IX.
[Ashley Sterling]
Lazerin | BUG RILEVATI | Broken einheri, impossibile risalire al codice identificativo | EINHERI Ashley Sterling (16 errori) | Tessuto rotto | Rischio di collisioni di terre lungo l’asse 70Y
Non aiuti nessuno così.
Spalanco gli occhi e mi tiro su, la tenda della porta-finestra lascia filtrare a malapena una sottile lama di luce che si posa sulle lenzuola azzurro pastello aggrovigliate ai miei piedi. Non sono più in centrale, Yelena ha finalmente resettato.
Tiro fuori le gambe dal letto e poggio le piante sul pavimento fresco. Mi brucia il petto, ci metto una mano sopra. È un dolore sordo ma costante, stringo i denti e soffio per liberarmene.
Mi sforzo di ricordare qualcosa dopo la chiacchierata con Rivas, una donna simile a mamma che mi offre qualcosa di caldo, il suono di sbarre che vengono chiuse, lo sfrigolio dell’elettricità. Il mormorio incessante della mia voce che ripete devi salvarli, devi salvarli, devi salvarli.
Sono stata lievemente inquietante.
Tolgo la mano dal petto e mi alzo, stendo le braccia al soffitto per stiracchiarmi. Grazie al cielo non ricordo gli emotional damage che mi hanno ridotto in quello stato, sono il tipo di persona che si deprimerebbe inutilmente più che rimanere concentrata.
E poi, finiti i loop, ricordi simili mi impedirebbero solo di riprendere la mia vita.
Mi avvicino allo specchio dell’armadio. I capelli rossi sono sparati in ogni direzione, intorno all’orecchio ho una macchia di peluria marrone. Ci passo una mano sopra, sono piume. Folte e piccole, del mio colore naturale di capelli.
Sono più dell’ultima volta.
Non ho il tempo di tingermi i capelli solo per nasconderle, bisogna farle sparire…
Il cellulare squilla, lo recupero dal caricabatterie attaccato sotto la scrivania. Ronye. È viva! Un moto di felicità mi ribolle nel petto, clicco il tasto verde. «Rho!»
«Palo, ehi! Stai bene.» Il sollievo le riempie la voce. Per lei il tempo si è fermato a quando è stata pugnalata dal dardo di ghiaccio, chissà cosa ha pensato non appena si è svegliata. «Non dovrei romperti a quest’ora…»
«Macché, sono felice di sentirti!» Passo i polpastrelli tra le piume, potrei piazzarci sopra un cappello o una bandana, ma c’è rischio che nell’operazione di oggi li perda per strada e si scoprano le piume sotto. Vanno staccate. «Prima ci parlavamo quasi ogni giorno.»
Afferro la prima alla base e tiro, si stacca ma con una stilettata di dolore secco. È peggio di tirarsi i capelli. Trattengo il fiato.
«Vero.» Rho sospira. «Mi sembra di essermi persa pezzi negli ultimi giorni, stamattina mamma ha spalancato la camera e si è messa a piangere. Papà è stato quasi peggio.»
Strappo la seconda, strizzo le palpebre, un velo di lacrime mi appanna la vista. «Hai fatto preoccupare i tuoi?» La voce mi trema.
«Macché, non ho fatto proprio niente.»
Strappo. Una coppia di gocce bollenti mi scende giù dagli angoli degli occhi. Premo la manciata di piume sulla scrivania e prendo fiato. Non c’è un modo per rendere questo strazio meno doloroso?
Rho sospira. «Probabilmente abbiamo mangiato qualcosa di avariato e siamo tutti sfasati. Ho fatto anche un sogno assurdo.»
Mi passo il braccio sugli occhi. «Eww… Vuoi parlarne?»
Ronye trattiene il respiro per qualche secondo, lo lascia andare in un soffio stanco. «Facevamo bungee-jumping ma a un certo punto la corda a cui eravamo legate si è trasformata in un pezzo di rotaia. Io sono caduta e… c’era una mahou shoujo in rosso che stava precipitando con me su Yrff.»
Mahou Shoujo… Yelena? Una risata isterica mi risale la gola, la trattengo. Allo specchio il mio riflesso ha gli occhi che schizzano da una parte all’altra per il panico. «Ti sei rimessa a vedere cartoni su maghette a tema horror? Lo sai che fanno male all’anima.»
«Lo rinneghi tanto, ma al tempo Astral Paladins ti piacque.»
Ennesimo nome che non conosco. Sta diventando un vizio. Strappo un’altra piuma, il dolore vicino all’orecchio si infiamma. «Magari lo riguarderò, ti unisci?»
«Perché no? Magari settimana prossima.»
«O domani.»
Rho abbozza una risata sommessa. «O domani. Immagino che ti avrò attaccata alle chiappe finché non sarai tranquilla.»
«Mi conosci così bene.» Mi passo una mano tra i capelli. Spero di tutto cuore di non avere altre piume.
«Ora mi dici cosa preoccupa te?»
Rimango in silenzio, non so dove scappare dall’argomento.
Dal ricevitore arriva uno schiocco di dita insistente. «Ho capito, ne parleremo dal vivo. Sei al Granaio oggi?»
Non cambierà idea. Il mio riflesso piega le labbra in un sorriso tremante, sembra che gli basti un colpetto per scoppiare in lacrime. «Ti aspetto.»
Chiudo la chiamata e mi passo i polpastrelli sulla cute sensibile. Forse sarebbe stata una idea migliore tagliarle con le forbici. Quando mai che rifletto più di tre secondi sulle cose!
Getto le piume nel bidone della scrivania e esco da lì, c’è un osso per cani blu smangiucchiato in mezzo al corridoio.
Oh. Abbiamo un cane. Cute!
Come chiamato, un cosino dalla codina frullante sbuca dalla rampa di scale. Mi adocchia, appiattisce le orecchie contro la testa e alza il culetto, ringhia di gola.
Certo che devo essere un’orribile persona se mi odia a quel punto.
Il cellulare squilla per l’ennesima volta, è Seth che mi cerca per entrare nel Granaio. Butto l’occhio allo schermo mentre continuo la mia corsa lungo la via deserta, la casa sfondata dall’albero è in vista. Una macchina sportiva rosso fiammante è parcheggiata di fronte alle rovine.
Non saprei riconoscere il modello, tanto finché hanno quattro ruote sono tutte la stessa cosa.
Mi accarezzo la tasca carica di monetine, la mia piccola arma contro il male. Prima di venire qui sono passata al bar per farmi cambiare una banconota in monetine della taglia più piccola.
Il barista non vedeva l’ora di strozzarmi, temo. Come il cane esagitato di stamattina e, sicuramente, la responsabile non appena si renderà conto che sono assente ingiustificata dal lavoro.
Yelena smonta dall’auto, sulle spalle porta la sua mantella bianca bordata d’oro. La prima volta che l’ho adocchiata non mi ero resa conto di quanti dettagli avesse. Indica con un braccio il sedile del guidatore. «Tuo turno.»
Mi fermo tre passi più indietro, mi mancano le parole. «Perché una così… visibile?»
Yelena si alza il cappuccio sopra la testa. «È veloce, sono fatte per essere comode da guidare. Oltretutto ha un impianto audio tale che potrebbe buttare giù il cielo.»
Le passo accanto e sporgo la testa dentro l’abitacolo, intorno al cambio ci sono lettere. P, D, N e R. «Cos’è questa roba?»
«Cambio automatico, è più semplice.»
«Non l’ho mai usato–»
«Imparerai in un attimo.»
Speriamo.
Yelena mi spinge dentro, mi siedo. La macchina è bassa, ma almeno è già regolata per le mie gambe. Soffoco il pensiero che questa cosa si accorcerebbe al primo scontro e rivolgo uno sguardo alla donna sorridente accanto a me.
Lei mi accarezza la spalla, incoraggiante. «Pronta?»
«Certo.»
Si sporge avanti e clicca il tasto della radio. Una carica nervosa di un paio di violini arriva dalle casse, è chiara e di qualità; sotto al ritmo incalzante il pianoforte ha una linea melodica a cui non avevo mai fatto caso.
Il cellulare torna a squillare.
Yelena batte una mano sulla carrozzeria. «Tu fai in modo che i tuoi amici si dirigano al porto, io intanto te lo attiro fuori.»
Stringo il volante di pelle. Mi tremano le mani. «E quando mi dai il segnale, alzo la musica al massimo e si dà il via all’inseguimento.»
«Ti butti in acqua, io lo purifico prima che coinvolga ogni peschereccio della zona. Ti salvo e lieto fine per tutti.»
Il cellulare smette di squillare.
Sospiro. «Come accendo questo inferno?»
Yelena schiocca le dita. Le chiavi si girano da sole e il motore prende vita. La levetta si sposta sulla lettera N. «Quando senti il segnale passala in D e vai a tavoletta.»
Le mostro il pollice alzato. Yelena gira i tacchi e si avvia verso la galleria, prendo il cellulare e prima di poter aprire le notifiche di sei chiamate senza risposta, riprende a squillare. Scorro il tasto verde.
«Cavolo Sterling! Dove ti trovi?»
«Hm… mi devo recare al porto a recuperare una cosa.»
«C’è anche una tua amica qui, una certa Roxan–»
«Ronye!» Si sente sullo sfondo.
Seth geme, frustrato. «Che cacchio ci fai là? Hai tu le chiavi per entrare!»
«Beh, venite a prendermi. Sarò vicino al capannone della Tiamat quando avrò finito.» Spengo la chiamata. Il cellulare riprende a squillare neanche dopo un paio di secondi, lo getto sul sedile del passeggero e giro la manopola della radio al massimo.
I violini mi vibrano nel petto. Aggiusto lo specchietto retrovisore. L’erba che circonda l’entrata della vecchia galleria è indisturbata, prendo fiato. Sfioro il pedale dell’acceleratore, ancora niente.
L’entrata della galleria esplode, le macerie rotolano su una massa enorme invisibile. Non vedo Yelena, solo l’erba che viene ricoperta di ghiaccio e divisa in due da qualcosa di enorme. Il vetro dei finestrini si riempie di brina.
Qualcosa mi atterra sopra il tettuccio dell’auto.
È Yelena.
«Vai! Vai!»
Piazzo la leva sulla D e pesto l’acceleratore, qualcosa di pesante piega l’albero centenario e salta. Una nebbia, simile all’effetto dell’afa estiva, si riflette nello specchietto retrovisore. La massa vorticante atterra sulla stradina e crea una scossa, la macchina rimbalza.
«Guarda davanti a te!»
L’urlo sopra la mia testa viene mangiato dal vento, mi sto avvicinando a rotta di collo a una curva. La prendo larga e giro di scatto, la macchina nemmeno minaccia di cappottarsi, la tenuta sulla strada è incredibile.
Concentrazione, ho rischiato davvero tanto di prenderla dritta ed entrare nel giardino di un povero sconosciuto neanche un attimo fa.
Una codata del mostro raccoglie tutta la rete metallica della casa, la lancia su un campo incolto. Il tachimetro sfiora i settanta, se faccio una curva stretta a una velocità simile moriamo prima di raggiungerlo il mare.
Una fila di case arroccate l’una a ridosso dell’altra si apre davanti a noi. «Vai troppo veloce, lo stiamo staccando!»
L’idea di rallentare mi fa tremare le braccia, ma lascio l’acceleratore. Ci sono poche persone a quest’ora intorno al porto, chi deve iniziare a lavorare ha già iniziato da tempo e i bagnanti non frequentano mai questa zona.
Centinaia di ragnatele di ghiaccio ricoprono i palazzi, la bestia pianta le zampe. Un’ondata di dardi ci arriva addosso, si infrange su una barriera a bande con un ruggito gutturale. La risale e ne definisce i contorni.
La musica segue un rapido crescendo. Dovrei svoltare alla– sbarro gli occhi. Non mi ricordo la strada.
«Che fa– che fai!? Ashley!»
Supero la zona a traffico limitato, la via prosegue dritta fino al canale navigabile che spezza in due la città. Oltre la distesa immensa d’acqua c’è un’altra striscia di terra piena di case. Se arrivo lì, dovrei trovare un posto da dove buttarmi in acqua.
Supero un paio di runner che costeggiano la strada, non rallento.
«Perché non hai svoltato!?» arriva dal tettuccio.
Barriere a cupola ricoprono le persone per strada, la brina ci cresce intorno. Non rallento. L’afa vibrante arriva loro vicino – trattengo il fiato – e passa oltre. Ho fatto un errore stupido ma sta filando tutto liscio.
Il mostro fa un balzo e si attacca al muro di un edificio, spuntoni ghiacciati colossali fioriscono sul muro. L’essere viene attraversato da una linea di colore, prima di sparire di nuovo.
La macchina di Seth sbuca da una stradina, Rho preme la faccia contro un finestrino. Inchiodo.
Yelena rotola giù dal tettuccio e incrina il parabrezza, cade a terra. Sposto la leva in N e un ruggito spezza il rumore martellante dei violini, la macchia d’afa si sfaccia addosso alla guardiana.
Urla.
Saremo neanche a duecento metri dal nostro obiettivo.
Clicco un pulsante a caso della radio. I violini tacciono, sostituiti da una chitarra pop che fa tremare i vetri, mi sento gli occhi della macchia d’afa addosso. Una vibrazione di colore l’attraversa.
La macchina di Seth sparisce in retromarcia dentro la viuzza dal quale era arrivata, basta questo per distrarlo. Tiro fuori una monetina dalla tasca e la spingo con il magnetismo, schizza come un proiettile. Sfonda il vetro e rimbalza contro le scaglie aguzze senza fare danno.
La figura colossale vibra di colore e torna semi-trasparente.
Tiro fuori un altro paio di monete, tento di spingerle contemporaneamente ma un dolore bruciante al petto mi toglie il fiato. Partono in direzioni opposte e si piantano all’interno dell’abitacolo. Una barriera a bande emerge dal terreno e scolla l’essere da Yelena, e lo capotta indietro. La donna emerge da terra con i capelli pesti di sangue e tossisce.
Metto in D, spingo l’acceleratore e vado a tavoletta contro la creatura. Neanche sfioro i trenta che il rinculo della botta mi fa sbattere contro il poggiatesta, non tolgo il piede dal pedale anche quando la carrozzeria si accartoccia.
Ci schiantiamo contro uno degli edifici congelati.
La lucertola gigante prende colore e lo mantiene, la testa si allunga verso il sedile del guidatore e morde la fiancata. Denti grigi affondano sopra la mia testa, mi getto verso il sedile del passeggero per evitarli.
Strappa la fiancata e la sputa alle sue spalle, tira un altro morso. Spingo le componenti metalliche per evitare che affondi, le zanne sfondano la carrozzeria ma il metallo gli preme contro il palato con abbastanza forza per rallentarlo.
Mi fa male il petto. Brucia.
Le zanne mi sfiorano la maglia, pungono la pelle.
L’essere si sfilaccia e sparisce nella solita stella di cristallo che Yelena brandisce, lascio cadere i frammenti di metallo strappato dall’auto a terra. Il dolore al petto si scioglie.
Abbiamo vinto.
E l’espressione di Yelena è assolutamente furiosa, ma me ne preoccuperò dopo.
Socchiudo gli occhi, sono sfinita. Lascio che il sonno mi trascini nell’incoscienza, sono stata brava. Difficoltà a guidare e dimenticare letteralmente la strada a parte sono stata brava.
Uno schiaffetto sulla guancia mi strappa al mio meritato riposo. Rho è a un passo dalla mia faccia, il viso distorto da una espressione terrorizzata. Sposto gli occhi di lato, Seth è rimasto diversi passi più indietro.
Sono vivi.
Entrambi.
«Palo! Rimani con me.»
Una mano fredda si poggia sul mio fianco, devo avere dei buchi nella maglia perché sento il suo palmo contro la pelle. La abbraccio e le poggio la mano dietro la nuca, le faccio sistemare la faccia contro l’incavo del mio collo. «Sei viva.»
«Tu non per molto, se non ti spieghi!»
[.note a margine]
Questa volta mi tocca ringraziare particolarmente la gente che on-screen e off-screen mi sta commentando i capitoli. Ascoltare le percezioni altrui aiuta davvero tanto a sbloccare idee, per esempio questo capitolo avrebbe fatto più fatica ad uscire se un amico non mi avesse detto
Quindi
Attireranno il mostro blastando musica a tutto volume vero?