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Autore: mutefish    05/09/2023    1 recensioni
Serenety sognava la Terra.
Correre tra prati infiniti e terra calda, e ridere sguaiatamente fino a stare male. Il calore del sole, e il pizzicorio gelido del vento sulla pelle.
Sognava l'amore, quello vero, dolce e perfetto.
Purtroppo i sogni, sopratutto quelli più belli, prima o poi finiscono.
La piccola principessa deve diventare adulta e affrontare due mondi pronti a farsi guerra.
Da che parte stare?
Cosa dovrà sacrificare per il Bene Supremo?
Scrivere è la mia cura ai miei attacchi di fantasia ossessiva. Da piccola ( ma anche ora da adulta) amavo Sailor Moon, e creavo nella mia testa storie aggiuntive o alternative alla storia canone.
Quindi vi propongo una storia diversa dal canone. Totalmente. O quasi.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: Otherverse | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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*Nota autore* dlin dlon. Ciao a tutti e a tutte. finalmente ho avuto ieri notte e tutto oggi (uhuhuhuh mai nella vita) libero. Quindi ho finito, o almeno lo spero perché ho la tendenza a revisionare maniacalmente lo scritto. e a un certo punto bisogna arrendersi e pubblicare. Pippe mentali a parte, spero vi stia piacendo la storia, tanto quanto sta piacendo a me scriverla, dargli vita. mi sto prendendo il mio tempo, per non lasciare niente al caso. detto questo:
Buona lettura!




9. Colpa.







La celebrazione era finita, e dopo qualche convenevole di commiato, era riuscito a tornare nella sua stanza e chiudere la porta dietro di sé, e allontanare la sensazione di essere puntato costantemente da un cecchino invisibile pronto a fare fuoco.
Con un sospiro di sollievo, sbottonò i primi due bottoni della divisa ufficiale, che gli aveva lasciato un senso di costrizione per tutta la serata; il mantello venne abbandonato ai piedi del grande letto, e poté finalmente lasciarsi sedurre dal richiamo del soffice materasso.
Si abbandono su di esso, sprofondando la faccia contro il cuscino, mentre percepiva il suo corpo rilassarsi totalmente. Era stanco, come mai lo era stato nella sua vita, perché vivere in quel costante moto di preoccupazione logorava lentamente e senza sosta i suoi nervi.
E allo stesso tempo, ripensò a quanto era stato stupido, ma con un sorriso sulle labbra.
Davvero?
Davvero aveva invitato la Principessa della Luna a ballare?
Davvero, proprio nel momento in cui avrebbe dovuto temere per la sua stessa vita, non aveva avuto il minimo dubbio?
In verità era stato così avventato, e raramente capitava, perché era curioso di vedere in carne e ossa, da vicino, colei che era stato l’inizio del suo tormento; il motivo per cui era in un altro pianeta, o satellite, e come un giocoliere si destreggiava nel restare in piedi sul filo della guerra.
Lei era scesa dal suo piedistallo, e accettato la sua mano, e controvoglia ballato con lui insulso essere umano. Eppure, aveva sostenuto il suo sguardo per tutta la durata della canzone, senza mai abbassare lo sguardo, da pari a pari. Uno strano senso di déjà-vu, non preso in considerazione nello slancio del momento, ma nascosto sul palato come un retrogusto indecifrabile.
Nonostante potesse sembrare un’umana, tutto di lei urlava potere, e uno di quello latente, pronto a esplodere come una bomba.
Il conto alla rovescia era iniziato.
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La granata non era esplosa, ma anzi aveva preteso una parte di lui.
E lui quella parte gliela aveva offerta senza remore.
La sua energia aveva reagito, ancora prima della sua stessa consapevolezza.
E ora era esausto con mille pensieri nella mente che sembravano in realtà trovare pace solo nel nulla del sonno. Sentiva i suoi occhi farsi sempre più pesanti, e lasciarsi adulare di non passare un'altra notte insonne, a cercare ogni scusa per coprire quelle ore di incubi e agitazione. Studiando, preparandosi, calcolando.
La notte calava finalmente nella sua mente, così come i dubbi si piegavano alla forza della stanchezza, e il suo corpo si scioglieva all’adulante morbidezza del letto.
Quando la porta si spalancò improvvisamente.
Non fece in tempo nemmeno a chiudere gli occhi, che Kunzite era precipitato nella sua stanza con un’espressione che non lasciava spazio a supposizioni.
- Generale. – il comandante si era inginocchiato, e aspettava a capo basso il suo principe ricomporsi dal momento di intimo abbandono.
Endymion strappò il desiderio di riposare, sforzando il suo corpo ad alzarsi, e che faceva resistenza percependone ogni fibra diventata come piombo e attirarlo di nuovo verso il letto. Doveva resistere alla tentazione.
- Kunzite, alzati. - era nervoso, molto, e allo stesso tempo allarmato, e non aveva tempo di sentirsi in colpa o usare convenevoli formalità.
- Abbiamo un problema. Generale. – era tornato in posizione eretta, e il volto esprimeva un allarme imbrigliato in uno stoicismo ammirabile. – Seya. –
E bastava sentire pronunciato solo quel nome per svegliarlo. Completamente.
- Portami da lui. –
Aveva optato per non prendere nessuna arma, perché doveva ancora capire cosa diamine stesse succedendo e non rischiare di vanificare tutto il suo lavoro. Ripercorse la serata e non riusciva ben a focalizzare quando avesse perso di vista il cugino, e se ci fossero stati momenti per cui preoccuparsi.
Il suo invito?
No.
Scacciò quel pensiero dalla testa, se fosse stato un gesto, visto in modo così offensivo, non gli avrebbero mai permesso di farlo.
Nonostante effettivamente avere contatti con una reale lunare doveva essere proibito dalle antiche leggi. Ma, anche lì, non avrebbe avuto senso dal momento che le leggi erano state trasgredite ormai dalla stessa Principessa.
Aveva spinto la congregazione a disperdersi nella sala, per integrarli e agevolare l’affievolire del preconcetto che i sudditi lunari avevano nei loro confronti e viceversa. Aveva controllato e frenato suo padre, tenuto d’occhio Beryl, e ordinato a Kunzite di seguire i movimenti di Seya.
E non era bastato. Non era riuscito a proteggerlo.
Kunzite non era riuscito bene a spiegare la situazione, e come sempre aveva preferito passare ai fatti, che aggiungere parole inutili, facendogli strada in un infinito labirinto bianco di corridoi.
- Qualcun altro ne è a conoscenza? –
- No. Ho riferito solo a voi, Generale. –
- Bene. Posso contare che questa storia rimarrà solo tra noi due? -
- Dovere, mio Principe. – Kunzite sarebbe morto prima di tradire il suo generale. – Mi spiace di aver fallito nella missione affidatomi, generale. – e si leggeva nel suo tono una nota incrinata, di puro rammarico.
- Non voglio iniziare il gioco delle colpe. – stava cercando di rassicurare le sue comandate, dato che il suo stato emotivo era tirato come una corda di violino pronto a spezzarsi. – e spero solo che non sia troppo tardi. –
Si fermarono quando videro davanti a un’arcata, una forma umanoide spiccare nel bianco in una snella linea color blu mare. Un caschetto azzurro, e due occhi severi incastonati nel ghiaccio, lo aspettavano.
- Principe. – Seilor Mercury lo aveva accolto con glaciale accondiscendenza, nonostante percepiva anche un velato senso di disappunto.
- Voglio vedere mio cugino. – cercò di mantenere il suo tono il più calmo possibile, ma allo stesso tempo con una visibile vena di perentoria urgenza.
- Non credo sia il momento, posso garantirvi che è al sicuro. –
- Ho il diritto di vederlo. –
- Diritto? – quella domanda aveva un sapore pericoloso, nonostante la guerriera sembrava non scomporsi. – Non avete nessun diritto, qui sulla Luna. –
- La regina ha tenuto a ribadire che siamo ospiti. – prontamente, doveva trovare un qualche appiglio, - Graditi. – aggiunse.
- La situazione è seria, Principe. Ma posso garantirvi che non gli è stato fatto alcun male, se è quello che temete. –
- Vi credo… - e la credeva, perché leggeva in Mercury un’integrità granitica, ma insistette – ma devo vederlo. Fa parte della delegazione terrestre, ed è un membro della famiglia reale. È sotto la mia tutela. E giuro che qualsiasi cosa abbia commesso, ne sarò pienamente responsabile. -
Seilor Mercury sembrava soppesare le sue parole, a una ad una, e poté scorgere il dubbio aprirsi come una crepa sul suo volto. Non rispose, e senza una parola, comunicò qualcosa verso uno strano bracciale azzurro stella, per poi indicargli il lascia passare verso l’arcata.
- Potete passare, ma da solo, Principe. - indicando Kunzite, che sembrava evidentemente preoccupato nel lasciare il suo generale senza difese.
- Resta di guardia. – poso una mano sulla spalla di Kunzite, trasmettendogli tutta la sua fiducia in lui, in un sorriso rassicurante, avvicinandosi per sussurrargli bassissimo un ordine. – accertati che nessuno, soprattutto Beryl, venga a conoscenza di questa storia. – un ultimo scambio di sguardi complici e entrò senza esitazione.
Dietro alle sue spalle, l’entrata era sparita, ed ora c’era solo una stanza bianca, con al centro un Seya disteso su un letto di marmo, incosciente. O almeno, in apparenza, perché il ragazzo teneva gli occhi fissi sul soffitto, vuoti e spenti, e in un punto indefinito davanti a sé, e non sembrava nemmeno accorgersi del suo arrivo.
Si precipitò verso di lui, guardando inizialmente il corpo del ragazzo per capire il suo stato fisico. Del sangue macchiava la sua camicia, e la pelle, ma non sembrava avesse ferite profonde o, peggio, mortali.
- Seya, sono io… SEYA. –
Il cugino sembrava non notarlo nemmeno, nonostante cercasse di tirarlo su, o di riportarlo a uno stato mentale cosciente.
- Cosa è successo? Stai bene? – raramente perdeva la pazienza, ma in quel momento non riusciva a riconoscere il cugino in quel corpo steso davanti a lui.
- Non può sentirvi, Altezza. – un tono di voce dolce, ma fermo lo raggiunse da dietro le spalle.
Si girò lentamente, vedendo una lunga chioma di capelli color del grano incorniciare un volto di fanciulla.
Erano tutte così giovani, e allo stesso tempo dagli occhi profondi come l’universo, e tutte emanavano una maturità di spirito fuori dal comune.
Venus lo aveva raggiunto, e tenere le mani incrociate dietro la schiena. Si era cambiata, e di nuovo portava la divisa da guerriera, ma nelle sue movenze non sembrava minimamente manifestare astio o minaccia.
- Ha avuto un forte trauma, e ho pensato che gli servisse riposare. –
- È ferito? –
- No. Almeno non nel corpo. – fece una pausa, cercando le parole giuste – ha subito un trauma alla sua essenza vitale. –
- Non capisco, cosa significa? –
- Cercherò di spiegarvi nel modo più semplice possibile. Comprendo possano essere concetti difficili per la comprensione umana. – si avvicinò a Seya, cercando di fare movimenti lenti, per non metterlo in allarme, alzando la mano e accarezzando l’aria attorno a lui mostrando un’aura invisibile e dal colore azzurrino avvolgere Seya. - Ogni essere vivente nell’universo ha dentro di sé una propria e distinta energia. Un’energia che ci rende quello che siamo, e ci rende unici e speciali. E proprio per questo, ogni energia ha una frequenza specifica, più o meno potente. –
- Quindi, questa barriera che vedo è la sua energia? –
Venus annuì, sorridendo contenta che il Principe la stava seguendo nel discorso – Ogni pianeta ha la sua fonte primaria, da cui questa energia fuoriesce e crea vita. Più l’energia deriva direttamente dalla sua fonte, più è forte. Ma… -
- La Terra e la Luna. Due diversi fonti, due diverse energie… -
- Esatto. Sono contenta di vedere che siete all’altezza del vostro nome, Principe Endymion. – e non lo stava adulando vanamente, ma anzi sembrava abbastanza colpita.
- Energie diverse, frequenze diverse. E quando due frequenze diverse si incontrano, una prende il sopravvento sull’altra. La più forte sovrasta la più debole. A meno che non ci sia una affinità. –
- E non è stato il caso di Seya, giusto? -
- Esatto. – annuì nuovamente, guardando il ragazzo con evidente dispiacere per l’accaduto. – la sua frequenza è stata alterata, e ha causato un forte shock per la sua energia.-
Energie. Disconnessione. Erano concetti un po' nebulosi, e sperava di aver colto il vero senso di quella spiegazione, ma di una cosa era certo: La Principessa della Luna era coinvolta, e stavano coprendo quello che era successo, e una piccola parte di lui ne era grato.
- Stiamo semplicemente risintonizzando la sua energia, vi garantisco, Altezza, che vostro cugino starà bene. –
Endymion non poteva fare altro che crederle, anche se non riusciva bene a capire come comportarsi, e soprattutto capire se fossero tutti spacciati e sarebbe bastato molto meno per far accendere una miccia.
- Non crucciatevi, nessuno di noi vuole che questo piccolo incidente interferisca con la missione diplomatica. – aggiunse, sorridendo in modo alquanto evidente dove stesse andando a parare. –
- La Regina tiene molto che sia un successo. Così come voi, Altezza. –
Endymion aveva capito, che non avrebbe ricevuto ulteriori informazioni, e poteva solo aspettare che Seya si riprendesse, ma nonostante la dolce calma della guerriera, capiva che l’ultima frase nascondeva anche una sorta di monito. Per ora avevano dimostrato di avere una strana sorta di alleanza, e poteva solo giocare buon viso a cattivo gioco. I loro interessi combaciavano, e il pianeta della Luna non voleva l’inizio di una guerra. O almeno era quello che sperava di aver letto in quelle parole.
- Capisco. E sono grato per la vostra discrezione, Leader Venus. –
- Tornate nella vostra stanza, Altezza, e riposate. Ne avete bisogno. –
- Non posso lasciarlo qui, da solo. -
- Dovrete, purtroppo. Non sarebbe sicuro per ora interrompere il flusso d’incanalamento. Lo troverete nella sua stanza e si sveglierà rigenerato. Ve lo prometto. -
- A condizione che Kunzite sia qui fuori in attesa, e che sia lui a condurlo nelle sue stanze. –
- Concordato. – Venus gli stava indicando l’uscita, comparita nel nulla un’arcata nera, in quella che ora era convinto essere un'altra dimensione. – Tornerete nelle vostre stanze e riposate, Seya è in buone mani. - fece una pausa la guerriera, incrociando le mani di nuovo dietro la schiena, sorridendo criptica, e prima di attraversare l’uscita, Venus lo salutò- Domani è un giorno importante, la Regina ha grandi aspettative su di voi, Principe Endymion. -





L’abisso l’avvolgeva e spengeva le sue fiamme, congelando il suo sangue, e percependo l’acqua scorrergli nella gola, soffocandola.
-MARS! –
Qualcuno la chiamava, in lontananza, ma in quel silenzio ad avvolgerla non poteva fare altro che restare in mobile e aspettare l’oblio.
- MARS, DANNAZIONE RIPRENDITI! –
Perché insistevano a chiamarla?
Voleva solo riposare, dimenticare e passare oltre, nel buio della sua coscienza, sparire.
- NON AZZARDARTI A LASCIARMI, MARS!-
Si sentì strattonare per le spalle con forza. Con determinazione stavano cercando di farla emergere dall’incubo, annaspando di nuovo per sentire l’aria nei polmoni, per riaccendere la sua anima di fuoco.
- MARS! -
Uno schiaffo.
La guancia pulsò per il dolore, e ad esso si aggrappò con tutte le sue forze, in un punto di incontro tra l’incubo, e le sue emozioni in tumulto.
Scombussolata, la sua aurea riprese vita, ma in una prepotente foga di guerra, mentre l’adrenalina pompava il suo sangue come lava bolliva nelle sue vene. Tutto vorticava, e le sue pupille dilatate cercavano di mettere a fuoco le forme di una figura famigliare davanti a lei.
Jupiter la scuoteva, e parlava, anzi no urlava e in lei leggeva una grande disperazione.
I ricordi tornarono prepotenti, e carichi di vergogna, colpendola in piena faccia.
- L’ho….l’ho….ucc…c…isa. -
- Mars! Sia lodato Giove… stai tornando…- Jupiter sembrava sollevata, con gli occhi di un verde muschio lucidi ma rassicuranti.
- L’ho uccisa? – era riuscita a formulare quelle parole, che una volta uscite sembravano avergli lacerato la gola come spine.
- No. È ferita. L’abbiamo portata nelle sue stanze e sottoporla alle cure. –
Ancora confusa, Mars si guardò intorno, e come per magia si era ritrovata nella sala di controllo Sailor. Aveva ancora il respiro affannato, e il sudore freddo gli si era appiccicato alla pelle.
- Io… - immerse il volto fra le mani, perché davanti agli occhi aveva ancora l’espressione di Serenity mentre si gettava contro il suo potere. – la stavo proteggendo… io… -
- Hai pensato fosse in pericolo…-
- Merito una punizione. –
- Ti sei già punita abbastanza. -
- Non difendermi, ho quasi ucciso la nostra PRINCIPESSA. – aveva rigurgitato in un ringhio infuocato quelle parole, sentendo la sua gola bruciare, così come le sue mani che sembravano ancora avere il ricordo del fuoco lanciato. Marchiate. – Io DOVEVO PROTEGGERLA, E L’HO QUASI UCCISA. –
Jupiter non sapeva come aiutarla, nonostante poteva capire quel dolore immenso perché, se fosse stata nei suoi panni, avrebbe avuto la stessa reazione. Cercò di calmare l’incendio di quell’energia, con la sua, ma l’elettricità della sua anima caricavano sempre di più quella furia e la sua natura di guerriera.
Loro erano nate per combattere, e proteggere. E dato che Mars era venuta meno al proteggere, gli sarebbe rimasto solo la prima opzione: combattere contro sé stessa a colpi di senso di colpa.
Dopo qualche istante, anche le altre due Sailor le raggiunsero, e Mars poteva percepirne lo stato di evidente preoccupazione di tutte quattro o insieme. E odiava sentire che la loro presenza la faceva stare bene.
Non voleva stare bene, non se lo meritava.
- Come sta? –
- Si sta svegliando dallo stato di stasi. –
- Mars… -
- Venus, ho mancato al mio dovere. –
- È stato un incidente. –
- Smettila, sei la nostra Leader. Mi devi punire. –
- Non sono io quella che decide, ma la Regina. –
In aggiunta quello che le faceva più male era quel profondo senso di comprensione che percepiva in tutte loro. Avrebbe preferito venir colpevolizzata, odiata, e invece loro gli restituivano incondizionato amore. Quando l’unica cosa che riusciva a fare era odiare sé stessa.
- La regina vuole vederti. – Mars si vergognava, nel profondo. E non credeva di avere la forza di affrontare la sua regina e nemmeno di vedere Serenity ferita per colpa sua.
Riuscì solo ad annuire lentamente, mentre le sue amiche l’aiutavano a rialzarsi ed a raggiungere la stanza dove Serenity era stata portata.
Ancora aveva difficoltà a percepire lo spazio e il tempo nel giusto scorrere, e infatti non sapeva come e quanto tempo ci avesse messo per raggiungere la stanza. Non aveva il coraggio di aprire quella porta, nonostante le sue amiche l’avvolgevano in un balletto di colori e carezze energetiche. Anche Mercury che di solito era la più parca di dolcezza, le raffreddava l’anima in bollore.
Aperta la porta, la stanza si aprì davanti ai suoi occhi in uno scenario da tonfo al cuore.
Selene era seduta in una poltrona accanto a un enorme letto, in cui Serenity giaceva così serena, da sembrare addormentata; accompagnata da due gatti, uno nero e altro bianco, che le facevano le fusa vegliando il suo riposo.
Un velo le copriva il braccio sinistro e parte del collo e non riuscì a soffermarsi troppo su quel dettaglio perché le faceva troppo male, come se riuscisse a sentire le ferite di lei come proprie.
Si inginocchiò davanti alla regina, in una posa di totale sottomissione, regalandole il suo dolore e aspettandosi la giusta punizione.
Una mano le accarezzò i capelli, e poi il viso, accompagnandolo nel trovare gli occhi della regina che le restituivano onore e dignità.
- Percepisco il tuo dolore, piccola mia. –
- Merito una punizione, Altissima. Vi prego… Punitemi. –
- Le nature più nobili non han bisogno che altri le punisca: si puniscono da sé. –
Mars iniziò piangere, avvolta fra le braccia morbide della sua sovrana che le accarezzava la pelle con i suoi lunghi capelli viola. E l’avvolgeva d’amore, un amore così forte da anestetizzare i suoi sensi, donandogli un breve ma significativo momento di pace.
- Serenity non sarebbe contenta di vedervi così in pena. E di essere così dura con te stessa, mia guerriera di fuoco. –
L’abbraccio si sciolse dolcemente, mentre la regina le asciugò le lacrime, e la invitò ad avvicinarsi al letto.
- Sembra così serena… - mormorò mestamente Mars, che sembrava cercare un segno di vita in quel corpo addormentato. Nonostante non avrebbe mai avuto il coraggio di sollevare quei veli, che nascondevano il reale senso della sua colpa.

- Avvicinatevi tutte mie adorate guerriere, insieme aiuteremo Serenity. E ho una confessione da farvi. –
Il silenzio calò nella stanza, e tutte avevano tenuto il fiato sospeso perché avevano capito che c’era qualcosa di diverso.
- Ho curato Serenity, con tutta la mia energia, e anche grazie la vostra, la Principessa è fuori pericolo. Ma… -
Mars trattenne il fiato, e così con lei le altre. Il suo presentimento era corretto, e ora la sua paura era diventata reale, tangibile.
- Le bruciature rimarranno permanenti sulla sua pelle. Purtroppo, i miei poteri curativi hanno una limitazione senza l’ausilio del Cristallo d’argento, soprattutto se le ferite sono causate da matrice divina. –
- Non capisco, il cristallo d’argento non ha funzionato Maestà? – aveva istintivamente chiesto Venus, preoccupata e allarmata da quello che poteva essere un disastro.
- Il Cristallo d’argento ha perso la sua luce. –
Sbam.
Quella notizia le aveva colpite in pieno petto, e all’unisono sgranarono gli occhi per il terrore. Avevano perso la loro arma più potente.
E i gatti si erano alzati e messi seduti, attirando l’attenzione delle guerriere che solo in quel momento si erano accorte della loro presenza. Non li avevano mai visti prima, eppure avevano un qualcosa di familiare, soprattutto nella determinazione in cui sembrano proteggere la principessa e il suo riposo. E nei segni a mezza luna che portavano con orgoglio sopra le loro fronti.
- Luna… - aveva sussurrato Mercury, con una strana dose di incertezza per lei.
- Artemis… - aveva pronunciato Venus, coprendosi la bocca con le mani, per lo stupore misto a incredulità.
La Regina le aveva dato il tempo per metabolizzare il tutto. E aveva annuito con una solenne lentezza, e la tristezza nel cuore.
Venus sembrava la più colpita nel vedere il guardiano, suo fidato consigliere e maestro, trasformato in un gatto. E da giorni si era domandata dove fosse, ma gli era sempre stato risposto che stava affrontando una missione segreta. E si era sentita anche un po' risentita nei suoi confronti, perché non l’aveva fatta partecipe di quella missione. Invece, per lì, per tutto quel tempo a scontare una condanna.
- Perché? Perché devono subire questo trattamento? Non è giusto! - Venus non si era resa conto dell’impeto che aveva messo nelle sue parole. Soprattutto se si stava rivolgendo direttamente alla sua sovrana, ma Artemis era stato il suo più grande amico, se non quasi una figura paterna.
- È stato purtroppo un sacrificio necessario. – sinceramente Selena non voleva tenere più nascosto niente. – o la guerra sarebbe iniziata senza possibilità di essere evitata. –
- Ma così, mia regina, abbiamo tolto l’unica arma che ci permetteva di intimorire i terresti, gli abbiamo consegnato un grande vantaggio. –
- Abbiamo passato secoli, millenni a mantenere il nostro status divino con la paura e il timore, e non credo che sia stata la strada giusta. La Pace e l’Armonia sono il nostro obbiettivo. –
- Non è detto che la Terra voglia le stesse cose. –
- Non è sufficiente parlare di pace. Bisogna crederci. E non basta crederci. Bisogna lavorarci sopra. Serenity, mi ha fatto capire che non ci credevo abbastanza. -
- Se solo non avessi permesso di farle visitare la Terra…-
- Venus, prima o poi la Terra ci avrebbe raggiunto comunque. –
- Ora che sapete la verità, mie care, vi chiedo l’ultimo favore di restare unite, e non perdervi. Abbandonate le colpe, siete fedeli al vostro amore e amicizia profonde e fatene forza. Il vostro potere è nella vostra unione, e connessione. Serenity ha una lunga strada da affrontare, e non sarà qualche segno sulla pelle a definire il suo destino. –
Si guardarono l’una con l’altra, istintivamente prendendosi per mano e formando una catena.
- Statele vicino, proteggetela, amatela. Sostenetela. Ne avrà bisogno, la mia piccola bambina. – Selene aveva accarezzato il volto della figlia, lasciandole un bacio sulla fronte segnata dalla luna regale. – ci attendono giorni pesanti, e tesi. E soprattutto Serenity avrà il compito più difficile di tutte noi. -
Unite tutte quante, chiusero gli occhi, e iniziarono a far fluire le loro energie su Serenity, in una preghiera muta, e un dono a lei delle loro essenze. Sarebbe emersa dal suo sogno e tornata più forte.
Erano tutte convinte, che insieme i problemi si sarebbero risolti e nessuno avrebbe più sentito nel cuore il peso dei sensi di colpa.
Tutto per uno, e Uno per Tutti.
Eppure, nel profondo di ognuna di loro percepivano uno stravolgimento delle fondamenta della loro esistenza, e nella stessa Serenity che si abbeverava della loro energia, e riempiva un vuoto che le era nato dentro.
Un vuoto che forse non sarebbero state in grado di riempire.
  
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