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Autore: Neamh Moonstar    10/09/2023    1 recensioni
Bene e Male non possono toccarsi, letteralmente. Se angeli e demoni provassero ad avvicinarsi gli uni a gli altri, si ferirebbero a vicenda fino a consumarsi: è un dato di fatto. Per questo i Regni del Bene e del Male - con le loro rispettive armate - vivono e lavorano a distanza di sicurezza, affidando a gli umani il compito di combattersi a vicenda in una serie infinita di battaglie.
In questo mondo nettamente diviso e basato su tali certezze - un guardiano distratto, una bestia casinara e un gruppo di umani poco convinti, scopriranno cosa significa stare giusto nel mezzo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non esistevano cerchi che portavano al centro esatto del Confine. Era un posto scomodo, vuoto e lontano da tutto: nessuno avrebbe voluto ritrovarvisi.

Per questo motivo, Anathema aveva fatto un piccolo esperimento. Aveva modificato il cerchio che portava a casa sua - un'operazione che aveva richiesto tanto lavoro e una buona dose di pazienza - per far sì che sbucasse proprio lì, dove la profezia avrebbe finalmente iniziato a trovare compimento.

Aveva fatto i calcoli, aiutata da altri membri della Zona. Era lì che la Luce e la Bestia si sarebbero ritrovati: nel bel mezzo della Battaglia, due puntini tra le più grandi Armate dell'universo.

Suonava spaventoso, rischioso e fin troppo lontano dalla realtà; eppure stava accadendo proprio davanti ai suoi occhi. Non avevano fatto altro che inseguire quell'obbiettivo per giorni che ormai le suonavano quasi lontani, il miraggio di una vita che - nel bene o nel male - non sarebbe stata più la stessa.

In apprensione, osservò coloro che avrebbero dovuto salvare il mondo sparire in un fascio di luce. E allora, per la prima volta nella sua vita, si mise silenziosamente a pregare.


~•°•~


Adam aveva dato inizio alla Guerra quella mattina all'alba. Semplicemente, con una calma ed una naturalezza immacolate, aveva aperto le grosse porte della fortezza oscura, stagliandosi come un leggero fascio di luce nel buio. Dopodiché, aveva fatto un solo cenno della testa, portando i demoni al più esagerato dei gridi di giubilo.

Alto su una delle tante torri della fortezza celeste, Michael aveva visto tutto e non aveva perso tempo. Afferrò la sua tromba - lucida, dorata, finemente decorata - e la suonò. Emise un unico, prolungato suono che fece muovere l'Armata Celeste all'unisono: un gruppo scintillante e coeso di guerrieri in armatura capitanato da lui, l'angelo dalle ali azzurrine e il volto di donna.

Con un solo balzo, volò davanti ai suoi soldati e sguainò una spada sottile e scintillante. Gabriel lo affiancò poco dopo, arrivando dall'alto. Aveva un'armatura leggera e una maneggevole arma legata al fianco.

    «Com'è la situazione?» Chiese il guerriero, marciando verso il centro esatto del Confine.

    L'altro esitò appena: «Non come ci saremmo aspettati. L'Arma si è volatilizzata praticamente subito dopo aver annunciato alla sua Armata di marciare. Il cagnaccio è sparito, Raphael è sparito-»

    «Fregatene di Raphael» ringhiò Michael stringendo forte l'elsa della sua spada. «I suoi sono pronti ad intervenire anche senza di lui. Non so cosa gli stia passando per la testa, ma se vuole combattere è il benvenuto, altrimenti per me può anche non farsi più vedere. Abbiamo problemi più grandi dei suoi stupidi capricci.»

Il messaggero emise un poco convinto: "mh". Rispettava Michael e le sue decisioni; alla fin fine, il guerriero era sempre stato quello risoluto, duro, imperioso abbastanza da trovare soluzioni immediate a qualsivoglia problema si presentasse. In un certo senso, era così che loro tre erano stati messi a collaborare: lui era l'informatore che teneva all'ordine, Michael era l'animo infiammato e adatto alla leadership, mentre Raphael era quello serio e riflessivo che bilanciava il tutto. Ai tempi, Dio ci aveva visto giusto, ma ormai quell'equilibrio non esisteva più.

Michael non aveva visto il guaritore come lo aveva visto Gabriel l'ultima volta. Raphael sembrava adirato, moralmente oltre che fisicamente distrutto. Non era stato un semplice capriccio a ferirlo e a fargli perdere piume, no... C'era qualcos'altro.

    Ma non potevano più indagare, ormai: il destino della Terra era nelle loro mani. «Hai ragione» disse, ricomponendosi. Aveva un compito, accidenti: doveva portarlo a termine.

    «Resta al mio fianco per adesso» gli ordinò Michael, sguardo fisso d'innanzi a sé. «Tieniti pronto al peggio.»


Era dai tempi della Ribellione che non combattevano davvero. E ora, sotto ad un cielo plumbeo che minacciava acquazzoni, le Armate del Bene e del Male si stavano avvicinando l'una all'altra.

Da Est, il bianco e lucente plotone di Michael. Da Ovest, il nero e scombinato nuvolo di demoni con Belzebù in testa. Come aveva detto Gabriel, l'Arma e il suo Destriero ancora non c'erano, ma era chiaro che stessero solo attendendo il loro momento per colpire e ribaltare per sempre le sorti del pianeta.


Passo dopo passo nell'innaturale silenzio che aveva avvolto il mondo, la Battaglia stava solo aspettando di iniziare nel punto prestabilito: l'area di nessuno che sia l'alto dei Cieli che le profondità della Terra avevano cercato di conquistare, ma che adesso li avrebbe visti uniti nella fine.

Tra i due Regni c'era una distanza assolutamente apparente e in realtà incalcolabile da mente mortale; distanza che le Armate superarono in pochi agili minuti, riducendola sotto il loro volere. Iniziarono a scorgersi a vicenda, poi arrivarono a fissarsi negli occhi, separati solo dal loro campo di Battaglia.

Si bloccarono solo quando tra Michael e Belzebù non ci furono che una ventina di metri.

Era da tanto che il guerriero non vedeva il minuto demone che ora gli stava rivolgendo un piccolo ghigno. In quegli occhietti troppo azzurri c'era già un barlume di vittoria, lo stesso che si era mescolato nelle ammassate e impazienti aure oscure alle sue spalle.

    «Non vi lascerò dominare il mondo» dichiarò Michael, puntando la spada davanti a sé. Ne aveva fatti fuori a bizzeffe di demoni. La stessa lama che stava puntando contro l'Armata nemica era affondata in molteplici di quelle ora occulte carni.

    Ma il piccolo generale dell'Armata Infernale non ebbe nemmeno un secondo di esitazione o paura. Fece scoccare la sua frusta nell'aria. «Non vedo l'ora di vederti provare» rispose. «Soprattutto adesso che abbiamo lui dalla nostra.»


Fu come pronunciare una parola d'ordine. All'improvviso, il terreno sotto di loro si riempì di crepe sottili e l'esercito infernale si fece da parte, aprendosi come il Mar Rosso.

Dalle file in fondo si fece avanti un bambino dai capelli dorati e gli occhi che parevano intrisi di mari in tempesta. Era minuto, nient'altro che un piccolo umano che da solo fece tuonare l'orizzonte occidentale alle sue spalle.

Sia Michael che Gabriel - il quale era rimasto in un silenzio quasi innaturale per lui - si scambiarono una veloce occhiata. Ora che ce l'avevano davanti, quasi non si stupirono nel vedere quanto fosse apparentemente innocuo. C'era qualcosa in quella figurina che avrebbe potuto spazzarli via tutti se solo avesse voluto, ed era una sicurezza che andava ben oltre le apparenze.

Ma no, il Paradiso aveva Dio dalla sua. Nulla avrebbe potuto fermarli. Il guerriero non avrebbe sentito ragioni: dovevano vincere.

    «Bene. Ora che ci siamo tutti, facciamola finita.»

Alzò la spada, ordinando all'Armata del Bene di attaccare prima che fosse troppo tardi. Lanciò un grido e scattò in avanti.

Non fece in tempo a finire l'azione, però. Una luce si stagliò in mezzo agli eserciti, illuminando brevemente l'area tra di loro.

Un'ondata di sbigottimento e stupore pervase le due parti, e la Battaglia venne bloccata sul nascere dal più inaspettato dei contrattempi.


~•°•~


La prima cosa che Crowley si ritrovò davanti fu la punta di una spada pericolosamente vicina al suo naso. Era già la seconda volta che gli capitava, il che era tutto dire.

Stavolta, però, a brandire l'arma non era un simpatico angioletto dalle ali scombinate, ma quel fuori di testa di Michael. Ovviamente doveva ritrovarsi davanti al guerriero più forte del Paradiso mentre era in procinto di fare a minuscole fettine tutti i suoi simili. La sua solita fortuna.

    Quest'ultimo sbarrò così tanto gli occhi che il demone temette di vederli schizzare verso di lui. «Da dove accidenti sbucate?!» Esclamò, incredulo.

    Gabriel fece capolino da dietro le spalle del guerriero, inebetito. «Aziraphale?»

    Dall'altro lato, invece, arrivò la graffiante voce di Beel - il quale sembrava decisamente più irato che stupito. «Crowley?»

La festa era iniziata in maniera alquanto confusionaria - il che sarebbe anche stato divertente, se il rosso non vi si fosse ritrovato in mezzo.


Dietro di lui, Aziraphale non aveva detto una parola. Aveva occhi solo per l'Arma che si era ritrovato davanti.

Erano lui e Crowley in mezzo a tutti, schiena contro schiena - ma ancora lontani abbastanza da non ferirsi - con il demone faccia a faccia con i migliori guerrieri del Paradiso e l'angelo con lo sguardo puntato sull'Arma dell'Inferno. La dicotomia sembrava essersi spesa tutta per quell'unico momento di traballante equilibrio.

Ma non c'era tempo per i simbolismi. Adam sembrava in stallo: fissava la scena davanti ai suoi occhi come se non sapesse da che parte farsi. Respirava pesantemente e il chiarore delle sue iridi si stava lentamente tingendo di rosso.

Si stava arrabbiando e la cosa non sarebbe finita bene.

L'angelo cercò di fare mente locale, approfittando di quello strano momento di pace. Per quanto la Guerra non fosse che a malapena cominciata, tutto attorno a loro pareva innaturalmente spento, smorto, grigio. Eppure, l'unica battaglia adesso sembrava vergere tra lo sguardo suo e quello dell'Arma. Lo fissò seriamente e scosse la testa, come ad intimargli di non muoversi, sperando che il bambino capisse l'antifona nonostante il casino che aveva in testa. Poi ripassò mentalmente le parole della profezia.

Lui era al suo posto, la Fiamma stretta in pugno, la sua alquanto spaventata Bestia alle spalle, il Paradiso e l'Inferno si tiravano occhiate confuse, tutto era esattamente come e dove avrebbe dovuto... Ma mancava qualcosa, anzi, mancava qualcuno.


    Michael ruppe il silenzio. «Voglio una spiegazione e la voglio subito!» Ordinò, agitando la sua lama a destra e a manca.

Gabriel, dal canto suo, sembrava non sapere da che parte farsi. Il suo sguardo passava nervosamente da Crowley, ad Aziraphale, dall'Arma, all'Armata opposta; il tutto mentre le sue iridi cangianti si coloravano di tutte le possibili sfumature di viola.

    «Già» gli fece eco Beel, «si può sapere che succede?»

    A Crowley parve di essere stretto in una specie di morsa: gli sguardi celesti di fronte a lui avrebbero potuto mangiarselo o incenerirlo sul posto se non agiva in fretta. Così, senza sapere che altro fare, alzò un dito ed irruppe in un sorrisetto nervoso: «Potreste darci un secondo?» Chiese, sapendo che la mossa non avrebbe portato a nulla di buono. Diede un'occhiata alle sue spalle, inclinando la testa tanto da sfiorare la spalla di Aziraphale con le ciocche rossastre: «Non per metterti anssia, angelo. Ma com'è la situazione?» Sibilò nervoso.

    L'altro fece un cenno con la testa verso Adam. «Non resterà in stallo per molto» sussurrò. «E poi, dov'è Raphael?»


La fase due era quella che più di tutte aveva mandato Crowley in paranoia. La prima volta che l'aveva sentita, aveva lanciato ad Adam uno sguardo incredulo e molte più che una contestazione. Essenzialmente, l'idea era di piombare in mezzo alla Battaglia, distrarre l'Arma e occuparsi del Guaritore.

    «Saranno troppo occupati a fissarvi per agire» aveva affermato il ragazzino. «L'idea è risolvere il tutto senza combattere.»

    Il demone aveva sbuffato, sarcastico. «Perchè non invitiamo anche tuo padre a prendere un tè, già che ci siamo?»

    Ma Aziraphale aveva alzato una mano, interrompendolo, sguardo fisso sull'Arma. Ovviamente, la sua testa si era fermata a: "senza combattere" e lì si era fermata. «In che modo?» Aveva chiesto infatti.

    «Facile a dirsi, difficile a farsi. Crowley si occuperà di me, anche perché tu non puoi certo sperare di bloccarmi. Ti occuperai di Raphael: devi cercare di calmarlo un po'. La sua aura era davvero un disastro l'ultima volta che l'ho vista.»


Adam sapeva benissimo che le cose sarebbero potute degenerare abbastanza in fretta, così come lo sapeva la Bestia. L'unico abbastanza ingenuo da credere che il dialogo avrebbe fermato l'Apocalisse, era Aziraphale.

Ma Adam non era stupido, anzi: l'intelligenza era una delle ora tante cose che lo distaccavano da un ragazzino normale. Crowley doveva solo sperare che avesse pensato a qualcos'altro, un piano d'emergenza, una scappatoia, qualcosa. O si sarebbero ritrovati schiacciati dalle Armate e tanti auguri alla profezia.

    Ora come ora, però, doveva attenersi al piano. Prese un inutile ma confortante respiro. «Va bene, fammi andare davanti al ragazzino. Sembra stia per sbranarti.»

    L'altro non poté che essere d'accordo. Tirò un'occhiata ai suoi superiori e fece un'espressione ansiosa e preoccupata. «E qui sembra che Michael voglia infilzarti» ammise, procedendo a scambiarsi di posto con Crowley.

Fu come rimettere due pezzi di puzzle al loro posto, anche se ne mancava ancora uno.

    Non c'era molto che Aziraphale potesse fare se non fissare gli arcangeli negli occhi e cercare di spiegare la situazione. In cuor suo, per quanto avrebbe voluto poter far finire tutto nel dialogo, sapeva che era decisamente difficile che accadesse. Difficile, ma non impossibile. «State commettendo un errore» affermò allora, stringendo forte l'elsa della sua spada - almeno aveva qualcosa da torturare che non fossero le stoffe dei suoi vestiti.

    Il guerriero lo fissò come fosse completamente scemo. «Disse quello comparso qui in compagnia di un demone». Mise tutto il possibile disprezzo nell'ultima parola, quasi avesse fatto un'immane fatica a tirarla fuori per intero.

    Fu Belzebù a continuare, tirando occhiate sempre più ansiose e impazienti verso Adam. «Già. Cos'avete intenzione di fare? Non starete mica collaborando.»

Di nuovo, fu come pronunciare una specie di parola d'ordine. Il cielo venne scosso da un tuono che fece voltare tutto il Paradiso, tutto l'Inferno, i due della profezia e l'Arma verso destra.

    L'ultimo pezzo di puzzle comparse subito dopo un fulmine, materializzandosi in armatura leggera, sguardo cremisi ricolmo d'ira e capelli ramati mossi dal leggero vento che annunciava acquazzoni. Aveva una delle lucenti spade di Michael stretta in mano e fissava il centro del Confine con disprezzo. «Oh, eccome se stanno collaborando» sussurrò Raphael, riuscendo in qualche modo a farsi sentire da tutti.

Altri tuoni rimbombarono tra le nubi quando l'Arma strinse i pugni, gli occhi ora ben fissi sul guaritore. A Crowley parve di vederli brillare, cosa che fece scattare in lui due emozioni ben contrastanti: la prima era la voglia matta di fuggire e mandare tutti - Aziraphale escluso - a quel paese; la seconda era l'intenzione di attenersi alla loro idea, la quale lo portò a prepararsi nel caso Adam avesse deciso di spiumare le ali dorate di Raphael a morsi.

    Gabriel fece una faccia tra lo schifato e il confuso. «O mio Dio. Non dirai sul serio.»

    Michael scosse la testa, decisamente disgustato. «È rivoltante.»

    Beel rincarò la dose. «È impossibile. Nessuno ha mai fatto c- co-» balbettò, come se fosse sul punto di sentirsi male. «Collaborazioni, finora.»

    «Vogliono impedirci di distruggere l'Arma» affermò Raphael, voltandosi verso i suoi colleghi. «Credono di poter fermare l'Apocalisse.»

Più sussulti fendettero l'aria. Sia da un lato che dall'altro si creò un brusio fitto, inebetito, incredulo, divertito, confuso, tutto allo stesso tempo.

Crowley avrebbe voluto dire qualcosa, anche perché ogni secondo con il guaritore sul campo di battaglia equivaleva ad un bel po' di fastidio ed ansia aggiunte. Per quanto quel rompipalle fosse parte integrante dell'operazione, la parte più oscura di lui avrebbe goduto di fronte alla sua Caduta.

A fermarlo, contro ogni pronostico, fu Aziraphale.

    «Vi sbagliate su Adam!» Esclamò, facendo un passo verso Raphael. «Posso assicurarvi che non farebbe del male a nessuno se non fosse per suo Padre.»

Vederlo così determinato, Fiamma salda in mano, lo sguardo serio e la voce che - per quanto tremante - non perdeva mai la fermezza, fece rigirare l'aura del demone ancor più di quanto avesse già fatto in precedenza. Quella figurina così candida, così normalmente insicura, era uno spettacolo quando si impuntava.


Quella leggera distrazione gli costò molto cara.

Con la coda dell'occhio, vide Adam fare uno scatto decisamente innaturale verso il guaritore. Fu solo grazie ai suoi riflessi naturali che riuscì ad afferrarlo per la vita, stringendolo come se ne andasse dell'intero universo - e, in effetti, era più o meno così.

Gli sembrò uno stupido scherzo. Neanche il tempo di difenderlo che subito entrava in modalità "distruttore di arcangeli"; fantastico.

Gli sembrava di tenere tra le braccia una bestiaccia feroce. Non si stava nemmeno dimenando: c'era qualcosa nell'aura intrisa di Fuoco dell'Inferno di Adam che lo rendeva semplicemente difficile da contenere.

La Terra parve accorgersene, dato che altre crepe e spaccature iniziarono a delinearsi sul terreno, facendo sussultare l'Armata del Bene.

L'Inferno, invece, irruppe in una serie di risate.

    «Non so cosa vi abbia fatto entrare in testa quest'idea» sogghignò Belzebù, «ma niente e nessuno può fermare il figlio del nostro Signore. È solo questione di tempo.»

    «Questo è quello che credi tu, insetto schifoso» gli ringhiò Michael di rimando. Era decisamente tanto arrabbiato; le ali azzurrine gli si erano arruffate per il nervoso.

    Al rosso parve di vedere i tre della Zona che litigavano per chi doveva prendere l'ultimo biscotto dal vassoio. Alzando gli occhi al cielo, tappò la bocca di Adam - così, per sicurezza - e fece un verso di frustrazione. «Davvero non ci arrivate?!» Esclamò, come se per lui fosse stato semplice arrivarci. «Ricordate perché abbiamo smesso di prenderci a botte, lasciando agli umani il lavoro sporco?» Chiese, sapendo benissimo che la domanda sarebbe rimasta sospesa nel vuoto. «Non facevamo altro che farci del male a vicenda. Se vi mettete a combattere, finirete solo per auto distruggervi.»

Ringraziò Sa- Di- Qualcuno che Adam non avesse semplicemente deciso di mordergli - o mangiargli, magari - la mano.

    Gabriel scosse la testa. «Non finché l'Inferno avrà il ragazzino» affermò. «Hanno un vantaggio con lui.»

    Crowley alzò un sopracciglio. «Chi? Quello che sto tenendo fermo solo con le braccia?»

Non era l'idea più furba del mondo, anche perché stava praticamente abbracciando una bomba pronta ad esplodere. A confortarlo fu il sorriso incoraggiante di Aziraphale.

    «Siamo rimasti in sua compagnia per un po'» affermò l'angelo, ora decisamente più convinto di ciò che stava dicendo. «Eppure siamo ancora tutti interi. Vero, Raphael?»

    Il guaritore si ritrovò di nuovo tutti gli sguardi addosso, ma la cosa parve non dargli poi così fastidio. Anzi, fece un sorrisetto ironico e beffardo. «State solo cercando di prendere tempo. Potete cercare di fregare chi vi pare, ma quella cosa ha cercato di uccidermi» ringhiò, puntando la lama verso l'Arma. «E farà lo stesso con ogni singolo angelo del Paradiso.»

    Aziraphale non demorse. «È vero, ci ha provato. Ma si è fermato, così come ha fatto quando ha ferito me. Non ha mai voluto ferirci: è costretto a farlo.»

Nel dirlo, strinse la mano libera, ancora bendata. Al contempo, Crowley poté sentire la tensione nel suo abbraccio forzato allentarsi. Tirando una veloce occhiata al ragazzino, lo vide stranamente meno teso, lo sguardo ancora simile ad un mare in tempesta, ma velato da uno strato di confusione non indifferente.

Non poteva crederci: stava funzionando. Stava funzionando davvero.

    La risata nervosa di Beel ruppe il breve silenzio che era calato. «Non diciamo cazzate. Si stava sicuramente risparmiando per il momento giusto.»

    Per una volta, Michael fu d'accordo con lui. «Esatto. E poi, che storia è mai questa, Raphael?» Chiese poi, sguardo serio e cementato sul collega. «Perché non ci hai detto niente?»

    «Ecco perché eri ridotto in quel modo» aggiunse poi Gabriel, realizzando cos'era accaduto tra loro in infermeria. «Cos'avevi intenzione di fare?»

    Finalmente, la pressione iniziò a far breccia nell'aura del guaritore. Infastidito, Raphael strinse forte la sua spada, continuando a puntarla con un nervoso movimento del braccio verso i tre in mezzo al Confine. «Avevate sia l'Arma che un traditore sotto al naso e non vi siete accorti di niente!» Urlò, irato. «Siete un branco di incapaci, tutti quanti. I demoni non sono che un ammasso di creature senza cuore; stolti che hanno volutamente preso le distanze da Lei, condannando loro stessi e chi rimaneva ad un'esistenza senza il Suo Amore. Mentre voi,» puntò Michael e Gabriel, «voi non Le parlate nemmeno più, non Le chiedete niente e vi sta semplicemente bene che non risponda. Tirate avanti fomentando scontri inutili, lasciando che gli umani che dovreste proteggere si ammazzino, ma nel momento in cui dovete fermare l'unico, vero e proprio scontro, vi fate fregare come degli imbecilli.»

Fu come assistere alla rottura di una diga. Crowley sentì un tuffo all'ipotetico cuore che si sforzò di ignorare. Ancora una volta, gli parve tutto fin troppo chiaro: Raphael stava andando incontro allo stesso processo che lui stesso aveva affrontato. I dubbi, le domande, Lei che sembrava così vicina ma così lontana... Tutto sarebbe finito con il guaritore che faceva la fine peggiore che un angelo avrebbe mai potuto fare; così come la profezia aveva, beh, predetto.

    Tornò a guardare Aziraphale, ma questi era già tornato sull'ipotetico piede di guerra. Riuscì persino ad andare oltre allo scontento e alla rabbia dei suoi superiori - soprattutto a quelle del guerriero, il quale venne bloccato anche dalla ferma mano di Gabriel. «Te l'ho detto, è stata Lei a volere tutto questo» affermò, ripetendo le parole che Raphael stesso aveva stroncato sotto la fortezza oscura.

    Il rosso gli diede subito man forte, aiutato dallo sgomento che provenne dall'Armata del Male e dallo stupore che si alzò da quella del Bene. «È tutto vero. Credimi, fa' strano persino a me» disse, sottolineando un concetto che aveva decisamente fatto venire la nausea a Belzebù. Un demone che segue una strada tracciata dall'Altissima? Assurdo. Non era semplicemente possibile, non era normale, così come non era normale lo sguardo d'intesa che lui e Aziraphale si scambiarono, così come non era normale che Adam si fosse effettivamente quietato - il respiro ancora pesante, certo, ma l'aura ammutolita. Non era nemmeno possibile che stesse andando tutto così bene e fosse tutto così fin troppo facile.

Avrebbero dovuto aspettarselo.

Avrebbero dovuto prevederlo.


    Raphael scosse il capo, incredulo, deluso, profondamente tradito. «Non è vero» mormorò, la voce ridotta ad un rombo basso e persino un po' inquietante. «Non è vero. Lei non permetterebbe mai ad uno dei suoi angeli di- di-» faticò a definire la situazione, il che era assolutamente comprensibile. Né Aziraphale né Crowley avrebbero saputo cosa dire riguardo alla loro collaborazione. «Non è semplicemente possibile» completò, infine. Prese ad avanzare verso la Luce Alata: «Tu non sei altro che uno sporco traditore. Ti ho dato una seconda possibilità: avresti potuto redimerti. Ti avevo avvertito, Aziraphale. Se non posso vederti come alleato» disse, fendendo l'aria con la spada, «ti vedrò come un nemico.»


Nessuno poté fermarlo quando, con un balzo calcolato e perfetto, l'arcangelo si scagliò contro il principato.

Quella fu la vera e propria tromba che fece scoppiare l'Apocalisse.

Come se qualcuno avesse finalmente dato il via al suo vero essere, Adam irruppe in un grido che avrebbe potuto spaccare in due l'aria; una specie di cacofonia assordante che accese i suoi occhi di un deciso rosso sangue. Riuscì a liberarsi dalla stretta del demone - anche se nessuno, tantomeno Crowley, avrebbe saputo dire come.

L'Armata del Male, con grande gioia di Beel, lo prese come l'ordine decisivo di attaccare. L'Armata del Bene, con deciso primo passo di Michael e Gabriel, iniziò a difendersi.


E il mondo si ridusse finalmente ad una grigia battaglia.


~•°•~


I tre della Zona avevano pianificato tutto dalla prima all'ultima, apparentemente poco importante, mossa.

Approfittando della confusione causata dalla Battaglia imminente, erano riusciti a confondersi nel via vai di adulti indaffarati a nascondersi, proteggersi, comunicare, recuperare persone e oggetti da uno o l'altro lato di Terra. Alla fine, si erano ritrovati nel fitto del bosco e, una volta tanto, avevano preso ad avanzare gli uni accanto agli altri piuttosto che in fila indiana.

A Pepper non dispiacque, anzi: non lo avrebbe mai ammesso, ma aveva un po' di paura - giusto un pelino, eh. Avere i suoi amici accanto la fece sentire molto meglio.

    «Avete visto i tuoni?» Chiese Brian quando si incontrarono. Il suo volto già macchiato era una maschera di preoccupazione misto stupore.

    «Quelli sono niente. Io giuro di aver sentito un terremoto!» Affermò Wensley, decisamente impaurito.

    Come sempre, la ragazzina prese in mano le redini della situazione. «Sono i segnali che ci ha descritto Adam. Dobbiamo entrare in azione, perciò facciamoci coraggio e recuperiamo il destriero» disse, cercando di tirare su anche lei stessa oltre che gli altri.


Mai e poi mai, nemmeno nelle loro più sfrenate fantasie, i tre si sarebbero immaginati di dover salvare il mondo in groppa ad un segugio infernale. Eppure eccoli lì, arrivati allo spiazzo in mezzo agli alberi in cui se ne stava un obbedientemente seduto Dog ad attenderli.

L'infallibile destriero, bardato di tutto punto, li raggiunse sinuoso e si abbassò. Attese che fossero tutti in posizione, ben aggrappati alle "redini" che gli avevano legato attorno ai fianchi - strette abbastanza da tenere ma non tanto da dargli fastidio.

Era tutto pronto, si sentiva dall'aria fredda, dall'odore di pioggia e dai tuoni che si fecero ogni secondo più forti ed insistenti. Ora, l'obbiettivo era raggiungere il suo padrone: l'aura densa che lo richiamava ma che doveva seguire solo fino ad un certo punto.

    «Ci siamo, bello» lo richiamò Pepper, ben ancorata alle briglie anteriori. «Quando vuoi.»


Dog non se lo fece ripetere due volte. Gli bastò fare un solo balzo in avanti per scattare al galoppo, veloce come solo un segugio infernale potrebbe essere, scattante e fermo sull'obiettivo.

Sarebbero arrivati al Confine in men che non si dica.


~•°•~


L'Amore si stava decisamente avvicinando al male, e la Luce aveva già usato la sua Fiamma per difendersi da quell'attacco improvviso e brutale.

Le lame delle loro spade cozzarono, e Aziraphale poté sentire il mondo attorno a sé esplodere in una miriade di rumori diversi. C'era Adam, c'erano le grida di battaglia, armi e artigli e denti che iniziavano ad affondare in corpi eterei... Ma il suo sguardo era ancorato a quello irato e distante di Raphael, la sua mente ben rivolta a Crowley. Nella confusione della Battaglia, la cosa più confusa era proprio lui.

Si concentrò sullo scostarsi l'arcangelo di dosso. Come avrebbe detto Shadwell: l'ora delle chiacchiere era finita; adesso cominciava la vera Guerra. Fortunatamente, l'angelo non era giunto del tutto impreparato.

Si stupì di quanto fosse facile maneggiare quella spada che tanto aveva detestato, dimenticato in giro e cercato di toccare il meno possibile. Riusciva sempre ad intercettare i colpi forti, precisi ed arrabbiati di Raphael, parandosi sempre, certo, ma senza attaccare mai.

Da un lato non ne aveva il tempo. Il suo avversario era veloce, metodico e decisamente nervoso. Dall'altro, Aziraphale non aveva mai avuto intenzione di arrivare a quel punto. Sapeva che sarebbe stato un azzardo, ma per un attimo ci aveva creduto: sperava di riuscire a superare una Battaglia più ipotetica che effettiva. E invece si ritrovò a parare tondi, fendenti e colpi che cercavano in tutti i modi di ferirlo.

Non poteva continuare a coprirsi per sempre. C'era un dettaglio fondamentale che non poteva dimenticare: stava combattendo contro il guaritore. Per quanto assurdo potesse sembrare, era Raphael quello che sapeva combattere meglio, non Michael.

Il guerriero era fisicamente forte, naturalmente agile, impostato sul colpire, colpire, colpire ed annientare. Raphael, invece, sapeva bene a cosa puntare. Sapeva quali erano i punti fragili, quelli che ci mettevano di più a guarire, quelli che più facevano male, quelli che più facilmente lo avrebbero portato a sopraffare il suo avversario. Aveva uno schema in mente che Aziraphale non conosceva.


Non troppo più in là, Crowley stava combattendo la sua personale piccola battaglia contro un "nemico" che avrebbe potuto polverizzarlo con un dito se solo avesse voluto.

Adam gli era sgusciato dalle braccia con una facilità disarmante. La parte divertente era che, da quando aveva dato il via al disastro che li circondava, non aveva nemmeno combattuto davvero. Se ne stava lì, a mezzo metro da terra, lo sguardo che non si vedeva nemmeno più sotto la lugubre luce rossastra che li aveva invasi. Nonostante ciò, il rosso sapeva che lo stava puntando, pronto ad azzannarlo, magari. Quella creaturina dal fare minuto era capace di tutto.

Cercò di ignorare il terrore che lo aveva momentaneamente incollato lì dov'era. Avrebbe voluto dare un'occhiata all'angelo, vedere se aveva bisogno di aiuto, controllare che se la stesse cavando; ma doveva fidarsi e sperare che riuscisse a difendersi intanto che lui, mandando al diavolo - si fa per dire - il buonsenso, si dava una spinta con le ali e andava ad afferrare il ragazzino.

Se non avesse saputo che se la stava vedendo con l'Anticristo, il tonfo che fecero tornati al suolo lo avrebbe preoccupato. Fortunatamente e sfortunatamente, l'Arma non parve che infastidita; peccato che questo non potesse portare a niente di buono - non che Crowley se l'aspettasse.

Le mani di Adam si avvolsero di eteree fiamme dalle sfumature più accese di quelle dei suoi occhi. Avrebbe dovuto essere semplice fuoco dell'Inferno, lo stesso che forgiava l'aura del ragazzino, ma il rosso si accorse che era di un tipo abbastanza nocivo da fargli arrivare il calore bruciante dritto in faccia.

Per un attimo gli parve di vedersela contro un gatto, schivando quei piccoli artigli pronti a cavargli gli occhi. Fece di tutto per tenere l'Arma inchiodata a terra, ma i suoi sforzi divennero vani nel giro di una manciata di secondi.

Gli bastò scostarsi un millimetro di troppo. Veloce come solo una creatura occulta potrebbe essere, Adam riuscì ad alzare una gamba abbastanza da tirargli un calcio dritto nelle ipotetiche costole. Non parve che un colpetto, ma fu abbastanza da spedire Crowley sei metri più in là.

Il gioco si stava facendo fin troppo duro. Il mondo venne scosso da un terremoto e alcuni fulmini piombarono sul terreno, bruciandone la superficie. Il rosso si prese due secondi per rialzarsi, dolorante. Il suo piccolo opponente era stato creato per non mollare mai e lui a confronto non era altro che un'infima e strisciante creaturina.

Rialzandosi, Adam parve volerlo sfidare. Sembrava si fossero ritagliati il loro spazietto privato in mezzo al Confine; un'area per loro due soli dove potersi confrontare.

Voleva la Bestia dell'Eden? Avrebbe avuto la Bestia dell'Eden. Tanto, Crowley sapeva di non avere molte altre alternative, a quel punto.


Aziraphale iniziava seriamente a cedere. Gli sembrava che la raffica di colpi non finisse mai, non riusciva nemmeno a parlare, e stringeva gli occhi ogni qualvolta arrivasse un fendente che non era certo di poter parare.

    Ad un certo punto, lui e Raphael si trovarono nuovamente l'uno di fronte all'altro, separati solo dall'incrocio delle loro spade. «Non sei uno che si arrende, devo riconoscerlo» commentò il guaritore, affaticato ma determinato.

    «Devi fermarti prima che sia troppo tardi» lo pregò l'altro. «Sei molto meglio di così.»

Dietro quegli occhi cremisi intrisi di disperazione, c'era lo stesso arcangelo che lo aveva difeso, lo stesso che aveva creduto in lui, lo stesso che era andato a cercarlo quand'era sparito, lo stesso capace di tenere a bada il caratteraccio degli altri due, lo stesso che lo aveva curato. Doveva riportarlo indietro.

    Ma questi non volle sentire ragioni. «È vero, sono decisamente migliore dell'idiota che ha voluto dare una possibilità al peggiore dei disertori». Con una spinta, Raphael allontanò Aziraphale solo per avere la possibilità di colpirlo di nuovo, subito dopo. La sua lama incontrò quella fiammante dell'altro per l'ennesima volta, ma con più forza. «Non so quanto ci metterai a Cadere, ma sta' pur certo che non mi perderò lo spettacolo.»

Ripresero a far cozzare le loro armi. Stavolta, la Luce riuscì persino a contrattaccare, portandosi dietro una scia di fuoco che di disperdeva nell'aria umida e fredda.

    «Sarai tu a Cadere se non la smetti, Raphael!» Riuscì ad esclamare tra un colpo e l'altro.

Ovviamente, il guaritore lo ignorò. Era convinto che stesse cercando di ingannarlo. Nulla, se non Dio, avrebbe potuto smuoverlo, ormai.

Un po' per disperazione, un po' per legittima difesa, Aziraphale si ritrovò a trarre vantaggio da un singolo secondo di cedimento da parte dell'altro. Fu quasi istintivo: la punta della sua Fiamma si alzò e andò a graffiare la guancia di Raphael, creando una linea rossastra dai riflessi dorati che gli finiva proprio in mezzo agli occhi.

Fissò la scena con terrore, come se non fosse stato veramente lui a ferire l'arcangelo ma una qualche sorta di forza esterna. Prese a tremare, pentito e incredulo. Le scintille auree che si mescolavano al sangue dell'altro parlavano chiaro: gli aveva reciso l'aura. La sua Fiamma avrebbe potuto ucciderlo, oltre che ferirlo. Era del tutto simile alle spade di Michael - e quindi a quella in mano a Raphael: lame che non guardavano in faccia a nessuno, capaci di ferire angeli e demoni in egual misura, nate per contrastare coloro che avevano appoggiato la Caduta.

Il favore gli venne subito ricambiato.

Il guaritore gli si scagliò contro, e gli prese in pieno il volto. Il colpo fu così rapido e così doloroso da mandare Aziraphale a terra, in ginocchio, sopraffatto dal taglio profondo e piangente che per poco non gli aveva cavato un occhio, recidendogli una gota.

Strinse l'elsa, cercando di rialzarsi. Era scoperto, le ali mezze ritte dalla paura, e Raphael era alla sua destra, ancora in piedi.

Ma non ci riuscì. Non poteva muoversi, non voleva fare altro male, arrecare altro danno. Improvvisamente, i tuoni si fecero assordanti, i suoni della Battaglia gli rimbombarono nelle orecchie, la terra rotta sotto di lui gli graffiava i palmi feriti. Era indifeso, il punto più fragile della sua angelica costituzione era alla mercé di un arcangelo che non avrebbe avuto pietà di lui.

Raphael conosceva ogni singolo punto debole. Sapeva che il punto migliore da colpire erano le ali. Non avrebbe perso tempo, né avrebbe sprecato l'occasione.

E infatti, non lo fece.


Crowley sapeva che tenere bloccato Adam tra delle spire piuttosto che tra le braccia sarebbe stato più semplice. Si maledisse per non averlo pensato prima, e si scagliò contro l'Arma in una delle sue forme peggiori.

Se Anathema avesse visto quanta paura faceva la versione extra large del serpentello che adorava usare come sciarpina, non gli avrebbe mai più permesso di arrampicarsi nemmeno fin sopra al suo avambraccio. E quello non era nemmeno il suo aspetto peggiore.

Di certo, fu abbastanza da gestire l'Arma per un po'. La intrappolò in una stretta dalla quale il ragazzino riuscì a sfuggire più volte, colpendolo con fiammate, graffi che gli lacerarono le squame e morsi. Era ancora una lotta impari, ma il rosso non demorse, sperando che qualcosa cambiasse, sperando che accadesse la svolta che avrebbe cambiato le carte in tavola.


E la svolta arrivò, solo che fu molto peggio di ciò che si aspettava.

Aveva allontanato un po' Adam, deciso a prendersi una pausa di anche solo mezzo secondo. Fu allora che, alzando il muso, vide Aziraphale a terra, lo sguardo terrorizzato. A pochi metri da lui c'era Raphael, spada in mano, rincorsa pronta.

Tornò alla sua forma solita con il cuore in gola, sguardo fisso oltre le figure che ogni tanto gli coprivano la visuale, intente ad uccidersi a vicenda. Sentì impellente la voglia di lasciare l'Arma lì dov'era e correre dall'angelo, magari spostarlo da lì, fermare il guaritore prima che fosse troppo tardi.

Ma era già troppo tardi.


L'arcangelo fece una corsa, balzò in aria leggiadro  ma determinato, spinto dalle ali dorate. A mezz'aria, alzò la spada, la cui lama lucida ed affilatissima parve scintillare alla luce di un sole che però non c'era.

Fece un affondo perfetto, netto e senza sbavature che andò a recidere la candida ala destra dell'altro con precisione chirurgica.

Gliela tagliò con la stessa facilità con la quale si infilano i cucchiaini nel burro fuso. Un ammasso bianco e scombinato di piume ricadde al suolo.


Dalla spalla della Luce Alata sgorgò una miriade di rivoli dorati.

   
 
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