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Autore: Longriffiths    08/09/2023    1 recensioni
Gli angeli sono sempre rilucenti anche se il più rilucente fra loro è caduto; se le più turpi cose assumessero il volto della grazia, la grazia resterebbe sempre grazia;
-William Shakespeare, Macbeth, 1606
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Molto rispetto al loro passato ci è naturalmente sconosciuto, e ci basiamo soltanto sui loro fugaci incontri per fantasticare sul come e sul quando siano effettivamente diventati amici. Ma c'è davvero un momento preciso? E sul loro futuro, sul come e quando si sono innamorati, forse, ne sappiamo ancora meno.
Insomma come ha preso Crowley la fissa per le piante? Perché Azi è così tanto attaccato ai suoi libri?
Tutto andava ricostruito, ed è ciò che noi abbiamo fatto partendo dall'antica Grecia.
-Una storia di Giulia e Arianna.-
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                                  Capitolo IV


Legibus solutus - Sciolto dall’obbligo di osservare la legge


Aveva proprio bisogno di andarsene. Ne aveva bisogno quando non poteva.
Aveva vissuto così tanto tempo sulla Terra che ritornare all’Inferno valeva a dire tortura anche senza essere sfiorato con un solo dito.
Quando Crowley Cadde, fu qualche mese dopo la Grande Guerra dei Cieli. Questo perché era parte nel Regno dei Cieli, per gerarchia, dei Sette Arcangeli, e come tale il suo operato risultava assai peggiore di quello degli altri angeli, in quanto quella cerchia, era la cerchia più vicina al Signore, e nessun Arcangelo avrebbe mai dovuto trovarsi in una situazione simile. Loro erano l’esempio, la guida, il palo portante del Paradiso. Ci si sarebbe dovuta aspettare solo assoluta lealtà e fiducia nei confronti del Piano e di tutto ciò che Dio aveva in serbo, e non che proprio uno di loro, scoperti gli atti di inganno e reticenza di Lucifero, gli restasse vicino. Il suo unico espediente che era anche la propria verità, la propria campana reputata una giustificazione senza valida dimostranza, era che lui non aveva davvero gli stessi pensieri e le stesse opinioni di chi aveva scelto di ribellarsi. Lui era solo a favore della conoscenza. Lui voleva soltanto sapere, perché, come, a quale scopo. Non voleva interrompere, svoltare o creare trambusto e caos nell’immagine che Dio aveva del futuro.

Raffaele fu una piuma in un ciclone, in quel periodo. Isolato da tutto e da tutti, nella collera e nel dispiacere, nella paura più pura- Aveva visto che cosa era accaduto ai suoi compagni, e sperava soltanto in un Miracolo.
Migliaia di occhi bruciarono su di lui quel giorno in cui la sua sorte sarebbe stata riscritta. Si sentiva penetrato da mille e una lama arroventate. Gli sguardi degli angeli.. gli stessi identici sguardi che avevano indugiato su Lucifero e le sue schiere al momento del giudizio. Si sentì morire, mentre il processo indotto dagli Arcangeli, dai Serafini e dai Cherubini si protraeva, con se stesso al centro del dibattito. Ad ogni minuto gli sembrava che un pezzetto di sé si disgregasse dalla materia, come una meteora all’avanzare della propria caduta. Perché lui lo sapeva che cosa stavano per fargli, lo scorse negli occhi di tutti, che non lo consideravano già più parte del Paradiso. Una macchia di caffè su un foglio di pergamena.

Qualcosa che suscitava fastidio, che dava nell'occhio, che non dovrebbe essere stato lì a rovinare la perfezione del tutt’intorno. Nessuno, nemmeno uno di loro, era né felice né neutrale rispetto al suo essere lì.. al suo esistere. Erano tutti contrariati, persino gli angeli di portanza minore ubicati sulle nuvole sovrastanti come spettatori oculari. Tutti lo consideravano un potenziale pericolo, qualcosa che andava risolto prima del peggio.
E aveva pianto, si era disperato, aveva chiesto la pietà, ma a niente era servito.

«Gabriele.. per favore..» Supplicò, con gli occhi neri pieni di lacrime della stessa iridescenza del diamante puro, ma l'Ametista negli occhi di Gabriele non conosceva perdono.
Era stato Infine giudicato, e le ali erano diventate pesanti, e l’aureola si era spaccata in tanti acuminati frammenti, che gli avevano perforato il corpo contenitore del suo spirito generando tagli, tagli dalla quale l’oro liquido di cui era composta l’essenza e che scivolava fuori era mutato man mano in sostanza melmosa scura e nauseabonda, mentre le sue grida di protesta e di angoscia con le ginocchia in terra e la testa che gli scoppiava riempivano il freddo e crudele silenzio della Corte.
Allora, fu esiliato.

L’arrivo nella nuova dimora non era stato dei migliori, e cosa ci si poteva aspettare.
La cosa negativa dell’intera faccenda, ponendo il caso in cui tutto il resto non avesse già contribuito, era che non era accolto nemmeno lì. Gli altri demoni -perché era questa l’immondizia che era ormai diventato-, erano perfettamente al corrente del fatto che lui non avrebbe mai voluto stare lì. Né il Paradiso né l’Inferno lo giudicava degno di stare in mezzo agli altri o anche solo lo tollerava. Era completamente solo, e per queste ragioni, vittima dei tormenti e delle torture di Satana e del suo braccio destro.
Non scordò mai il momento in cui vide la pelle, le corna, le ali di Lucifero dopo la Caduta. In quel preciso momento seppe di essere condannato a un’eternità di dolore e di sconforto. Se il più bello, il preferito era ridotto così, che speranza c’era mai per loro, per lui?
Era disgustato da tutto, e più di tutti da se stesso. Dai suoi nuovi occhi maligni, dalle sue squame immonde, dalla nuova forma. Dal calore che lo circondava, dal fetore, dalla vista di quel luogo e dei dannati.
E fu per quello che quando fu completa la creazione della Terra, Crowley imparò a strisciare con il corpo suo contenitore e a fare salti mortali senza volare pur di andarsene di lì, ed essere l’inviato tramite dell’Inferno.
Almeno poteva essere lontano.

Il nuovo lavoro gli piaceva, eppure non aveva considerato un piccolo particolare. Tentando Eva, dando modo ai giocattoli di Dio di aprire gli occhi, creando il Peccato Originale, aveva anche creato una zona dell’Inferno che prima non esisteva, il Limbo.
Colpa sua, responsabilità sua. Oltre ad essere l’inviato sulla Terra ne era anche il guardiano, nessuno dei suoi era disposto ad occuparsi di un’ulteriore scocciatura.
Lì, in quel girone, tutti coloro che perivano senza aver conosciuto Dio erano costretti. Tutti quelli che morivano senza aver ricevuto il Battesimo. E chi occupava la fetta della torta maggiore appartenente a quella categoria se non i bambini? Crowley visse con un nuovo peso alle spalle da quel momento in poi, un peso che gli gravava più di tutti. Vedere quelle anime innocenti soffrire le pene peggiori per un semplice capriccio, era la sua colpa più grande. Non sarebbe mai stato perdonato perché egli per primo non si perdonava.

Ed ora, nel corso del Sesto Secolo d.C; Crowley si trovava lì per rettificare i periodi di assenza da ormai un secolo e mezzo. Era stato risucchiato dalla terra durante una perlustrazione in India, e non aveva più fatto ritorno. 

 

Dopo tanto tempo sulla Terra, Aziraphale fu richiamato in Paradiso e ci rimase per diversi anni.. tanto da arrivare a sentire la mancanza della Terra. L’angelo amava il Paradiso, su questo non vi era dubbio, ma la vita sulla terra lo aveva irrimediabilmente cambiato, e persino Gabriele lo ammonì per essersi lasciato coinvolgere troppo dagli umani e dalle loro cose. Il lavoro lassù era parecchio intenso perché l’umanità stava affrontando un periodo difficile, ricco di guerre, di conflitti di varia natura e di altre aberrazioni che gli angeli stavano cercando di regolare. Tuttavia alcune aree del Paradiso riportavano alla mente anche diversi ricordi.. e il più brutto, quello che rimase impresso come il fuoco in Aziraphale, fu la caduta di Crowley, che non sentiva ora da molto.*

Spesso si chiedeva come stesse andando laggiù, mentre pregava con gli altri angeli nella sala rotonda tappezzata di lapislazzuli e argento, come stavano gli umani? Soprattutto i più deboli? Forse si stava davvero affezionando troppo all’umanità, ma non solo.. gli mancava Crowley.

Il demone andava e veniva dall’Ufficio di Belzebù. Ormai si era fatto una posizione di riguardo, e quando incontrava gli altri suoi simili, molte volte riceveva domande curiose e indiscrete sul comportamento degli umani e sulla terra in generale.
La raccomandazione era comunque la medesima da parte dei superiori: fai attenzione a non farti scoprire. Perché il compito lì era duplice, bloccare le benedizioni del rivale, e sorvegliarlo di modo da poter riferire ogni sospetto tentativo di sabotaggio da parte dell’opposizione. Nel tempo infatti aveva dovuto inventarsi delle cose, per mantenere il posto e darsi credibilità, cose che aveva scatenato delle conseguenze talvolta evitabili e marginali all’umanità, ma doveva. Per preservare la sua condotta e il rapporto con Aziraphale. Avrebbe giocato gli uomini nella loro interezza per non perdere ciò che aveva con l’angelo, qualsiasi cosa fosse e di qualsiasi natura era.

Il girone a cui doveva badare era caotico, perché non aveva una legge del Contrappasso vera e propria. Negli altri otto cerchi vi era una corrispondenza con i peccati, ma lì di fatto non era colpa dei residenti, per cui, era solo un luogo di desolazione e di disperazione immotivata.
Era tutto di pietra scura, sia gelido che bollente. L’atmosfera era pregna di densa nebbia grigia, e le anime rantolavano in eterno tra i lamenti e le urla, condannati a restare lì accecati, così come in vita erano stati ciechi, ignari riguardo al Creatore. In terra, con la testa tra le ginocchia e le catene ai piedi.
Il demone passeggiava nella terra sporca e dura che era il suolo del Limbo, impegnato nel censimento. Tentava di non guardare ai feti deformi e incustoditi, soli e abbandonati, o ai piccoli pargoli o ai ragazzini e alle loro lacrime di fame, freddo e solitudine irrisolvibili. Non era codardia, era solo un rifiuto intrinseco. Non ce la faceva neanche volendo. Tuttavia suo il girone sue le regole, e quindi quando era solo poteva permettersi di cercare in ogni modo possibile di alleviare un minimo le loro sofferenze. Non avrebbe dovuto neanche sapere come indurre una benedizione, i demoni non lo facevano, non potevano.
Ma a differenza degli altri, Crowley in quei frangenti lo desiderava, e per questo ci riusciva.
Gli mancava la Terra, suo malgrado. Non sapeva che cosa stesse accadendo, non aveva idea di come stesse l’angelo, e la cosa gli mangiava l’anima.
Frustrato, cenere fumò in una nube fuori dalle narici del demone, le ali nere spiegate, le squame sul viso e sull’intero corpo, gli occhi da rettile spenti e vuoti, e le spalle basse in segno di rassegna, mentre desiderava non essere mai stato creato, o quantomeno, non aver mai creato quel posto orribile quanto la sua anima. 

 

700 d.C; Un punto imprecisato nel Cielo terrestre.

 

Aziraphale, finalmente poté riscendere sulla Terra.. trovandovi il caos totale, o almeno in gran parte del mondo terrestre. Gli Avari assediarono Costantinopoli, il Re Longobardo stava avviando il popolo al cattolicesimo, ci fu anche la guerra tra Ostrogoti e Bizantini, un fattore positivo? La nascita delle scuole di scrittura e arte nelle Abbazie, forse un piccolo faro per la diffusione dell’alfabetizzazione e della cultura, in un mare di conflitti. Aziraphale sedeva momentaneamente su una nuvola molto alta nel Cielo, prima di capire cosa fare e, soprattutto, dove andare. Stava riflettendo se tornare in Francia oppure passare dall’Italia, quando.. lo sentì, da qualche parte là sotto c’era Crowley, aguzzò i suoi occhi dorati per vederlo sporgendosi dalla nuvola, sembrava fosse su un monte proprio sotto di lui.

Il demone fu finalmente libero di andare. Non scelse neanche una destinazione, si limitò a prendere la prima scala disponibile non appena ricevette il congedo, e riemerse dalla gola della terra per trovarsi sul monte Cho Oyu. Certo faceva freddo, ma a lui che cosa importava. Poté finalmente respirare dell’aria pura e fresca, e bearsi della luce del giorno. Non aveva avuto occasione di vedere il sole, o la neve, o il cielo negli ultimi due secoli, perciò ne approfittò per riformulare i propri pensieri e cercare di dimenticarsi quanto vissuto, quando esattamente ciò che ci voleva gli piombò in linea d’aria. Il monte era alto ben ottomiladuecento metri, circondato da candida condensa immacolata, e proprio da lì Aziraphale sbucò d’improvviso.

«Crowley! Crowley sono qui!» urlò l’angelo sbracciandosi, così felice di vederlo che non riuscì a contenere il suo sorriso, tuttavia nel tentativo di farsi vedere perse l’equilibrio e cadde a testa in giù dalla nuvola come un sacco di patate, costretto ad usare le ali all’improvviso per ritornare diritto.. un’altra pessima figura, ma non era colpa sua, quando era felice non riusciva a volare in modo normale.


A volte Crowley aveva il dubbio che non esistesse solo Dio che ascoltava le anime, o non si spiegava come fossero possibili coincidenze come quella. Ad ogni modo, si levò in volo incontrando l’altitudine del rivale, felice di rivederlo, felice come non lo era stato da molto. Per fortuna, stava bene.
«Lo sai che il tuo corpo è mortale, te lo ricordi senza che qualcuno venga a ricordartelo ogni vent’anni, giusto?» Il demone non nascose un sorriso. Era troppo allietato per pensare a certe cose. Assieme, tornarono sulla nuvola sulla quale sedeva Aziraphale prima del suo arrivo, e si misero fianco a fianco con le gambe penzoloni. Crowley aveva una veste nera in dotazione dall’Inferno di cui non vedeva l’ora di liberarsi, appena avrebbe scoperto che tipo di moda andava in voga adesso tra gli umani, e aveva le mani ai lati del corpo posati sulla soffice acqua velata, mentre Aziraphale aveva le proprie in grembo. Nessuno dei due aveva riposto le ali, e nessuno dei due guardava in faccia l’altro.
Le montagne rocciose innevate e il sole all’orizzonte nel cielo limpido erano uno spettacolo meraviglioso. 

 

Ogni parte del viso di Aziraphale sorrideva in quel momento, quasi due secoli.. era davvero tanto tempo, forse uno dei tempi più lunghi senza nemmeno una colomba o qualche messaggio. Per fortuna stava bene, non gli era accaduto nulla.

«Quanto tempo..» commentò guardando l’orizzonte, meraviglioso, gli era mancata quella vista.
«Crowley, ci sono stati tanti conflitti.. appena sono tornato ho sentito molta sofferenza, siamo mancati per un periodo forse troppo lungo.» disse l’angelo guardando verso il basso, dove stava la Terra.
«Credo tornerò in Italia, forse in Sicilia, è minacciata dalle incursioni arabe.» Aziraphale ci teneva alla Sicilia, un tempo territorio della sua amata Grecia, c’era tanto dei greci su quell’isola.
«Siamo? Che vuol dire siamo mancati?» Crowley rivolse il viso verso l’angelo. Da quella angolazione i raggi del sole illuminavano perfettamente il suo viso, e tutto il candore da cui erano circondati -candore che accecava il demone tanto da dover tenere gli occhi semichiusi a fessura- lo rendeva quasi un’apparizione, una visione più che uno spirito trascendentale rinchiuso in una scatola fatta di carne. E i suoi occhi erano sempre più azzurri di tutto il resto, in qualche modo. Era l’immagine fatta persona della serenità, anche se i suoi lineamenti erano addolorati.


Le ferite bruciavano sulla schiena del demone. Quelli della sua fazione di riferimento non amavano che prendesse iniziative proprie, come per esempio accudire i dannati anziché assicurarsi che le punizioni fossero esemplari, nonostante fossero dei piccoli umani senza colpe. Così, le fruste dentate avevano incontrato le sue carni molteplici volte. Ogni volta che l’angelo parlava del dolore che avvertiva, un po’ del proprio si risvegliava. Ma almeno lì con lui era sopportabile. 

L’angelo si rivolse verso il demone, guardandolo con i suoi occhi cerulei, e gli rivolse un altro sorriso.
«Vuol dire quello che ho detto, siamo mancati. La terra non è la stessa senza di noi.» una frase forse detta ingenuamente, continuava a usare il “noi” senza darci peso, perché per Aziraphale era normale, erano un noi un’entità.. certo non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno a sé stesso. Non ci vedeva nulla di male o malizioso, era per lui la cosa più naturale del mondo, così come esiste il giorno esiste la notte, così come esiste il cielo esiste la terra, così come esiste Aziraphale esiste Crowley, l’uno l’opposto dell’altro eppure complementari.

«Mi prenderò una casa sulla spiaggia e guarderò il sole sorgere dall’acqua, e ogni notte farò il bagno sotto la luna, nel frattempo aiuterò dove posso. Tu dove andrai?» gli chiese curioso. Crowley era un tentatore e anche colpevole del peccato originale, ma.. per Aziraphale questi aspetti non sembravano essere importanti, non in quel momento, non dopo che non lo aveva visto per quasi due secoli. Erano nemici, lo sapeva, ma non riusciva ad atteggiarsi con distacco o inamicizia verso di lui, nemmeno volendo.
Il demone guardò in basso. Erano davvero alti. Erano lontano, ma in un certo senso esposti. Forse Aziraphale sapeva più di lui che Dio o che tutti gli altri angeli non si prendevano la briga di affacciarsi per controllare, e quindi se lui non si preoccupava non aveva senso rimuginarci o porsi mille quesiti. Bisognava farlo prima che mancasse il coraggio.
«Mi hanno ricordato che non sono qui a zonzo a vuoto e che ho delle regole da seguire. Andrò in Pannonia, per cominciare.»
Pannonia, decisamente un territorio di fuoco, ma lui era di certo caotico, quindi forse gli si adattava come luogo.
«Stai attento laggiù.» gli disse l’amico, dondolandosi un po’ sulla nuvola.
«Tecnicamente sono loro che devono fare attenzione a me.» Crowley non era molto d’accordo nell’incoraggiare i saccheggi e il radere al suolo città e sodomizzare e piegare persone per il puro gusto della soddisfazione, era alquanto macabro e disgustoso, fosse stato per lui sarebbe stato sufficiente restare a guardare mentre si ferivano da soli prendendosene i meriti solo per mettere a tacere l’Inferno, e farsi lasciare in pace. Comprese che anche Aziraphale era stato lontano dalla Terra a sua insaputa, e tutta la malora che incombeva sull’umanità era forse il frutto di uno squilibrio tra le loro capacità, che il disequilibrio tra bene e male poteva sbilanciare a tal punto gli uomini. Non potevano rischiare che accadesse ancora, o avrebbero perduto il mondo a cui tanto tenevano, malgrado le ragioni fossero diverse. L’unica cosa sicura era che entrambi si trovavano meglio lì che nel sopra, o nel sotto.
«Dobbiamo occuparci dei nostri doveri anche nella parte opposta. Tentazioni e Benedizioni. Il mondo è in rovina perché non ha avuto nessuno che lo rimettesse in riga, e se uno di noi dovesse andarsene di nuovo sarà peggio.»
Era consapevole che avrebbe incontrato riluttanza da parte di Aziraphale, ma aveva bisogno che l’angelo comprendesse quanto poteva essere conveniente, e che per una volta mandasse al suo capo il timore di essere scoperto.
«E poi così facendo, ci possiamo riposare a turno una volta tanto.»

Quando sentì la proposta di Crowley, l’angelo  aggrottò le sopracciglia e aspettò dei momenti prima di rispondere per riflettere.

“Io.. un tentatore?” pensò un po’ incredulo.
Era commettere peccato, andare contro Dio. Ma dopotutto aveva già mentito a Lei e già commesso peccato, quindi.. se questo significava aiutare l’umanità, poteva funzionare, sapeva che era quello l’intento di Crowley.
«Capisco quello che vuoi dire e perché me lo stai proponendo. Ma credi che io ne sia capace? Insomma.. tentazioni piccole forse, io certe cose non le faccio, lo sai.»
«Certe cose gli umani le fanno benissimo da soli, te lo posso garantire. Adescali all’ultimo e indirizzali come se lo avessi provocato tu. O meglio, io. Laggiù non ci baderanno, a loro non importa come viene fatto, gli importa che lo faccio e basta.» Sbottò il demone, ricordando vividamente le minacce e le punizioni.
«Se è così, sì, penso di poterlo fare, per il bene dell’umanità.» borbottò l’angelo imbarazzato, sapendo quali letali tentazioni inducevano i demoni a fare: rapporti carnali, omicidi.. cose che l’angelo non avrebbe mai potuto fare.
Il demone sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga, e incastrò lo sguardo demoniaco in quello probo della creatura.
Era lieto che non avesse dovuto spiegarsi ulteriormente, attaccare una pantomima sui vantaggi, iniziare a convincerlo. Non ne aveva la forza, era stanco.
Aziraphale alzò l’ala sinistra e coprì Crowley, avvicinandosi il giusto per essere coperto anche lui stesso, così che nessun occhio indiscreto potesse scorgere due ali nere.
«Tornerò a mandarti la colomba, e vieni a trovarmi qualche volta alla baita, ti farò sapere dov’è, il vino siciliano è davvero buono.» gli disse con un sorriso, era troppo felice per pensare a ciò che lo attendeva, alla guerra, al lavoro da fare.

In quel momento, stava già immaginando la sua baita e un’ottima cena, l’acqua increspata, il vino, le chiacchere.. quell’unico pensiero lo distraevano dal peso di tutto il resto. Certo, pregava che Crowley non scendesse a trovarlo durante i suoi.. dolori umani, come l’ultima volta, o sarebbe stato di certo spiacevole.
«Hmpf. E’ mai possibile che in duecento anni non si siano inventati un modo migliore per parlarsi senza voce, questi umani?»
Crowley parve esasperato, ma si sentiva protetto. Osservò l’arco perfetto che creava l’ala alabastra dell’angelo, le piume perfettamente pettinate e ogni filamento distanziato e ben visibile, come una coperta e uno scudo assieme, conciliava la pace e la guerra, la protezione e la delicatezza.
«D’accordo, va bene, affare fatto. Ma con le tentazioni probabilmente avrò bisogno di qualche aiutino all’inizio, non credo di averle capite bene.» sussurrò a non molti centimetri di distanza dal suo volto, gli occhi azzurri illuminati dalla luce solare del giorno.
«Non è difficile. Certo aiuterebbe se tu potessi assaggiare quello che provano, ma sono sssicuro che a modo tuo hai altri talenti.» Gli disse ritornato momentaneamente al suo solito stato istigatorio, senza nessuna base di malvagità.
«Posso insegnarti qualcosina.» Ecco che Crowley tornava a essere.. Crowley. Aziraphale si sentì avvampare fino alle orecchie, il suo rossore sarebbe stato visibile persino dalla mappa del Paradiso. Spostò l’ala che usò per coprire parte di sé stesso ora.
«C-Crowley! Farò finta di non aver sentito. Di certo sarai un gran maestro, ma ti potresti ritrovare un altro bracciale o un’altra coperta in fronte.» borbottò l’angelo girando lo sguardo. Quando lo sentì parlare della guerra, sbuffò irritato.
«Ah, sono tutti malpensanti come te gli altri angeli, Aziraphale?» 

Gli disse sollevando le sopracciglia, mentre un fastidioso velo di colore faceva da sfondo alle lentiggini che sostituivano le squame da rettile sul naso e sulle gote. Eppure gli era davvero mancato un momento come quello. Era come se ogni scombussolamento che aveva patito il suo spirito si stesse lentamente rigenerando fino a ricomporsi così come doveva essere.
«Tu invece non venire da me. Ti informerò quando mi sposto, ma tu resta in Sicilia fino a che la situazione non si appiana.»

«Non sono un angelo delicato, ho partecipato a tante guerre con Alessandro. Non sono male sai? Certo stavo per finire scorporato ma solo perché stavo difendendo troppe persone, ma ho fatto tremare tanti Persiani quel giorno, il colore dell’oro diventò il loro incubo. Ma va bene, ti aspetterò in Sicilia.» potevano essere frasi di un angelo quelle? Sì, lo erano, Aziraphale era un angelo particolare, poteva parlarti del vino per poi passare a come sconfisse una piccola legione persiana nel 331 a.C.

 

«I Persiani bruciavano vive le persone nei carri in cui le imprigionavano e violavano donne e bambini davanti a te e Alessandro? Reggeresti?» Non che Crowley non credesse nella forza di un essere come Aziraphale. Gli angeli forse non avrebbero sentito il dolore quanto lui, era solo per questo che voleva risparmiargli una orribile realtà, ma come diceva, non era tanto delicato e non poteva esserlo in quel periodo di barbarie, ma perché renderlo partecipe di qualcosa di tanto ostile quando poteva pensarci lui.
Aziraphale deglutì.

«No, non reggerei.. ci sono lati dell'umanità molto oscuri, che farò sempre fatica a comprendere, li aveva anche Alessandro, in modi diversi. D'accordo allora, mi godrò la mia spiaggia, penso andrò vicino Ortigia.» continuò l'angelo, tornando a guardare il demone. 

«Sì, comincio io. Tu goditi l'acqua e la spiaggia. Verrò per dirti che le cose vanno meglio.» il suo tono era calmo, nonostante tremasse. 

«Ah, quanto tempo dal cibo umano! Pregusto già il vino, sdraiato su un'amaca con un solo telo di seta addosso, mentre accanto a me ho i frutti e la verdura del posto, il mare cristallino, la sensazione dell'acqua fresca..» 

Avrebbe voluto aggiungere che godersi tutto quel panorama da solo era.. noioso, ma non voleva dare l'impressione sbagliata quindi si limitò a sognare ad occhi aperti, pronto a partire.

 

«Mh.» Crowley prese un bel respiro e si massaggiò le tempie con pollice e medio di una sola mano. Era difficile credere che non lo facesse apposta.

«Sssai non credo tu abbia bisogno di lezioni per fare casino con gli umani.»

Disse, qualcosa che poteva essere o capito al volo o troppo superfluo per chiedere un approfondimento. 

Il demone indugiò sui suoi tratti ancora una volta, godendosi divertito la mimica facciale dell'angelo alla propria affermazione, giusto per non sbirciare nel suo cervello alla ricerca dell'immagine che Aziraphale gli aveva fornito. Chi avrebbe mai saputo quando sarebbe arrivato il momento di vedersi ancora. Era solo bello per un po' godersi il tramonto in una pace che potevano conservare per i momenti bui che li attendevano.

 

Aziraphale guardò il cielo pensoso.
«Tu dici? Lo spero.» disse l’angelo, sperando davvero di riuscire nel compito che avevano accordato, era un buon compromesso, così entrambi potevano prendersi più momenti di pausa, e magari riuscire a gustarsi qualche cena in più. «Io vado allora, devo scegliermi una bella spiaggia.. ci vediamo presto, Crowley.»
E cosi alzò in volo, allontanandosi, non senza fare qualche piroetta nel cielo come amava fare, la sua lunga veste bianca e argentata sembrava seguirlo ubbidiente. 

Il demone alzò una mano senza fare altro, e accompagnò la falcata dell'angelo con quel gesto di arrivederci fino a che l'essere si fuse col non essere dell'orizzonte, e Aziraphale fu indistinguibile. Crowley allora si lasciò cadere all'indietro e posò la schiena martoriata contro la morbida nuvola, e si godette il tepore del sole e la freschezza del vento con le mani dietro la testa e un sorriso rilassato. Si addormentò fino a che la nuvola non fu così carica d'acqua da indurre un temporale assieme alle sue sorelle, e a quel punto lasciò il confine tra Cina e Nepal, e volò fino in Ungheria, che a quei tempi era Pannonia. 

Lo spettacolo che vi trovò era dei peggiori. Non solo i conflitti rendevano il territorio invivibile senza conseguenze, ma una moltitudine di altri problemucci temevano la società in ginocchio: le invasioni avevano portato un numero esorbitante di microrganismi che davano nuove patologie al popolo quali la dissenteria e una forma potenziata d'influenza, la flora e la fauna erano contaminate dalle importazioni. Crowley, fermo in un punto della città in cui si era stanziato, posò le mani sui fianchi e si guardò attorno.

«Da dove diavolo comincio?!» esasperato sbuffò, ricordandosi di aver promesso di occuparsi anche delle Benedizioni. Perché aveva le idee migliori, il demone, quando era stressato. 



Aziraphale sorvolò gran parte delle coste della Sicilia, la situazione non era affatto.. buona, per niente. Si fermò ad aiutare diversi residenti, debilitati e feriti dagli arabi, finché non trovò Ortigia, un angolo remoto della costa totalmente deserto: la sabbia bianca, l’acqua limpida, una ricca vegetazione.. era perfetto. Aziraphale, non senza qualche piccolo miracolo, riuscì a ricavare un’abitazione molto salda e grande, sulla struttura preesistente di un piccolo tempio greco, circondato da colonne doriche, creò un tetto resistente, un ingresso (delimitato da una grande tenda blu). La sala del tempio greco divenne la sua stanza, ci mise librerie, il suo tavolo, un grande letto, bauli e altri oggetti. Per un momento, gli sembrò di essere tornato nella sua amata Atene, ai tempi di Pericle. 

Durante la vacanza si preoccupò di raccogliere erbe e fiori per creare creme e sostanze per l’igiene personale (un problema importante di quei tempi), Aziraphale ci teneva tremendamente alla pulizia e all’aspetto. Visitò Siracusa, che fu capitale dell’Impero orientale al posto di Costantinopoli dal 663 al 668, era ancora libera dagli arabi, così poté acquistare nuovi abiti dal gusto greco-orientale, una città ricca di storia e tradizioni. Tornò a gustare l’amato cibo umano, godendosi ogni secondo dei suoi pranzi e delle sue cene, chiedendosi come se la stesse passando Crowley, sperando riuscisse a fare tutto.. senza troppe difficoltà.

Gli inviò così una colomba, dal suo piccolo tempio, la sua nuova casa.

Spero che tutto stia andando bene da te, io mi sono sistemato in un piccolo tempio greco sulla costa a nord-est di Ortigia, è perfetto, ho fatto la tettoia e l’ingresso, si trova su un piccolo promontorio sopra la spiaggia, appena mi affaccio fuori vedo il mare. Scrivimi se hai bisogno d’aiuto, io sto facendo scorta di vino.

A presto.
-Stella Egiziana

 

Il demone Crowley non si era mai trovato nel mezzo di una guerra. Non attivamente, in prima persona. Si era affibbiato un compito importante, era adesso responsabile per la gran parte delle sorti della parte vulnerabile dei conflitti, e per questo non si era risparmiato di affiancare gli uomini con archi e spada, e lasciare che le donne trovassero rifugi sicuri. Non perché le riteneva inferiori, ma perché Crowley era convinto che loro fossero davvero il genere che meritava la sopravvivenza e il benessere in extremis come un'invasione barbarica, che il mondo sarebbe andato comunque avanti senza gli umani maschi, ma non senza le umane femmine. Andavano preservate finché possibile. Quindi, molte volte si era visto costretto a salvaguardare beni che storicamente avrebbero avuto un rilievo fondamentale, aveva assistito feriti e guarito gli infermi, aveva aiutato a seppellire i caduti e a benedire le loro anime, e soprattutto, accudire i bambini mentre i genitori prendevano parte alla battaglia. Insegnargli le nuove scritture onciali, i nuovi numeri arabi, i canti. E soprattutto, ad essere autonomi nel caso in cui sarebbero divenuti orfani. 
Al contempo però, doveva assecondare quelle invasioni. Doveva tentare gli umani a unirsi a quei popoli. Un dare e avere estremamente complicato, che durò quasi un secolo e che si spartì tra Africa, India e Spagna negli anni. 
La cosa positiva era che perlomeno gli umani non arretravano con la tecnologia. Iniziarono a usare l'Atlantico come letto per gli scambi tra paesi, inventarono cose carine come i giornali e le penne d'oca per la scrittura. Ma non un maledetto modo per comunicare senza colombe. 

Crowley non aveva mai pensato alle penne in quel senso, non poté resistere alla tentazione di strapparsene una e riempirla di inchiostro per scrivere le lettere su carta che scambiava con l'angelo. In un'occasione gliene regalò perfino una, senza dirgli a quale animale appartenesse. 

"Ti avverto che il mio periodo di lavoro sta per finire. Goditi l'acqua ancora per un po'.
P.s: dovresti davvero staccarti dalla Grecia." 

 

L’angelo amava quella spiaggia, era pulita, ordinata, la sabbia era bianca, l'acqua era sempre cristallina e il mare non era mai agitato. Passava le giornate a leggere, gustarsi del buon vino insieme ai frutti e alle verdure di quella terra, era tutto di ottima qualità. Aveva sistemato una piccola area fuori dalla sua nuova abitazione, con un tavolo per cenare che affacciava sul mare, vi era un grande albero su cui aveva sistemato un'amaca per i pisolini pomeridiani. 

Un giorno probabilmente esagerò un po' con il vino e si sentì la testa pesante, non indossava quasi nulla dato che faceva un po' di caldo, se non un telo sottile azzurro a coprirgli il pube. Così si addormentò, beato come l'angelo che era, il corpo era coperto dal sole, così non si sarebbe scottato. Il vento spostò leggermente il telo azzurro, rivelando un ciuffetto di ricci biondi dell'intimità, Aziraphale corrucciò la fronte.. cosa stava sognando?
«Smettila, no, ho ragione io; Crowley..» 
Borbottò infastidito l'angelo muovendosi leggermente, quel demone dagli occhi serpenteschi sembrava fargli perdere le staffe anche nei sogni. Povero Aziraphale.
Quando l’inviato infernale planò sulla spiaggia quel pomeriggio di fine Ottavo Secolo, reduce del ricordo della perfetta descrizione del piccolo angolo di Aziraphale, non si aspettava certo un’accoglienza del genere. In primis l’angelo non dormiva, non che egli sapesse. In secondo luogo, era avvolto come un fagottino di gioia umano in una culla sospesa e penzolante. E tutte le grazie celesti erano ben, benissimo esposte. Il demone non credeva che gli umani avessero inventato un aggettivo capace di descrivere lo stato in cui si trovava, ci rimuginò per tutto il quarto d’ora passato a osservare quel piccolo miraggio.

Dopotutto perché svegliarlo, e perché coprirlo, se consapevolezza propria sapeva che in una spiaggia avrebbero potuto accorrere persone per un motivo o per un altro. Quindi, semplicemente, entrò nella sua piccola abitazione lasciandolo in balia del vento e del calore del sole, e decise che dopo un secolo di sudore, fatica e maledizioni, se l’angelo non era preparato a offrirgli la scorta di vino che aveva fatto nel tempo, se la sarebbe presa da solo.
Lo trovò un ambiente basico ed accogliente, dava aria di freschezza e di ospitalità riflettendo perfettamente lo stile del padrone.
Crowley portava con sé una tavola pieghevole formata a scatola, che da aperta diveniva un tavoliere. All’interno risiedevano trentadue pezzi laccati in bianco e nero, in India avevano da poco inventato gli scacchi, e il demone fremeva per presentarli all’angelo e giocare con qualcuno al pari della prorpia abilità intellettuale.
La lasciò su una scrivania, e iniziò a girovagare per casa. Passava le mani sulle copertine dei libri, l’espressione sempre più annoiata e aborrita, i suoi oggetti materiali. Fino a che non trovò finalmente la tanto ambita fonte di ubriachezza, e portò la brocca all’esterno con soddisfazione, mentre si stese sulla sabbia accanto all’amico che dormiva indisturbato, bevendo con altrettanta serenità.
«Adesso sssì.»

Aziraphale, quando era sulla terra diventava decisamente più umano, se in Paradiso non dormiva mai, sulla Terra si concedeva dei riposi ristoratori.
L'angelo si svegliò confuso, sentì il rumore del vento ed anche.. qualcos'altro. Si stropicciò gli occhi con le mani, mise a fuoco la vista e allora lo vide, Crowley che stava bevendo il vino. Per un momento pensò di stare ancora sognando, poi guardò sé stesso e.. il modo in cui non era vestito. Per niente.
«Oh.. OH CIELO!» esclamò sentendosi avvampare per l'imbarazzo delle condizioni in cui si trovava, subito con uno schiocco di dita si vestì di una tunica bianca e azzurra.
«Da quanto sei qui?! Perché non mi hai svegliato?» disse rivolgendosi al demone che si era già servito il vino, mentre frettolosamente cercò di scendere dall'amaca (in realtà sarebbe corretto dire che cadde dall'amaca).
Non si era mai mostrato a nessuno svestito, e il fatto che Crowley fosse il primo ad averlo visto in quelle condizioni.. l'angelo si sentì morire, perché doveva arrivare proprio in quel momento? 
«Dormivi come un angioletto.»
Ghignò il demone, posando la caviglia sul ginocchio piegato dell'altra gamba, mentre giaceva comodo sulla distesa biancastra. 
La brocca di vino era a metà, e lui non sembrava essersi mai rilassato così tanto. Gli occhiali scuri gli impedivano anche di accecarsi mentre volgeva il viso al cielo aperto. Roteò gli occhi gialli verso l'angelo con un sorriso mentre faceva girare la bevanda del bicchiere con movimenti fluidi e continui come per miscelare.
«Oh non volevo interrompere il tuo momento di libertà, svestiti pure se vuoi, non badare a me.» Al rettile non dispiacque affatto l'idea di restarsene lì e scaldare il sangue freddo, a costo di arrostire. 
Aziraphale si ricompose, dandosi una sistemata ai ricci scomposti, mentre cercava di calmarsi e prendere un bel respiro. Finché il demone non parlò di nuovo, ormai aveva preso gusto a metterlo in imbarazzo, facendogli credere che.. gli piaceva quello che aveva appena visto? Impossibile. O così credeva.
«Beh.. se l'unica creatura in questo universo ad avermi visto in quelle condizioni, ti direi che sei stato privilegiato, odio farmi vedere mentre dormo. E smettila con quel ghigno.» 
Borbottò, sedendosi accanto al demone, ovviamente senza bere nulla, aveva bevuto troppo. 
«Piuttosto.. è andata bene? Qui in Sicilia sono arrivati gli arabi, un caos, ho cercato di aiutare e difendere le persone, e anche le rovine greche dalla distruzione.. stavo di nuovo per finire sotto una lancia per difendere un tempio di Atena.» raccontò con una leggera risata l'angelo.
Sì, Aziraphale esagerò di nuovo, ma la Grecia era parte di lui, aveva amato la sua vita ad Atene e gli mancava, così come gli mancavano gli anni passati con Alessandro, tutto ciò che avevano lasciato i greci.. gli ricordavano il guerriero macedone, doveva difenderli.
«Lo sai qual è il bello? Che tu non muori.» Crowley gli disse velenoso, e morse la lingua un attimo dopo togliendosi gli occhiali. Si sollevò e sciolse la crocchia rossa dalla quale alcuni ciuffi cadevano ribelli, e scosse il capo perché la chioma fluente gli cadesse sulle spalle. 
«È andata. È finita, da quelle parti.» Crowley piegò le spalle con aria stanca. Niente che non avesse già vissuto all'inferno, ma ogni volta che chiudeva gli occhi la visuale veniva occupata dal rosso vermiglio e le urla dei deboli gli perforavano i timpani. 
«E credo che ora tocchi a te. Io sono ufficialmente in ferie!» Il demone puntualizzò prendendosi gioco di lui con un tono infantile, mentre per un attimo invase il suo spazio personale solo per punzecchiarlo mentre chiariva la cosa.
Aziraphale sbuffò, sì, era arrivato il momento per lui.
«Lo so che tocca a me.. partirò domani.» 
Il demone trascinò con sé molti granelli di sabbia nell'alzarsi da quella spiaggia, e a piedi nudi raggiunse la riva del mare. Si concentrò sulla sensazione dell'acqua sotto i piedi nudi, che gli leniva lo scottare del sole. Lentamente entrò nelle acque cristalline, galleggiando come un palloncino in aria. L'acqua gli bagnava le vesti e i capelli ad ogni movimento, e gli massaggiava le membra intorpidite. 

L’angelo lo seguì con le iridi dalle pupille distese. Gli sembrava male andare subito via, si erano appena rivisti. Rimase seduto sulla spiaggia, miracolando il luogo in cui era seduto così che non arrivasse il sole.
Se solo potessimo rimanere qui per sempre..” pensò per un momento, guardando il demone e poi abbassando lo sguardo sui granelli di sabbia, e si sentì subito stupido per averlo solo pensato, se non blasfemo. Era semplicemente impensabile, entrambi avevano i loro doveri, entrambi erano nemici. Se fossero nati umani come sarebbe stato..?
A volte Aziraphale se lo chiedeva, invidiava gli umani, avevano modo di scegliere come vivere e con chi vivere la loro vita, Aziraphale amava essere un angelo e credeva profondamente in ciò che faceva, tuttavia vivendo sulla Terra ogni tanto si chiedeva come sarebbe potuto essere, se solo la realtà fosse stata diversa.

«Stai attento a non scottarti! Io.. torno dentro.» gli disse dalla spiaggia, alzandosi e osservando ancora una volta il mare. “Aspetta, ma un demone.. può scottarsi?” si chiese l’angelo, la sua pelle d’alabastro sotto al sole rifletteva ancora di più il chiarore, e non poté fare a meno di pensare che gli occhi gialli di Crowley, in un ambiente così solare e marino, fossero perfetti.
«Non sono mica un vampiro!»
Crowley gli urlò, e quando non udì alcuna risposta, smise di stare a galla come un morto per girarsi ed osservare Aziraphale che lentamente lasciava quel luogo. Nuotò fino a qualche metro a largo standosene a livello del fondale, affondando le mani nella sabbia fredda. 

 

Aziraphale tornò dentro a rassettare, dovendo partire era importante lasciare tutto in ordine, sistemò pergamene, libri, oggetti, decidendo di volta in volta cosa portarsi dietro. «Il diario, pergamene per i disegni.. ah sì, la spada di Alessandro, non si sa mai cosa dovrò affrontare.» parlava tra sé e sé. Sì, Aziraphale miracolosamente riuscì a salvare la spada di Alessandro e per tutti quei secoli riuscì a tenerla immacolata, splendente come la luce del sole, quella spada aveva conquistato il mondo intero, appesa al centro del muro del tempio. L’angelo faticava a non essere triste, perché lo era? Dopotutto era sempre stato così, lavorava da solo, eppure separarsi da Crowley di nuovo.. prima per ben due secoli, adesso di nuovo per un altro secolo. L’angelo non si rendeva conto del motivo per cui si sentisse così, ci sarebbe voluto molto tempo per lui per realizzare la mancanza che sentiva quando rimaneva lontano dal demone per molto tempo.
Qualche minuto dopo era sulla soglia del piccolo abitacolo dell'angelo. 

«Non ti ho mai parlato dei Vampiri, vero? In Pannonia si sono inventati questa storia per cui i morti non-morti.. in realtà non ho capito che razza di esseri sono, però succhiano il sangue e diventi come loro. E altre sciocchezze del genere. Più tardi ti racconto.» Crowley entrò in casa scostando le tende, in cerca del proprio amico.

«Che ti prende angelo? Ah, quello. Sono scacchi.» il demone gli si avvicinò, guardandolo curioso con la testa inclinata di lato. Non era sicuro che Aziraphale stesse bene, ma non riusciva questa volta a decifrarlo.
Quel maledetto ormai sembrava conoscerlo così bene che si accorgeva di ogni cambio di umore. 

L’angelo sfoggiò il migliore dei sorrisi che aveva, non voleva lasciar trasparire nulla, non poteva, assolutamente non poteva permetterselo, lui era un angelo e Crowley un demone.
«A me? Niente, sto solo rassettando e capendo cosa portarmi via, curioso oggetto quello che hai portato.» Aziraphale guardò quegli oggettini a forma di cavallo e di torre, un gioco?
«Spiegami tutte le regole mentre finisco di sistemare, scommetto che ti batterò e ferirò il tuo stupido orgoglio demoniaco.» canzonò l’angelo, pronto a fare il tentatore dal giorno successivo, meglio iniziare da subito, no?

«Uuh, sento parecchia superbia. Si, giochino interessante. Nessun essere umano mi ha ancora battuto. Dunque, Re e Regina. Ci sei?» Gli disse il demone tenendo alti davanti al collega i due pezzi distinti nelle mani. I due occupavano due lati opposti del letto, le gambe incrociate. Crowley era ancora parecchio umido addosso, mentre consumavano la settima partita. Aziraphale si era dimostrato un giocatore esemplare, non che il serpente fatto uomo si aspettasse qualcosa di diverso, o non gli avrebbe mai proposto il passatempo.

Per la prima volta, fu Crowley l’entità loquace nella stanza. Poche volte aveva trovato qualcosa che gli interessasse sul serio, e adesso che l’umanità si era inventata una cosa tanto assurda come esseri che al sole morivano così come con un palo di legno e della verdura che cresce sotto al terreno, gli sembrava un’occasione troppo ghiotta per non condividere. Parlò ridendo da solo delle stesse cose che diceva, rideva della stupidità di quelle creature. Perché sì, le riteneva stupide. Affascinanti, ma idiote.
Di certo quei vampiri erano inquietanti, ma sembravano davvero divertire il demone, così Aziraphale lo lasciò parlare e lo ascoltava, con il sorriso sulle labbra. Muovevano le pedine abilmente, ogni mossa non distava due secondi l’una dall’altra. Erano così concentrati sulla partita e sui racconti folkloristici degli abitati della futura Ungheria, che quasi sfuggì loro la sensazione di domesticità di ciò che stavano vivendo.
E poi, al demone non stava bruciando poco il fatto che stava perdendo.
Doveva vincere. 

 

Il tempo sembrava volare via, quel gioco si rivelò molto interessante e affascinante, Aziraphale se ne innamorò. Non aveva mai visto Crowley così chiaccherone, era strano vederlo ridere e parlare tanto, era.. piacevole, bello, essere lì con lui.
Se già Aziraphale non avrebbe voluto andarsene, il pensiero di dover partire gli pesava come un macigno sul cuore. L’angelo dubitava che per la creatura sua opposta fosse lo stesso, Crowley sapeva bene come divertirsi anche in sua assenza, molto probabilmente non gli sarebbe cambiato nulla.
Aziraphale stava diventando bravo a mascherare ciò che pensava, lasciando che si concentrassero sul gioco.

«Dovresti rinunciare a battermi, vedi, ho vissuto tanti anni in mezzo agli strateghi più brillanti che l’umanità abbia mai visto, quando Parmenione e Nearco pianificavano la guerra con Alessandro, ho imparato tante cose. Gli scacchi sono come una guerra, il trucco è prevedere le mosse del nemico.» disse Aziraphale, finalmente aveva qualcosa con cui prendere in giro un po’ il demone. L’angelo, se era sempre allegro e se sembrava ingenuo, quando giocava a scacchi assumeva un’espressione seria, concentrata, quasi statuaria. Era la stessa che aveva quando era nella sala con Parmenione e gli altri, osservandoli parlare di tattiche di guerra, mentre prendeva appunti sulla sua pergamena. Aziraphale si stiracchiò e scese dal letto, avvicinandosi a Crowley, così da potergli sussurrare:
«E tu sei più prevedibile di quanto pensassi.»
E poi rise, una risata cristallina, mentre si allontanava a sistemare le ultime cose.
«Ah-a, vedremo quanto riderai quando giocheremo laddove si può bluffare signor prevedere le mosse.»
«Mi riposo qualche ora sull’amaca.. poi partirò, se vuoi restare qui, per me va bene, basta solo che tieni in ordine e non tocchi nulla, e soprattutto qui non deve entrare nessuno. A Siracusa puoi fare acquisti e trovare da mangiare, se vuoi.» l’espressione di Aziraphale era un sorriso, però indecifrabile come una scultura, senza dire altro si diresse fuori dal tempio.

Fu una sensazione davvero inusuale, quando quelle parole furono meccanizzate, e processate quel tanto che bastava ad arrivargli dove le mani non potevano. Questo perché con Aziraphale c'era tutto tranne che contatto fisico, di qualunque genere. Ed era comunque in grado di toccarlo, molto spesso lo sentiva sulla pelle. Una sorta di esoterismo che apparteneva alla sfera che riguardava soltanto loro. Era una di quelle sciocchezze che i cartomanti e i maghi diffondevano alle persone per spillare denaro, i legami tra anime, il destino. Crowley aveva sempre trovato che la fantasia degli uomini fosse forbita e colorata, ed era anche uno dei propri tratti distintivi e personali, ed era per questo che quando sentiva loro parlare di certe cose ne restava sia interdetto che ammirato. Ma in quel momento, e se scavava nelle proprie memorie anche in tutti gli altri momenti che trascorreva con Aziraphale, tutto quel blaterare corrispondeva alla realtà.

Lui era l'unica creatura in grado di provocargli quelle esatte sensazioni, ed era qualcosa che francamente non riusciva davvero a spiegarsi anche provandoci.
Ora per esempio aveva la netta sensazione che da parte sua, l'angelo gli stava dicendo addio. E non gli piacque affatto. Perché mandarlo a Siracusa quando avrebbe potuto, come sempre d'altronde, proporgli una scampagnata delle loro? 
Che indicazioni bizzarre poi gli aveva dato. Non toccare niente. 
Il demone andò a sedersi alla scrivania rivolto un po' più a destra verso uno specchio, e si acconciò i capelli in un bella coda alta, poi raggiunse l'angelo alla spiaggia. Trovava che il chiaro di luna fosse il suo elemento, malgrado lui appartenesse alla luce. Il pallore del plenilunio lo rendeva una visione quasi onirica, e inavvertitamente si sentì sorridere da solo. Si appoggiò ad uno degli alberi che sosteneva l'amaca, e posò un piede sul tronco dietro di lui mentre mantenne le braccia conserte, e il volto verso il mare che era ora una distesa di diamanti per il riflesso del satellite. La sua mente era vuota, era il cuore ad essere troppo pieno. Un malessere strano e senza fondo che non sapeva proprio interpretare. Osservò l'angelo riposarsi, ed anche stavolta non lo disturbò. Gli parve così tanto incorrotto che si sentì egoista e profondamente ipocrita, per avergli proposto di giocare sporco e di andare contro i suoi principi per una mera comodità. Gli parve d'essere indegno del pomeriggio trascorso, dello strano rapporto che si era creato, e della sua voce melodica e armoniosa. Si sentiva come se non avesse né permesso né autorizzazione a toccarlo, o a rivolgergli parola, e si chiese nella sua mente quanto tempo ancora avrebbero vissuto quella proibita vicinanza prima che Aziraphale si rendesse conto che lui non era altro che la macchia nera sulla sua veste bianca.

 

Quando Aziaphale si svegliò fu colpito dai primi raggi solari dell’alba, uno spettacolo meraviglioso di luci si creò sull’acqua.
Era arrivato il momento di partire.

Di lasciare quel luogo di pace dove aveva trascorso una giornata serena, felice, come non gli capitava da tanto tempo, forse dai tempi antichi.
Controllò ancora una volta che la casa fosse a posto. Preferì non girarsi verso Crowley, non voleva guardarlo o temeva che non sarebbe più riuscito ad andare via, avendo ancora lo spirito e il cuore pieno del giorno precedente. Il suo sguardo rimase così fisso sull’orizzonte, colorato di azzurro e arancio.
«Allora.. alla prossima. Divertiti.» disse l’angelo spiegando le ali, per poi librarsi in volo.
 


*[tratto dal diario di Aziraphale]

Ricordo gli spalti ricolmi di angeli dagli sguardi decisi e sorpresi, ricordo i bisbigli, le cattive parole sull’angelo dai capelli rossi e sulla sua condotta.. tutti erano d’accordo, il piano di Dio non doveva essere messo in discussione e al minimo dubbio o domanda si metteva in dubbio la condotta dell’angelo. Crowley aveva sbagliato, sì, tuttavia non ho mai dubitato del suo animo, delle sue intenzioni, ricordo il suo sguardo quando lo incontrai, il suo entusiasmo, non erano di un angelo che meritava la Caduta. 

Urlai, cercai di far ragionare gli angeli, cercai di dissuaderli, di dargli una seconda possibilità. Non fui ascoltato, non ero nemmeno un Serafino, solo un Cherubino. 

Ricordo le mie lacrime dorate, ricordo il dolore che provai, piansi tanto quel giorno, senza farmi vedere dagli altri angeli. Ormai non posso fare nulla per cambiare la realtà, ma se potessi riportare Crowley qui con me.. lo farei, anche se probabilmente lui non sarebbe d’accordo.

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Salve a tutti! 
Siamo ritornate con l'appuntamento settimanale! 
Non ci credo, pubblicando, che siamo ancora a questo punto.. 
Dalla prossima settimana probabilmente pubblicheremo più spesso, in quanto ci duole tanto dirlo perché per noi è.. bellissimo e tristissimo al tempo stesso, ma l'abbiamo finalmente portata a termine, e non vediamo letteralmente l'ora di donarvela tutta quanta. Che dire.. a voi i commenti per questo piiiiiccolo scorcetto di vita insieme. 
A presto, e grazie, un grazie infinito a tutti voi che ci seguite e supportate, vi adoriamo.
   
 
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