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Autore: io_sono_piu_forte    14/09/2023    0 recensioni
Bradley ha un disperato bisogno di soldi, ed è grazie alla sua amica Delilah che il ragazzo trova lavoro presso uno studio di tatuaggi. Il padrone del negozio è Joel, un attraente ragazzo cosparso di tatuaggi che non si lascia chiedere due volte dall'amica in comune dei due di assumere Bradley, incupito da un fascino silenzioso.
L'unico problema è che Bradley continua a tenere nascoste le braccia mentre Joel ha il vizio di lasciare prendere il sole ad ogni suo centimetro di inchiostro e pelle.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: PWP, Tematiche delicate
Capitoli:
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Bradley entrò in negozio come ormai stava diventando d'abitudine; dal temuto episodio della scoperta della propria ferita Joel e Bradley non avevano avuto altre occasioni di rivolgersi anche una sola di quelle poche parole che, sotto sforzo, il tatuatore tirava fuori per attaccare bottone e che a suo malgrado non avevano avuto l'esito da lui sperato. Bradley ritornò all'ingresso dopo essere andato a prendere il disinfettante spray per iniziare il proprio lavoro, accorgendosi della prolungata assenza di Samuel alla reception. Era entrato senza trovarlo alla sua solita postazione, immaginando che il ragazzo fosse indaffarato a tatuare qualche cliente che di buon'ora si era presentato allo studio, ma la presenza di Joel alle sue spalle smentì tutto.

«Buongiorno Bradley. Oggi Sam si è preso un giorno libero, gli appuntamenti sono dimezzati quindi potrai tornare a casa prima.» disse Joel sorridendo, prevenendo la domanda del ragazzo nell'accorgersi di quell'assenza. Non pensò di essere stato troppo diretto, ogni ripensamento banale venne cacciato via dall'espressione gentilmente silenziosa del moro.

«Bene.» rispose Bradley sforzandosi di sorridere, con le mani basse e ben nascoste. Joel si avvicinò a lui con due passi, accompagnato da movimenti leggeri, mentre i suoi occhi chiari rimasero incollati a quelli indispettiti di Bradley. Il ragazzo dalla felpa scura aggrottò le sopracciglia buffamente, sorridendo piano con le labbra carnose e scarlatte. Joel deglutì alla vista di quella sorprendente reazione, scaturita soltanto da un suo gesto involontario che lo portava sempre più vicino al moro. In solitudine, solamente tra loro due, parve che Bradley fosse più a suo agio, in una maniera che Joel durante tutti i giorni che si erano susseguiti in quel posticino vivace non aveva mai visto.

«I primi clienti arriveranno dopo la pausa pranzo, così ne approfitterò per lavorare agli stencil, e chissà, anche per fare due chiacchiere con te.» gli disse Joel, forse troppo vicino al viso di Bradley che indietreggiò lievemente.

«Hai per caso qualche problema agli occhi?» gli domandò ridendo Bradley, con ingenuità quasi infantile. Joel storse il naso divertito, scrollando la testa con fare spiritoso.

«Perché?» gli chiese aprendo le braccia con dolce goffaggine, alzando il tono di voce con irresistibile dolcezza. Bradley strinse le labbra, trattenendosi dal non ridere e voltando di poco il capo verso l'alto roteando gli occhi.

«Perché ogni volta che mi guardi te ne esci con qualche occhiolino sghembo, oppure gli occhi ti iniziano a brillare.» rispose Bradley sghignazzando sotto i baffi.

«Oh beh, la colpa è tua, è perché sei bello.» Joel sussurrò quella frase senza malizia o solito ammaliamento che metteva in atto nella speranza di conquistare qualcuno. Le sue parole nacquero con sincerità, dolcemente. Solitamente Bradley avrebbe evitato di percepire una risposta simile, si sarebbe imbronciato nel silenzio e sarebbe andato via, ma davanti a Joel, che con la sua espressione docile e gioiosa colorata dai tatuaggi a disegnare tutto il suo collo, non potè fare a meno di tenersi ancorato vicino a quel ragazzo.

«E questa frase dove l'hai letta? Su qualche libro per adolescenti?» lo canzonò Bradley senza offenderlo, al contrario con un pizzico di dolcezza ancora in voce, quella stessa che appariva rauca e profonda ma ricca di omonime tenerezze cortesi. Con lo sguardo basso Bradley superò Joel dirigendosi verso l'ultima stanza, dove lo attendeva il suo lavoro di pulizia poco impegnativo. Lasciò da solo Joel nel proprio entusiasmo ingenuo e spropositato per essere riuscito a scambiare qualche parola con lui. Pregò mentalmente Samuel di prendere più giorni feriali così da poter rimanere solo con Bradley ancora e ancora.

Senza pensarci due volte Joel lo seguì con la scusa di lavorare ad un bozzetto proprio lì in quella stanza che stava per essere profumata, seduto sullo sgabello di pelle nera con le spalle contro il muro e le gambe accavallate così da poter tenere fermo l'album da disegno all'interno del ginocchio piegato.

«Mi hai seguito di proposito? Di solito non disegni qui.» disse Bradley come se nulla fosse, continuando a pulire con minuziosa attenzione il carrello metallico su cui erano poggiati i vari tubetti di inchiostro colorato, usando esclusivamente la mano destra, lasciando la sinistra in basso a tenere il disinfettante.

«Sei loquace oggi. In ogni caso io mi metto all'opera dove mi porta la mia ispirazione.» rispose Joel alzando il mento con voce scherzosa.

Bradley si voltò verso di lui, dritto al centro della stanza, con i capelli poco in disordine davanti agli occhi.

«E dove la trovi l'ispirazione qui dentro? Nell'odore di primavera della pezza umida?» lo canzonò Bradley senza rendersi conto della fluidità in cui il loro discorso si stava immergendo, non facendo caso alla naturalezza con la quale stesse dialogando con Joel, che senza troppe pretese lo aveva messo a proprio agio con una spontaneità tale da far credere a chiunque fosse entrato in quella stanza che i due si conoscessero da tutta la vita.

Joel donò tutta la propria attenzione a Bradley, alzando il capo verso di lui con espressione fiera e calma, l'album dalla copertina rigida ancora in mano e una matita tra le dita.

«Da te, tu ispiri la mia arte.» gli rispose, facendo improvvisamente calare il silenzio.

Tra di loro in quel particolare giorno fatto di dialogo amichevole tutto aveva preso una strada dritta e priva di ostacoli finché quella risposta svoltò in un burrone, in cui Bradley cadde portando con sé anche Joel.

Joel sorrise, mordendosi il labbro inferiore e picchiettando l'estremità della matita sul blocco schizzi, in attesa di un'altra sorprendente risposta da parte di Bradley. Il moro deglutì, poggiando i propri attrezzi per pulire sul tavolo splendete. Tirò con se un altro sgabello nero con le ruote, trascinandolo sotto di se fino a quando non si fermò difronte a Joel, sedendosi abbastanza lontano. La schiena ricurva in avanti verso il tatuatore, il peso del busto sostenuto dal braccio destro poggiato sul ginocchio con il gomito e la mano a penzoloni tra le gambe, mentre il sinistro rimase flesso con la mano nella tasca della felpa.

«Tu ci stai provando come me cazzo.» gli disse aggrottando la fronte, con tono scherzoso ma seccato.

«Cosa te lo fa pensare?» gli domandò vagamente Joel, con spiritosaggine.

«Che ti ha detto Delilah su di me? Che sono gay? Ti ha parlato di Wolfgang? Della mia famiglia? Ti ha per caso raccontato la tragica storia di un ragazzo con gravi problemi di...»

«Stai calmo, stai dicendo tutto tu, Delilah non mi ha raccontato niente di tutto questo.» Joel lo interruppe per calmare la rapidità con la quale Bradley sbottò quell'elenco di informazioni a lui sconosciute, notando immediatamente il suo nervosismo. Bradley quasi arrossì, sentendosi un vero idiota a sbandierare nel giro di pochi istanti tutta la sua vita, il suo passato e i suoi problemi. Per una volta Delilah gli aveva dato retta e non aveva impietosito nessuno con la triste storia della sua vita.

«Scusami, è che non sono molto socievole con le persone, è sempre complicato per me approcciarmi.» mormorò Bradley vagamente, stanco.

«Questo l'ho notato, sta tranquillo. Non ho bisogno di sapere i tuoi problemi per conoscerti, almeno non per il momento.» rispose Joel con naturalezza.

«Grazie.» borbottò il moro, abbassando lo sguardo. Joel sospirò con il naso, piano, in maniera felice e comprensiva. Portò la matita in bocca poggiandola tra i denti per pochi secondi, una scusa perfetta per guardare meglio Bradley, solo che questa volta Joel non era il solo ad esaminare quel qualcuno di fronte a lui. Bradley fece lo stesso con il tatuatore. Non poté fare a meno di notare il vistoso tatuaggio che abbelliva il dorso della mano destra di Joel, che teneva la matita sulle sue labbra. Un teschio ben sfumato con gli incavi oculari scuri, ombreggiato da marcate sfumature. Tutt'intorno ad esso, accentuato dai particolari dettagliati sul cranio crepato, una composizione di colore rosso riempiva tutta la pelle fermandosi sulle nocche e sul polso dove iniziavano altri disegni. Sulle falangi aveva dei piccoli tratteggi stilizzati di oggetti che apparivano schiariti, tanto che Bradley non riuscì a distinguerli bene, soprattutto per la distanza della sua visuale. Joel indossava una canotta larga nera, con il logo dei Nirvana stampato su in giallo. Lui le mostrava con vanto, le sue braccia. Ettari interi di pelle dipinta per sempre da mille e mille ancora disegni. L'attenzione di Bradley stava per esaminare il susseguirsi di tatuaggi che scendevano dal braccio destro, quando Joel lo abbassò con naturalezza, tenendo la matita ancora tra l'indice e il medio.

«Ora sei tu quello che ci prova, mi stai squadrando da capo a piedi.» gli disse richiamando la sua attenzione con un sorriso provocatorio. Bradley trasalì, mettendosi dritto sul posto e facendo fatica a non apparire imbarazzato.

«Stavo solo guardando tutti quei disegni che hai addosso.» rispose quasi freddamente.

«Ti piacciono?» gli domandò Joel.

Braley emise un verso d'approvazione vago, dicendo: «Sono ben fatti.»

Joel sorrise solleticandosi la gola, scuotendo il capo con tenerezza.

«Non pensare che io sia come la maggior parte dei tatuatori che si riempiono di tatuaggi a casaccio, magari per esercitarsi o per estetica. Tutti i miei tatuaggi hanno un significato.» Joel se ne vantò con dolcezza.

«Non ci credo.» disse Bradley serrando le labbra.

«Te lo giuro!» fece lui scherzosamente, portandosi una mano sul cuore. Bradley lo guardò con disappunto divertito, alzando un sopracciglio.

«D'accordo, uno soltanto me lo ha fatto Sam mentre eravamo fatti, ma è piccolissimo.» ammise Joel ridendo.

«E quanti tatuaggi hai?» domandò curioso Bradley, tenendosi sempre un po’ sulle sue.

«Duecentosette.» rispose lui soddisfatto. Bradley rimase sorpreso da quel numero esatto, non riuscendo ad immaginare la proporzione reale di tutti quei tatuaggi su un corpo, non riuscendo a classificarli in quantità come tanti o eccessivi. Ne immaginò le dimensioni, i soggetti, i colori e la datazione, tutti addosso a Joel, che aveva fatto del proprio corpo una tela.

«Wow, sono tanti.» gli rispose pensieroso.

«Vuoi vederli?»

«Vedi! Ci stai provando di nuovo!» sbottò Bradley divertito, mettendosi dritto e facendo ridere sonoramente Joel.

«Allora che ne dici di andare a cena fuori domani sera? Così potrò provarci con te tutto il tempo, se vuoi.» propose Joel con coraggio. Bradley rimase con il fiato sospeso a quella proposta, forse stava correndo troppo, forse stava dando improvvisamente un’eccessiva confidenza a quel ragazzo. Eppure si trovava così bene con lui, Joel era talmente spontaneo e sincero che Bradley non vide alcun tipo di malizia o scusa per approfittarsi di lui. Pensò ai consigli di Delilah e Leif e si ammonì di doverli ascoltare, di dare una nuova svolta alla propria vita e di riprenderla in mano, anche se con molti sforzi. Bradley annuì sicuro, rispondendo: «D'accordo, vada per domani sera, ma ciò significa che oggi dobbiamo continuare a comportarci amichevolmente.» si alzò in piedi e riprese i propri attrezzi per lavorare.

«È troppo sdolcinato presentarmi all’appuntamento con un mazzo di fiori?» gli domandò Joel con una felicità innata nel petto che sfociò nella sua espressione gioiosa.

«Per prima cosa non è un appuntamento, e poi con dei fiori saresti il principe azzurro più smielato di Brooklyn.» rise Bradley imbarazzato.

«Come dovrei chiamarlo allora?»

«Direi più cena tra dipendente e capo, una cosa tra amici.» rispose vagamente il moro.

«Vada per i fiori allora!» gioì Joel saltando in piedi per andare nel suo studio. Non diede il tempo a Bradley nemmeno di controbattere quella risposta allegra, lasciando il ragazzo da solo nella stanza a sorridere. Per un attimo Bradley si rese conto di non aver minimamente pensato al suo braccio e a quanto il martirio recato da esso lo divorasse secondo dopo secondo. Era stato soltanto grazie a Joel, tutto merito delle sue parole, dei suoi sorrisi, se quel dannato arto aveva fatto silenzio nella mente di Bradley.

Il ragazzo ebbe quasi paura quando constatò che Joel era stato più prepotente della sua malattia.

 
   
 
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