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Autore: Sidney Prescott    06/09/2023    0 recensioni
Inghilterra del 1910; il nuovo secolo porta aria di novità e di sogni, ma la gente nonostante tutto continua ad ignorare una verità importante: l’esistenza di un mondo parallelo in cui il soprannaturale la fa da padrone senza alcun freno!
L’associazione Hunter, antichi cacciatori discendenti da nobili famiglie fondatrici, è l’unica barriera tra il mondo umano e quello ultraterreno, il cui compito è proteggere gli uomini da ciò che non conoscono e impedire che un simile fardello venga rivelato, distruggendo l’equilibrio tra sanità mentale e pura follia.
Una delle stirpi fondatrici, il casato Griffith, dovrà lottare con tutte le sue forze per mantenere intatto il confine tra umano e sovrumano, ma ad un carissimo prezzo: la propria famiglia.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Chapter 10: Women love to be called cruel, even when they are kindest. 

 

Current Day

 

Isle of Skye.

 

«La mia...la mia....testa, cazzo che male! Quentin, Quentin sei vivo?»

«Si, purtroppo si, ma che cos'è successo?»

«Se lo sapessi...non sarei qui per terra...come un coglione...

Cristo, ma che cosa ci ha colpiti?»

«O meglio, chi ci ha colpiti...»

Quentin e Brando si svegliarono diversi momenti più tardi da quella inaspettata aggressione alle spalle; la fronte di Guidi ancora sanguinava, come il naso dell'altro, che si teneva la testa dolorante mentre con l'altra mano si sorreggeva contro il muro di pietra. Sembravano gli unici ad essere stati colpiti, poiché il resto del campo addestramento sembrava avvolto in una strana quiete, come se nulla fosse accaduto di fatto, come se si trovassero apparentemente in due mondi paralleli.
Brando si pulì il sangue con la manica della camicia, guardando ancora scosso il compagno.
«Evidentemente non era un cacciatore…visti i risultati…cercava Novacek!»
«Lui…come altri diecimila stronzi a cui quello stangone ha fatto un torto, Dio…è tanto grave?» disse quasi disinteressato il Queensbury, con la narice ancora sanguinante. Brando sbuffò, dandogli quasi uno spintone.
«Non hai niente, non morirai per un naso rotto…dobbiamo avvertire il capitano! Se quel cazzo di energumeno lo trovasse…Quentin…mi stai nascondendo qualcosa? Sai chi è il tizio che ci ha aggrediti?
Sei stranamente calmo…e non mi piace, se devo essere onesto!»
«Credo che faresti bene a farti i fatti tuoi, Brando, se continui a ficcare il naso dove non ti compete, beh, potresti farti male!
No, non conosco personalmente il bestione che ci ha messo una baionetta nel culo…ma conosco il mio capitano e francamente si merita il plotone d’esecuzione, e non ho intenzione certamente di fermare Ercole, se ci tiene a fargli un buco in fronte! Quindi…se vuoi fare un favore alla società e a me, limitati a cercarmi del ghiaccio per il naso e vivi un altro giorno, mi pare un buon compromesso.»
Il tono serio e freddo del ragazzo francese sembrò quasi anomalo, estraneo alle orecchie del pisano, abituato a quella spavalderia e strafottenza innata che sembrava sorgere spontanea; Evgenij negli anni si era guadagnato una reputazione veramente orrenda, un giovane senza scrupoli, che otteneva tutto con la violenza e con dei mezzi poco ortodossi, ma girare la testa dall’altra parte?

Non era proprio da uno come Brando.

Quentin roteò i grandi occhi scuri, capendo perfettamente cosa gli stesse passando per la testa; era difficile fare il doppiogioco, figurarsi il triplo, come stava facendo lui! 
Non si dissero più una parola, poiché il ragazzo più giovane lo lasciò esattamente lì, contro la parete, avviandosi a passo spedito verso gli appartamenti dei superiori. Alcune gocce fredde e pesanti caddero sul viso del francese, lavando via quelle macchie di sangue indurite e vecchie; allora era proprio vero che i propri peccati sarebbero venuti a cercarli ovunque, pure ai confini del mondo!
Sorrise, ma non di gioia, quanto più per consapevolezza che tutto, prima o poi, avrebbe avuto un epilogo, una fine a tutta quella sofferenza, forse non causata direttamente da lui, ma a cui aveva preso parte.

Iniziò a piovere.

Quella che sembrava essere una giornata serena, in pochi istanti, divenne un vero e proprio temporale che costrinse chiunque al campo a fare ritorno agli accampamenti, ma non c’era modo di tornare alla base, oltre la costa. L’isola di Skye era senza dubbio un luogo perfetto per addestrare le reclute per via delle sue terre, ma in caso di mareggiata, era meglio non attraversare il mare stretto.
Una magnifica prigione in mezzo al mare, costretti a stare insieme, indipendentemente dall’amore o dall’odio, e il secondo era sicuramente più in voga del primo. Chi poteva saperlo meglio dei Griffith, dopotutto?
L’unico luogo rimasto deserto dopo l’inizio del temporale erano proprio le scuderie, dove i cavalli, agitati per i tuoni, nitrivano spaventati al suono di quei rombi sempre più forti; nemmeno la presenza della giovane capitana riuscì a tranquillizzarli, solo a rassicurare, sebbene per poco, i loro animi inquieti. Vagavano ancora violente le parole che erano volate fuori con una simile facilità dalle loro bocche. Era così stufa di sentire bugie giustificate da un bene superiore, ma quale bene era più importante della sua felicità? Quale?

Non ci si può fidare nemmeno di chi si ama. Aveva già imparato quella lezione anni prima, perché allora ci era ricaduta?
Tirò un violento pugno contro una delle travi di legno della stalla, che scricchiolò visibilmente, ma non fu nulla confronto a ciò che aveva dentro, un fiume di lava che iniziava a scavare sempre più in profondità; era da alcuni mesi che si sentiva reclusa più del solito, non riusciva a capirne la ragione. Era come essere intrappolati in un corpo estraneo senza via d’uscita.
Eris guardò le sue nocche spellate, non facendo caso alle schegge di legno conficcate nella pelle; erano nulla rispetto a ciò che aveva dentro, un vago fastidio quasi. 
«Vediamo se riesco ad indovinare, hai immaginato la mia faccia al posto di quel pezzo di legno!
Consiglio da amico, colpisci più forte perchè non ho sentito davvero nulla…amore…ops, dimenticavo che quel periodo è bello che trapassato!» esordì nel bel mezzo di quel macabro e sinistro trambusto il secondo capitano della squadra Beta, il famoso ed irritante, unico e solo, Evgenij Novacek. Era rimasto appoggiato contro una delle stalle della scuderia di spalle, giocando con una mela rossa che faceva su e giù contro il palmo della sua mano, attirando l’attenzione di uno dei cavalli ancora tranquilli, che si avvicinò al cancelletto del suo box per avere un morso dello stesso frutto. Il sangue di Eris tornò a bollire come una pentola a pressione, senza sosta, non potendo proprio sopportare quel viso, borioso e malefico che non smetteva di prendersi gioco di lei, dal primo momento in cui era arrivata al campo Hunter.
Non era fisicamente possente o muscoloso, ma la sua statura titanica e il suo viso, insieme alla sua presenza, sapevano incutere una sensazione di pericolo spregiudicata, accentuata dallo sguardo verde che pareva essere senzanima dal momento in cui era stato concepito. Sorvolando questo inquietante particolare, era un giovane persino di piacevole aspetto, con i mossi capelli biondo scuro e il naso delicatamente rivolto all’insù, ma bastava trascorrere con lui solamente pochi istanti per capire che si era in presenza di un puro sociopatico. La puledra tuttavia non fu dello stesso avviso della capitana, che rubò un sostanzioso morso del frutto maturo, avvicinandosi senza alcuna paura al ragazzo, che teneva vigile la coda dell’occhio sulla ragazza a pochi passi da lui. 
4 anni prima sarebbe stata la situazione ideale per potersi nascondere dagli occhi dei loro superiori e stare insieme, indipendentemente dal luogo e dallo spazio; i letti erano oltremodo sopravvalutati per la loro modesta opinione, alla fine bastavano solo due anime per creare la giusta atmosfera.
«Il tuo ego potrebbe riempire questa stalla fino a farla esplodere, se ti illudi di essere ancora il protagonista dei miei pensieri, Ev…non te lo ha mai detto nessuno che il passato resta passato? E tu sei sepolto lì, insieme alla tua dignità. » ringhiò la ragazza, come un gatto randagio, non osando nemmeno ridimensionare quelle distanze, mantenendo quei 3 metri di sicurezza, oltre i quali sarebbe potuta finire solo in un modo: uno spiacevole. 
Evgenij posò i suoi grandi occhi sporgenti verso quel volto, in particolare verso quel trofeo di guerra che aveva marchiato impunemente su quella guancia, sfiorata solo Dio sapeva quante volte; Eris strinse i pugni fino a spezzarsi le dita da sola, ma scaricò quella pressione impellente in una risata sarcastica, toccandosi la parte di viso illesa,
«Dovrei forse porgere l’altra guancia e dimenticare tutto? Affinchè tu possa sfregiare pure questa?»
Evgenij ghignò quasi sorpreso, non allontanandosi dalla cavalla affamata, ignara di quei sentimenti pungenti e carichi di rancore che le stavano dinanzi al muso.
«Chi te lo starebbe chiedendo? Io no di certo, Eris, perché dovrei? Io ti ho volontariamente ferita, lo sappiamo entrambe, non sono uno che nega l’evidenza, come te o come quel capellone di tuo zio…ma cosa vuoi, è questa la differenza tra me e te!
Non avrebbe mai funzionato, troppo diversi, ideali contrastanti…»
«Ohh perché tu hai degli ideali? Credevo che la tua unica guida fosse fottere il prossimo senza badare alle conseguenze!»
Il capitano della squadra Beta sollevò l’indice verso l’alto, in negazione.
«Sbagliato, la mia guida è fottere il prossimo senza badare alle conseguenze, tranne quelle che possano includere la mia sconfitta, ti mancava un pezzo fondamentale, capitano!
Se ti avessi sfidata a porte chiuse avrei sicuramente passato i miei giorni al fresco, e invece l'ho fatto alla luce del sole con tanti, tanti testimoni ed eccomi qui! 
Respiro ancora, sono fra i sottufficiali della Hunter e…il mio bel visetto è esattamente come mamma lo ha fatto!»
«Per ora,bastardo!»
Una fredda lama da taglio si puntò contro lo zigomo sinistro di Novacek, facendolo indietreggiare contro il cancello di legno di un box vuoto, spinto dalla furia della giovane Griffith che caricò tutto il suo peso contro il corpo molto più alto e slanciato dell’altro, con i denti stretti tra loro, come un animale ferito che si rifiutava di morire. Evgenij mise fintamente le mani in alto, roteando gli occhi verso il cielo, incurante completamente di quella sorte di attacco vendicativo, non sentendo nemmeno la goccia di sangue che colò lungo la sua guancia, fino al mento. Il torsolo della mela, ancora a metà, cadde sullo sporco pavimento fra la paglia dorata e il fango, non molto lontano dai due capitani, nuovamente faccia a faccia dopo tanto tempo.
Era una transazione irreversibile; l’odio non poteva trasformarsi in amore, nonostante la differenza tra i due sentimenti fosse veramente impercettibile in certi casi. 
Eris continuò a premere contro quella faccia, come un bersaglio, allargando il taglio di pochissimi centimetri, ma non riuscendo nemmeno volontariamente a continuare e ciò che era peggio era che entrambi ne fossero pienamente consapevoli; la sua presa sull’elsa del pugnale divenne debole e facile da disarmare, trovandosi con il polso sollevato a mezz'aria dal biondo che, senza cerimonie, lo strinse fino a quasi romperlo.
I respiri si incrociarono come gli sguardi, separati da una velata patina salata degli occhi di Eris, una che bruciava fino a dar fastidio, mentre quelli di Evgenij erano fermi e fissi, senza tradire un singolo movimento oppure emozione.
«Siamo punto a capo, amore mio, non te ne accorgi,vero? »
«Non chiamarmi così, non ne hai più il diritto, brutto pezzo di merda doppiogiochista!»
«Allora perchè non mi pugnali? Perchè non mi uccidi? Nonostante tu ci stia provando con tutta te stessa, continui a permetterti il lusso di vivere nel passato nella speranza che la nostra condizione cambi…Dio mio come ti illudi, ragazzina, mi fai quasi pena!»
Anche il pugnale seguì la mela con un suono metallico sul suolo, riavvolgendo il nastro degli eventi al contrario, dove fu la capitana ad essere sbattuta al posto del giovane uomo con una presa salda sul suo viso, arpionando con le lunghe e magre dita quel volto, tenuto verso l’alto, verso di lui, verso i suoi occhi.
Eris sgranò i suoi, sentendosi quasi sollevata da terra per la loro evidente differenza di altezza, aggrappandosi con entrambe le mani all’avambraccio di Novacek, e non senza graffiare quella pelle color latte con le unghie.
«S-se ti faccio così tanta pena…perchè non mi levi di mezzo, capitano del mio grosso cazzo? Fallo, almeno la facciamo finita con questa farsa…ma almeno, ti saresti potuto evitare un sacco di rogne…tipo il rischio di diventare padre…tanto per cominciare! »
«Se vuoi che sia spudoratamente sincero…»
«Sapresti esserlo? Dubito…quindi fottiti!» rispose la Griffith sputando praticamente a terra, mancandolo di pochi centimetri; il ragazzo inarcò appena un sopracciglio, venendo nuovamente catturato da quella cicatrice che lui stesso aveva inflitto diversi anni prima: era profonda, ben cicatrizzata, di una precisione quasi chirurgica, perfetta, un autentico capolavoro scolpito su un viso ancora più bello.
Sorrise, con quel suo macabro ghigno capace di far accapponare la pelle perfino al mostro più deforme, testando con la sua presa la durezza di quella mascella, fantasticando quanto avrebbe retto prima di rompersi. 
«Sai, potrei sorprenderti dicendo che in realtà non ho mai finto con te, nemmeno una volta, dico sul serio, mi piacevi davvero finchè non hai abbracciato questa tua…debolezza!
Sei debole Eris, sei sopraffatta dalle tue emozioni personali e queste non ti permetteranno mai di vedere le cose come stanno, cercherai una via d’uscita anche dove non c’è, cercherai di fare la cosa giusta anche se non lo è, ferendo tutti, ma soprattutto te stessa…
Questa è la tua maledizione, e non te ne libererai mai...a meno che non permetti alla vera te stessa di liberarti, ovviamente!»
«GIRATI MALEDETTO IDIOTA! DIETRO DI TE!»
«Sei…seria? Credi veramente che ci caschi? Sei pure infantile oltre che...»
Il rumore di uno sparo dritto alle spalle del capitano Novacek venne completamente coperto dal violento boato di un tuono, causando però i nitriti terrorizzati di tutti i cavalli della scuderia, che presero a scalciare come impazziti contro le pareti di legno, quasi fino a sfondarle. Eris si ritrovò in una manciata di secondi il peso del corpo del capitano riverso su di sé, con uno strano tepore che iniziò a diffondersi rapidamente sulla stessa ragazza e sui suoi vestiti; l’umido calore di una macchia di sangue prese ad espandersi come olio sul tessuto bianco della camicia della Griffith, con gli occhi completamente sgranati sul viso di Evgenij, contorto in un’espressione di piena sorpresa e di puro fastidio proprio all’altezza del petto, poco più in basso, dove un proiettile da caccia gli si era conficcato, centrandolo in pieno. 
Il tintinnio del bossolo usato catturò l’attenzione dei due capitani alle spalle dell’uomo ferito, che dovette cedere con il peso sulle spalle della giovane; una figura alta e robusta, quasi monumentaria, stava in piedi con un fucile di precisione spianato fra le grandi e forzute braccia, puntato proprio contro la fronte di Novacek, senza alcuna esitazione.
Eris non aveva mai visto quel giovane uomo, non tanto più vecchio del capitano ferito, ma lui lo conosceva, o almeno, ne ricordò le fattezze, nonostante la vista offuscata.
Evgenij assottigliò le palpebre, con un sorrisetto sfacciato sul viso, deglutendo con seria fatica ma non mancando di cinismo e pungente sarcasmo.
«Che…m-mi venisse un colpo…tu? Quel buzzurro…d-delle montagne? Ne hai fatta…d-di strada per trovarmi! C-come te la passi senza…quel vecchio…cazzaro?»
Un secondo colpo partì crudele come unica ed inequivocabile risposta contro la coscia del giovane, costringendolo ad inginocchiarsi malamente contro il suolo fangoso, trascinando con sé anche la ragazza, non più così sicura delle sue azioni, tuttavia era ancora lucida il necessario per poter reagire, mettendosi d’isitino davanti al capitano compromesso.
Sebbene lo odiasse, non le era ancora permesso il lusso di scegliere per la vita degli altri, ma come cacciatrice aveva un unico dovere: proteggere, non importava altro. 
«Togliti di mezzo…non sono venuto per te, ma per lui! Non voglio fare del male a nessuno…o almeno, finchè non sono costretto a farlo…» disse lo straniero che aveva fatto irruzione armato fino ai denti. Aveva un accento forte, molto particolare, tipico di quelle popolazioni del nord della fredda Scozia, molto simile a quello delle famiglie di pescatori e contadini che abitavano quelle terre solitarie ed impervie; Eris mise le mani in alto, dietro la nuca, fissando il suo sguardo verde su quel viso grezzo e caratteristico che nutriva una dose di risentimento e vendetta non indifferente.
I capelli lunghi e biondi erano fradici, incollati lungo al viso barbuto, esattamente come i vestiti scuri, solamente i verdi occhi smeraldo luccicavano ardentemente, simili alla mira del fucile da caccia che aveva in mano, puntato oltre Eris, sulla testa di Novacek.
La Griffith avanzò di un solo passo, lasciando fuoriuscire la punta di un coltello dalla manica della camicia.
«Credimi…non so cosa lui ti abbia fatto, ma hai tutte le motivazioni per volergli riempire il culo di piombo!
Ma…purtroppo per me e soprattutto per te, ho una cosa che si chiama coscienza e, sfortunatamente, credo proprio che non mi lascerebbe in pace se ti spianassi la strada, amico, quindi fai un passo indietro e vattene via prima che l’intera Hunter capisca che hai appena attentato alla vita di uno dei suoi uomini!
Ti sto facendo un’offerta più che vantaggiosa…» 
«Credo che non sia poi così vantaggiosa per te, signorina, se si viene a sapere che hai lasciato andare un nemico della tua lega di killer professionisti!
A cominciare dal verme che stai difendendo alle tue spalle e per finire…»
«Ma…che caz..zo stai aspettando ad ucciderlo….Eris?» sospirò dolente, quasi con un ringhio, Evgenij, ormai riverso al suolo nel suo stesso sangue; se non sarebbe intervenuta all’istante sarebbe morto dissanguato e, per quanto lo meritasse, non era da lei, affatto! 
Eris tornò immediatamente con lo sguardo sullo straniero ancora ben armato, nonostante la sua espressione nel viso freddo avesse appena vacillato, seppur di un solo secondo; gettò a terra anche il pugnale nascosto, facendo spallucce, nonostante il suo io interiore le urlasse diversamente.
L’avversario rimase perplesso per pochi istanti, indeciso sul da farsi, ma non indugiò ulteriormente, abbassando così anche lui l’arma verso il basso, nonostante gli prudessero le mani da morire dal desiderio di cancellare quel miserabile dal mondo conosciuto. 
«Nonostante ciò che ti ha…fatto, insisti nel volerlo salvare? Devi avere una curiosa visione del senso del dovere, perché prevale sul senso di giustizia…ma questo, voi cacciatori, non siete soliti rispettarlo, dico bene?»
«Non ho idea di cosa tu stia parlando! E so benissimo cosa sia giusto e cosa non lo sia, razza di energumeno sceso dai Pirenei…è chiaro?»
«Ah…tu lo sai? Dunque, dimmi, Eris…è questo il tuo nome, si? Dimmi, Eris, trovi giusto, trovi leale, trovi etico che il tuo compagno d’armi abbia dato l’ordine di uccidere un intero tempio di sacerdoti completamente disarmati e innocenti? 
Li hanno uccisi, sgozzati come capre dal primo all’ultimo e cosa peggiore, li hanno persino torturati per avere informazioni che nemmeno avevano!
Dal tuo volto…deduco che non ne sapessi nulla, vero, capitano?»
«I sacerdoti hanno attaccato gli uomini della squadra Beta, li hanno uccisi…sono caduti in un’imboscata!»
«Oh…forse è quello che vi ha fatto credere l’unico sopravvissuto al feroce attacco…non è così, Novacek?» chiese il giovane uomo all’altro ormai quasi privo di sensi, che nemmeno si degnò di guardarlo negli occhi, sputando un grumo di sangue dalle labbra livide. 
Eris rimase congelata, fredda, come l’acqua che continuava a battere sulla tettoia della scuderia ormai teatro di una bizzarra vicenda, non poi così assurda; sapeva bene che Evgenij era un bugiardo, ma arrivare a questo? Ma perchè? 
Lo guardò con la coda dell’occhio, ma non riuscì a chiedergli nulla poichè perse conoscenza pochi istanti dopo; Griffith deglutì amaramente, tamponando con uno straccio quella ferita profonda.
Se quel tipo stava seriamente dicendo la verità, che aveva fatto Evgenij alla vera squadra Beta?
Lo straniero capì perfettamente cosa stesse passando attraverso la mente della giovane ragazza, respirando profondamente, capendo così che aveva già adempiuto a metà del suo dovere; mise la sicura al fucile, avvicinandosi di un singolo passo verso di lei, portando all’indietro quella folta criniera bionda, non provando alcuna compassione per il capitano incosciente.
«Non sono un barbaro, un selvaggio, non sono venuto ad uccidere l’intero accampamento, sarei uno stupido se pensassi il contrario, sono solo venuto a vedere bene in faccia l’assassino di mio padre…
Era il capo sacerdote, un uomo che non ha mai fatto del male a nessuno, che si prendeva cura della gente del villaggio…finché la vostra orda di belve illetterate non ha distrutto tutto!
Ora dimmi, giovane capitano, sei ancora così convinta che il tuo senso del dovere verso la tua associazione sia ancora così intatto?» chiese così lo scozzese, piegandosi col peso sulle ginocchia, arrivando a pari altezza con la Griffith, che dovette rendergli conto, almeno per ciò che concerneva quel punto, non poi così saldo.
Sotto il suo palmo sporco di sangue sentiva il diaframma di Evgenij sollevarsi sempre più debolmente, e ogni istante che passava era una possibilità tolta dal salvargli la vita, dal fare la cosa giusta, anche se in quel momento era veramente difficile capire quale tra quelle lo fosse realmente. 
Un ululato, buio e profondo, sovrastò persino il rumore della pioggia che si era ormai affievolita, rompendo quel silenzio ormai precario.
L’uomo annuì, guardando verso l’unica finestra che dava sull’esterno; era ora di andare.
«Aspetta…dove stai andando?»
«Lo hai detto tu, se mi trovano qui non ne uscirò, non vivo, e non ci tengo a morire per colpa di un bastardo di provincia con le smanie di potere…mi rifarò un’altra volta, e magari la prossima non ci saranno fastidiosi testimoni ficcanaso…e ora, portalo da un medico, altrimenti morirà dissanguato entro una decina di minuti!»
«ASPETTA!»
«Ah…dimenticavo…il mio nome è Nike, in caso volessi cercare vendetta per il tuo…fidanzato…»
«Il mio che cosa?!» sbottò di colpo la ragazza a quella insinuazione del tutto fuori luogo, ma l’unica risposta che ottenne in cambio fu solo una lontana e divertita risata, ma l’uomo era completamente svanito, nel nulla, insieme al fucile e alle sue tracce; non ebbe tempo di chiedersi altro, quel bastardo le stava per morire tra le braccia e non l'avrebbe permesso, non così.

Passò un’intera notte, una insonne, per molti cacciatori nel campo Hunter, specialmente per 6 di  loro.

«Vediamo se ho capito bene, perché onestamente ho qualche dubbio a riguardo…caro signor Guidi, ha detto che lei e il suo compagno, il signor Queensbury, siete stati aggrediti alle spalle oltre le baracche e che non avete visto l’aggressore negli occhi, dico bene?»
«Sì, signore.»
«E che, per aggiunta, dopo essere stati colpiti nessuno vi ha sentiti o comunque ha visto nulla?»
«Esatto.»
«Quindi, due dei miei cadetti sono stati presi alla sprovvista alle spalle, un capitano è stato quasi ucciso e lei, capitano Griffith, non ha potuto in alcun modo fermare questo aggressore?
Lo capite pure voi che questa storia mi suona assurda, per quanto io e il tenente Griffith vorremmo credervi!
In 3, escluso Evgenij, non siete riusciti in alcun modo ad arrestare questo folle armato di fucile? Inventatene una migliore, ragazzi…perché se Novacek non si sveglia e al più presto, saranno anche problemi vostri!» 
L’ufficio di Boris divenne in meno di un paio d’ore più affollato del solito, e non sicuramente per una motivazione lieta; il baffuto uomo si versò nel vecchio bicchiere scheggiato una discreta dose di scadente liquore, tirandolo giù tutto d’un fiato e non senza un certo mal di testa che gli fece aggrottare le foltissime sopracciglia scure.
Eris, Quentin e Brando sembravano quasi muti, nello specifico soprattutto i primi due, con le mani nelle tasche, ancora tutti sporchi di fango,acqua e sangue a macchiare i vestiti e i volti; Trystan, appoggiato al muro alle spalle dell’amico ufficiale, cercò ripetutamente di incrociare lo sguardo della ragazza ma ci riuscì a stento per mezzo secondo, prima che quella cambiasse direzione con i verdi occhi, optando per una completa visuale sul muro laterale.
Il russo sospirò, concentrandosi nuovamente sulla capitana, cercando nella sua mente le parole più posate possibili per evitare ulteriori tafferugli.
«Eris…sei l’unica ad aver visto Evgenij per ultima, dovresti almeno sapere cosa o chi lo ha colpito…sempre che non ci sia dell’altro che non so! Questa è una stanza sicura, possiamo ancora risolverla tra di noi, perché ci sono ufficiali che vi avrebbero già messo ai lavori forzati per questa vostra negligenza…anche se il vostro silenzio, perdonatemi se lo dico, mi fa quasi orribilmente pensare ad una congiura! »
Quentin si fece immediatamente avanti, battendo un pugno non troppo gentilmente sulla scrivania dell’uomo.
«Ma che cazzo le viene in mente?! Che altro vuole sapere, quello che non abbiamo visto? Io e Brando siamo stati colpiti alla testa, nient’altro…nemmeno sapevamo che cercasse Evgenij, altrimenti crede che non avremmo impedito un simile attacco?»
Brando, in un angolo, guardò malamente il compagno, sentendo la sua coscienza non esattamente al suo posto, ma che avrebbe dovuto fare?
Se lo avesse tradito in quel momento sarebbe finita male sia per lui, ma soprattutto per il suo capitano, ora completamente assente, del tutto, come se la questione non la riguardasse, o non la toccasse nemmeno un po '. Guidi capì l'insinuazione del suo superiore e, sebbene non volesse crederci, le apparenze avrebbero potuto facilmente puntare il dito su un unico sospettato. 
Trystan guardò Brando negli occhi scuri, notando quel suo rimuginare abbastanza sospetto nei confronti della capitana, prendendo parola al posto di Belinsky.
«Brando, se vuoi dire qualcosa che ti turba noi siamo qui ad ascoltarti…lascia perdere ogni forma di lealtà verso il francesino e il capitano che non ha intenzione di collaborare!
Boris ha ragione, se siete scaltri, almeno un minimo…dite la verità e finiamola qui, perchè non so dalle vostre parti, ma un uomo non si spara da solo un proiettile al petto e una alla coscia per suicidarsi e, conoscendo Novacek, non è uno da suicidi, ma tu…dovresti saperlo meglio di tutti, Eris!» 
La ragazza lo fulminò malamente, come una iena, applaudendo scenica a quella sagace presunzione.
«Mi piace questa tesi…quindi avrei attirato Evgenij nella stalla, avremmo lottato, poi gli avrei sparato con il mio fucile invisibile e lo avrei pure soccorso? Però, certo che i miei piani sono veramente all’ultimo grido…ritenta Trys, non c’entro nulla con quello che è successo al culo pallido di quel coglione, sebbene avrei avuto ogni buona ragione per alimentare le vostre teorie!»
«Un testimone dice di averti vista entrare nella stalla poco prima del tramonto e che subito dopo sia entrato Evgenij, nessun altro è entrato oppure uscito dopo voi due, e poi l’unica ad essere uscita dopo i probabili spari sei tu che cercavi aiuto per lui…Eris, cos’è che manca da questo racconto? Hai detto di non aver visto chi lo ha attaccato, ma non sei mai uscita dalla scuderia…quindi com’è possibile tutto questo?» chiese quasi adirato lo stesso tenente con entrambe i palmi sul legno del tavolo, facendo scendere un orribile gelo tra quelle 4 mura che ormai parevano quelle d’una prigione. 
Zio e nipote si guardarono negli occhi, quasi annullando le presenze degli altri 3 uomini; la capitana mise le mani sui fianchi, avanzando lentamente verso l’altro.
«Chi sarebbe…questo valoroso testimone?» 
«Ha importanza?» 
«Deve averne parecchia, se metti in discussione la mia versione, zio…» sottolineò la giovane, avendo sulla punta della lingua un nome, un cognome e soprattutto un volto, volto che non tardò nemmeno un momento a palesarsi. Sulla soglia della porta, vestita completamente di nero, comparve una giovane donna, decisamente più grande di Eris e dei due cadetti imputati, quasi vicina all’età del tenente; bella, anzi, bellissima, dai capelli biondo chiaro, gli occhi azzurri, le labbra color fuoco e la carnagione pesca. 
Sulle labbra spaccate di Eris comparve un ghigno sprezzante, quasi divertito, portando all'indietro i mossi capelli corti, scuotendo il capo quasi a non volerci credere; la donna in questione sollevò il sopracciglio dorato, con le braccia incrociate dietro la schiena, non mancando di osservare quel viso sporco e impudente per cui non nutriva alcuna simpatia.
Boris fece cenno alla donna bionda di entrare nell’ufficio, la quale eseguì l’ordine senza indugio, affiancandosi quasi fedelmente al fianco del superiore e a quello di Trystan, il quale si massaggiò la nuca istintivamente, visto che l’aria era appena diventata pesante e rarefatta, irrespirabile. 
La Griffith guardò i due uomini con un'espressione completamente delusa e disgustata, già pronta ad abbandonare la sala, finché la voce della stessa donna non la fermò sul posto.
«Dove credi di andare, Griffith? Hai forse dimenticato che sei la sospettata principale?» 
«Se pensi veramente che me ne freghi anche solo un emerito qualcosa di quello che esce dalla tua bocca, puttana impudente, puoi succhiarmi il cazzo fino a venirne a noia!» 
Brando e Quentin si guardarono seriamente preoccupati ad una simile provocazione, guardando la loro capitana sotto il mirino di un ufficiale molto, molto importante, con cui non si scherzava nemmeno per errore. Non era Trystan l’unico ufficiale a cui i capitani dovevano rendere conto, c’era una donna con i suoi stessi poteri e anche più influente di lui, ed era il luogotenente Tea Lovett. Boris si mise una mano sul viso, non potendo più intervenire in favore della ragazza, ormai fuori dal seminato da un bel pezzo, nemmeno se lo avesse voluto; ormai era nelle mani della donna, che rispose a quella grave offesa con un sottile assenso col capo.
Trystan strinse il pugno lungo il fianco, ma dovette ingoiarsi la lingua amaramente perché da lì in avanti non avrebbe più potuto aiutarla in alcun modo.
«La ringrazio per l’ennesima dimostrazione, capitano Griffith, di quanto il suo comportamento sia del tutto inadatto al ruolo che, per fortuna o sfortuna, ricopre ormai da diversi anni e non per mia decisione, cosa che ci tengo a sottolineare ogni qualvolta mi capita di dover avere a che fare con lei e le sue bravate da insubordinata irresponsabile e testarda, sempre pronta a mettere avanti i propri interessi personali e mai capace di dare ascolto al buon senso, ammesso che sappia che cosa sia!
Ora…abbiamo solo due modi per risolvere questa faccenda…» fece Lovett iniziando a girare lungo il perimetro della stanza, con le mani sempre dietro la schiena, sempre con quell’aria rigida e autoritaria da autentico mastino da caccia, affiancando alle spalle anche i due cadetti, più tesi di prima. Si fermò coi tacchi proprio dinanzi alla figura di Eris, ad un palmo dal suo viso, lasciando così che quei due sguardi potessero farsi la guerra semplicemente guardandosi in faccia.
«O ti decidi a parlare, dicendo cos’è davvero successo nella scuderia con il tuo compagno d’armi con il quale è nota la tua avversione nei suoi confronti dopo l’incontro per la promozione che non hai ottenuto…»
«Incontro che tu, stronza, hai autorizzato senza il permesso di nessuno dei tuoi superiori!»
«Questo è irrilevante ai fini della questione, abbiamo un uomo gravemente ferito, una sospettata, perfino due complici per come la vedo io e un uomo misterioso che nessuno ha visto!
Capisci anche tu che non posso lasciar correre…»
«Se sei tu il misterioso testimone, Tea, come sai che non è entrato nessun altro dopo Evgenij? Significa che sei rimasta a guardia della scuderia per tutto il tempo?»
«Se stai cercando di sviare i sospetti, ragazzina, cadi male!
O confessi immediatamente quello che hai fatto o inizia a retrocedere fino ai bassifondi della Hunter, mocciosa, perchè non ammetterò una simile violazione da parte di un capitano che si rispetti…e uno…»
«Capitano!» si fece sfuggire Brando, afferrando il braccio della giovane, quasi a farle cambiare idea. Eris sollevò la mano verso l’alto, fermandolo sul posto, esattamente dov’era, sotto gli occhi tremanti di Quentin, che sentì un sincero coinvolgimento in quella storia. 
Trystan guardò la nipote negli occhi, più disperato che mai, esortandola a confessare. Eris non parlò. Tea proseguì con quella conta inesorabile.
«…e due…»
«Capitano Griffith, parlate finchè siete in tempo, siete un valido superiore e tutti i vostri uomini contano molto su di voi, ne avete una chiara prova proprio in questa stanza…la prego!
Non ci rimetta il posto per una simile puttanata…glielo chiedo come amico di famiglia!» disse Boris quasi come ultimo tentativo, alzandosi dalla sua poltrona quasi di getto. La Griffith lo guardò nei suoi piccoli occhietti vispi, quasi cancellando la presenza di Tea praticamente invalicabile tra lei e i due uomini poco più in là, non avendo quasi più nulla da perdere.
«Che cos’è successo alla squadra Beta di Evgenij dopo la spedizione a nord, Boris? Chi ha dato l’ordine di far uccidere degli innocenti e soprattutto…chi è che sta coprendo questa epocale stronzata dalle orecchie dei superiori più in alto di voi? Ammesso che…non siano proprio i nostri ufficiali a manovrare questo gioco sadico…»
«Eris…ma di che diavolo…stai…» 
«…e tre! Dunque, Griffith, dopo questo patetico tentativo di confondere le acque, hai scelto cosa fare? Resti con noi oppure… »
Tea non finì nemmeno la frase, poiché la capitana, o forse, ex capitana, tirò fuori dalla cintura la pistola d’argento sbattedogliela praticamente accanto, sul tavolo, strappandosi a seguito dalla camicia logora quella spilla avuta con tanta fatica e dolore, scagliandola in un luogo indefinito della stanza, sotto gli occhi increduli di tutti i presenti. 
La bionda annuì a quel gesto chiaro e ben codificato, ma prima che potesse pronunciare anche una sola sillaba sentì quelle parole ben scandite accanto al suo orecchio.
«Ascolta bene il suono della mia voce, vipera succhiacazzi: vai…a…farti…fottere! Non ci sto agli ordini di una banda di corrotti, né di te, né di voi tutti e nemmeno del Creatore!»
«Capitano Griffith, ti dichiaro sollevata dal tuo incarico e sospesa ufficialmente a data da destinarsi dal campo Hunter con congedo straordinario variabile da 2 mesi ad un anno di sorveglianza vigilata. 
In tua assenza, mi incaricherò personalmente della gestione della squadra Alfa e della Beta finché il capitano Novacek non si sveglierà e non ci racconterà come sono andate le cose, ma fino ad allora, non avrai alcun contatto con la nostra associazione…»
Tutti i presenti, al di fuori delle due donne, rimasero seriamente impressionati dalla severità di quella punizione, persino Quentin dovette cedere ad un'espressione di puro sgomento, per non parlare di Brando che quasi si sentì colpevole di quel risvolto assurdo e ingiustificato. Boris si massaggiò le tempie, affatto sorpreso da quella soluzione, limitandosi soltanto a freddare Trystan sul posto, già prossimo a scoppiare; alla fine quel giorno era arrivato anche per lei!
Fu come un vento congelato, esattamente quello che rimase quando Eris abbandonò quella stanza un secondo più tardi senza voltarsi verso nessuno, senza ribattere oltre o dire altro, forse anche perché da un lato era stato detto pure troppo. I due giovani cadetti vennero congedati, insieme ai due superiori, ma Trystan  era tutto tranne uno che si fermava dopo la prima battuta d’arresto. 
Il polso di Tea venne afferrato dallo stesso uomo lungo i lugubri corridoi sotterranei dell’accampamento, fermandola di colpo prima che potesse congedarsi nei suoi alloggi. Lovett lo guardò in faccia, assottigliando lo sguardo a due minuscole fessure, come dei piccoli e scintillanti pugnali.
«Ma tu guarda chi è venuto a cercarmi! Il topolino mezzano di casa Griffith…se sei venuto ad intercedere per tua nipote, fatti un favore Trys!
Scordatela…e lascia che un minimo d'ordine si ristabilisca in questa squadra. »
Il Griffith trattenne uno sghignazzo ipocrita, incrociando le braccia al petto, facendo quasi delle sarcastiche spallucce a quella freccia scoccata proprio in sua direzione, schivandola senza problemi.
«Sbaglio o sei stata tu pochi minuti fa ad aver detto a “mia nipote” che non era in grado di separare la vita privata dal lavoro? Tea, con tutto il rispetto, mi sa che siete in due a meritare d’essere sollevate…e voglio sottolineare che è grazie a me che non sei stata rispedita a casa a calci per quello che hai fatto anni fa!»
«Vuoi forse un ringraziamento per quello? »
«Oh fidati, mi hai già…ringraziato abbastanza, e sai cosa intendo!»
Uno schiaffo sonoro fece collisione sulla guancia sbarbata di Trystan, creando un eco notevole lungo tutto il vuoto ambiente, frizzante e deciso; la luogotenente lo guardò malamente, forse effettivamente offesa nel profondo da quelle parole, afferrando per il colletto l’ufficiale, portandolo praticamente ad un passo da se.
«Se credi veramente che tutto quello che c’è stato tra noi sia frutto di un ringraziamento, hai preso un abbaglio Griffith, abbassa le ali, non sei nessuno, solo il fratello rinnegato di un uomo importante, tutto qui!»
«Ah, su questo non ci piove, sicuro, però il fratello rinnegato ha innescato una simpatica ira dentro di te, Teodora…e se pensi che vendicarti su Eris per la fine della nostra storia serva a ferirmi, be…hai fatto un pochino cilecca, ma lo dico a bassa voce, così non ci sente nessuno!» bisbigliò puramente ironico e sarcastico l’uomo dai lucenti capelli scuri, appoggiando una mano contro la fredda parete umida, con il viso ben illuminato da una scoppiettante torcia a mettere in risalto il suo ghigno, quasi perfido, maligno.
Tea non rispose nemmeno, riprendendo delle sicure distanze dal compagno come a sentirsi più protetta, ma chissà da cosa; guardò quegli occhi da stregatto restare fissi sui suoi, inchiodarla all’angolo.

Prese un respiro.

«Sei rimasto uguale, presuntuoso, spavaldo, uno spaccone che crede che il mondo ruoti solo intorno ai suoi interessi!
Il mondo va avanti Trystan, non esiste solo Eris, come non esisto solo io; sono un luogotenente, ho delle responsabilità come le hai anche tu, cosa che sembra sfuggirti di recente visto che passi più tempo fra le grazie di quella sciagurata che ad occuparti dei tuoi obblighi!
Eris non mi è mai piaciuta, e lo sai…dal primo momento in cui tu l’hai portata qui, distruggendo tutto il nostro duro lavoro…»

«Il nostro lavoro?
O la nostra storiella? Perchè da come la vedo io, hai colto l’occasione come una volpe per toglierla di mezzo! Non ci è riuscito Evgenij, ma tu…wow, sei veramente tenace, dolcezza, devo riconoscerlo, ma lascia che ti dica questo: è vero, Eris non è uno dei soldati più mansueti, che esegue gli ordini senza fiatare, che lascia correre, so bene anch’io quanto sia complesso averci a che fare, ma so anche che i suoi uomini si fidano!
I ragazzi la seguono in battaglia,Tea! Un uomo combatte sicuramente più motivato se a guidarlo ha qualcuno di cui si fida, cazzo!
Credi davvero che Evgenij sia in grado di tenere una squadra unita? Per Dio, ha sfigurato la sua compagna pur di batterla, è un bugiardo, un maledetto truffatore, che sentimento può nutrire un cacciatore verso un leader simile?!
Tu, tu sei figlia di un uomo d’onore, un uomo leale, Tea, e non sei diversa da lui! Sei una cacciatrice valida e forte, dai valori saldi, non farti offuscare da una stronzata simile…reintegrala, ti prego, non farla andare via!»
Erano parole forti, soprattutto per uno come Trystan che non amava troppo parlare, figurarsi così tanto, stringendo fra le mani le spalle della donna non poi così senza cuore, in fondo; ma la situazione, in quel momento, era assai diversa. Gli occhi azzurri di Teodora si chiusero, mettendo una mano su quella del tenente, solo per annullare quella presa sulle sue braccia fino ad abbassarla del tutto fino all’altezza del fianco; li riaprì, non nascondendo un minuscolo barlume di personale disappunto e anche dispiacere.
«No, Trystan, non stavolta. Se mi pensi una sciocca adolescente che si fa guidare dalla vendetta, ti sbagli; so cosa provi per lei, e risparmiati la goffa fatica nel negarlo e sai quanto sia sbagliato e lasciami aggiungere perfino poco ortodosso, ma quelli sono fatti tuoi!
Ma quando vengono toccati gli interessi della Hunter è mio dovere tutelarli; questo è il mio compito, ed Eris Griffith più volte ha commesso atti di insubordinazione su cui sono passata sopra per tua amicizia…e pure per qualcos'altro, ma questa volta c’è di mezzo un ferito grave e non volterò le spalle alle mie responsabilità, sebbene Evgenij non sia uno stinco di santo è sempre un cacciatore!
Anzi, per come la vedo io le sto facendo pure un favore…» disse senza alcun ripensamento la luogotenente, già prossima ad alzare i tacchi, se non fosse stato per il tono sprezzante dell’uomo che quasi la costrinse a bloccarsi. 
«Oh, un favore? Sei pure così caritatevole? Ma tu che cazzo ne sai di lei?!» ringhiò di rimando l’altro, mostrando un lato aggressivo di sé che raramente emergeva in superficie, ma che la donna conosceva e pure bene. Si voltò con tanta di quella foga che perfino i suoi biondi capelli finirono per sciogliersi lungo la schiena, facendo cadere per terra un bastoncino molto fine e delicato, di legno, scuro con intarsi dorati.
Stavolta in quegli sguardi non c’era più solo del mero rispetto delle regole per l’associazione Hunter, ma qualcosa di più intrinseco e profondo, solo puro e chiaro interesse personale, raccontato dal tremore ben visibile in quella splendente iride cielo.
«Vuoi veramente sapere cosa ne so? Oh, Trys, non è Eris il problema della storia, non lo è mai stato…è facile scaricare la colpa su una ragazzina di soli 14 anni, che nemmeno sapeva cosa fosse la Hunter, cosa ci fosse fuori dalle belle mura affrescate, dai pavimenti in marmo di Carrara e dai servizi da the d'argento puro! 
Eravamo noi due, io e te, due giovani pronti a mandare al diavolo tutto quanto…quante notti abbiamo passato insieme pensando ad un futuro diverso da quello che ci siamo scelti? Quante volte mi hai detto che volevi tagliare corto con la tua famiglia, con tuo fratello, col fantasma di una donna che hai amato più di 20 anni fa, quante?!» ripeté con gli occhi lucidi, colmi di calde lacrime, prossimi a straripare.
L’uomo dovette mordersi crudelmente l’interno della guancia.
«Tea, ascolta…»
«No, ascolta tu! Io mi sono arruolata per vendicare mio padre, un uomo buono e onesto che ha fatto del bene a molte persone, avrei dato pure la mia vita per questa gente finchè non ti ho conosciuto; tu, l’arrogante pecora nera di casa Griffith, il rinnegato, quello a cui nessuno ha mai riconosciuto niente perchè secondogenito…ho creduto ad ogni tua singola parola, anche se erano solo tonnellate di bugie, scappare insieme, andare via e ricominciare…me la ricordo ancora quella notte!
Ti aspettavo per tagliare la corda; mi dicesti che saresti tornato dopo un paio di giorni da Cardiff, perchè dovevi mettere le cose al loro posto con Rhys e ti ho creduto…e invece?
Invece un bel giorno, cos’era? Non lo ricordo più, so solo che ti sei presentato al campo…bagnato fradicio, come un cane bastonato, e alle tue spalle c’era una ragazzina che non avevi mai visto, che a stento sapevi il suo nome, figlia dell’uomo che ti aveva portato via tutto, e nonostante questo hai scelto comunque di portarla con te!
Di mandare all’aria tutto per lei, per Merrion…avevi scelto un'altra volta la tua famiglia al mio posto!»
«Se non lo avessi fatto, l’avrebbero processata…o mia cognata avrebbe trovato un modo per farle patire le pene dell’inferno!»
«Ti prego, basta con le cazzate…sei veramente miserevole se continui così! Se sei uomo ammetti almeno che hai fatto tutto questo per sputare in faccia a Rhys e che ancora non hai dimenticato quel volto, quel nome…lo vedi? Non hai il coraggio! Non hai le palle nemmeno per ammetterlo!
Ti illudi di essere andato avanti, ma non è passato un solo giorno nella tua mente, sei ancora bloccato all’idea che un giorno riavrai Merrion, ma non è così…hai illuso me, come stai illudendo Eris, perché la verità è che non ami nemmeno lei!
Ami l’idea di aver fatto un simile torto a tuo fratello, di esserti preso l’unica cosa che gli restava di sua moglie come lui ha fatto con te…»
Trystan sentì la pupilla ridursi ad un minuscolo puntino nella sua iride verde, come se fosse stato appena pugnalato alle spalle da un qualcosa che mai si sarebbe aspettato di sentir dire, ad alta voce, in faccia, da lei. I muscoli divennero talmente rigidi e tesi che parvero spezzarsi sotto il peso d’un tale macigno, nemmeno riuscì a deglutire, le parole uscirono quasi da sole senza pensare.
«Tu non sai di che cazzo parli…non sai nulla di me!»
«Ti piacerebbe che fosse così, Trys, ma non lo è! Ho avuto tempo a sufficienza per constatare da me che tipo di uomo sei davvero…un dannato che si trascina dietro un dolore incurabile con la maschera della rettitudine, ma la cosa peggiore è che ti porti dietro anche gli altri!
Se avessi voluto il bene di quella ragazza avresti chiesto a Boris di nasconderla il più lontano possibile da qui, lontano da questo schifo dove siamo stati cresciuti, invece l’hai voluta qui, con te, al tuo fianco, fino a farle credere che poteva fidarsi di te, ma ormai a che serve dirlo?
Però una cosa puoi farla, nonostante non ci sia modo per rimediare a ciò che le avete fatto…lasciatela andare, lasciatele rifarsi una vita!
Io pagherei non so quale prezzo pur di riavere questa opportunità…ma credo sia ormai troppo tardi…
Buonanotte, tenente Griffith, medita su ciò che ti ho detto.»

Si chinò a riprendere il piccolo accessorio per i capelli che lo stesso tenente le aveva regalato molti anni prima, guardandolo quasi di sfuggita, per poi fare dietrofront e ritirarsi nei suoi appartamenti, lasciando l’uomo avvolto in un'oscurità ben peggiore della semplice assenza di luce: quella della sua mente.

Pochi metri più in là, oltre il sentiero illuminato dalle torce, c’era un ex capitano che aveva sentito ogni singola parola, ogni respiro, ogni sussurro: una lacrima argentata scese senza vergogna lungo la guancia marchiata, ripercorrendo proprio il solco dello stesso segno fino a cadere nel vuoto, precipitando sulla carta da lettere giallastra che teneva stretta fra le mani.

L’inchiostro della firma del mittente si sbiadì, solo in parte però.


                                                                                                      Cardiff, 05/04/1910

 

Casa Griffith.

 

Nemmeno io so come cominciare questa lettera, credo sia la cosa più difficile per me e soprattutto per te da leggere dopo tutto questo tempo e so con certezza che non vorrai avere più nulla a che vedere con un uomo simile e, onestamente, figlia mia, hai ogni motivazione valida dalla tua: nemmeno io sono fiero di ciò che ho fatto, non sei sola nel tuo rancore.

Non ho alcun diritto su di te e nemmeno su mio fratello, sebbene mi manchiate più del respiro stesso; questa casa non è più la stessa, non provo più gioia verso nulla, nessuno, nemmeno la letizia di divenire presto nonno sembra allietare il mio animo, figlia mia. Forse non lo sai, ma tua sorella Sheelah è cresciuta, si è sposata non molto tempo fa e a breve nascerà il mio primo nipote; vorrei tanto che tu e tuo zio foste presenti ad un simile evento, e so di peccare di presunzione con una simile richiesta, ma non vi chiederò nient’altro se mai, per pietà o buon cuore, sceglieste di accogliere la richiesta dell’uomo che vi ha arrecato una simile sofferenza. So della tua carriera nella Hunter, so di tutte le tue incredibili imprese, dei tuoi meriti, di tutto quanto, ho sempre avuto tue notizie da quella buon vecchia volpe di Boris su cui posso sempre contare e non posso che dire una sola cosa, Eris: tuo padre è fiero di te, lo è sempre stato, nonostante i trascorsi ci abbiano tenuti lontani per tempo immemore. 

Anche Duncan, sebbene con diversi risultati, sta proseguendo sulle orme dei nostri predecessori, ma non so davvero, piccola mia, che direzione prenderà lungo il suo cammino; troppo incerto e pieno di dubbi, ha bisogno di qualcuno che lo guidi, lo vedo perso, smarrito, non so come fare per aiutarlo. Recentemente è rimasto ferito durante una delle spedizioni di ricognizione, ma credo che la ferita del corpo sia ben più superficiale di quella dello spirito, con cui non sono mai riuscito ad entrare in sintonia, ma pare essere proprio questa la mia maledizione: non capire mai a fondo la confusione arrecata dalle mie scelte su di voi.

So che queste parole sembrano futili richieste d’aiuto, Eris, e mi dispiace venire a bussare alla tua porta ormai chiusa come un miserabile, ma lo farò solo questa volta e mai più, quindi ti prego e ti supplico di tornare a casa, da me, da noi, dalla vostra famiglia o ciò che ne rimane, tornate!

Un grifone senza ali…non ha senso di esistere,dopotutto….


                                                                                Con tutto l’amore che ho per te, tuo padre

                                                                                             Rhys di casa Griffith.

 
   
 
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