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Autore: pansygun    04/09/2023    3 recensioni
My first obsession is you.
My second is having sex with you.
• • •
DISCLAIMER: questa storia ha rating 🔞 per i contenuti espliciti in essa descritti (sesso).
A mio discapito, se siete sensibili vi invito a non affrontare questa storia.
• SPOILER per chi non avesse letto il fumetto o guardato l'anime! •
• • •
{Deku x Bakugo}
Angst
Mild-spicy
• • •
Tutti i diritti riservati ©️ veciadespade | 2023
I personaggi originali di My Hero Academia sono di proprietà di Kōhei Horikoshi.
Genere: Comico, Erotico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: Lemon | Avvertimenti: Non-con, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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I cannot fix your wounds this time



La mia volontà si ruppe al suono della sua voce e la mia testa girò con la stessa inevitabilità di un girasole che girava la faccia al sole.
~ Patricia Briggs ~


1 luglio

Izuku attese che Katsuki recuperasse i suoi gauntlet senza però entrare alla centrale.
Seduto su uno dei blocchi di cemento che fungevano da paracarro, la schiena curva e gli avambracci mollemente posati sulle cosce, la tuta da eroe aperta fin sotto lo sterno: si stava godendo la brezza che arrivava dal mare, tiepida, che trasportava odore di salsedine e di polvere da sparo e che gli smuoveva i capelli con leggerezza.

Chiuse gli occhi e alzò il volto al cielo. Era pervaso di una piacevole calma, il cuore gonfio di qualcosa di molto simile alla felicità, le guance che si scaldavano ogni volta che ripensava a quel debole bacio che aveva ricevuto non molto tempo prima.

E Kacchan era stato scaltro, doveva rendergliene merito: usare quello sciocco espediente dei dieci minuti... Ne sorrise.

Altro che pesce rosso! Quella insignificante cosa, in realtà, era ormai scavata dentro di lui, nello stesso modo in cui si incide la corteccia di un albero con un opinel.

«Deku!».
La voce grossa di Mick gli fece aprire gli occhi, trovandosi di fronte l'omaccione biondo e il suo capitano, vestiti in maniera perfettamente coordinata con delle camicie hawaiane sui toni del blu.

«Ciao ragazzi!».

«Ti unisci a noi?».

«Per?».

«Festaaaa!», esclamò Shiriusu, sbucando da dietro Selkie con le braccia alzate e un sorriso pieno ad illuminarle il volto.

«Abbiamo organizzato una piccola festa pre-partenza sulla nave. Pensavamo di prendere un po' il largo e guardare l'alba. Ci state? Vi va?», chiese Selkie, con lo sguardo rivolto oltre le spalle di Izuku, che si sporse all'indietro, incredulo, a sentire la voce graffiata di Dynamight pronunciare un laconico: «Va bene.».

«Ma... Ma non sei stanco? È mezzanotte passata! Riesci a resistere fino all'alba?», e vide Kacchan fare spallucce.

«Sì è giovani una volta sola, giusto? O non mi vuoi tra i piedi?».

Izuku sbattè le palpebre più volte mentre lo guardava indossare i suoi bracciali esplosivi, ricordando il discorso che lui aveva fatto mentre andavano sul molo. «No! Ma che dici? - si rivolse ai tre che aveva di fronte - Ve-veniamo con voi. Così ci salutiamo come si deve!».

«Frena Deku. - lo oltrepassò Katsuki - Io devo passare per casa a darmi una sistemata. Tu fai un po' come ti pare...».

Izuku lo osservò allontanarsi e si mise a seguirlo, parlando ai tre che lo stavano guardando, interdetti.

«Vado anche io a sistemarmi! - alzò una mano per salutarli - Ci-ci vediamo più tardi!».
 

Cinquanta minuti dopo, in caffè doppio per Katsuki, entrambi puliti e cambiati, erano già di fronte alla passerella d'imbarco della Oki Mariner.

Mentre attraversavano la stretta fascia di metallo transennata per poter salire sulla nave, Izuku stava ancora cercando di capire se la camicia di lino bianca stesse davvero bene infilata nei pantaloni leggeri color écru provando a guardarsi da ogni angolazione possibile, tentando di specchiarsi sulla prima superficie riflettente che trovava. Era stato preso da una strana, stupida agitazione, tanto che, lungo tutto il tragitto verso casa e poi mentre andavano in direzione del porto, aveva più volte domandato a Kacchan se quella serata "fuori dagli schemi" gli andasse davvero bene, tanto da spazientirlo fino a farsi zittire con una bestemmia.

«Su chi devi fare colpo, ah?», gli chiese Kacchan senza neppure voltarsi, mentre saliva piano la ripida scala di metallo che collegava l'imbarco al ponte superiore, da dove si sentiva arrivare della musica ritmata.

Izuku avrebbe voluto rispondergli con un semplice "su di te", ma si limitò a dire: «Nessuno. È che non usciamo mai e volevo vestirmi bene...».

Lo udí grugnire, proseguendo con la sua avanzata, un gradino alla volta dietro il biondo, che aveva optato per un pantalone leggero nero, una t-shirt aderente del medesimo colore e delle vecchie Vans in tinta.

Opposti. Anche in quello.
Il chiaro e lo scuro.
Lo Ying e lo Yang, che si toccano, ma non si fondono. Mai.

«Guarda che puoi uscire la sera. Non hai quindici anni.».

«Sai che gusto uscire da soli in una città dove non c'è un cazzo da fare!».

Katsuki si voltò un attimo a guardarlo raggiungerlo sul ponte quattro, dove la musica era più forte e un paio di marinai erano fuori dalla mensa per fumare.
«C'è un karaoke. E un pub. Un paio di locali dove fanno musica e drinks. Basta che fai un giro e guardi, stupido Deku.».

Izuku alzó un sopracciglio, masticando con più forza la chewing-gum che teneva in bocca per scaricare quella assurda e inutile agitazione.
«E con chi andrei scusa? Uscire da solo? Nah, grazie.».

Il biondo era già con una mano sulla porta della mensa quando si voltò di nuovo verso di lui, assottigliando gli occhi: «Se smani così tanto per uscire di sera ti posso accompagnare io.».

Cosa?
Izuku sbattè le palpebre cercando di limitare il proprio stupore, ma quelle parole l'avevano colpito come uno schiaffo, come se qualcuno l'avesse preso per le spalle e l'avesse scrollato con forza.

«Beh?».

Izuku scosse la testa: «Sul serio? Nonno Bakugō mi accompagnerebbe?», gli sorrise, gli occhi ridotti a fessura e il tono canzonatorio nella voce.

«Ah! Fanculo Deku!», e Katsuki spinse la porta per entrare in quella che, ai suoi occhi, era la rappresentazione in terra di una bolgia infernale.

Deku gli mise una mano tra le scapole, provocandogli un brivido strano, e lo costrinse ad entrare nella stanza, dove l'equipaggio stava brindando, i bicchieri e le bottiglie sollevate e risate che riempivano la stanza di un'aria di festa che sembrava contagiare chiunque varcasse quella porta.

«Bakugō! - lo chiamò Selkie, il muso già arrossato dall'alcol - Allora sei davvero venuto, vecchio brontolone! Bravo che te lo sei trascinato dietro, Midoriya!».

«Ehm... Veramente è stata un'idea sua...», farfugliò, indicando Kacchan che, stranamente, non s'era incazzato per essere stato apostrofato come un brontolone (cosa vera, in realtà), ma che gli era passato di fianco e gli aveva dato un lieve pugno sul braccio, dirigendosi direttamente verso il tavolino delle bevande.

Strano.
Kacchan era strano.
Strano, perché gli aveva dimostrato affetto in maniera inaspettata.
Strano, perché aveva acconsentito a partecipare ad una festa fino all'alba.
Strano, perché era troppo calmo e rilassato e non rispondeva a tono come il suo solito.

Mentre lo raggiungeva per prendersi da bere a sua volta, lo udí chiedere al marinaio che riforniva le scorte due bottigliette d'acqua.
«Oh, grazie. Ma io volevo una birra.».

Katsuki alzó un sopracciglio, squadrando il ragazzo al suo fianco: «E prenditela. Queste due sono per me!», e si allontanò in direzione di Mick che lo stava chiamando.

Sì: Kacchan era fin troppo strano!

Appena aperta la sua agognata birra e bevuto il primo sorso, sentì qualcuno appendersi al suo braccio sinistro.

«Ehi!».

«Già affondi i dispiaceri nell'alcol, 'kero?».

Mugugnò, osservando prima la bottiglia e poi Kacchan, che continuava a bere piccoli sorsi dalla prima bottiglia d'acqua, parlando con calma con Mick e con un altro marinaio.

«Non dispiaceri, solo... Pensieri.».

Tsuyu lo osservava, spostando poi gli occhi sul biondino prima di riportare l'attenzione sul suo amico.
«Vuoi...?», e Izuku se la ancorò al braccio e la trascinò di peso ad un tavolo un po' defilato.

«É tutta oggi che Kacchan è strano e tu ne sai qualcosa!», la additò, sedendosi di peso sulla panca, scomoda e troppo stretta per uno della sua stazza.

Tsuyu prese posto di fronte a lui: «Beccata!», e gli rubó la birra, bevendone un lungo sorso senza che lui protestasse.

«La scenetta a cena...».

«La scenetta a cena.», ripeté lei.

«È opera tua?».

Mise l'indice sul mento e finse di pensarci un po' su, prima di esporsi: «In realtà no. O, meglio, io ho solo detto cosa avrebbe potuto fare. Lui ha fatto a modo suo.».

«È stato imbarazzante.».

«Il termine corretto è cringe. Per uno come lui quel comportamento è cringe.».

Izuku prese un sorso di birra, affilando lo sguardo: «E il discorso di oggi pomeriggio? Perché è venuto da te?».

«Per sfogarsi. Aveva bisogno di una mano e io gliel'ho data.».

«Una mano?». Tsuyu annuì.

«Solo una mano?», e Tsuyu fece spallucce, prendendo la birra di Izuku e bevendone un piccolo sorso, guardando l'amico dritto in quei suoi occhi verdi che si stavano spalancando sempre di più. «COSA?».

Quel ragazzo non era stupido e Baku-chan di sicuro non aveva seguito l'ultimo consiglio che gli aveva dato.

«Senti... Da qualcuno doveva pur andare no?».

«Ma c'ero letteralmente io! Perché venire da te?», piagnucolò.

«'kero... Alle volte mi chiedo se ti sia davvero così intelligente...».

Il ragazzo smorzò quel sarcasmo con un gesto della mano: «Sì, beh... Ma scusa... Ma non sei dichiaratamente lesbica?».

«E quindi? Un dildo é sempre un dildo, 'kero. - lo osservò sgranare i suoi occhioni verdi - Oh! Tu volevi la risposta politically correct?».

«Diosanto!».

La ragazza ridacchiò, buttando indietro il collo e finendo con un paio di sorsate la bottiglia di birra.

«E-e-e... Mina?».

«Lo sa. Lo sa. Ti risparmio le battute che ha fatto.».

Izuku si accasciò sul tavolo, un mugolio di disperazione soffocato dalle sue stesse braccia.
Tsuyu osservò Baku-chan guardare verso di loro e tornò a guardare Izuku. «Perché tutta questa disperazione, 'kero?».

«Perché sono frustrato! Perché non lo capisco...».

«Cosa c'è da capire?».

«Che sono sicuro che abbia sognato me in un qualche...modo, ecco. - la vide annuire - E viene da te e scopate... E gli consigli di fare cosa? Farmi ingelosire? Perché? Perché se poi fa tutto il carino con me, mi bacia e non si arrabbia con ness-».

«Frena, 'kero! Ti ha baciato?».

«Sulla guancia! Un bacetto innocente sulla guancia...», si affrettò a correggersi, le guance che si scaldavano senza che se ne rendesse conto e Tsuyu che si spalmava una mano sulla faccia.

«Ho a che fare con due bambini, 'kero!», e batté poi entrambi i palmi sul tavolino per alzarsi, spazientita: «Per fortuna che domani salpiamo e non devo più stare appresso ai vostri tira e molla! - roteò gli occhi e fece per allontanarsi - Puoi fare tu la mossa successiva o dobbiamo fare il gioco della bottiglia come al liceo per schiodare la situazione, 'kero?».

Izuku si ricordò di quella serata in camera di Tokoyami in cui aveva baciato Uraraka e tutto fu un po' più chiaro.
«Oh!».

«Eh! Oh un gran cazzo, Izuku. - il tono di lei era duro, spazientito - A flirtare per ottenere quello che vuoi sei tanto bravo, ma con lui? Perché ti blocchi? Oh, andiamo! 'kero!».

«Ma chi...».

«Sempre lui.».

«Dio che pettegolo!».

«No. Dio che idioti!» e si allontanò a passo spedito verso il tavolo degli alcolici, agguantando un'altra birra e sparendo dietro le porte di quella che doveva essere la cucina.

Tsuyu era sempre calma, a volte emotiva, ma mai l'aveva vista tanto alterata e, forse, aveva ragione.
Voltandosi, incrociò lo sguardo di Kacchan, sussultando nel vedere che lui alzava la bottiglietta nella sua direzione, come a simulare un brindisi a distanza. Ricambiò, alzando la bottiglia vuota e accennando un sorriso.

E se Kacchan aveva fatto un primo, insignificante passo, il secondo sarebbe toccato a lui.

•••

Non era nelle sue corde vedere tutta quella spensieratezza in un unico posto. E tutto quell'alcol.

Per lui divertimento voleva dire allenarsi. O starsene in pace a guardare un film o una serie tv. Leggere, magari.
Al massimo uscire con quei quattro svalvolati dei suoi amici, giusto per farli contenti una volta al mese. Un weekend al mese lo passava con loro. Ma solo perché dovevano essere presi a piccole dosi.

Prese il telefono e fece una foto della pista da ballo, inviandola poi sulla chat della Bakusquad, che s'era ritrovata la sera prima in un locale a metà strada tra tutte le loro location di missione.
Lui? Lui era a ore di viaggio da tutti e il suo sabato sera era stato...

Scosse il capo e il messaggio che seguí la fotografia fu un po' un "Che non si dica che non vi penso, stronzi".

E attese invano che qualcuno rispondesse, perché erano le tre del mattino e quei decerebrati avevano di sicuro cambiato i loro turni per trovarsi, per cui stavano di sicuro dormendo tutti e tre.

Mise in tasca il telefono e tornò a guardare fuori dalla finestra della mensa: il mare era scuro e calmo e gli metteva addosso una strana, nostalgica tranquillità.

Non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma avrebbe voluto uscire con i suoi amici. Farsi prendere in giro per essere troppo bacchettone su tante cose, incazzarsi col fulminato per ogni cagata che usciva dalla sua bocca, ascoltare faccia piatta in preda ai suoi deliri da marijuana, dire a Kirishima cosa era successo in quei giorni concitati...

Sospirò a lungo, un piccolo alone di vapore appannò il vetro poco prima che venisse preso per un gomito e trascinato di peso in pista.

«Non di nuovo!», ringhiò a Tsuyu che se la rideva e lo tirava così in mezzo alle altre persone che qualcuno lo urtò e lo fece sbilanciare.

Il suo naso cozzò contro la schiena salda di Deku, che porcatroia! come facesse a profumare ancora così tanto dopo aver ballato per un'ora e mezza non lo capiva!

Il ragazzo si voltò di scatto lasciando Shiriusu a ballare con i suoi colleghi e sfoderando un sorriso così pieno e luminoso che a Katsuki venne una irrefrenabile voglia di tirare un pizzicotto su quelle guanciotte piene di lentiggini.

Deku alzò una mano e gli chiese, a gesti, se fosse tutto a posto.

Il marinaio che s'era offerto di pensare alla musica (e che aveva una sfrenata passione per le canzoni un po' vecchie e super ritmate!) lasciò sfumare il brano, aumentando il volume della seconda canzone gradualmente, un repeat di un vocale e un beat che ti entrava fin nelle vene e ti costringeva a muoverti anche se non volevi o se eri un totale incapace.

Katsuki si sentì afferrare per i fianchi, per voltarsi e vedere Tsuyu obbligarlo con le mani ad ancheggiare.

Si chinò su di lei, liberandosi dalla sua presa e raggiungendo il suo orecchio: «Che cazzo stai combinando?», le urló per sovrastare la musica.

«Fai vedere anche a lui come ti muovi, 'kero!» e gli diede un colpetto sulla guancia, prima di sfilarlo e raggiungere Toru, che ballava dietro la schiena di Deku, passandogli le mani sul petto fino alla vita, seguendo l'ondeggio dei fianchi al ritmo delle parole della canzone.

Katsuki non aveva bevuto un goccio di alcol, ma avrebbe voluto.
Così magari avrebbe dimenticato quella scena.
Oppure ne avrebbe preso parte senza troppi indugi.

Perché quello stronzo sapeva muoversi fin troppo bene!

E sembrava volerlo sfidare, mentre gli sorrideva, sollevando le spalle, piccole mosse rivolte verso di lui per spronarlo a ballare, a lasciarsi trasportare.

«Datti tregua.», arrivò a pronunciare vicino al suo orecchio mentre la musica cambiava di nuovo e veniva trascinato da Deku per un braccio, più vicino, nella calca, fianco contro fianco, le ragazze che danzavano loro davanti,
Selkie, già brillo da un pezzo, che gli aveva messo un braccio attorno al collo e lo sospingeva involontariamente contro il petto saldo di Deku, costringendolo a inspirare a fondo, a chiudere gli occhi e lasciarsi andare a un ritmo più incalzante, in quella mensa che, in mezzo al silenzio del mare, sembrava essere la brutta copia di una piccola discoteca.

La schiena di Izuku era poggiata su quella di Katsuki, uno che seguiva il ritmo dell'altro, il movimento dei fianchi sincronizzato e piccole occhiate fugaci tra i due, condite da un sorrisino compiaciuto di Izuku quando Hagakure si mise a sculettare davanti a un Kacchan fin troppo imbarazzato, piegando il busto, fasciato dalla sua tutina azzurra, e agitando il culo, twerkando spudoratamente mentre Il malcapitato teneva le mani alzate e guardava quello spettacolino fuori programma, prima che la ragazza si tirasse su in fretta e continuasse a strusciarsi su Katsuki spudoratamente, voltandosi verso di lui, le mani sul suo petto che vagavano su tutto il torso, mentre lei si abbassava con calma, non staccandogli gli occhi di dosso, agitando i fianchi fino a piegarsi sulle ginocchia, rimbalzare un po' sui polpacci per poi alzarsi e spalmarsi sul biondino, che non riusciva a fare altro che ondeggiare col bacino per assecondare il ritmo.

D'improvviso si sentì avvolgere da dietro da un paio di braccia decisamente troppo tornite per essere quelle di una delle altre ragazze, che gli passarono in vita, arrivando a tenere in quell'abbraccio anche Hagakure.
Izuku, dietro di lui, continuava a seguire il ritmo, a guidarlo da vicino, così attaccato a lui da inspirare il profumo delicato del suo shampoo.

Non era realmente quello che voleva fare, ma si accontentò.

Alla fine qualcuno gridò qualcosa e si sentì avvolgere da altre braccia, due paia esili come quelle di Tsuyu e di Shiriusu, mentre quel groviglio di corpi e braccia si inspessiva in un abbraccio collettivo con Katsuki al centro, pietrificato, non tanto perché era stato preso alla sprovvista da quel gesto improvviso, quanto perché era schiacciato tra il seno morbido di Hagakure sull'addome e tutto Deku, dietro di lui, che sembrava stringersi di più contro il suo corpo, un ondeggio a ritmo e il fiato caldo del ragazzo sulla nuca che gli provocava brividi ovunque.

Sentì i palmi scaldarsi tanto quanto l'inguine.
Incrociò gli occhi traslucidi di Hagakure e prese un profondo respiro, uno «Scusa.» detto a denti stretti, volgendo lo sguardo al soffitto per evitare ulteriori imbarazzi, anche se, da come lei lo stringeva, non sembrava essere dispiaciuta.

Quell'abbraccio collettivo durò un minuto o poco più, in cui Selkie si mise a piangere e sproloquiare di cameratismo e di quanto fosse orgoglioso della sua ciurma.

Appena ebbe la possibilità di essere più libero, Katsuki sembrò tornare a respirare, scostando bruscamente la povera Toru e uscendo a passo spedito oltre le porte della mensa, mentre il cuore stentava a decelerare i battiti.

Aria. Prendi aria e tutto andrà bene.

Così svoltò a sinistra, percorrendo in fretta una ripida scaletta che portava al ponte superiore e poi più su, sotto l'arco delle antenne e dei comunicatori: il tetto della cabina di comando formava una specie di grossa vasca trapezioidale su cui si sedette di peso.
Si osservò le mani sudate, scuotendole, soffiandoci sopra per raffrescate, passando i palmi sui pantaloni per togliere quel fastidioso velo di sudore che le rendevano tanto pericolose.

Doveva solo calmarsi un po', poi sarebbe sceso di nuovo. Si sarebbe dato di nuovo tregua, avrebbe preso un altro caffè e atteso l'alba, anche se poteva tranquillamente fare un sonnellino lassù.

Probabilmente non avrebbe neppure dovuto acconsentire a tutta quella cosa.
Che idea del cazzo era stata quella festa!

Si portò le mani al volto e soffocò un urlo, tutto il suo corpo si contrasse.

Perché non riusciva a controllarsi? Perché tutti ci riuscivano e lui no? Perché non poteva avere una vita fottutamente normale?

Un altro urlo stretto tra i denti, le dita che premevano sul cuoio capelluto, le ginocchia flesse e i piedi tesi.

«Kacchan?».

Dio no! Non lui di nuovo!

Ringhiò d'insoddisfazione quando lo sentì prendere posto alla sua destra, il ginocchio che toccava la sua coscia.

Izuku s'era seduto a gambe incrociate accanto a lui e lo osservava, tentando di capire che gli fosse preso.
Era stato lui? Aveva fatto il passo più lungo della gamba? Era questo?

«Kacchan? Che hai? Mi stai facendo...».

«Stai zitto, Deku!».

E Izuku rilasciò un lungo sospiro, allungando le gambe e puntellandosi con i palmi sul pavimento dove s'era seduto, la musica che arrivava attutita dai due piani inferiori e una brezza leggera e fresca che gli accarezzava il viso e il torace, passando il leggero tessuto di lino della camicia umida.

Rimase in silenzio accanto all'amico, ad osservare le stelle, così luminose da lasciarlo senza fiato.

Un fruscio accanto a lui gli fece voltare il capo, vedendo Kacchan sciogliere quella sua posizione rigida e quasi rannicchiata e posare prima le braccia sulle ginocchia per poi, irrequieto, imitare Izuku nella posa e alzare il capo verso l'alto, gli occhi chiusi a godersi il fresco di quel refolo di vento sulla pelle.

Inspirò a fondo e assieme al profumo del salso gli arrivò, evanescente, una nota fresca. Come quando camminava su un sentiero di montagna e percepiva, tenue, l'odore della menta selvatica che per sbaglio aveva calpestato.

Inclinò il capo a destra, grattandosi la guancia contro la spalla, inspirando ancora, capendo che quell'aroma fresco proveniva da Deku.
La sua mente fece una strana associazione di idee e le sue labbra si mossero quasi senza volerlo davvero.

«Ti ricordi il diploma?».

«La cerimonia? Quella fatta in onore di All Might?». Katsuki scosse il capo, aprendo gli occhi e fissando il cielo stellato.

«No. Quella che abbiamo fatto anche se il tempo era incerto.».

«Ah! Quella all'aperto e senza genitori! Sì, la ricordo bene. Ha diluviato quel giorno... Siamo fuggiti tutti...», e chinò il capo, una punta di amarezza nella voce.
«Quel giorno... - tentennò - Quel giorno mi sono dato tregua. Come oggi.».

Izuku lo guardò: il volto era sereno, quasi sorridente, per gli standard di Kacchan.
«Sono rimasto sotto la pioggia battente.».

«Lo so. Ti ho visto. Non ho mai capito perché l'avessi fatto. Tu hai sempre odiato la pioggia!».

Katsuki voltò il capo e osservò Izuku negli occhi: «Non sempre.», e tornò a guardare il mare calmo e scuro su cui la luna che calava si specchiava in splendidi riflessi, numerosi come le piccole increspature della superficie.

«Ero rimasto lì... - fece una lunga pausa, come a cercare parole nel marasma che ribolliva nella sua testa e nel petto - Sai quando si dice che il tempo che passa a volte non lascia niente?».
Izuku si limitò a un mugugno breve, guardando il mare, con l'orecchio teso ad ascoltare l'amico.

«Non è vero. In quel momento avevo capito che non era vero. Anche se non c'era più nessuno oltre a me, su quelle sedie si erano seduti sogni, speranze, dolori e rimpianti. E ho pensato che ci sarebbero volute anche delle sedie vuote, per chi ci aveva lasciato. E il sapere di andarmene da lì, di lasciare quella scuola che mi ha tolto e dato tanto... È stato più forte di me e ho pianto. Ho pianto finché Eijiro non si è seduto di fianco a me e mi ha messo la giacca sulla testa. Lui sapeva e mi ha protetto. Come ha sempre fatto in tutti questi anni. È rimasto in silenzio, alla mia sinistra, a prendersi la pioggia con me. Poi è arrivato Denki, poi Sero.».

Izuku aveva voltato il capo a guardarlo. Non era in lui, evidentemente, o non avrebbe detto correttamente i nomi di tutta la sua compagnia con quella dolcezza nella voce e con l'occhio reso lucido dal ricordo di quella giornata. E ci fu un momento in cui l'amarezza la sentì salirgli per bene dallo stomaco alla gola, allappargli la bocca e fargli pizzicare gli occhi. Perché sapeva che, dopo che era partito, un trattamento di quel tipo avrebbe solo potuto sognarselo...

«In armadio ho ancora la tua giacca. Accanto alla mia.».

Izuku lo guardò dritto negli occhi, perché pure Katsuki s'era girato a fissarlo, con la solita espressione distesa che l'aveva accompagnato per tutto quel discorso.

«Oooh! Non fare quella faccia, nerd. L'ho capito da solo che era la tua!».

Izuku abbozzò un sorriso e tornò a guardare il mare, dritto davanti a sè, dove una tenue luce aranciata iniziava a colorare le nuvole in lontananza. «Ah! Non ti credo. Kirishima deve avertelo detto...».

«Lui non mi ha detto proprio un cazzo, invece. Avrei riconosciuto ovunque quel merdoso profumo di zucchero filato che ti mettevi al liceo!».

«Ehi! Non era profumo, ma bagnoschiuma! E, per la cronaca, me lo aveva regalato Ochaco! Come potevo non usarlo?».

«Dicendole che ti faceva cagare!».

«Ma cosa ne sai tu, scusa?».

E Katsuki rispose solo con un sibilo basso, prima di parlare di nuovo: «Quello che usi adesso è meglio.», borbottò.

«Cosa?».

«Cosa?».
E Izuku sorrise di quella sua uscita fuori luogo e senza filtro, che gli ricordava tanto le battute che si scambiavano appena iniziata la loro convivenza forzata.

«Mi è venuto spontaneo dargliela quando ho visto che ti stava raggiungendo.».

«Potevi darmela tu stesso.».

«Eh?».

Si guardarono di nuovo.
«Perché non sei venuto tu a portarmi la giacca?».

Izuku tentennò: «Perché già venendo lui e-».

«Balle!».

I suoi occhi lo incatenavano. L'avevano sempre fatto.
Quello era il potere che aveva su di lui: bastava uno sguardo e smetteva di parlare.

Poi lo vide abbassare di poco il capo prima di guardarlo nuovamente negli occhi: «Perché non l'hai portata tu e non ti sei seduto accanto a me?».

«Avevo paura che mi mandassi via.», sussurrò.

«Ma mi sembrava di averti dato prova di essere un po' cambiato, no?».
Il tono era calmo, come quando si parla ad un bambino che ha fatto una marachella di poco conto e non lo si vuole far piangere. «Non ti avrei sgridato. Neppure mandato via. - fece una pausa - Tra tutti, mi sarebbe piaciuto che ci fossi tu, accanto a me.».

Come stasera, avrebbe voluto aggiungere, ma serrò le labbra e lo scrutò in volto, vedendo i suoi occhi aprirsi di più per l'incredulità di quelle parole.

O forse era il modo che aveva per leggergli nella mente, perché venne sbilanciato dallo slancio che Deku si diede per buttargli le braccia al collo e tenerlo stretto in un abbraccio impacciato e tenero.

«Oh, Kacchan...», gli sussurrò contro il collo, provocandogli un brivido lungo le braccia, che s'erano mosse con calma, a cingergli il torso, le mani che si muovevano in su e in giù come una carezza, lenta e misurata.

Faceva caldo, ma lui in quella stretta muscolosa ci stava bene.
Anche negli abbracci di Eijiro stava bene, ma era... Diverso, ecco.

Si sentiva compresso, tra il pavimento e il corpo di Deku, gli batteva all'impazzata il cuore e gli mancava il respiro, ma non come prima, non come durante il ballo.
Lì stava bene e si sentiva tranquillo, un po' contrariato quando lui si scostò, sfiorandogli la guancia destra con la propria, una specie di coccola durata troppo poco, quando invece avrebbe voluto sentire ancora quella carne morbida contro la propria, ad alleviare il fastidio di quella cicatrice che non aveva mai voluto far togliere.

Si ritrovò quegli occhi verdi e grandigrandi a un palmo dal naso, un'espressione dolce e liquida che non riusciva a interpretare e un istinto irrefrenabile di alzare da terra la testa e avvicinarsi.

Incontrarsi a metà strada, come mai erano riusciti a fare.
Bastavano cinque centimetri a testa, e forse...

«Izuku...», parve soffiargli contro un respiro trattenuto, la voce indebolita da troppe cose.
E a Izuku non parve vero sentire di nuovo, dopo tutto quel tempo, il suo nome pronunciato con una dolcezza tale da farlo sciogliere, o da renderlo leggero come una piuma.

Cinque centimetri a testa.
O quattro.
O tre.

«Ah! Qui siete!».

Una piccola esplosione sulla faccia fece fluttuare Izuku distante da Katsuki, che si stava mettendo a sedere con velocità fulminea. Il vocione di Selkie li aveva interrotti poco prima che la sua facciona da foca spuntasse oltre il parapetto. Da come biascicava per l'alcol, probabilmente non si era reso conto di nulla: «Venite giù che siamo tutti pronti per il brindisi all'alba!».

Katsuki si alzó come una furia, sistemando la maglietta e dando una pulita ai pantaloni, prima di scendere di due ponti, tentando di ricomporsi, invano.

Dietro di lui, Deku tentava di pulirsi la faccia dalla fuliggine con un fazzoletto.

«Perché Izuku sta fluttuando?», chiese Hagakure, inclinandosi di poco verso Tsuyu, entrambe con i bicchieri pieni di spumante, appoggiate con il sedere alla ringhiera di babordo, quella che dava proprio verso la ripida scala da cui il biondo stava scendendo.

Tsuyu accennò un sorriso all'amica, indicando Katsuki con un cenno del capo: «Credo sia per lo stesso motivo per cui Baku-chan è rosso fino alla punta delle orecchie!».
 

Si spengon le luci rimaniamo noi
Che cosa avremmo fatto se non ci fossimo incontrati qui
Seduti per terra a pensare che poi
Alcune strade si dividono e chissà dove vanno
~ Eugenio in Via di Gioia ~

 

   
 
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