Libri > Good Omens
Segui la storia  |       
Autore: Blablia87    16/09/2023    3 recensioni
[Spoiler!S2][Ipotetica S3]
-
Aziraphale ha cambiato nome e ruolo, e questo gli è costato tutto: persino se stesso.
-
Crowley è rimasto davvero solo per la prima volta in seimila anni e, forse, il destino dell’Universo che ha contribuito a generare e che tanto ha amato non gli interessa più molto.
-
La Seconda Venuta è alle porte e, mentre qualcuno trama nell’Ombra, qualcun altro non è disposto a vedere la Luce della speranza spegnersi: la Terra è troppo bella per sparire prima che possa trascriverne ogni aspetto nel suo taccuino.
-
Dal capitolo 11:
"Ancora con gli occhi chiusi a seguito della caduta, Muriel sentì una voce metallica e leggermente ovattata dire: “sto chiamando il numero in rubrica selezionato: Anthony J. Crowley”.  Poi, dei segnali acustici gracchianti e cadenzati."
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Metatron, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Azi

 


 

Soho - 2019 - Qualche giorno dopo il mancato Armageddon

 

 

 

 

 

«Angelo!»

La porta della libreria si spalancò di colpo, andando a sbattere contro il muro con un cigolio di protesta.

Aziraphale - assorto nella lettura del quinto quotidiano del mattino ben rilassato sulla propria poltrona - sobbalzò spaventato, alzando uno sguardo atterrito verso la figura slanciata che, semi-nascosta da un voluminoso scatolone di cartone, era comparsa sulla soglia.

«C-Crowley?» riuscì a malapena a balbettare, socchiudendo gli occhi per riuscire a distinguerlo meglio nonostante il chiarore della strada alle sue spalle. «Sei tu?»

«E chi dovrebbe essere? Un oritteropo? 1)» commentò sarcastico l’altro, entrando con ampie falcate. «Certo che sono io!»

Lasciò cadere con pochi complimenti la scatola sulla scrivania dell’angelo, che aggrottò la fronte.

«Posso sapere cos-»

«Sh-sh-sh» lo zittì l’altro, portandosi l’indice della mano sinistra alle labbra. «Ho una cosa per te» cantilenò contento, togliendosi gli occhiali e appendendoli allo scollo della camicia nera che stava indossando.

Aziraphale schiuse le labbra per la sorpresa, richiudendo velocemente il giornale a appoggiandolo con delicatezza sul bracciolo della poltrona.

«Un regalo? Per me?» trillò con un sorriso.

«Tecnicamente non è un regalo, e tecnicamente non è per te» ribatté l’altro, allegro, dando un paio di colpi alla parte superiore dello scatolone.

Aziraphale parve deluso, ma si alzò comunque e si avvicinò alla scrivania.

«Posso?» domandò con tono pacato, indicando il contenitore.

Crowley - al quale non era sfuggito lo spegnersi veloce del sorriso dell’angelo e si stava interrogando sul perché fosse accaduto - non diede segno di averlo sentito.

«Posso?» chiese nuovamente Aziraphale, arrivando a pochi centimetri dal volto dell’altro.

Solo in quel momento, con gli occhi azzurri dell’angelo così vicini, Crowley sembrò tornare in sé.

«Uh, sì, certo!» tentennò appena, facendogli spazio. «Sono tutte tue.»

Aziraphale aggrottò la fronte, un sorriso confuso che si faceva largo agli angoli delle labbra. In seimila anni di saltuaria frequentazione, non di rado l’altro gli aveva fatto dei “regali”. Potevano essere sotto forma di cibo come di vestiario, senza dimenticare i biglietti di svariati spettacoli teatrali prima e cinematografici poi. Non che lo cercasse volutamente per offrirglieli, è chiaro, ma - se per i casi della vita e dell’ineffabile piano divino - le loro strade si incrociavano in prossimità di una buona osteria o un teatro alla sua serata inaugurale, Crowley aveva l’abitudine di coinvolgerlo e di pagare per lui. Dopo un paio di secoli, era divenuta una muta ritualità alla quale nessuno dei due avrebbe mai rinunciato ma che, allo stesso tempo, mai avrebbe ammesso apprezzare.

Si voltò verso la scatola, sollevando con attenzione le due ali esterne. Poi si chinò in avanti, cercando di dare una piccola sbirciatina attraverso la stretta fessura creata da quelle interne, ancora ben accostate.

Crowley lo osservò sporgersi in avanti e muovere la testa in varie angolazioni per riuscire a vedere qualcosa del contenuto e, istintivamente, gli venne da sorridere.

C’era qualcosa, in quegli sprazzi di innocente fanciullezza di Aziraphale, che riusciva ad aggrapparsi - con una leggera scossa di emozioni mescolate e confuse - al centro del suo petto come nessun’altra cosa al Mondo.

L’angelo, lo sapeva perfettamente, era tutt’altro che sciocco o frivolo. Non a caso Dio l’aveva scelto come guardiano di uno dei cancelli dell’Eden e, ancor meno fortuitamente, aveva posto tra le sue mani una spada fiammeggiante. Nascosto sinuoso e lucente tra i cespugli del Giardino lo aveva osservato a lungo - quando ancora i minuti e le ore non erano stati creati e messi di fronte all’Uomo come inesorabile clessidra della sua mortalità - impugnarla e allenarsi, con una non comune abilità, a rotearla tra le mani con veloci e precisi movimenti dei polsi.

Si annoiava terribilmente, era evidente, eppure non mancava al suo compito un solo attimo.

Capitava poi, ogni tanto, che qualche bestia feroce appena creata si avvicinasse alle Mura e Aziraphale, con lo stesso sguardo di viva curiosità che scorgeva sul suo volto anche in quel momento, deponeva l’arma e si chinava in avanti per osservarne ogni dettaglio dall’alto.

Crowley amava profondamente quegli attimi, e quell’espressione. La amava anche perché non gli era mai capitato di scorgerne di simili sul viso degli altri angeli. La curiosità (quanto aveva avuto ragione Aziraphale, quando aveva provato a metterlo in guardia…) era mal vista, quando non espressamente condannata. E, al di là di questo, sembrava proprio non essere di alcun interesse per le creature divine. Ma Aziraphale ne era ricolmo, come lo era stato lui. E, quando non aveva il timore di essere visto, se ne lasciava pervadere con una tale meravigliosa arrendevolezza che il demone non riusciva a rimanerne indifferente.

L’angelo sollevò con delicatezza anche le alette sottostanti, scoprendo una ventina di piccoli bastoncini bianchi accatastati gli uni sugli altri alla rinfusa.

«Sono…» iniziò, girandosi verso Crowley.

«Venticinque. Benedette, credo, a giudicare dal teporino che sentivo irradiarsi dal cartone» confermò lui, annuendo.

Aziraphale schiuse le labbra per la sorpresa, un evidente punto di domanda dipinto sul volto.

«Le avevano lasciate incustodite davanti alla chiesa di Sant’Anna, e…»

«Le hai rubate da una chiesa?!» lo interruppe l’angelo, con tono a metà tra lo scandalizzato e l’incredulo.

«Erano sul sacrato, quindi tecnicamente non erano ancora in una chiesa» si difese l’altro, divertito.

«Ma Crowley!»

«Quante storie, Angelo!» sbuffò. «Sono sicuro che non avranno difficoltà a ordinare altre candele elettriche per i candelieri delle offerte. Che poi, siamo onesti, è abbastanza ridicolo che le candele si accendano da sole non appena inserisci le monete. Gli uomini sono già pigr-»

«Sono elettriche?» lo bloccò Aziraphale, tornando a guardare la scatola. Inserì una mano all’interno, estraendo una delle candele. Una piccola fiammella di plastica sagomata si ergeva fiera sopra il corpo in finta cera, una lucina a led ben celata al suo interno.

«Perché mi hai “regalato” delle candele elettriche? 2)» domandò, facendosela ruotare davanti agli occhi.

«Perché la cera è terribilmente démodé e sporca ovunque?» provò Crowley, già conscio del fatto che quella spiegazione non sarebbe bastata.

Aziraphale sollevò un sopracciglio, scettico.

Il demone alzò gli occhi al cielo.
«E va bene.» iniziò, scuotendo la testa. «Perché ho pensato fosse più… sicuro.»

«Sicuro?»

«Di certo quelle - ribatté, puntando un dito verso il cero che Aziraphale teneva ancora all’altezza del viso - non rischiano di cadere e dar fuoco a tutto.»

C’era qualcosa, nel tono con cui Crowley aveva pronunciato le ultime parole, che costrinse l’altro ad abbassare la candela per riuscire a vederlo meglio.

«Hai paura che dia accidentalmente di nuovo fuoco alla libreria?» gli domandò, confuso.

«Beh, di sicuro non è stato un bello spettacolo» soffiò Crowley, serrando la mandibola e abbassando lo sguardo verso il pavimento. «Non ci tengo particolarmente a rivederlo.»

“Tu non eri qui, Angelo. Non hai idea”, pensò irritato, guardando la punta delle proprie scarpe muoversi un po’ contro le assi del pavimento che aveva visto coperto di fuoco e libri distrutti.

Aziraphale osservò serio il volto dell’altro. Non gli piaceva, quando un velo di cupezza gli offuscava gli occhi. Si allargava tra il giallo limpido delle sue iridi, sporcandolo. Alle volte faceva fatica a capire cosa lo provocasse. Altre, come in quel caso, pur non riuscendo a pieno a comprenderne i motivi si sentiva comunque in detentore di uno dei più meravigliosi doni divini mai stati concessi: la capacità di strappare quella cappa con una sola, semplice, parola.

«Oh, beh… grazie!» tintinnò, allegro. «Mi sembra davvero un’ottima idea. Ti spiacerebbe…?»

Crowley fece appena in tempo ad alzare uno sguardo interrogativo sull’altro prima che il pesante candelabro che l’angelo teneva sulla scrivania gli venisse spinto tra le mani.

«Tu pensa a queste, a quelle consacrate penso io» comandò scherzosamente Aziraphale, con voce gentile.

Con sollievo vide - come aveva sperato - il viso dell’altro rischiararsi e un accenno di sorriso increspargli agli angoli delle labbra mentre si guardava attorno, cercando di individuare tutte le candele presenti nel proprio campo visivo.

 

 

 

«Il problema è che non credo che queste funzionino, senza gli appositi alloggiamenti nei candelieri. Non vedo batterie, o fili, o…» si lasciò sfuggire Aziraphale, rattristato, quando ebbe sistemato i primi ceri nei portacandele che - uno a uno - Crowley gli stava lasciando vuoti sul tavolino dell’ingresso.

«A questo credo si possa porre rimedio» lo rassicurò lui, le braccia ingombre di candele di ogni dimensione e la giacca scura macchiata qua e là da piccoli sbuffi di cera.

Si avvicinò al tavolo e - tenendo gli occhi fissi su quelli dell’altro - soffiò gentilmente sulle fiamme di plastica, che si accesero avvampando come sotto a una leggera brezza.

Aziraphale le guardò estasiato, e Crowley si trovò a pensare per la prima volta che non c’era luce - di candela, di stelle o di qualunque altra cosa nel Creato - che potesse competere con quella che nasceva in fondo allo sguardo dell’angelo quando era felice.

Era forse quello, il motore che lo spingeva a correre in suo aiuto ogni volta che lo percepiva in difficoltà. Quella piccola, flebile, fragile, meravigliosa e inconfessabile speranza di vedere quel lume accendersi davanti a sé.

«Contento?» gli domandò qualche attimo dopo, ridestandosi dai pensieri con finta noncuranza.

«Assolutamente», sorrise l’altro. «Posso sdebitarmi con un invito a cena?»

 


 

az1a

 

Note:

 

1) "What kind of stupid question is that? What else am I gonna be, an aardvark?!” risponde Crowley a un imbarazzato Aziraphale che cerca di rompere il ghiaccio con un impacciato “Still a Demon, then?" quando se lo ritrova in una taverna dell’antica Roma. Non so come sia stato tradotto in italiano, ma mi ha sempre fatta ridere.

2) Avete notato che TUTTE le candele presenti nella libreria di Aziraphale sono elettriche? Beh, io NO. Me lo ha fatto notare, come mille altre cose, Lory221B. Un grazie di cuore, quindi, come sempre. <3

 

 

Angolo dell’autrice:

Benedetta sia la scrittura, che salva dai momenti duri della vita! Vado un po’ a rilento perché sono impelagata in mille casini nella “vita vera” ma arrivo, arrivo sempre!

Grazie ancora una volta a chiunque abbia letto, inserito la storia in una qualche categoria e/o dedicato un po’ di tempo a lasciare una recensione!


A presto,
B.

 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Good Omens / Vai alla pagina dell'autore: Blablia87