Luna Piena e Fiori di Sambuco
Era quasi l’ora.
Meli osservò il sole, una palla di fuoco arancione, tuffarsi piano dietro le montagne. Erano arrivati nella radura appena in tempo. Gli alberi di sambuco erano carichi di fiori bianchi, in attesa di essere raccolti. La luna era già alta nel cielo, rotonda e indifferente.
Meli cincischiò con il grosso sacco di iuta che aveva legato in vita. Non appena il sole fosse calato e i primi raggi lunari avessero toccato le foglie del sambuco, avrebbe potuto cominciare il suo lavoro. Dovevano essere rapidi e precisi, silenziosi ed efficienti.
Nelle notti di luna piena i licantropi - o le persone affette da licantropia, come avrebbe detto sua sorella, più politically correct di lei - si trasformavano in bestie feroci con un unico scopo: cacciare. Persone, bestie, gattini? Poco cambiava. I licantropi erano guidati da un forte istinto da predatore e, nelle notti di luna piena, dovevano sfogarsi. Dovevano uccidere.
Tenendo questo bene a mente, era evidente che fossero ben pochi i pazzi che sceglievano di raccogliere i fiori di sambuco che, in quanto l’ingrediente fondamentale per la pozione antilupo, erano efficaci solo se raccolti sotto i raggi della luna piena. Sua sorella - ovviamente - era uno di questi pazzi.
Addirittura, sua sorella chiedeva alla sua scorta di ammazzamostri di non uccidere i licantropi, in quanto potevano essere scappati dalla prigione-cantina in cui la famiglia amorevole li aveva rinchiusi per la loro sicurezza. Era un’anima bella e ingenua, sua sorella.
Lanciò un’occhiata a Logan, appostato alle sue spalle, la spada sguainata. Le dava la schiena. Meli pregò che le pozioni rinvigorenti fossero state sufficienti. Non aveva paura di morire, ma non farsi mordere era fondamentale: checché ne dicesse la sua, di famiglia amorevole, Meli si sarebbe ammazzata piuttosto di vivere il resto della sua vita con in faccia il marchio della licantropia.
Il sole, infine, sparì dietro le montagne. Il primo ululato incrinò il silenzio nella radura.
Meli si mise subito all’opera, staccando i boccioli di sambuco con mani esperte e infilandoli nel sacco. Logan, alle sue spalle, non emetteva un suono.
Gli ululati si fecevano più frequenti e vicini. I lupi si stavano radunando in branchi, si salutavano, si azzuffavano. Ben presto, nel buio tra gli alberi attorno a loro, si udirono rumori di zampe e foglie spostate. Meli, celere e concentrata, sceglieva e staccava i fiori adatti, infilandoli nella saccoccia.
Qualcosa di grosso ringhiò. Meli si immobilizzò, la mano a mezz’aria tra i fiori e il sacco pieno per tre quarti. Fece per dire qualcosa, ma Logan la zittì. “Sono qui” disse. Meli aguzzò le orecchie. Tutt’attorno gli alberi frusciavano e il buio si muoveva denso e minaccioso. “Coprimi le spalle” fu l’unica cosa che Logan le disse prima che i lupi emergessero dal bosco. Tre, poi quattro, poi cinque. Erano circondati.
Meli alzò lo sguardo sul lupo più vicino a lei. Alto due metri al garrese sulle zampe posteriori, aveva occhi cremisi venati di sangue e un brutto ghigno pieno di zanne gialle. La luce bianca della luna gli illuminava il pelo grigio, annodato e sporco.
Logan fece oscillare la lama d’argento. Il lupo si lasciò ricadere sulle quattro zampe. Così messo poteva forse assomigliare ad un lupo normale, pensò Meli, seppur sproporzionato e con la testa orribilmente grossa. Logan si mise in posizione. Meli, cauta, chiuse il sacco e afferrò il suo bastone. Il lupo non le staccò gli occhi di dosso.
Quando il primo lupo attaccò, l’ammazzamostri non ci andò leggero: con un fendente deciso gli aprì il petto dalla gola allo stomaco. In una cascata di sangue, il lupo si schiantò a terra.
Il branco guaì e latrò indignato. I lupi, fissandoli con occhi cremisi e la bava alla bocca, cominciarono a girare in tondo.
Meli strinse il bastone nelle due mani. Non ci fu il tempo di pensare ad una strategia. Un lupo marrone ringhiò e le balzò addosso. Lei roteò il bastone e lo colpì sul muso. Il lupo cadde a terra e venne finito una coltellata dritta nella tempia. “Sono troppo vecchia per queste stronzate” borbottò Meli estraendo il coltello lordo di sangue.
Alle sue spalle, Logan stava facendo a pezzi un grosso lupo nero. Tre licantropi a terra. Erano rimasti due contro due. Assolutamente fattibile, pensò Meli. Il sacco di sambuco era quasi pieno; fatti fuori quei due pelosi, avrebbero potuto finalmente tornarsene a casa.
I due guerrieri si prepararono, schiena contro schiena, all’ultimo assalto.
***
…che non arrivò. I due lupi, per un attimo, sembrarono scombussolati. Poi annusarono l’aria, guairono e fuggirono veloci tra gli alberi.
“Ma che cazz…?” cominciò Meli, abbassando il bastone; ma un respiro pesante, rantoloso e enorme la bloccò. I due si guardarono allarmati; poi, insieme, sollevarono lo sguardo. E quello che videro non era decisamente un licantropo. O meglio: lo era; ma era come se uno scienziato pazzo lo avesse pompato di muscoli facendolo gonfiare al doppio del suo volume originale e, cosa più notevole, lo avesse dotato di quattro paia di occhi in più.
La bestia spalancò la bocca e ruggì un ruggito che non aveva nulla di lupesco. Meli notò con orrore le tre file di denti acuminati della dimensione della sua faccia. Alle spalle del mostro, una lunga coda piena di aculei sibilava e frustava l’aria.
“Che ci fa un nekorai qui?!” sbottò Meli. Prima le strigi, poi la succube, e adesso quella bestia infernale a metà tra un puma e una iena gigante? Avrebbe avuto da dire due o tre parole a sua sorella, oh sì.
Che poi il nekorai non era un mostro di quelle longitudini; Meli lo conosceva solo grazie alle favole orientali che Meimei e nonna raccontavano, tanti anni prima, a lei e alle sue sorelle prima di dormire. Era topico delle torride paludi orientali, non certo adatto alla vita di montagna. Che diavolo ci faceva lì?
Logan non restò fermo a chiederselo. Caricò la bestia facendo un salto e puntando dritto alle sei paia di occhi neri. Ma non arrivò al bersaglio: il nekorai indietreggiò e con una zampata scaraventò Logan a diversi metri di distanza. L’ammazzamostri grugnì e rotolò dolorante. Meli corse verso di lui, mettendosi tra l’uomo a terra e il mostro. Il suo cervello correva all’impazzata. Quel mostro era enorme. Non avevano speranze.
Logan si alzò a fatica dietro di lei. Aveva la spalla lacerata dagli artigli della bestia. Grondava sangue.
“Riesci a combattere?" gli chiese Meli impanicata, frugando nella sua bisaccia alla ricerca di una soluzione magica. Ecco, lo sapeva: avrebbero dovuto tenersi i gattini. Logan raccolse la spada con la mano sinistra e sputò a terra un grumo di sangue. “Sì” rispose.
Il nekorai avanzò verso di loro. Meli non aspettò il suo turno per fare la piñata. Mollò la bisaccia e con il bastone colpì il muso della bestia mentre Logan sferrava un fendente alla spalla.
Il ruggito di dolore dell’enorme felino fece vibrare i sassi sotto i piedi di Meli, che finalmente trovò quello che cercava: la boccetta verde. La scagliò nella bocca aperta del mostro. Il nekorai, colto di sorpresa, si bloccò a metà ruggito; poi ingoiò la boccetta, vetro e tutto.
Non accadde nulla.
“Ottima strategia” grugnì Logan.
“Pensavo funzionasse” si difese lei.
Passato il momento di sbigottimento, il nekorai rabbioso le fu addosso. Ma Logan fu più veloce: la afferrò per la giubba e la scagliò all’indietro, al sicuro. Dove un attimo prima c’era Meli, adesso il mostro torreggiava su Logan, inchiodato a terra da una zampa artigliata. Il mostro ringhiò minaccioso e aprì le fauci.
Ecco. Lo avrebbe inghiottito in un boccone. Meli, orripilata, si sentì impotente come mai in vita sua.
Il mostro sussultò e si bloccò con la bocca aperta. Una bava verde e schiumosa cominciò a colargli tra le zanne, mentre convulsioni sempre più forti gli scuotevano il corpo mostruoso. Logan sgusciò via dalla presa. Il mostro crollò a terra, il corpo contorto da spasmi orrendi.
Meli osservò la scena in un mix di emozioni confuse: disgusto, rapimento, fascinazione; inaspettata speranza.
Logan, ricoperto di bava verde dall’odore nauseante, le si fece accanto. “Che gli hai lanciato?”
“Aconito” rispose lei, incapace di distogliere lo sguardo dalla bestia agonizzante. Infine, in un ultimo singulto strozzato, il nekorai morì.
Meli e Logan si guardarono straniti. Ce l’avevano fatta. Avevano raccolto il sambuco durante la luna piena.