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Autore: Selene123    17/09/2023    0 recensioni
Un gruppetto di qualche isola immerso nel verde lussureggiante di una vegetazione circondata dall'acqua cristallina che, per magia, sapeva farlo apparire e scomparire al momento giusto. Non voleva farsi trovare, né tantomeno essere cercato. Per questo motivo erano stati vani i tentativi di dare indicazioni su come raggiungerlo da parte dei navigatori di tutto il mondo e tutte le epoche. Le pochissime persone da cui si era fatto scoprire erano poi tornate in patria cariche di racconti inverosimili, al limite del mitologico. Animali sconosciuti, particolari fiori autoctoni, sporgenze e insenature naturali in continua metamorfosi...
Genere: Avventura, Azione, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta, Non-con, Tematiche delicate
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​Nei giorni successivi l’atmosfera tra i pirati si era gradualmente distesa dopo il faticoso ritorno alla Isla. Mayflower aveva cominciato a riprendersi, la febbre era scesa e le punture sul braccio avevano perso il rossore. Se non fosse stato per quel senso di spossatezza che non la abbandonava, sarebbe tornata insieme al resto della ciurma.
La ragazza sedeva sul letto della propria cabina intenta a leggere per l’ennesima volta lo stesso libro, una vecchia raccolta di miti e leggende che suo padre aveva portato con sé dal Vecchio Continente. Non la interessava particolarmente, ma era l’unico passatempo: l’alternativa erano carte di bordo o diari con le pagine dure e ingiallite.
Dall’oblò aperto sentiva il rumore delle onde che si infrangevano calme sullo scafo della nave, respirando a pieni polmoni la salsedine che il vento soffiava dentro la stanza. Tutto sommato, quella convalescenza si stava rivelando piacevole: aveva infiniti momenti di pace e tranquillità che raramente la sua precaria quotidianità le aveva concesso. Mentre sotto gli occhi si scontravano le creature più fantasiose e gli eroi più valorosi in lotte che avevano smesso di sorprenderla, la sua attenzione venne catturata da un improvviso colpo proveniente dall’esterno. Mayflower abbandonò il libro e si affacciò al piccolo davanzale di legno. Nessuno dava segno di allarme. Forse un pesce o una tartaruga aveva urtato la nave... Eppure, le era parso un rumore piuttosto sordo, troppo per essere stato causato da un animale. Perplessa, la ragazza stava per chiudere l’oblò quando si accorse di uno strano movimento sotto la superficie dell’acqua. Rimase immobile a guardare, aspettando che qualcosa venisse a galla. Dopo alcuni secondi, una creatura dalle sembianze umane emerse confusa.
– Tutto bene? – chiese Mayflower, senza ricevere risposta.
Lo sconosciuto si guardò intorno toccandosi la testa con una mano. Aveva sul viso l’espressione confusa di chi sentiva le voci ma non sapeva dire da dove provenissero.
– È tutto a posto? – ripeté lei con un braccio fuori dall’infisso spalancato per attirare l’attenzione.
– Credevo di essere impazzito! – esclamò lui in tono seccato, poi si immerse nuovamente in acqua da dove affiorò una coda iridescente.
La giovane rimase stupita da quanto avesse appena visto. Osservò con attenzione ciò che stava nuotando davanti alla sua finestra: metà corpo di essere umano, con folti capelli ricci e la carnagione scura che risplendeva al sole sott’acqua, e metà pesce dalle squame azzurre cangianti alla luce. Mayflower si precipitò a riprendere il librò e lo sfogliò fino alle illustrazioni sulle creature mitologiche. Una voce la distrasse dalla ricerca.
– Scusa?
Tornata all’oblò, aspettò che chi la chiamava riapparisse.
– C’è sempre stata questa nave qui? - le domandò lo sconosciuto.
– Ehm... sì.
– Lo sapevo. - concluse lui tra sé e sé. – Senti, noi non ci siamo mai incontrati, va bene?
La figlia del Capitano annuì e guardò quel misterioso essere fuggire nel mare, nuotare in direzione nord dell’isola. Ancora incredula, rientrò e riprese a leggere dal suo libro. La quarta tavola mostrava una perfetta illustrazione di una sirena, corredata di spiegazione e legenda; sul retro, un tritone – simile in molti tratti a Edward – campeggiava a pagina intera. I tritoni sono creature marine complementari alle sirene. Vivono alle dipendenze del Signore dei Mari ed è consigliato prestare attenzione in loro presenza. Non le era parso di aver appena fronteggiato qualche pericolo, perché avrebbe dovuto averne timore?
Assorta com’era nelle proprie letture, Mayflower aveva completamente ignorato l’arrivo del fratello, che l’ascoltava bisbigliare di mostri marini appoggiato alla porta aperta. Sembrava divertito da quel curioso spettacolo, di sicuro era sollevato nel vedere che la sorella stessa meglio.
– Parli da sola adesso? – la interruppe in tono sarcastico, poi le si avvicinò e si sedette sul letto per guardare cosa stesse facendo. – Credevo che questo libro fosse andato perduto...
– È l’unica cosa che mi è stata concessa, a dire il vero... Posso farti una domanda? – Non era sicura di volergli raccontare con chi avesse appena avuto l’occasione di scambiare due parole, ma almeno il dubbio di non aver perso completamente il senno voleva toglierselo.
– Qui intorno ci sono sirene o tritoni?
Il ragazzo rifletté un istante. Vivevano in un arcipelago magico sperduto nel Mar dei Caraibi, da quelle parti esistevano solo le isole, gli animali, le piante e loro. Gli sarebbe parso meno usuale incontrare sulla spiaggia una donna metà pesce che non una donna intera, ma, in ogni caso, non gli era capitato né di vederne né di sentirne parlare dagli altri marinai. Non seriamente, almeno. – Perché?
Mayflower scrollò le spalle e accantonò l’argomento. I due fratelli rimasero in cabina da soli, a parlare senza essere disturbati come non succedeva da tempo. Mancavano a entrambi quei momenti da soli in cui potevano confidarsi le paure e i pensieri che avevano tenuto per sé troppo a lungo. Tornavano bambini – sempre che lo fossero mai stati – si rifugiavano in un microcosmo fatto di codici e linguaggi incomprensibili dall’esterno. Erano conversazioni poco profonde le loro, d’altronde non avevano ricevuto gli strumenti necessari per svilupparne di diverse, ma rendevano solido il legame che li univa da sempre.
Quell’ultima giornata di convalescenza per Mayflower era trascorsa rapida e, fatto salvo l’insolita sorpresa venuta dal mare, passare un po’ di tempo con il proprio gemello prima di poter finalmente tornare a cenare insieme all’intero equipaggio prima della nuova partenza all’alba era stato il massimo del divertimento.
– Vorrei dormire sulla spiaggia, una notte. – dichiarò serio il ragazzo.
– Fa troppo freddo.
Louis scrollò il capo e si alzò dal letto finendo in centro alla stanza. Sistemò gli abiti e tese una mano alla sorella per invitarla a seguirlo, altrimenti avrebbero tardato.
Come di consueto in occasioni del genere, la ciurma al completo sedeva lungo due grandi tavolate accampate sulla spiaggia a una decina di metri dalla grande casa-veliero. Un falò era stato acceso al centro di una serie di pietre disposte in cerchio abbastanza lontano sia dalla foresta sia dal mare, ma in modo da riscaldare comunque gli abitanti dell’isola. Un numeroso gruppo di uomini di ogni provenienza chiacchierava a gran voce alternando sorsi di rum alle parole. Qualcuno portava vassoi stracolmi di pietanze conquistate durante gli assalti alle imbarcazioni nemiche e poi conservati in botti e casse di legno nascoste nelle grotte o sottoterra. Mayflower e Louis sedevano accanto al padre, frontali rispetto agli altri commensali. Erano i soli a poter godere di tale privilegio, ma, quando il Capitano partiva per il suo turno di navigazione, i gemelli si spostavano in mezzo ai pirati come fossero stati due di loro. Era l’unico vero accenno di una realtà ordinaria, quello, di unione dopo giornate faticose di preparativi, studio e rifornimenti. Si trattava, però, anche del momento in cui l’equipaggio destinato a salpare scopriva l’itinerario delle settimane successive. Tra una canzonaccia urlata nei fumi dell’alcol e un boccone di pesce conservato sotto sale, Edward richiamò tutti al silenzio per l’annuncio tanto atteso.
– Signori, vogliate come prima cosa lasciarmi esprimere la gioia che provo nel riavere qui con noi mia figlia! – esclamò Edward appoggiando una mano sotto il mento della ragazza. – Eravamo in pensiero per lei, ma per fortuna l’aiuto dei nostri esperti e la protezione di Mary l’hanno rimessa in piedi in men che non si dica.
Un coro festante si levò, seguito da bicchieri e forchette che si alzarono dal tavolo. Tra i volti felici e rossi di sole e rum, un pirata con una vistosa cicatrice sulla fronte sedeva all’angolo opposto e osservava la giovane con un sorriso inquietante. Quell’uomo si era aggiunto alla ciurma un paio di anni prima dopo innumerevoli viaggi per scappare dagli Stati Uniti. Non aveva mai rivelato il motivo della fuga, ma si vantava di aver avuto centinaia di donne sul continente e che, durante la guerra d’indipendenza, aveva ucciso più nemici di chiunque altro. Il profondo segno che campeggiava sul suo viso fino a sparire sotto i capelli scompigliati, infatti, era testimonianza del sangue freddo avuto in battaglia. Rispetto agli altri pirati, però, lui era sempre stato il più schivo pur partecipando alla vita della nave. Inizialmente affidato all’equipaggio di Louis, Edward lo aveva spostato nel proprio dopo aver saputo di un brutto litigio fra i due che aveva rischiato di compromettere l’equilibrio a bordo. I motivi del diverbio si erano persi con le correnti del Mar dei Caraibi, ma i rapporti erano ormai compromessi.
– A Mayflower! –esclamò l’uomo, – Il pirata più coraggioso di sempre!
Mentre le tavolate brindavano alla figlia del Capitano, il fratello alzava serio il bicchiere senza mai togliere lo sguardo da quel pirata, sicuro della sua cattiva fede.
– Ora che il vascello è pronto per salpare – riprese Edward in tono solenne, – è giunto il momento di rivelarvi la rotta. Domani mattina partiremo per riportare in vita la Repubblica dei Pirati e ripristinare il codice piratesco!
Un improvviso silenzio cadde tra i commensali. La Repubblica dei Pirati era stata destituita più di cinquant’anni prima, quando gli inglesi avevano ripreso il controllo dell’isola di Nassau dopo decenni in mano ai più famigerati criminali del mare. Nessuno pensava più a quella faccenda seriamente, era diventata ormai una storia dei tempi d’oro della pirateria, alla stregua di una leggenda. Perché rischiare tanto, invece di continuare con il solito contrabbando di merci e l’assalto alle imbarcazioni che incrociavano la loro via?
– Avete paura, forse? – domandò il Capitano stupito da una reazione tanto pacata. – Dubitate di me?
Tra gli uomini nessuno aveva il coraggio di opporsi alle decisioni già prese da chi li aveva sempre guidati con intelligenza e astuzia. Nell’incredulità generale, l’unico che tentò di obiettare fu il Lupo.
– Come mai questo cambiamento, sir? – chiese il marinaio fingendo sicurezza.
– Ottima domanda, mio caro. La risposta è semplice: la pirateria è un’arte per pochi al giorno d’oggi, un sapere esclusivo. Noi siamo questi eletti, ma non possiamo permetterci di rimanere confinati in un piccolo arcipelago che appare e scompare. Cosa sarà di noi se la Isla decidesse di non permetterci di ritornare?
Il Capitano Edward si lanciò in una ispirata spiegazione dei motivi che li avrebbero guidati alla volta di Nassau per cacciare gli inglesi e riappropriarsi di un’isola vera. I coloni, proseguì l’uomo dopo un sorso di rum, avrebbero concesso loro la patente corsara in virtù della rispettiva comune origine britannica e lo avrebbero fatto per amore o per forza.
– Signore... – si intromise il Lupo in un momento di pausa del suo superiore. – Signore, le patenti corsare sono state abolite da molti anni. Esistiamo perché siamo fuorilegge.
– Lo so, mio caro Lupo. Lo so, ma i mari sono nostri e nostro è anche il dovere ricordarglielo. A qualunque costo.
Come ipnotizzati dalla sicurezza con cui il Capitano sciorinava ulteriori dettagli del suo incredibile piano di riconquista della Repubblica dei Pirati, la ciurma esplose in un generale festeggiamento per quell’ambizioso progetto che era decisa a portare a termine con successo. L’unico scettico rimaneva il Lupo, che per distrarsi aveva mandato Mayflower a prendere altro alcol sul vascello.
Gli spazi adibiti a cucina erano due stanze lunghe divise da un’imposta nel muro di mezzo a cui era stata tolta la porta, tenendo soltanto le due d’ingresso. La ragazza stava sistemando alcune caraffe sopra un vassoio, sicura di essere da sola, quando all’improvviso sentì il calore di un respiro affannato soffiarle sul collo. Non fece in tempo a voltarsi o a protestare che qualcuno la spinse verso il bancone appoggiato alla parete impedendole di muoversi. Una mano pesante la stringeva a sé, mentre l’altra premeva sulla bocca.
– È un vero peccato dovervi lasciare domani mattina... – mormorò l’uomo con la cicatrice e le si avvicinò all’orecchio.
Mayflower tentava di parlare, ma riusciva ad emettere solo suoni indistinti.
– Silenzio, o non vorrete che ci scoprano. – continuò lui appoggiandole sul collo le labbra ruvide che le lasciarono addosso una fastidiosa sensazione appiccicosa. – È stato ancora di più un peccato quando vostro padre ha deciso di cambiarmi di equipaggio e togliermi la possibilità di vedervi ogni volta che volevo, piccolina... – Tappandole la bocca con ancora maggior forza, il pirata muoveva lentamente il bacino contro la ragazza e la spingeva sempre di più verso il bancone.
Più cercava di dimenarsi per sfuggire dalla presa, più la giovane si sentiva costretta e incapace di trovare un modo efficace per liberarsi. Ad ogni suo movimento l’uomo reagiva con più insistenza, fermamente intenzionato a lasciare un ricordo di sé distinto e incancellabile nella mente e sul corpo di Mayflower. Con la mano destra le afferrò un polso e lo strinse, così forte che la pelle cambiò colore sotto la pressione di quelle dita screpolate e imponenti. Le sembrava che il tempo stesse rallentando all’infinito e che la nave, fino a poco prima piena di gente in ogni stanza, fosse adesso completamente deserta. In lontananza riusciva a sentire il vociare spensierato degli uomini sulla spiaggia che festeggiavano l’imminente partenza, ma alle sue orecchie quell’allegria scomposta arrivava ovattata, come se si trovasse sott’acqua. Il terrore di non riuscire a togliersi di dosso il peso e l’imponenza di un essere due volte più grande di lei che la stava schiacciando contro il bancone senza neanche darle la possibilità di respirare, si stava fondendo con la sensazione di non avere speranze di venire salvata da nessuno perché erano tutti troppo distratti dalla cena per accorgersi della loro assenza al banchetto. Per la prima volta Mayflower si stava rendendo conto che, a differenza di quanto avesse sempre creduto, non era davvero al sicuro circondata dagli uomini. Erano stati la sua unica compagnia per tutta la vita da quando Mary era stata uccisa, le avevano insegnato che con loro non le sarebbe mai accaduto niente e che non avrebbe potuto trovare al mondo un gruppo di persone più affidabili. Era un dovere per la ciurma prendersi cura di lei, a dispetto di ogni superstizione che impediva alle donne di salire sulle navi pirata per non attrarre sciagure. Eppure, proprio nel momento in cui aveva più bisogno, non si stavano accorgendo di niente. Impossibilitata ad urlare dalla mano che premeva ancora sulla sua bocca e bloccata contro la superficie di legno, con il respiro e la voce dell’uomo che le soffiavano sul collo, la ragazza lasciò che le gambe cedettero mentre le lacrime le bagnavano il viso rosso per la mancanza di aria.
– Cosa fai, piangi adesso? – le domandò l’uomo quando si accorse di avere le dita leggermente bagnate. Non avendo più nemmeno la forza per protestare con suoni incomprensibili, Mayflower rimase in silenzio cercando almeno di liberare i singhiozzi che le si fermavano in gola. Quando la sua vittima era ormai limite della sopportazione e non percepiva altro che il peso del carnefice contro il proprio corpo e il bordo del bancone conficcarsi nella pancia ad intervalli regolari, il pirata mosse il bacino con un ultimo colpo deciso. Si piegò prono sopra di lei e, ansimando, le sue labbra si aprirono in un sorriso soddisfatto e crudele. – È il nostro segreto, piccolina. Quando tornerò dal viaggio stai pur sicura che avrai anche il resto… – concluse lui a voce bassa con una breve risata per poi allontanarsi, diretto verso la porta.
Quando si voltò, l’uomo si accorse che non erano soli. Il giovane mozzo dai capelli rossi era stato mandato a controllare perché Mayflower non fosse ancora tornata e quando aveva visto con i propri occhi il motivo del suo tergiversare tanto in cucina, si era come paralizzato. Immobile in piedi sulla soglia della cucina, con il sangue congelato nelle vene e le mani tremanti, il ragazzino aveva assistito solo in parte a quell’orrore, ma abbastanza per rimanerne comunque sconvolto al punto di non riuscire ad emettere nemmeno un suono. Il pirata si concedette un solo istante per essere sorpreso dalla sua presenza, poi diede un colpo alla camicia e sistemò i pantaloni. Uscendo dalla cucina si avvicinò all’involontario spettatore ed esplose in una risata colma di sadismo.
Sfinita e lasciata cadere sul pavimento, Mayflower piangeva a dirotto. Finalmente, dopo un’indefinibile quantità di tempo, le era di nuovo possibile respirare senza impedimenti e nessuno più cercava di sovrastarla con la forza. Sui palmi delle mani il vetro di una bottiglia caduta in frantumi poco prima le aveva lasciato dei tagli sulla pelle. Si guardava intorno confusa: gli occhi gonfi di lacrime e gli indumenti completamente sgualciti; probabilmente i pantaloni erano stati strappati, li sentiva larghi e, per quel poco che riusciva a muoversi, le sembrava che potessero cadere. La ragazza cercò di raccogliere le forze e rimettersi in piedi ma le gambe la sorressero soltanto per qualche secondo, poi fu costretta ad appoggiarsi al tavolo al centro della stanza. Passò una mano sul viso per asciugare le lacrime, lasciando qualche traccia di sangue sulle guance. Non c’era muscolo che non le facesse male, tutto le provocava un dolore mai provato in precedenza e che cancellava completamente le pene passate a causa di quel maledetto ragno che l’aveva punta sulla nave poco prima del ritorno alla Isla. All’improvviso, Mayflower alzò gli occhi distrutto e incontrò l’espressione spaventata e attonita del mozzo. Si guardarono in silenzio per un lunghissimo istante, poi il ragazzino controllò che non ci fosse nessuno nel corridoio buio della nave e si precipitò dentro la cucina chiudendosi la porta alle spalle con una sedia che impedisse di riaprirla. La giovane assistette a quell’operazione scossa dai brividi di paura: se le avesse anche soltanto toccato un capello non sarebbe sopravvissuta, non aveva più energie né fiato per respirare.
– Lasciami in pace, per favore… – mormorò lei con le mani serrate sul bordo del tavolo, – Non c’è più niente qui, non avresti alcuna soddisfazione… Te la prenderesti con un corpo esanime…
– Non so cosa significhi esanime, Milady, – si affrettò ad interromperla lui con l’innocente sicurezza dei suoi quattordici anni scarsi, – ma so che voi avete bisogno di aiuto.
Mayflower si sentì all’improvviso come una naufraga che riesce ad aggrapparsi ai resti della nave distrutta per non annegare. Lasciò che la sua ultima speranza la aiutasse a sedersi e lo osservò tirare fuori un pezzo di stoffa malconcia dalla tasca per tamponarle le ferite sulle mani. Non aveva mai notato che su quella faccia da bambino troppo alto stessero cominciando a spuntare dei sottilissimi baffetti rossi, forse non lo aveva neanche mai degnato di uno sguardo per più di pochissimi secondi. La sua mente piano piano dipanava la nebbia della confusione in cui era piombata nel momento esatto in cui l’uomo con la cicatrice le si era avventato addosso. Era vero: nessuno della ciurma si era alzato di propria iniziativa dal banchetto per cercarla e non aveva la minima idea di chi dovesse ringraziare per avere ancora salva la pelle, nonostante tutto. Qualcuno però si era preoccupato per la sua eccessiva assenza, qualcuno che sarebbe potuto arrivare e intervenire ma che, invece, aveva mandato un mozzo poco più che analfabeta che si era ritrovato spettatore involontario di una violenza incapace di fermare. Nonostante tutto ciò che avrebbe potuto fare ma che non aveva potuto perché solo Davide aveva battuto Golia, lui era lì e la stava aiutando, le puliva le ferite e cercava dell’acqua pulita in ogni botte della cucina per darle da bere qualcosa che non fosse alcol.
– Io… Io mi sono resa conto di non conoscere il tuo nome. – gli domandò la giovane con un po’ di diffidenza nella voce.
– Sono Jack, Milady. – Com’era serio e concentrato mentre le fasciava la mano sinistra con una benda sdrucita che teneva sempre piegata in una tasca dei pantaloni per ogni evenienza. Era un tipo piuttosto incline a procurarsi ferite, lo era sempre stato; sapeva che non bisognava mai farsi trovare impreparato, soprattutto da quando aveva preso la via del mare per scappare dalla povertà e dai soprusi a cui era costretto a casa.
– Niente Milady, per favore, sono Mayflower.
Jack la guardò con un’espressione grata e rimise in tasca il fazzoletto sporco di sangue. Lei era l’unica donna pirata di cui fosse mai venuto a conoscenza e, fin dai primi giorni dall’arrivo nella ciurma, gli era parsa molto più in gamba di molti suoi colleghi che aveva incontrato sulle navi che lo avevano portato dall’Irlanda ai Caraibi. – Mi dispiace di non averti aiutata con quel tizio…– Il senso di colpa lo bruciava dall’interno, aveva già visto la propria madre sopportare fino allo stremo delle forze i soprusi di un uomo e, forse proprio per questo motivo, la difficoltà di sopportare un ricordo ancora tanto vivo gli aveva impedito di agire.
– Non è colpa tua. Come avresti potuto levarmelo di dosso? È grande il doppio di noi due messi insieme!
I due ragazzi sospirarono all’unisono e, dopo un breve silenzio, si sorrisero. Erano, al pari di Louis, i più giovani abitanti di quel lido sconosciuto e insieme avrebbero mantenuto quel segreto il più possibile. Se qualcuno lo avesse scoperto, probabilmente l’equilibrio dell’equipaggio si sarebbe alterato al punto da spaccare il gruppo. Qualcuno avrebbe preso le difese di Mayflower e chi non lo avrebbe fatto, addossando la colpa sulla giovane e sulla leggenda delle donne che portano sventure in un equipaggio pirata, si sarebbe scontrato con il Capitano. A quel punto, l’intera ciurma non avrebbe potuto convivere più pacificamente e l’ira della Isla si sarebbe scatenata cacciandoli via e terminando un’epica esperienza segreta e, fino a quel momento, vittoriosa. Consegnarsi alla storia era importante, forse l’unica per la quale valesse ancora la pena vivere isolati da chiunque. Non potevano essere d’intralcio a quel sogno.
Stringendosi nelle spalle, la giovane allungò la mano per farsela prendere dal suo nuovo amico contravvenendo ad una delle prime e più importanti lezioni impartitele da suo padre: mai cercare affetto dai pirati. Ma Jack, troppo alto, dinoccolato, con le lentiggini su tutto il volto e senza la barba né il coraggio per presentarsi all’intero equipaggio, che correva da una parte all’altra del ponte e inciampava ovunque, poteva davvero essere considerato un pirata? Ancora un po’ debole ma abbastanza sicura, Mayflower si fece riaccompagnare al banchetto lasciando al ragazzino l’onere di portare agli altri ciò che avevano chiesto di avere, un’ora prima.
Una volta tornati dalla ciurma, completamente inebriata dai fumi dell’alcol e del tabacco, i due giovani cercò di dissimulare. Rispondevano alle proteste scusandosi, per sbaglio era caduto il vassoio rompendo e facendo inesorabilmente finire tutto ciò che c’era sopra sul pavimento. Qualcuno scherzava sulla necessità di impiegarci così tanto per raccogliere due pezzi di vetro, sull’inutilità di avere un aiuto e chissà cos’avessero combinato da soli là dentro... A quelle parole, così divertenti per chiunque tranne che per lei, la sicurezza di camminare in mezzo a uomini ubriachi che aveva avuto fino al pomeriggio era ormai svanita. Non era più sicura che sarebbero stati al loro posto, che l’avrebbe rispettata pur non avendo più il totale controllo di sé. Allo stesso tempo, percependo lo sguardo pesante di quell’americano sfregiato giunto di punto in bianco qualche anno prima, che la fissava camuffato tra gli altri, aveva acquisito la consapevolezza che non era più la figlia di tutti. Non era più certa che l’avrebbero protetta e quella mancanza di certezza le dava l’impressione che perfino il padre e il fratello potessero diventarle nemici.
   
 
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