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Autore: 18Ginny18    18/08/2023    1 recensioni
[Sequel di 'Secrets']
La vita di Ginevra Andromeda Black era stata sconvolta da quella strana Creatura Oscura di cui ignorava il nome. Viveva dentro di lei, come un parassita, e pian piano cercava di prendere il controllo al suo posto.
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Remus/Ninfadora
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~The Black Chronicles~'
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Capitolo 34 – Fuochi e fiamme

Harry si risvegliò poco dopo in infermeria, con un grosso cerchio alla testa. Si guardò intorno. Madama Chips era lì, tra un sospiro e l’altro, ad armeggiare con pozioni e bendaggi.
- Come ti senti, Potter? - domandò con il suo solito tono burbero e, allo stesso tempo, amorevole.
Harry si mise a sedere sul letto aiutandosi con i gomiti. - Come uno che è stato messo in un frullatore gigante – biascicò con un sorriso.
- Smettila di sorridere, Potter. È una cosa seria – lo rimproverò Madama Chips, cambiando il bendaggio attorno alla sua testa. - Somigli sempre di più a tuo padre – sussurrò debolmente.
Harry ne fu lusingato, nonostante la circostanza non fosse tanto felice per la sua povera testa.
Continuò a sorridere, lasciando che l’infermiera gli medicasse la ferita. Bruciava un po’, ma era sopportabile.
Fu in quel momento che notò la figura alta e atletica di un uomo ai piedi del suo letto. Era lo stesso uomo che era nell’ufficio di Silente. Le maniche della camicia bianca erano arrotolate fino ai gomiti, scoprendo gli avambracci muscolosi. La giacca scura era appesa alla sbarra di ferro del letto.
Dal modo in cui quell’uomo gli sorrideva, sembrava felice di vederlo.
Harry lo guardò, confuso, cercando di ricordare perché fosse lì con lui. Socchiuse leggermente gli occhi. - Mi ha portato lei qui? - gli domando, diffidente.
Il sorriso dell’uomo si ampliò. - Sì, signor Potter – rispose nel tono più educato possibile. - Il mio nome è Simon. Simon Clarke.
- Lei è un Auror?
Simon annuì. - E, nonostante questa sia una circostanza un po’ particolare, ci tenevo a dirle che per me è un vero piacere conoscerla.
Harry lo guardò, un po’ dubbioso. - Amh... Grazie?
Ci fu un breve silenzio, nel quale l’Auror si passò una mano tra i capelli biondi per poi sbuffare a ridere. - Patetico, eh? Come minimo avrà sentito un milione di volte una frase così...
Harry rispose facendo spallucce, poi un sorriso affiorò nuovamente sulle sue labbra, contagiato da quello di Simon. Aveva un che di affascinante.
Harry si fermò a studiarlo per bene; sembrava una brava persona, tranquilla. Sapeva, però, per esperienza personale, quanto l’apparenza potesse ingannare. Per un attimo ripensò all’anno prima, quando si era fidato del falso Alastor Moody.
Era stato un cieco. Un vero sciocco.
Ma quell’esperienza gli era servita come monito, quindi era sempre meglio tenere un occhio aperto. Anche due, se necessario.
L'Auror abbassò lo sguardo e sospirò. - Mi… mi dispiace per quello che è successo. La Umbridge… - disse, - sa essere un vero incubo.
- Oh, ha sicuramente dei metodi singolari.
- Quel lurido anfibio da strapazzo – borbottò Madama Chips, entrando brevemente nella conversazione. - È sempre stata un po’ schizzata, se volete un mio parere.
“Se solo sapesse quanto…”, si disse Harry ripensando alla Maledizione Cruciatus. Un brivido gli percorse la schiena, dandogli la breve sensazione di essere ancora sotto l’influsso dell’incantesimo.
Simon lo aveva visto tremare, provando una spiacevole sensazione. Come un presentimento. Fissò lo sguardo su di lui per qualche istante, cercando di capire a cosa stava pensando, senza riuscirci. Harry aveva un’aria piuttosto strana.
Quando Madama Chips terminò la medicazione, li lasciò soli. Con la speranza di tenere a freno il mal di testa, Harry appoggiò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi per un breve istante. Poi sospirò.
- Ha intenzione di rimanere qui a fissarmi ancora per molto? È un po’ inquietante.
Simon sorrise appena, divertito, e disse: - Sono qui per tenerti d’occhio, Potter. Ordini del Ministro…
- Oh, fantastico – commentò Harry, ridendo senza allegria.
- Posso… posso chiamarti Harry? - domandò dopo un po’ l’Auror.
Harry annuì. Odiava quando lo chiamavano “signor Potter”. La maggior parte delle persone tendeva a chiamarlo in quel modo soprattutto in quel periodo. “Signor Potter di qua”, “signor Potter di là”… era davvero fastidioso.
- Volevo solo dirti che… io ti credo – disse Simon, ed era sincero. - Non approvo le scelte del Ministero in questi tempi. E… detto tra noi… il Ministro è un po’ fuori di testa – sussurrò infine.
Quelle parole furono come un dolce balsamo per Harry e riuscirono a farlo sentire meglio, ma non abbassò comunque la guardia. Non poteva fidarsi di lui.
La voce di Moody gli risuonò nelle orecchie: “Ci vuole vigilanza costante!”.
- Grazie, Simon.
L’uomo gli fece l’occhiolino e gli diede una piccola pacca sul ginocchio, con un sorriso stampato sulle labbra.
Harry lo trovava simpatico… ma forse era a causa del colpo che aveva preso alla testa.

A qualche piano di distanza, invece, Ginevra, Angelina e i gemelli Weasley stavano cercando Harry in lungo e in largo. Quando raggiunsero la Sala Comune di Grifondoro, incontrarono Ron e Hermione. Avevano l’aria preoccupata.
- Avete visto Harry? - chiesero tutti contemporaneamente.
Hermione sospirò, battendo il piede sul pavimento nervosamente. - Spero non gli sia successo niente. forse è scappato e ha raggiunto uno dei nascondigli o magari...
Ginevra scosse la testa. - È stato preso.
Ron imprecò. Tirò un calcio al divanetto lì accanto. - E ora che si fa? È da solo!
- Lo troveremo – disse Fred. Il suo tono era rassicurante, ma c’era qualcosa nel suo sguardo che andava in contrasto con la sua voce. Anche lui era preoccupato per Harry.
Più il tempo passava, più l’ansia aumentava.
Alla fine decisero di separarsi, così da avere più probabilità per trovare Harry e Fred diede a ognuno di loro una spilla arancione con una ‘W’ stampata sopra. - Se trovate Harry toccate la spilla.
- Chi lo farà lancerà un segnale agli altri…
- … e noi sapremo che è al sicuro.
- Poi ci incontreremo tutti nel cortile – continuò George.
- Perché? - domandò Ron.
- Io e George abbiamo un piano per distrarre la Umbridge…
- … e riteniamo che un po’ di confusione...
- … sia proprio quello che ci vuole per uscire di scena col botto – concluse Fred.
- Ma non dovete! - esclamò Hermione. - Assolutamente! Ne approfitterebbe per espellervi!
- Silente non lo permetterebbe mai – disse Ron. - Gliela farà passare liscia come sempre.
- Ma la Umbridge ha il Ministero dalla sua parte! - si intestardì Hermione. - Non possono rischiare il loro futuro solo per distrarla!
- Proprio non ci arrivi, eh? - Fred le sorrise. - Non c'interessa restare qui. A nessuno di noi – disse indicando anche Angelina e Ginevra. - Hogwarts non è più come un tempo.
Ginevra annuì, trovandosi d’accordo con lui. Un tempo Hogwarts era come una casa per lei, ma ora non lo era più. Quel castello era diventata una vera prigione.
- Ce ne andremo non appena troveremo Harry, d’accordo? – disse. Guardò George e lo prese per mano, intrecciando le dita alle sue e sfiorandone dolcemente ogni centimetro.
George annuì e controllò l’orologio al suo polso. - Speriamo solo che lo spettacolo non cominci senza di noi…
- … altrimenti possiamo dire addio alla nostra via di fuga.
- Che intendete dire? - domandò Angelina, curiosa.
- Lo vedrai… Lo vedrai – le rispose Fred enigmatico.

Nel frattempo in infermeria, l’aria era un po’ più rilassata. Ma ancora per poco. Harry e Simon avevano passato un bel po’ di tempo a chiacchierare e a scherzare tra loro. Poi Kingsley li raggiunse e Simon scattò subito in piedi come una molla, proprio come uno di quei soldati che Harry aveva visto nei vecchi film sulla guerra.
Kingsley lanciò a Harry una semplice occhiata, senza dire una parola. Aveva una faccia strana, quasi gongolante, ma sembrava che si stesse trattenendo. Si avvicinò a Simon, sussurrandogli qualcosa all’orecchio, con circospezione. Purtroppo Harry non riuscì a sentire una sola parola di quello che si dicevano, ma la risposta non tardò ad arrivare. In infermeria erano appena entrati anche il Ministro, la guardia del corpo, la Umbridge e Percy Weasley. Sembrava che tutti loro avessero un diavolo per capello.
- Dov’è? - strepitò Caramell, furioso. - Dov'è?
- Non è qui, signore – disse Kingsley, voltandosi verso di lui.
Gli occhi del Ministro si fissarono su Harry. Avanzò in fretta verso di lui puntandogli il dito contro. - Tu sai dov’è – lo accusò. - Tu sai dov’è, non è vero? Dimmelo!
Harry aggrottò la fronte. - Chi?
- Non prendermi in giro, Potter – sbottò Caramell. - Dov’è Silente?
- Silente? - ripeté Harry, confuso.
- Mi permetta, Ministro, ma credo che il ragazzo non sappia nulla – intervenne Kingsley, con voce lenta e profonda.
Il Ministro riacquistò faticosamente la calma. Si allontanò quel tanto che bastava per spolverarsi la veste, come per evitare gli sguardi di chi lo circondava. Dopodiché chiese a Percy di contattare una squadra di Auror e di informarli della fuga di Silente, attivando una caccia all’uomo.
Quando Percy uscì dall’infermeria seguì un lungo silenzio impacciato nel quale un sospetto improvviso, connesso al sussurri di Kingsley e Simon, si affacciò nella mente di Harry.
- Dolores – disse Caramell, con l'aria di chi voleva chiarire la faccenda una volta per tutte, - mi dia la lista...
Inorridito, Harry la vide estrarre dalla tasca la lista di nomi che avevano affisso alla parete della Stanza delle Necessità e consegnarla a Caramell.
“Come l’hanno avuta?”, pensò, cominciando ad avvertire il panico.
Ora il Ministro sfoggiava un sorriso soddisfatto. - Riconosci questa lista? - domandò senza smettere di sorridere, sventolandogli la lista davanti agli occhi. - Mi è bastato vedere il tuo nome per avere la conferma di cosa si trattava.
Kingsley lanciò a Harry uno sguardo di avvertimento.
Doveva mantenere la calma, ma non poté fare a meno di domandare: - Dov’è Silente?
- Oh, è curioso che tu lo chieda, Potter – disse il Ministro. - Il tuo caro “generale” è scappato. Ha abbandonato te e il suo caro Esercito di Silente.
Harry sgranò gli occhi.
“Scappato? No, non può essere!”.
- Harry! - urlò una voce.
Lui alzò lo sguardo, ancora un po’ sconcertato dalla notizia, verso l’ingresso dell’infermeria: sua sorella era lì, trafelata. Aveva l’aria di una che aveva corso per tutto il castello per trovarlo. Stava per avvicinarsi al suo letto, ma la guardia del corpo di Caramell la fermò, trattenendola per le braccia.
- Ehi! - protestò Harry. Stava per scattare fuori dal letto, ma Kingsley lo fermò per la seconda volta.
- Oh, signorina Black. Stavo giusto per mandare qualcuno a cercarla – disse il Ministro, fissandola con una soddisfazione terrificante.
- Che cosa significa tutto questo? - sbottò Ginevra, furiosa. I suoi occhi erano fissi sul Ministro della Magia.
Lui guardò la lista e sorrise maligno, fingendo che lei non avesse nemmeno parlato. - Lei è la seconda sulla lista. Mi ha risparmiato un gran fastidio.
Ginevra cercò di liberarsi dalla morsa dell’uomo, ma fallì. I suoi occhi, notò Harry, sembravano bruciare di rabbia.
- Bene, bene, bene... Silente è sparito, ma questo è un problema che risolverò in seguito. Ero venuto qui pensando di espellere Potter, e invece… - disse il Ministro. Sembrava che si sforzasse di essere premuroso, ma continuava a guardare Harry e Ginevra con una specie di folle esultanza. - Vi espellerò entrambi.
- NO! Non può farlo! - gridò Harry.
- Mantenga la calma, signor Potter – lo zittì Caramell. - Possiamo evitare tutto questo solo se… - guardò Ginevra, - risponderete a delle domande.
Harry aggrottò la fronte, confuso. Davanti a sé vide la Umbridge sorridere beata e porgere una fialetta all’uomo che bloccava Ginevra, poi la sua visuale su di lei venne oscurata da quella imponente di Kingsley che avvicinava la stessa fialetta alla sua bocca: il Veritaserum.
- Fingi di bere – lo avvisò in un sussurrò appena percettibile, in modo che solo lui potesse sentirlo. Harry obbedì, dopodiché Kingsley si allontanò, riponendo la fialetta ancora piena nella sua tasca.
Quando Harry lanciò un’occhiata verso Ginevra un brivido gli percorse la schiena. Quell’Auror le aveva fatto bere il Veritaserum con la forza e la Umbridge sorrideva soddisfatta come una bambina alle prese con un giocattolino nuovo.
Il Ministro si protese verso Ginevra. - Dov'è Albus Silente?
- Perché dovrei saperlo? - rispose lei, assottigliando lo sguardo. Continuò a muoversi, nel tentativo di liberarsi da quell’energumeno che la teneva stretta, ma quello non la mollava.
- D’accordo. Proviamo di nuovo - disse il Ministro, sempre sorridendo. Si voltò verso Harry. - Allora, Potter, smettiamola con questi giochetti. Io so che tu sai dove si trova. Voi due ci siete dentro fino al collo, dall'inizio.
- Non so dov’è - ripeté Harry.
- Molto bene - disse il Ministro, decisamente contrariato. - In tal caso dovete dirmi dove si trova Sirius Black.
Harry sentì una morsa chiudergli lo stomaco. Ginevra gridò una serie di insulti a Caramell, muovendosi con più ferocia tra le braccia della guardia del corpo del Ministro fino a quando la Umbridge non le puntò la bacchetta contro, legandola con una corda.
- Non lo so – rispose Harry, un po' troppo in fretta.
- Signor Potter - disse la Umbridge, - le ricordo che in ottobre ho quasi catturato il criminale Black nel camino di Grifondoro. So perfettamente che era lì per incontrarsi con lei, e se ne avessi avuto le prove nessuno di voi due sarebbe in libertà al momento, glielo assicuro. Allora, signor Potter… faccia il bravo e ci dica dov'è Sirius Black.
Harry serrò la mascella e la fulminò con lo sguardo. - Io non lo so – ripeté a denti stretti. - Non ne ho la minima idea.
La professoressa Umbridge agguantò Harry per una spalla, tirandogli uno schiaffo violento sulla guancia. - Bugiardo - sussurrò.
- Non osare toccarlo, stronza! - urlò Ginevra, sempre più in collera.
In un secondo, Kingsley si fece avanti e la Umbridge si allontanò di scatto da Harry, agitando la mano come se si fosse scottata.
- Farà meglio a calmarsi, Madama Umbridge - la invitò Kingsley con la sua lenta voce profonda. - Non vorrà mettersi nei guai…
- Sono spiacente – disse lei guardando il Ministro. - Non accadrà più.
Non era affatto dispiaciuta, lo si poteva leggere nei suoi occhietti acquosi carichi di soddisfazione.
- Farò finta di non aver visto nulla, Dolores – commentò invece Caramell, abbassando la voce, turbato da quell'aggressione improvvisa. Le voltò le spalle e guardò Harry, un po’ mortificato. Sospirò. - Il signor Potter ha bevuto il Veritaserum, quindi non ha mentito.
Harry era rimasto immobile esattamente dove la Umbridge l'aveva lasciato. La guancia bruciava, ma non gli importò più di tanto. Pensò, piuttosto, a tutto quello che aveva subito a causa di quella donna negli ultimi mesi: le torture, le punizioni, la Maledizione Cruciatus…
Assottigliò lo sguardo, fissandolo sulla donna. Provava un odio talmente profondo da ribollirgli nelle vene.
Era stanco.
Voleva farle del male.
Voleva farle provare la stessa sofferenza che aveva provato lui. La stessa con la quale aveva marchiato ogni studente a Hogwarts. Doveva pagare.
Quelli erano gli stessi pensieri di sua sorella. Tutta la rabbia che aveva accumulato sembrava averle dato la forza necessaria per reagire. In un attimo si sentì come pervasa da un forte calore in tutto il corpo… le sue mani bruciavano… le corde attorno al suo corpo si sciolsero e lei fu libera.
Una volta in piedi si avvicinò alla Umbridge. Le afferrò il braccio sinistro, stringendo forte, facendola voltare.
- Non toccare mio fratello – sibilò Ginevra a denti stretti. I suoi occhi erano pieni di furia.
La Umbridge sembrava terrorizzata a morte, ma tentò comunque di apparire forte. - Come osi toccarmi! - strillò. - Levami subito le mani di dosso!
Gli occhi della ragazza si assottigliarono e la stretta attorno al braccio della Umbridge aumentò. Delle fiamme sgorgarono dalla sua mano, cominciando a bruciare il braccio della donna.
Le urla arrivarono poco dopo.
Gli Auror provarono a fermarla, senza successo; il primo cadde a terra con un’ustione al braccio prima ancora che potesse scagliarle contro un incantesimo. Lei si era voltata di scatto, guardandolo con occhi spiritati, e lo atterrò con un semplice gesto della mano.
Simon Clarke fu il secondo ad attaccare e a cadere subito dopo, così come Kingsley; entrambi sbalzati via da una forte fiammata scaturita dalle mani della ragazza.
Si voltò nuovamente verso la Umbridge che cominciò a supplicare: - Lasciami andare, ti prego! Non lo toccherò più... L-lasciami andare! - ma Ginevra rimase impassibile. Alla fine la donna cominciò a piangere e a gridare sempre di più per il dolore al braccio, ancora stretto nella morsa di fuoco.
Harry guardò la scena a occhi sgranati. Sua sorella non era in sé. Sembrava posseduta, oscura e sinistra. Il fuoco che aveva avuto origine dalle sue mani, in quel momento, le avvolgeva tutto il corpo. I suoi occhi erano diventati rossi come il sangue.
Sentì uno squittio spaventato da sotto il suo letto, ma non si abbassò per vedere chi fosse. Lo sapeva già: era il Ministro Caramell. Si era nascosto nella speranza di non essere preso di mira come gli altri.
- Lasciami andare, Black! - protestava la Umbridge, in lacrime. - Abbi pietà…
- Pietà? - rise lei, schernendola. - Perché mai dovrei avere pietà per una come te? - Si chinò improvvisamente su di lei, gli occhi scintillavano d’odio. - Sarebbe tempo sprecato – disse minacciosa. Poi la sua mano si strinse attorno al collo della Umbridge.
Harry poté quasi sentire il battito della donna accelerare. Preoccupato per ciò che stava per accadere, provò a fermarla: - Ginevra, non farlo.
Lei lo ignorò. Aumentò la stretta attorno al collo della Umbridge, sfoggiando un sorriso spietato sulle labbra.
La Umbridge non riusciva a respirare, non riusciva a fare nulla.
- Gin… ti prego, non farlo – disse Harry. Provò ad alzarsi dal letto, nonostante l’incessante mal di testa che lo privava della libertà di movimento.
- Abbiamo già sopportato a sufficienza i soprusi, le torture fisiche e mentali – sibilò Ginevra. - Direi che è giunto il momento di porre fine a tutto questo.
Accadde in un’istante.
Harry scattò verso la sorella, afferrandole il braccio, e un’improvvisa ondata di calore li invase. La luce emanata dal loro contatto lo accecò temporaneamente, destabilizzandolo.
Quando riaprì gli occhi vide Ginevra con le mani ancora strette attorno al collo della Umbridge. - Perché vuoi fermarmi? - domandò, in preda alla collera. - Ti ha fatto del male. Lo so. Lo sento… è colpa sua se sei qui – indicò il letto dell’infermeria e poi si voltò nuovamente verso la strega. - Merita di soffrire.
- Non così – protestò Harry. Il suo viso era stravolto dalla paura. - Non in questo modo. Non per mano tua… lasciala andare. Non voglio che tu faccia questo. Io non… non voglio perderti.
Ginevra si voltò nuovamente verso il fratello, guardandolo dritto negli occhi velati. E fu allora che qualcosa s’incrinò dentro di lei.
Tornò in sé, cominciando a tremare, spaventata.
Allentò la presa sul collo della Umbridge che scivolò sul pavimento cominciando a tossire rumorosamente.
- Io… Io non… - balbettò Ginevra. Era tutto confuso.
Guardò la Umbridge, sdraiata ai suoi piedi, che si stringeva la mano sana attorno al collo cercando di respirare regolarmente tra un colpo di tosse e l’altro.
Ginevra cominciò a pensare a ciò che era appena successo.
Non sapeva da dove fosse nata tutta quella rabbia…Sapeva solo che non aveva intenzione di uccidere la Umbridge, voleva solo torturarla. O almeno così credeva all’inizio.
Quella rabbia… Non aveva mai provato una rabbia tanto feroce. L’aveva fatta crescere dentro di sé, senza sapere di averne pieno controllo. La sensazione di potere in cui era stata avvolta era diventata talmente appagante da sopraffarla.
Poi arrivò il fuoco.
“Da quando so padroneggiare il fuoco?”, si domandò spaventata.
Sperava di sentire la voce di Entity, ma, proprio come temeva, lei rimase in silenzio. Era sparita. Aveva assorbito il suo potere come l’ultima volta.
Ma prima che Ginevra cadesse preda del potere Entity l’aveva avvertita di non esagerare, di smettere di prendere il suo potere, ma lei non l’aveva ascoltata. In quel momento la rabbia le aveva offuscato la mente. Il ricordo della sua debole voce le rimbombava ancora nella testa. La speranza che si riprendesse presto venne subito sostituita dal terrore di ciò che aveva fatto.
Si guardò attorno e vide gli Auror privi di sensi agli estremi della stanza. Il povero Kingsley aveva persino una bruciatura sul volto… Quella scena riuscì ad aumentare i suoi sensi di colpa.
- Che cosa ho fatto?
Harry la attirò a sé e l’abbracciò. - Non è successo niente. Non è colpa tua – le ripeteva, ma lei sapeva che non era la verità.
Era colpa sua. Era stata lei a fare tutto quello. L’aveva voluto.
Quando la Umbridge tornò a respirare cominciò a minacciarla con la sua vocetta stridula. - Non te la farò passare liscia. Mi hai sentito? Non mi interessa chi sei o cosa sai fare, io ti distruggerò! Ti spedisco ad Azkaban seduta stante! - urlò, additandola. Poi si toccò il braccio, ormai quasi carbonizzato, cercando di trattenere le lacrime e le urla di dolore.
La fulminò con lo sguardo e tornò a minacciarla sguainando la bacchetta.
Harry si interpose tra loro, facendo scudo a sua sorella con il suo corpo. - Lei non farà niente di tutto ciò, professoressa.
- Come prego?
A quel punto il Ministro uscì dal suo nascondiglio. Tremava e guardava Ginevra a occhi sgranati. - È finito? È tutto finito? - domandò.
- Scappa – sussurrò Harry alla sorella. - Qui ci penso io. Vai!
Nonostante fosse disarmato, era pronto a combattere.
- No – ribatté Ginevra, riacquistando un po’ di lucidità. - Io non ti lascio.
Le sue mani erano nuovamente avvolte dalle fiamme. Caramell la guardò, spaventato, reprimendo l’istinto di nascondersi nuovamente sotto il letto.
Anche la Umbridge notò le fiamme e indietreggiò. - Non oserai...
Ginevra immaginava le fiamme attecchire dappertutto, facendo divampare l’incendio all’interno dell’infermeria. L’istinto non faceva altro che urlare “fallo”, ma lei non voleva. Non poteva.
L’unica voce che voleva sentire era quella di Entity. Almeno, pensò Ginevra, lei poteva mandarla al diavolo per poi trovare una soluzione migliore di quella. Appiccare un incendio non poteva essere la soluzione.
Quando Madama Chips entrò nell’infermeria calò il silenzio. Si guardò intorno. Aveva tutta l'aria di aver appena ricevuto un ceffone sul viso. - Cosa diamine è successo qui? - urlò, correndo verso i tre Auror privi di sensi a terra.
Chiamò a gran voce Bernadette, la sua specializzanda, in cerca di aiuto, e Ginevra decise di cogliere la palla al balzo: quella era l’occasione giusta per scappare.
- Corri – sussurrò a Harry e insieme si precipitarono fuori dall’infermeria.
- FERMI! - urlava la Umbridge, lanciando un incantesimo dopo l’altro per bloccarli. Ginevra rispondeva lanciando lingue di fuoco dalle mani, così da rallentarla.
Nonostante il suo nuovo e sconosciuto potere fosse difficile da padroneggiare lei si lasciò guidare dall’istinto. Pensava solo a dove voleva rivolgere il getto di fuoco e il potere eseguiva… anche se non proprio alla lettera; più volte si era trovata a sbagliare mira, colpendo arazzi e qualche quadro appeso al muro, ma almeno erano riusciti a scappare.
Avevano raggiunto l’ufficio di Silente. Non sapevano se erano arrivati fino a lì consapevolmente o se era stato proprio Harry a portarli, ma quando si trovarono al suo interno si sentirono fuori posto più del solito. I quadri dei vecchi presidi appesi ai muri li guardavano dall’alto in basso, chiacchierando tra loro. Poi Phineas Black si rivolse ai due ragazzi sfoggiando un sorriso pomposo: - Avete saputo, eh? - disse. - Certo, non si può negare che Silente abbia stile.
- Cos’è successo? Dov’è Silente? - domandò allora Ginevra.
- Silente è scappato – disse Harry. - Me l’ha detto Caramell.
- Scappato?
- A quanto pare il Ministro crede che l’ES sia opera sua e voleva arrestarlo, ma lui è scappato – spiegò Harry brevemente.
- Come stai, Potter? Ti senti meglio? - domandò una donna in un quadro in alto.
- Meglio. La ringrazio – rispose, toccando istintivamente la fasciatura alla testa. Erano successe così tante cose che aveva quasi dimenticato di averla.
- Siamo al sicuro qui?
- Oh, non preoccuparti, mia cara nipote – disse Phineas. - Silente si era preparato a questo momento. In caso di fuga, il passaggio si chiude automaticamente. Il gargoyle vi ha fatto passare perché voi siete gli unici autorizzati, ma per la Umbridge e per chiunque altro è sigillato.
- Spero che lei e il Ministro stiano correndo per il castello in cerca di Silente – sghignazzò il quadro di un mago dai lunghi capelli bianchi. - Sarebbe uno spettacolo divertente.
- Smettila, Dippet! - lo rimbrottò una strega. - Non vedi che questi ragazzi hanno bisogno di aiuto?
Il preside Dippet le fece la linguaccia, dopodiché sorrise ai due ragazzi con fare amorevole. - In cosa possiamo aiutarvi, miei cari ragazzi?
- Stiamo scappando dal Ministro e dalla Umbridge.
- Sì, lo sappiamo. Madama Olivia ci ha raccontato tutto – disse il quadro di una bella strega dai capelli corvini sopra Dippet. Aveva indicato il ritratto di una donna accanto a lei: aveva quasi la stessa uniforme da infermiera vittoriana di Madama Chips, tranne per il colore. Anziché bordeaux era blu. Sul petto sfoggiava una grande spilla da Guaritrice, proprio come Madama Chips. Né Harry né Ginevra riuscirono a ricordare che in infermeria ci fosse un ritratto di quella Guaritrice.
Madama Olivia li salutò con un breve cenno del capo e un dolce sorriso, ma i due fratelli notarono subito che quel sorriso andava in contrasto con i suoi movimenti. La Guaritrice sembrava agitata e i suoi occhi andavano da una parte all’altra, pur di non incrociare quelli di Ginevra.
- Possiamo usare una passaporta? - domandò Harry a Phineas.
- Passaporta? Vuoi scherzare? Solo Silente può giocare con le regole del castello. Noi non possiamo aiutarvi. Siamo solo dei quadri.
- Quanto sei borioso, Phineas! - esclamò la strega dai capelli corvini. Il suo bel volto era corrucciato. - Non puoi contattare qualcuno nel tuo altro quadro e chiedere aiuto per questi poveri ragazzi?
Phineas sbuffò, annoiato. - Va bene… ma solo perché sono io a volerlo fare e non perché me l’hai chiesto tu, Emilia – e dopo averlo detto sparì.
- Vedrete, tornerà subito – disse la strega di nome Emilia con un sorriso rassicurante.
Harry annuì, sforzandosi di sorridere, ma dentro di sé vi era il pieno caos. Una confusione tale da mandargli quasi in pappa il cervello.
Cos’era successo in infermeria? Sua sorella aveva davvero evocato il fuoco senza l’uso della bacchetta? Avrebbe ucciso la Umbridge se lui non l’avesse fermata? Troppe domande a cui temeva di dare delle risposte.
Guardò Ginevra. Aveva incrociato le braccia al petto, come per difendersi da qualcosa o persino, pensò lui, da sé stessa. Il suo sguardo era basso, impaurito, dandogli la sensazione che, in realtà, temeva di incrociare proprio il suo sguardo.
Le passò un braccio attorno alle spalle, un gesto che non era riuscito a reprimere, e la attirò a sé. - Vedrai che andrà tutto bene.
- No, Harry. Non è vero – rispose lei con un amaro sorriso sulle labbra. Incrociò il suo sguardo e lui poté vedere la sofferenza nei suoi occhi. - Ho quasi ucciso una persona.
- Quasi – ripeté Harry. - Ma non l’hai fatto. C’è differenza.
Ginevra abbassò nuovamente lo sguardo, affranta. - No. La differenza c’è. Mi sto trasformando in un…
- Non osare finire la frase – la interruppe Harry a mezza voce.
Sapeva già cosa stava per dire: “Mi sto trasformando in un mostro”. Era una bugia, Ginevra non era un mostro e lui lo sapeva. Ne era più che convinto.
- Hai una voce nella testa, e allora? - continuò. - Hai la capacità di evocare il fuoco, e allora? Tutto questo, e molto altro ancora, ti rende ancora più speciale di quello che eri già. Sei mia sorella… non sei un mostro.
Ginevra tremò e si lanciò tra le braccia di Harry, stringendolo forte. Lui posò il mento sulla sua spalla e l’abbraccio a sua volta, tenendola stretta come se non volesse lasciarla andare via mai più.
Passo parecchio tempo prima che lui parlasse di nuovo. - Qualunque cosa accada, sarai sempre mia sorella.
- E tu sarai sempre mio fratello – riuscì a sussurrare lei tra le lacrime che scendevano silenziose. - Ti voglio bene, Harry.
Lui sorrise e le diede un piccolo bacio sulla guancia, ripetendole quanto le volesse bene.
Ad un tratto ci fu un gran boato al piano inferiore che fece perfino tremare il pavimento. Harry e Ginevra sciolsero appena l’abbraccio, restando comunque uniti per mantenere l’equilibrio.
Sbigottiti, i vecchi presidi scivolarono di lato nei loro ritratti come una serie di tessere del domino.
- Che cosa succede? - urlò la strega di nome Emilia, mentre urtava un’altra strega con il suo peso.
Harry stava guardando la porta. Dal piano di sotto arrivava un frastuono di urla e passi di corsa.
- Oh, merda! - imprecò Ginevra. Levò la bacchetta e si precipitò fuori dall'ufficio.
- Cosa? Che succede? - Harry era confuso, ciononostante si affrettò a seguirla per vedere l'origine di quel pandemonio.
Un piano più sotto regnava il caos. Qualcuno aveva dato fuoco a quella che sembrava un'intera cassa di fuochi d'artificio magici.
Draghi formati da scintille verdi e oro sfrecciavano nei corridoi emettendo vampe roventi e botti assordanti; girandole rosa shocking grandi quasi due metri sibilavano nell'aria, simili a pericolosi dischi volanti; razzi dalle lunghe code di luccicanti stelle argentate rimbalzavano sui muri; bengala tracciavano parolacce a mezz'aria; petardi esplodevano dappertutto come mine; e invece di consumarsi e svanire, (o fermarsi e spegnersi), tutte quelle meraviglie pirotecniche sembravano acquistare energia e velocità.*
Ginevra ne era estasiata. - Quei pazzi l’hanno fatto davvero! - sussurrò. Ma Harry credeva lo dicesse più a sé stessa che a lui.
- Fred e George? - domandò, conoscendo già la risposta.
Lei annuì, toccando la spilla arancione appuntata sulla propria maglietta. Harry notò la grossa ‘W’ e aggrottò la fronte. - Avete un piano? - domandò, curioso.
A qualche metro di distanza vide la Umbridge, il Ministro e Gazza il guardiano, che si chinavano di scatto con uno strillo atterrito mentre una delle girandole più grandi sfrecciava fuori dalla finestra alle loro spalle. Nel frattempo, diversi draghi e un grosso pipistrello violetto che emetteva minacciosi sbuffi di fumo approfittarono della porta aperta in fondo al corridoio per svignarsela verso il secondo piano.
- Bene, Dolores – disse Cornelius Caramell. - Vedo che lei ha pieno controllo della situazione. Le lasciò sbrigare la faccenda. Io ho… ho molto da fare. Buona giornata! - E corse via, lasciando Gazza e la Umbridge da soli contro la schiera di fuochi d’artificio impazziti.
- Svelto, Gazza! - strillò la Umbridge, dall’altra parte del corridoio. - Se non facciamo qualcosa si spargeranno per tutta la scuola... Stupeficium!
Uno zampillo di luce rossa scaturì dalla punta della sua bacchetta e centrò un razzo... ma invece di bloccarsi, quello esplose con tanta violenza da aprire un foro nel quadro di una strega dall'aria melensa in mezzo a un campo; la strega riuscì a fuggire appena in tempo, per riapparire pochi secondi dopo schiacciata nel quadro vicino, dove due maghi impegnati in una partita a carte si alzarono galantemente per farle posto.*
Ginevra prese il fratello per mano, ridendo, e insieme cominciarono a correre verso il cortile. Una volta raggiunta la meta trovarono anche Fred, George e Angelina, che ascoltavano gli strilli della Umbridge e di Gazza soffocando a stento le risate.
- Notevole - commentò Harry piano, sorridendo. - Davvero notevole... di questo passo manderete in rovina il dottor Filibuster...
- Lo spero - sussurrò George, asciugandosi le lacrime. - Oh, mi auguro che provi a farli Evanescere... a ogni tentativo si moltiplicano per dieci.
I fuochi d'artificio continuarono a sfrigolare e a dilagare per tutta la scuola, ma anche se erano decisamente rumorosi, in particolare i petardi, gli altri insegnanti non parvero preoccupati. Anzi ne erano quasi entusiasti.
- Sono davvero fantastici, quei fuochi – disse Ginevra ammirata.
- Grazie. - Fred sembrava al tempo stesso sorpreso e compiaciuto. - I Fuochi Forsennati Weasley. Purtroppo abbiamo dato fondo a tutte le nostre scorte; adesso ci toccherà ricominciare da capo.
- Ne è valsa la pena, però - disse George, mettendo un braccio attorno al collo del gemello. Poi guardò Harry, stralunato. - Che ti è successo? Che hai fatto alla testa?
- Oh – disse Harry, esitante. Toccò di nuovo la benda attorno alla testa provando un po’ di dolore al tatto. - Amh… un’incidente.
Ginevra sbuffò, cercando di reprimere la rabbia che minacciava di uscire. - È stata quella stronza della Umbridge!
- E come? - domandò Angelina, sconvolta.
Harry esitò. - Non è importante… Ho solo battuto la testa contro il pavimento.
- No, non è solo questo – intuì Fred, scuro in volto. - È successo qualcos’altro, vero?
Harry lo guardò ad occhi sgranati. Come aveva fatto a capirlo? Gli leggeva la mente?
Ci fu un’altra esplosione di fuochi nel corridoio lì accanto e Harry ne approfittò per cambiare argomento. Se sua sorella avesse scoperto che la Umbridge lo aveva colpito con la Maledizione Cruciatus era certo che sarebbe tornata dentro a finire ciò che aveva cominciato e a quel punto lui non avrebbe potuto fermarla.
- Avete visto Ron e Hermione?
Ma non fece in tempo a chiederlo che i suoi due migliori amici varcarono la soglia del cortile insieme a tutti gli studenti della scuola, che gridavano di gioia per i fuochi d’artificio; Pix, librandosi al di sopra della calca, guardava Fred e George, eccitato come non mai.
- Ah! - esultò Fred. - Il nostro pubblico è arrivato…
- … manca solo l’ospite d’onore – concluse George, sogghignando.
- Siete pronti a partire, miei capitani? - domandò Pix a Fred e George.
- Ovvio che sì, Pix! - disse Fred.
- Partire? In che senso? - domandò, invece, Harry, confuso. Poi iniziò a capire e guardò la sorella. - Quando? Per dove? Perché?
Ignorò le domande preoccupate di Ginny e Hermione sulla sua ferita alla testa, un po’ perché non aveva voglia di rispondere e un po’ perché la sua testa era altrove. Aspettava una risposta da sua sorella.
- Amh... Vedi, Harry… - cominciò lei, esitante. - Noi ce ne andiamo adesso. - Harry sgranò gli occhi. - E credo che sia meglio così, soprattutto dopo tutto quello che è successo.
- Perché cos’è successo? - domandarono Fred e George in coro.
Istintivamente Harry trattenne il respiro. Attorno a loro c’era l’intera scuola e sua sorella era ancora sotto effetto del Veritaserum. Temeva che di lì a poco sarebbe scoppiato un putiferio, ma Ginevra sembrò aggirare la verità omettendo qualcosa e lui tornò a respirare normalmente.
- Ho combinato un casino in infermeria, ma vi spiego dopo – disse loro, poi tornò a guardare il fratello. - Mi dispiace, Harry.
Harry fece spallucce, non potendo fare a meno di intristirsi.
Sapeva già che doveva andare in quel modo, solo che non immaginava che accadesse così presto. Era la seconda volta che Ginevra scappava da Hogwarts lasciandolo da solo. Una parte di lui voleva seguirla e scappare via con lei, ma Hogwarts era casa sua e non poteva abbandonarla, soprattutto nel momento del bisogno, e lei lo sapeva.
Lo conosceva troppo bene.
Per lei, Harry era come un libro aperto. Le bastava guardarlo negli occhi per capire cosa gli passasse per la testa. Gli lanciò un’occhiata e disse: - Tu non verrai, vero?
Harry scosse la testa e lei sospirò, un po’ rassegnata.
Si distanziarono un po’ dal gruppo, per salutarsi, ignorando gli sguardi di tutti su di loro.
Si abbracciarono forte, separandosi con la promessa che molto presto si sarebbero rivisti e avrebbero vissuto con Sirius, Remus e Regulus come una grande famiglia felice e niente e nessuno poteva impedirlo. Nemmeno Silente con i suoi stupidi piani o le stupide premonizioni di morte di Ginevra.
Per Harry quella fu la proposta migliore del mondo. Desiderava da tempo vivere con loro e abbandonare i Dursley. Finalmente, forse, tutto sarebbe andato per il verso giusto.
Ad un certo punto la folla di studenti pose fine agli schiamazzi e, istintivamente, Harry e Ginevra si girarono per vedere cosa fosse successo.
- Eccola… - lo sguardo di Fred si era illuminato.
La Umbridge aveva appena varcato il cortile della scuola, tutta arruffata e sporca di fuliggine. Il braccio fasciato alla bell’e meglio con una garza, il vestito rosa un po’ bruciacchiato, la faccia lucida di sudore e l’espressione ringhiosa. Dietro di lei ci fu una grande esplosione che la investì in pieno con una sostanza simile a Puzzalinfa.
Fred e George scoppiarono in un grido di gioia, lasciandosi andare alle risate, incitati da un grosso applauso degli studenti.
- Bene! - esclamò la Umbridge, furiosa, una volta guardato i danni provocati dall’esplosione. - Devo dedurre che tutto questo sia opera vostra.
- Colpevoli, vostro onore – Fred e George si inchinarono, teatralmente.
- Allora, vi sembra divertente trasformare un corridoio in una palude, eh? - disse, avanzando verso di loro con la bacchetta sguainata.
- Molto divertente, sì - rispose Fred, fissandola senza la minima traccia di paura.
- Voi – oltre a Fred e George, la Umbridge additò anche Ginevra. Il suo sguardo era quasi omicida, - scoprirete molto presto che cosa succede a chi mi fa arrabbiare.
- Sa una cosa? - replicò Fred. - Credo proprio di no.
Si voltò verso il gemello e le due ragazze.
- Ragazzi - disse, - credo che abbiamo raggiunto l'età per interrompere la nostra carriera accademica.
- Condivido in pieno la tua opinione - rispose disinvolto George.
- Assolutamente – concordò Angelina lanciando un sorriso a Ginevra.
E prima che la Umbridge potesse dire una sola parola, Fred e George levarono le bacchette e dissero all'unisono: - Accio scopa!
In lontananza risuonò uno schianto fragoroso. Le scope sfrecciarono nei corridoi, fino ai loro proprietari.
- A mai più rivederci - disse Fred alla professoressa Umbridge e salì a cavallo della sua scopa insieme ad Angelina.
- Sì, non si disturbi a darci sue notizie - aggiunse George, montando sulla sua. Ginevra si avvinghiò a lui, cercando di non incrociare troppo lo sguardo della Umbridge.
Non riusciva ancora a sopportare il pensiero di aver quasi commesso un omicidio, ma ciò che era peggio era il piacere che ne avrebbe provato una volta fatto. La tentazione era ancora forte. Si sentì come se un desiderio primordiale stesse lottando dentro di lei per emergere.
Sospirò, cercando di scacciare quel pensiero rivoltante, e affondando il viso nella schiena di George.
Dietro di lei, Fred si rivolse alla folla esultante.
- Se a qualcuno servisse una Palude Portatile, identica a quella che avete visto all'opera, o ai Fuochi Forsennati, si presenti al numero novantatré di Diagon Alley... Tiri Vispi Weasley - annunciò a voce alta. - La nostra nuova sede!
- Sconti speciali per gli studenti di Hogwarts che giureranno di usare i nostri prodotti per sbarazzarsi di quella vecchia megera - aggiunse George, accennando alla Umbridge.
- FERMATELI! - strepitò lei, ma era troppo tardi. I quattro fuggitivi si staccarono dal pavimento, schizzando a quasi cinque metri da terra. Fred individuò il poltergeist che si librava alla sua stessa altezza.
- Falle vedere i sorci verdi anche per noi, Pix.
E Pix levò il berretto a sonagli e scattò sull'attenti mentre, tra gli applausi tumultuosi degli altri studenti.
- Ehi, Dolores – urlò Angelina, mostrandole il dito medio. - Baciami il culo!
Udendo quelle parole Ginevra non poté trattenersi dal ridere, così come Fred e George.
Lasciandosi dietro una scia di fuochi d’artificio, volarono verso il tramonto radioso.



*Harry Potter e l’Ordine della fenice (CAPITOLO 28 -
IL PEGGIOR RICORDO DI PITON)
  
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