intendere che avremmo condiviso gli stessi spazi senza cercare di cavarci gli occhi reciprocamente.

Non era un’idea entusiasmante, ma quella specie di accordo me lo aveva tolto dai piedi per un bel po’ di giorni.

Lo avevo visto in facoltà. Anche quella mattina. Ci eravamo salutati, lui mi aveva rubato la brioches come al suo solito e poi era sparito in aula per le restanti cinque ore.

Bene. Benissimo.

Una parte di me poteva definirsi sollevata, a dir poco raggiante.

Ero riuscita persino a pianificare il restante pomeriggio senza il timore che il sottoscritto si piazzasse fuori dalla mia porta o peggio, facesse qualsiasi altra cosa stupida solo per darmi fastidio.

Quando stavo imboccando il corridoio della facoltà, pronta per tornare a casa, avevo un depliant di una fiera stretto fra due dita.

Si leggeva che ci sarebbero state, in centro, diverse bancarelle dell’antiquariato e non solo. Era invitante.

L’idea era quella di comprare qualcos’altro per abbellire casa e magari, altri boccioli di tulipano per rimpiazzare quelli che Aron aveva divelto.

Ancora non posso ripensarci!

Si, decisamente, l’idea non mi dispiaceva affatto.

Catalizzare la mia attenzione su altro che non fosse il mio rumoroso vicino di casa e la mia ex migliore amica che ci andava a letto insieme, mi avrebbe solo fatto bene.

 

Alle cinque del pomeriggio ero seduta sullo scomodissimo sedile di un autobus di linea.

Sam mi aveva scritto un paio di sms: voleva chiedermi degli appunti, poiché, l’indomani, avrebbe dovuto tenere una lezione importante.

Le avevo detto che ci saremmo viste quella sera, magari a casa mia e che doveva stare tranquilla perché l’avrei aiutata a preparare la lezione in meno di un paio d’ore. Magari, ci sarebbe anche scappato uno di quei film strappalacrime che tanto piacevano a lei.

Entusiasta, aveva acconsentito e per fortuna la sequela di messaggi impanicatissimi si era trasformata in chiacchiere fra amiche.

Qualcuno chiamò la fermata al posto mio e in un batter d’occhio mi ritrovai sul marciapiede al centro di un fiume umano di teste parlanti.

Il centro quel pomeriggio brulicava di persone.

Persone e sacchetti con stampati i vari loghi degli stand sparpagliati ovunque.

Alzai lo sguardo dal cellulare e mi ritrovai di fronte al mio riflesso in una vetrina.

Non indossavo gli occhiali da vista quel giorno ma li avevo comunque con me.

Avevo preferito un look più sportivo: t-shirt e pantaloncino di jeans. Si, qualche volta, anche io osavo un abbigliamento più contemporaneo e in linea con la stagione corrente! 

Scalpicciai il marciapiede a bordo delle mie Adidas e mi insinuai fra la folla come una lepre.

C’erano veramente un mucchio di bancarelle e vendevano ogni tipo di cosa.

La seconda che incrociai attirò la mia attenzione. Strumenti per il giardinaggio. 

Strumenti - professionali- per il giardinaggio. Mi brillarono gli occhi.

«Tuo padre fa giardinaggio?». La voce proveniva dall’altro lato dello stand. L’uomo con la camicia da boscaiolo e la pelle avorio mi sorrise. 

«Ehm…No, in realtà io lo faccio.», risposi stizzita.

Perché ancora si considerava quell’attività, un’attività per soli uomini o per sole donne attempate? Una ventiquattrenne non poteva adorare le piante?

Lui mi scrutò con non celata sorpresa.

«Davvero?».

«Si. Davvero.»

«Che bello!», esclamò raggiante «Voi ragazzi siete sempre alle prese con feste e alcolici, non credevo di trovarne qualcuno che preferisse certi hobbies».

L’uomo si precipitò a mostrarmi i vari modelli di rastrelli e i più disparati semi di piante esotiche e non, spiegandomi nel dettaglio come e quanto poterli interrare. Discutemmo su quanta acqua dare e quali fertilizzanti fossero meglio.

«E’ la prima volta che parlo a qualcuno del mio hobby senza sentirmi snobbata.», risi e lui fece lo stesso.

«Di solito, io ne parlo solo con mia moglie.»

Ok, sembrava molto strano il fatto che mi trovassi a parlare con un ultracinquantenne di piante e che non mi fossi fermata affatto su bancarelle dell’intimo o cose più da ragazza. Ma io ero anche quel genere di persona, più quel genere di persona. Pure se odiavo essere definita noiosa per qualcosa che, invece, mi faceva stare bene.

La chiacchierata terminò un paio di minuti dopo, non ricordo esattamente chi dei due proferì la battuta finale. Ora, però, avevo uno scontrino per mano e dieci bustine di semi di piante coloratissime. Ero contenta, davvero.

Proseguii la maratona di bancarelle e comprai un altro scacciasogni, un paio di presine, due fermagli per capelli e un mascara.

Ripeto, anche io fingevo di essere una ragazza. Qualche volta.

Quando l’orologio al mio polso segnò le sette della sera, mi dissi che per quel pomeriggio avevo fatto abbastanza.

Sapevo che la fermata dell’autobus era a pochi metri di distanza dal punto in cui mi trovavo io e mi misi in marcia, a ritroso, per raggiungerla.

Proprio in quel momento, i miei occhi andarono a scontrarsi con una figura famigliare.

Gretha.

Piantonai i piedi sul posto.

Era accanto allo stand dell’intimo, assieme a lei potevo scorgere un altro mezzo busto coperto da una colonnina girevole colma di calzini.

Persi un battito, forse due.

Mi nascosi dietro un lato dello stand di accessori per auto e moto e come una ladra, spiai la mia ex amica.

Stava sorridendo mentre tirava su un paio di slip indecenti di un rosa Smoothie andato a male terrificante e lo stava mostrando a qualcuno.

Cercai di sporgermi per vedere meglio ma quella dannata colonnina era proprio in mezzo ai piedi, perciò, mi abbassai sulle ginocchia speranzosa di trovare il volto dello sconosciuto.

Quando mi resi conto che c’era Piper accanto a lei, una parte di me non ne fu affatto sorpresa.

Gretha aveva sempre fatto così con lui. Quel genere di tira e molla da “non siamo fidanzati ma flirtiamo lo stesso” che sapevo far struggere il sottoscritto d’amore.

Forse dovevo comportarmi così anche io con i ragazzi. Perché, più Gretha si comportava da prima donna, nonché da stronza, più chiunque le ronzava attorno.

«Che diavolo stai facendo?».

Un brivido.

La voce alle mie spalle che mi aveva fatto accapponare la pelle la conoscevo sin troppo bene.

«A-Aron…?».

Alzai lo sguardo oltre la mia fronte e lo trovai in piedi dietro di me che mi scrutava esattamente come io avrei guardato un insetto mai visto prima.

Per le mani stringeva un paio di bicchieri di carta bianca e non ci volle molto per capire cosa contenessero.

Lui aggrottò la fronte divertito.

«Perché sei accucciata sul marciapiede?»

«Ecco…Ho perso un anello.», mentii, fingendo di guardarmi attorno.

«Un anello?».

«Si, un anello, Aron.».

L’ansia che provavo era palpabile.

Maledizione, colta sul fatto proprio da lui…no!

Ridacchiò.

«Non hai incontrato Gretha e Piper? Dovrebbero essere qui in giro.».

Mi risollevai da terra e risposi un semplice «No. Eri con loro?». Dovevo dargli l’impressione di non essere affatto sorpresa di vederlo né di sapere che era proprio in compagnia di Gretha. Ci stavo riuscendo? Insomma…

Lui annuì.

«Piper mi ha chiesto di portargli due birre…», fece spallucce.

Solo ad Aron sfuggiva il motivo per cui Piper lo aveva commissionato di sparire dalle palle. Quasi mi divertivo a vedere il suo nuovo amichetto provarci con la sua ragazza.

Altro brivido. 

Colpa dell’appellativo nuova ragazza apposto sopra la testa di Gretha e messo accanto al viso di Aron.

La mia mente pensava troppo in fretta e cose molto stupide, si.

Comunque, chi ero io per rovinare a Piper, Gretha e Aron il fantastico terzetto che non sapevano di aver creato? Nessuno, però potevo godermelo.

«Beh, allora…Ti lascio alle tue birre.»

Aron mi scrutò quasi deluso «Non ti unisci a noi?».

«Unirmi a cosa, esattamente? Non ho voglia di bere un’altra volta. Quando bevo straparlo.», distolsi per un momento lo sguardo.

Altra risatina snervante. Non mi mancava affatto.

«Lo so.»

«Come…lo so?».

Però, anche se con non poca difficoltà, dovevo ammettere che quel sorriso era veramente incantevole.

«Puoi sempre non bere, comunque.»

Stavamo già attraversando la strada in direzione ex migliore amica e, quando me ne accorsi, era troppo tardi.

«Haly!»

La voce di Piper mi fece sussultare. Senza aver il tempo di pensare a nulla, sollevai impacciatamente una mano e gli sorrisi.

«Ehilà…» -mannaggia a me…

Provai a salutare anche Gretha che però continuava a rifilarmi uno sguardaccio serio e tagliente come solo lei sapeva fare.

Mi ero sempre reputata superiore a certe circostanze e perciò mi costrinsi a salutarla come avrei fatto in un qualsiasi altro momento. Soprattutto, perché se non l'avessi fatto, Aron avrebbe scoperto che a causa sua avevamo tagliato i rapporti.

«Ciao Gretha.», sorrisi e tutto mi aspettavo fuorché un suo «Halanie, che bello che ci sei anche tu! Sei dei nostri stasera?».

Falsa. Falsissima! Mio Dio, quella ragazza era Giuda in persona e io la conoscevo da sin troppo tempo per non accorgermi della piccola venuzza corrugata sulla fronte e della fatica che aveva impiegato per darla a bere ai nostri…amici.

«Dove andate di bello?». Da buona allieva, avevo imparato molto da lei negli anni e perciò, preseguii con quel teatrino.

«C’è una festa in spiaggia questa sera.», ammise Piper. Poi, fece un passo avanti e con occhi supplicanti mi prese entrambi i polsi, implorevole «Devi. Essere. Per forza dei nostri.» Detta in quel modo sembrava quasi più una minaccia che un invito ed io avevo capito perfettamente il motivo. Mi venne da ridere.

«Veramente questa sera avevo promesso a Sam…».

«Oh, andiamo! Non fate sempre quelle secchione e senza vita sociale!».

Incurvai le sopracciglia. Volevo rispondere qualcosa, ma il lato strapermaloso di me lo impedì, allora fu Aron a parlare «Forse non è il caso.».

Forse non è il caso.

Quella frase mi spiazzò, rimbombando nella mia testa ancora e ancora. -e ancora.

Forse non è il caso stava a dire: sto con la nuova tipa che mi scopo e non voglio quella a cui ho ficcato la lingua in bocca fra i piedi.

Non potevo credere alle mie orecchie.

Avrei colto volentieri la palla al balzo e con quell’assist mi sarei potuta dileguare ma… Ehy, chi ero io per non rispondere palla in petto a Aron? E chi era lui per decidere cosa avrei dovuto o non dovuto fare quella sera?

«Una festa in spiaggia, dici?».

Gretha si irrigidì. Aron si irrigidì e, io stavo godendo come un riccio.

«Perché no? Dopotutto sto sempre chiusa in casa.»

A quel punto, meschina, spostai lo sguardo in direzione di quello di Aron che si fece stizzito.

Non avevo la più pallida idea di quale piega avessero preso i suoi pensieri ma,  qualunque cosa stava pensando gli doveva essere andata per traverso.

«Ottimo!», proferì euforico Piper «La festa è alle nove, vuoi che mandi qualcuno a prenderti?».

A quel punto, dubitavo di poter scroccare un passaggio al mio vicino. «Magari!», cinguettai.

La bocca di Piper si allargò in un sorriso e mezzo. «Ok, tu preoccupati solo di farti bella per le nove.»

«Lo farò.»

   
 
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