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Autore: FanGirlWithK    21/09/2023    0 recensioni
«Ci vediamo tra sessanta giorni.» si promettono.
E ci credono davvero, che la distanza non cambierà nulla, che la relazione si vive in due e che le persone attorno a loro non possono modificare il corso degli eventi. Ci credono tutti.
Ma potranno dire ancora di amarsi quando spunteranno il sessantesimo giorno nel calendario?
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Ogni riferimento a cose o persone reali è puramente casuale.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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10:44 p.m. PST, Los Angeles, United States of America.
Twenty-fifth day.

Erano appena arrivati e già Jackson aveva voglia di andarsene.
«Hey, gradite?» Un ragazzo iperattivo aveva appena lasciato due bicchieri pieni di un liquido verde-azzurro a Jackson e Kris.
«In realtà non voglio bere, però sono sicuro che troverò di meglio a questa serata, lo sento nell'aria.» disse Kris fingendosi pensieroso e, dopo aver lasciato il proprio bicchiere a Jackson, partì alla ricerca della fonte dell'odore che impregnava tutta la sala.
Jackson, rimasto solo, decise di cercare il festeggiato.

Circa un'ora dopo, Jackson non c'era più. C'era solo un ragazzo biondo, alto nella media e con gli occhi a mandorla ubriaco marcio.
«Forse dovresti darci un taglio, ti ricordo che tra qualche ora torni a New York.» Kevin, arrivato qualche minuto prima, lo aveva fatto allontanare dal gruppo con cui stava facendo un gioco.
In realtà Jackson non aveva capito una parola di tutto quello che gli aveva detto Kevin, tranne che per l'ultima frase.

«Tranquillo, credo di aver appena recuperato un minimo di lucidità vedendo le loro facce.»
con la testa indicò la porta di ingresso.
Jinyoung era appena arrivato insieme ad un gruppo abbastanza numeroso. Aveva i capelli tirati indietro per bene e una delle camicie più belle del suo armadio.

«Ha avuto anche la testa per sistemarsi bene.» una risata amara piegò le labbra di Jackson per un millesimo di secondo.
«Ti giuro che mi avevano detto che non sarebbero venuti.» In sottofondo, la suoneria del suo telefono.
«Magari si sono liberati all'ultimo, non devi scusarti di nulla.»
Kevin avrebbe voluto dire qualcosa per confortare l'amico, ma non appena diede un'occhiata al cellulare, un sorriso da ebete gli illuminò il volto, smise di ascoltare l'altro e lo abbandonò in un istante.

Quando Jackson, che aveva le dita ingarbugliate tra i capelli biondi, incrociò lo sguardo dell'unica persona con cui sapeva che avrebbe potuto avere un minimo di sollievo, si sentì stringere lo stomaco.
Vedere l'espressione serena di Ray era l'ultima cosa che avrebbe voluto vedere. Più di quella di Jinyoung.

Ci mise meno di un attimo a prendere le scale e a cercare una stanza vuota. La confusione in testa e la sensazione di non respirare si stavano facendo più soffocanti ad ogni passo.
Nel momento in cui trovò una stanza libera e chiuse la porta, gli sembrò di essere tornato a respirare davvero. Non si sentiva così bene dal giorno prima.

Si sedette su una panca presente nella stanza e osservò le foto, deducendo subito che fosse la stanza del festeggiato.
Adesso che poteva concentrarsi su sé stesso, sentiva l'alcool bruciargli la gola come se non avesse mai smesso di bere.

Tutti i bicchieri che aveva bevuto quella sera non gli avevano liberato la testa dal groviglio di pensieri che lo assillavano. Sentiva la mente annebbiata, ma non per colpa dell'alcool. E non riusciva davvero a capirci nulla, sciogliere tutti quei nodi sembrava impossibile anche per lui, che aveva sempre risolto i propri problemi e quelli degli altri.
E ne aveva sentite di storie come la sua, ma viverla in prima persona lo stava facendo dubitare di parecchie scelte che aveva preso in passato.

Era così assorto a rimurginare sui propri errori da non accorgersi che un ragazzo dai capelli neri era entrato e si era seduto sul letto.
Quando Jackson si voltò, il suo cuore perse un battito.
«Quanto hai fumato per essere qua dentro?»
Jinyoung inizialmente ignorò la domanda e si distese, sorridendo. «Abbastanza da non essermi accorto che c'eri tu fino a quando non mi sono seduto.»

Si girò verso la panca e diede due colpi con la mano sul letto. «Non sei nessuno per farmi la predica, sei messo male quanto me se non peggio. Vieni.»
Il biondo negò con la testa, per poi guardare fuori dalla finestra. Avrebbe solo voluto avere un buco nero sotto i piedi per poter andare via da quella stanza e da qualunque persona sulla faccia della terra.
«Il fatto che ci siamo lasciati non significa che non possiamo più fare sesso. O essere amici.» Un sorriso illuminò il volto spento di Jinyoung.

Jackson ci aveva fatto caso la sera prima. Nonostante, a differenza sua, Jinyoung si trovasse da circa un mese in una città dove splende perennemente il sole, lui era diventato molto più magro e pallido.

«E quand'è che ci siamo lasciati?» Jackson non poté non notare gli occhi rossi dell'altro, ma preferì non chiedere se fossero così per il fumo o per la stanchezza.
Si alzò per andarsi a sedere vicino a lui, e fu un'azione puramente istintiva quella di sfiorare le sue guance e le sue labbra.

Qualche attimo dopo, si rese conto di cosa stava facendo e si allontanò, così Jinyoung si alzò per poter fronteggiare l'altro.

«Ti ricordi le nostre prime volte?» si guardarono negli occhi, color miele e color seppia.
«La prima volta che abbiamo fatto l'amore, in quella cameretta che con gli anni ha visto tanto di noi. Il nostro primo bacio, ci sconvolse tanto che non riuscimmo a baciarci per la settimana successiva. La prima vacanza da soli, le prime volte che siamo rimasti a casa senza nessun'altro.»
Jinyoung abbassò lo sguardo, non riusciva a reggere il peso delle sue parole e del linguaggio del suo corpo.

Jackson si avvicinò di un passo all'altro, stringendo leggermente i pugni per non sfiorarlo.
«Un mese, senza di te, l'ho passato con il pensiero che ti avrei rivisto e che ci saremmo potuti riscoprire da cima a fondo, goccia per goccia, centimetro per centimetro.»
Jinyoung non riuscì a trattenere una lacrima, che gli solcò il viso; Jackson non riuscì a trattenere la propria mano, che asciugò la sua guancia.

Una risata sarcastica uscì spontaneamente dalle sue labbra. «Avresti almeno potuto dirmi che quelle degli ultimi mesi sarebbero state le ultime volte, mi sarei preparato.»

   
 
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