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Autore: NyxTNeko    25/09/2023    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 155 - Ritorno alle origini -

Parigi, 26 giugno

Hippolyte Charles stava facendo preparare le valigie per il viaggio. Aveva ceduto alle lusinghe e alle lacrime di Rose e sarebbe partito con lei. La pressione aveva portato la sua amata a compiere quella scelta sofferta: raggiungere il marito in Italia. In questo modo sperava di tranquillizzare Bonaparte e di conseguenza farlo concentrare soltanto e completamente alla campagna.

- Sei pronto Hippolyte caro? - udì il giovane militare alle sue spalle. Si voltò e vide Rose rivolgersi a lui, coprendosi il viso, nascondeva l'ennesima crisi di pianto che aveva avuto negli ultimi giorni. Indossava comunque il suo abito migliore, ci teneva a mostrarsi perfetta, persino in una situazione del genere.

- Sì sono pronto mia dolce Rose - si slanciò il ragazzo, baciandole la mano agguantata e delicata - Lo sai che ti seguirei anche in capo al mondo... - le asciugò gli occhi umidi - Non devi essere triste, rinunciare alla vita parigina è dura, ma vedrai che insieme riusciremo anche a superare questo...distacco...

Rose si strinse ad Hippolyte, persino uno come lui cascava al trucco delle lacrime facili "Se solo funzionasse con mio cognato" sospirava. Il fratello di Napoleone, invece, continuava a dimostrarle diffidenza "Come se fosse un santo poi" si era diceva tra sé la donna "Lo sappiamo tutti che si è divertito anche lui qui, altrimenti non si spiegherebbe la malattia venerea che ha contratto negli ultimi tempi". Nei salotti le voci circolavano costantemente - Sì accanto a te sento di potercela fare, grazie mille, caro - trattenne a fatica le lacrime e si poggiò al suo ampio petto.

Era una vera e propria scocciatura dover lasciare Parigi, ma non ne poteva più delle incessanti lettere lamentose, magniloquenti di Bonaparte. Aveva persino mandato il duca Serbelloni per consegnargliene una, con tutti i problemi che quell'aristocratico portava con sé da Milano. Le scuse che Joséphine utilizzava ogni volta per evitare quel flusso epistolare non facevano altro che aumentarlo e renderevano sempre più inquieto il marito.

'Non mi resta che morire...Sarebbe possibile! Tutti i serpenti delle Furie sono nel mio cuore, e io esisto già solo a metà. E tu...le lacrime scorrono, non ho più quiete, né speranza' scriveva Bonaparte, la scrittura rapida, quasi incomprensibile, risaltava il suo tormento. Non sapeva se fosse reale oppure volutamente esagerato - I bagagli a che punto sono, Hippolyte? - domandò poi riprendendosi.

- Sono pronti anche i bagagli - emise sorridendo l'ussaro, sperando che ciò potesse rendere Rose di buon umore. Il loro amore, pure se adultero, era reale e corrisposto. Sentiva di non aver mai amato una donna così prima di allora, nonostante la differenza di età e la fama che circondava la creola. E come era stato accorto con Giuseppe Bonaparte lo sarebbe stato anche con il fratello - Come stanno i tuoi bambini? Hanno preso bene la notizia del viaggio?

- Sono un po' dispiaciuti, però anche loro mi hanno detto che è giusto che stia vicino a Bonaparte - rispose onestamente la donna. Quando si trattava dei suoi adorati figli, non riusciva a mentire - Si stanno affezionando a lui, nonostante la lontananza, gli scrivono più lettere di me a volte - si sistemò un boccolo dietro l'orecchio - Ed è ricambiato, tant'è che quando può manda loro dei regali, esaudisce le loro richieste... come se fosse davvero un padre...

'Abbraccia i tuoi adorabili figli, mi scrivono lettere incantevoli. Da quando non debbo più amarti, li amo di più'. Questo lato paterno e amorevole la stupiva non poco. Era raro trovare un uomo così ben disposto a farsi carico dei figli altrui, sin da subito: neppure Hippolyte arrivava a tanto, pur essendo sempre benvoluto dai suoi bambini, allo stesso modo poteva dire di Barras. 'Detesto Parigi, l'amore, le donne'. Non aveva ancora bene inquadrato Bonaparte, era buffo e al tempo stesso solenne, affettuoso e distante.

Era come se vivesse un conflitto che non gli dava pace, tra il dover essere imposto dalla società, dal ruolo ottenuto e il voler essere che tentava di trattenere disperatamente. 'Una febbre ardente percorre ancora le mie vene, e la disperazione è nel mio cuore...' Aveva compreso, quindi, che fosse un uomo dall'emotività dirompente e la bugia di essere ammalata non aveva di certo risolto la situazione, al contrario, lo aveva reso ancora più preoccupato e asfissiante. Le aveva scritto per tre giorni di fila! 'Ogni passione mi tormenta, ogni presentimento mi affligge'.

Pur non rimembrando tutte le parole delle varie epistole, le aveva lette una volta soltanto, soprattutto le più lunghe, non aveva dimenticato l'angoscia quasi palpabile che stava facendo provare a Bonaparte, con le sue scuse. La pregava di dedicarsi esclusivamente alla salute, di non sforzarsi, di non dover assolutamente morire. Dunque le sembrava di aver scongiurato il peggio, ossia il dover partire, ma poi, quando aveva accennato ad un permesso che si sarebbe preso per accertarsi delle sue effettive condizioni, si era spaventata. Bonaparte era davvero capace di piombare all'improvviso, lo aveva fatto spesso, fin da quando si erano frequentati le prime volte. E se avesse scoperto tutto...

La dama di compagnia bussò delicatamente alla porta, interrompendo quel flusso di pensieri e ricordi - Madame, scusate il disturbo, ma volevo riferire che la carrozza è pronta, stanno aspettando soltanto voi - la timida voce della giovane risuonò alle orecchie dei due amanti, si guardarono, si baciarono appassionati, stretti in un caldo abbraccio e uscirono. Sapevano di non poter più rimandare.

- Finalmente si sono decisi ad uscire - disse Junot, desideroso più che mai di tornare sul campo di battaglia e ricoprirsi di gloria - Non ne potevo più di aspettarli!

- Dovreste sapere i tempi di una signora, Junot - gli rispose Giuseppe, avvicinandosi a lui, a braccia conserte - Se poi si parla di una donna come Rose o Joséphine, come la chiama mio fratello, allora i tempi diventano quasi biblici... - aggiunse sarcastico - Napoleone non poteva scegliersi moglie più complicata... - sospirò profondamente "Se solo la storia con Desirée fosse andata diversamente oggi non ci troveremmo in questa situazione". Si trovò a fissare il cognato Nicolas Clary, poco lontano dal gruppo, impaziente al pari di tutti loro.

- Il comandante non ha mai amato nessuna come lei - rispose Junot schiettamente - Ho trascorso molto tempo al suo fianco, soprattutto negli ultimi anni, se penso che era arrivato al punto in cui non sopportava neppure di vederle le donne...

- Non mi stupisce affatto questo suo ragionamento e atteggiamento - riferì Giuseppe, grattandosi la testa; Napoleone gli aveva mandato molte lettere in passato riguardo questa faccenda - Fa sempre così, quando qualcosa o qualcuno gli provoca dolore, specialmente dopo avergli suscitato dei sentimenti molto forti e coinvolgenti, nei primi tempi cerca di allontanarlo, se non può fisicamente, quantomeno nel suo animo - guardò il giovane aiutante di campo del fratello che annuiva attento - Un modo per difendersi dal dolore...per sopravvivere... - aveva fatto lo stesso con Paoli e la Corsica. Quando ne parlava, quelle poche volte che accadeva ormai, mostrava distacco e astio.

Junot abbassò leggermente la testa, sperava che stavolta il comandante non si fosse cacciato nuovamente in una situazione del genere. Anche perché Napoleone amava in una maniera tutta sua, diversa da qualsiasi altro uomo. Il suo stesso approccio al mondo concreto, astratto e sentimentale era inusuale. Coglieva anche il più piccolo dettaglio, lo analizzava e lo studiava, fino a renderlo parte della sua esperienza, interiorizzandolo. Raramente si lasciava guidare dall'istinto: dietro l'azione vi era una profonda riflessione - Vostro fratello non è di certo una persona comune - disse soltanto.

- Non lo è mai stato e ne è consapevole - confermò Giuseppe, poi sbuffò - Ora andiamo, meglio non perdere ulteriore tempo... - fissava Joséphine e Hippolyte con attenzione, non aveva ancora avuto la prova concreta di una loro relazione amorosa, eppure continuava a non fidarsi affatto. Li avrebbe tenuti d'occhio per tutto il viaggio, sarebbero stati nella medesima carrozza, lo aveva quasi preteso.

Anche Junot aveva rivolto lo sguardo nella stessa direzione, però non erano i due amanti il suo oggetto di interesse - Non è una donna bellissima? - chiese il giovane militare nel mentre si avvicinavano a loro - La dama di compagnia intendo, si chiama Louise Compoint, l'ho incrociata da qualche giorno ma già non riesco a dimenticarla - ci tenne a precisare, appena intravide il terrore dipinto sul volto del povero Giuseppe - State tranquillo, vostra sorella Paolina è soltanto un ricordo - gli diede una gomitata complice - E mai mi sognerei di infatuarmi della moglie del mio comandante, altrimenti sarebbe la fine per me...

- Si vede che lo conoscete bene - ridacchiò Giuseppe. Era sollevato nel constatare che suo fratello avesse dei collaboratori di cui si fidasse e ai quali fosse legato. Nonostante l'indole solitaria e introversa, Napoleone aveva bisogno di sostegno e fedeltà per andare avanti, il poter contare su qualcuno gli dava forza e altesì uno scopo di vita. Per questo motivo non sopportava l'atteggiamento di Rose, invece di supportare il marito, non faceva altro che ignorarlo, senza perdere tempo, però, nel godere delle sue vittorie "Chissà che avrà intenzione di fare in Italia..." si domandava nel momento del baciamano che le era dedicato - Madame - aggiunse con poco trasporto.

Rose si limitò a sorridergli, a labbra chiuse, vedendolo da vicino le differenze fisiche con il fratello erano più marcate: lo sguardo in particolare, sì entrambi avevano gli occhi chiari, ma vi era una profondità diversa. Quelli di Giuseppe non portavano l'abisso, non creavano suggestione ed erano meno espressivi, forse a causa del suo mestiere.

Erano privi della tacita malinconia, dell'inquietudine senza tregua che aveva intravisto in quelli di Napoleone 'Un funesto presentimento mi impedisce di respirare'. In quelle parole cercava la verità dei termini che utilizzava, erano esagerati oppure stava davvero soffrendo così intensamente? 'Sono tanti i miei torti nei tuoi confronti che non so come espiarli.' Forse era proprio per questo che si era decisa a scendere in Italia.

Era sempre stata brava nel capire gli uomini, dopo quanto gli era accaduto con il primo marito, quell'esperienza l'aveva resa una donna matura e consapevole dei propri bisogni, dei propri desideri. E quindi di come ottenerli grazie ad uomo, soprattutto di prestigio. Eppure con questo generale corso, dall'aria impacciata, passionale, marziale e riservata non ci riusciva con la stessa facilità: era decisamente insolito - Madame Bonaparte - udì dalla bocca dell'aitante Junot, le stava regalando anch'egli un cortese baciamano, ma non la sua attenzione.

In effetti il giovane stava ammiccando alla sua dama di compagnia, che aveva accanto. Louise era arrossita vistosamente, ma cercava di celare il viso, doveva capire se per pudicizia o perché ne ricambiasse i sentimenti. Junot era il classico uomo che Josèphine aveva incontrato innumerevoli volte: di bell'aspetto, capace di tenere una conversazione anche frivola, vanitoso delle proprie qualità e capace di attirare molte donne a sé. L'esatto opposto del generale Bonaparte.

Ricevette il baciamano da tutti gli uomini presenti, tra questi c'erano pure i servitori e il finanziere Antoine Hamelin, che manteneva Joséphine e le sue spese folli, esagerate. Infatti si era unito alla carovana per ottenere un lavoro presso il generale corso. La creola teneva Fortunè tra le braccia e, salita sulla carrozza, si mise ad osservare tristemente il suo suntuoso palazzo in rue Chantereine. Istintivamente mise la mano sopra quella di Hippolyte e si sentì rassicurata, le dava la forza per affrontare qualsiasi situazione.

"Devo calmare Bonaparte o non smetterà mai di tormentarmi con la storia della malattia e della gravidanza" pensava sospirando 'Tengo all'onore perché tu ci tieni, alla vittoria perché ti fa piacere; senza di questo, avrei lasciato tutto per gettarmi ai tuoi piedi'. Quel tipo di devozione era ciò che voleva evitare, si era unita a lui sostanzialmente per ottenere considerazione, onore e soldi. Dopo aver vissuto quasi di stenti e rischiato di finire sotto la ghigliottina, credeva di avere tutto il diritto di potersi permettere uno stile di vita del genere.

Tra Pisa e Firenze, 28 giugno

Napoleone, ignaro della partenza della sua amata Joséphine, dopo averle inviato l'ennesima lettera, era disceso nel Granducato di Toscana, per controllare la situazione al porto di Livorno, sottratto ai britannici, che vennero cacciati il 27. Tuttavia il comandante francese non si era calato verso quel territorio mosso solamente da tale intento. Vi erano anche delle ragioni personali che lo avevano spinto a tale meta, ossia un piccolo borgo di origine medievale che lo attirava, ed era posto tra Pisa e Firenze: San Miniato al Tedesco.

- Lì c'è il ramo toscano della nostra famiglia - aveva riferito orgoglioso - O meglio l'ultimo discendente, il canonico Filippo Buonaparte per giunta, prima di raggiungere la superba Firenze mi piacerebbe passare di lì ad offrire i miei saluti e omaggi ad un uomo tanto illustre - emise sorridendo leggermente. Aveva mandato uno dei suoi aiutanti di campo, il giorno prima, ad avvertire il lontano parente della sua visita. E la cittadina, appena lo aveva saputo, era come esplosa di gioia, pure perché avevano sentito delle recenti vittorie di quel giovane generale.

Per la città non poteva essere che una fonte di orgoglio ricevere un simile onore, era davvero un'occasione più unica che rara, nonostante fosse stata la piccola città in cui l'imperatore Federico II di Svevia aveva fatto costruire la caratteristica rocca, che da allora svetta sul punto più alto del colle e domina San Miniato e che aveva sancito la sua fiera appartenenza alla fazione dei Ghibellini, in epoca medievale. In passato fu oggetto di contesa tra fiorentini e pisani che di volta in volta la conquistarono, enfatizzando la nuova appartenenza, che dalla seconda metà del Trecento era fiorentina. Ed era anche sede di una parte della diocesi.

- Mi ricordo che una volta me ne avevi parlato fratello - emise Luigi, che camminava accanto al generale, un po' emozionato nel sapere di più sulle loro origini toscane e italiane.

- Ed era stato quando mi avevi domandato... su come avesse fatto nostro padre ad avere ottenuto il titolo nobiliare, per permetterci di studiare in Francia - ricordava perfettamente Napoleone. In realtà c'era già stato in passato, aveva pressappoco nove anni ed era andato con il padre per recuperare l'attestato di nobiltà - Solo i veri aristocratici avevano il privilegio di poter accedere all'accademia militare o ad altri istituti, scuole di grande prestigio - ridacchiò divertito Napoleone al ricordo di quanto fosse diversa la società sino a pochi anni prima - Eppure sembrano essere passati secoli, la Rivoluzione ha davvero stravolto il mondo

Chissà cosa avrebbe pensato il padre della Rivoluzione, quando era vivo si era tenuto informato su quella americana, che giudicava giusta, lottare per la libertà era il sogno comune dei corsi in quegli anni. Perciò avrebbe visto quella scoppiata in Francia, come una preziosa opportunità per liberare l'isola. Forse con la sua presenza, Paoli avrebbe capito e quel progetto che il giovane Napoleone aveva in mente per la Corsica si sarebbe potuto realizzare. "Ma con i se e con i ma la storia non si fa" sospirò al pensiero di quel sogno infranto: com'era cambiato, in tre anni aveva maturato una visione completamente differente della vita e dell'umanità.

Se la formazione militare non lo aveva portato a realizzare il desiderio di suo padre Carlo, quantomeno gli stava servendo per rendere glorioso il nome, cancellare l'onta dell'esilio e conquistare uno status superiore al precedente. Aveva ereditato l'ambizione paterna ed era determinato a superarla, come un allievo nei confronti del maestro.

San Miniato, 30 giugno

Il silenzio di quella notte venne rotto dal galoppo di alcuni trombettieri, che con il loro strumento, seguiti da alcuni dragoni e un piccolo gruppo di ufficiali fidati, annunciavano l'arrivo dell'ospite d'onore: il comandante dell'Armata d'Italia, il generale Bonaparte. Il giovane Napoleone avrebbe voluto incontrare il canonico alla Scala, dov'era presente la posta, ossia il luogo in cui si facevano riposare e cambiare i cavalli, tuttavia le condizioni di salute del parente, di cui era stato avvisato immediatamente, lo avevano portato a raggiungere il piccolo borgo.

Per il generale fu davvero un ritorno, la sagoma dell'imponente campanile del Duomo, oltre alla Torre di Federico II, gli erano familiari. L'immagine di San Miniato che aveva nella mente corrispondeva a quella che si trovava davanti, immutata, immobile nel tempo. L'unico dettaglio che era cambiato riguardava soltanto la moda, non più quella rococò esagerata, ma quella semplice nata dalla Rivoluzione. A dimostrazione di come la Francia influenzasse ancora l'Europa, nonostante tutto.

- Molto reverendo - si rivolse il generale al canonico, con profondo rispetto, togliendosi il cappello, una volta fermatosi a palazzo Buonaparte. Esibì un breve inchino, anche per nascondere la commozione che provava in quel momento - È un vero piacere per me trovarmi al vostro cospetto - continuava in un perfetto italiano. Ci teneva particolarmente a ribadire le radici che univano i rami corsi e toscani della famiglia Bonaparte.

L'anziano zio, umilmente vestito di nero, lo vide scendere energicamente dal suo destriero, evidenziando la differenza d'età che intercorreva tra i due lontani parenti - Cittadino generale - fu la sua calma risposta - Il piacere è anche il mio, soprattutto dopo aver letto e udito le vostre imprese, siete cresciuto molto dall'ultima volta - era molto più magro di quanto ricordava, eppure riusciva a cogliere la grande forza d'animo, lo spirito battagliero, determinato, la formidabile intelligente, che lo aveva sempre contraddistinto.

Napoleone allargò le braccia, Filippo fece lo stesso e si strinsero in un abbraccio cordiale, carico di significato, era l'accettazione di quell'eredità di sangue da parte di entrambi. Seppur il comandante fosse più che consapevole che con la morte del canonico, il ramo toscano si sarebbe estinto definitivamente. Ma quell'incontro sarebbe rimasto nella storia, consegnato alla posterità, di questo era assolutamente sicuro.

- Immagino siate molto stanco e affamato, cittadino - la voce calma del canonico era molto rasserenante, era simile a quella del suo compianto prozio Luciano, probabilmente la grande fede, che li accomunava, rendeva i loro animi pacati e distesi - E l'accoglienza è ben gradita al Signore, entrate pure, vi ho fatto preparare la cena e una stanza per riposarvi - poi aggiunse - I vostri uomini sono stati bene accolti dalle famiglie samminiatesi, sia aristocratiche, sia comuni, hanno messo a disposizione ben volentieri le loro abitazioni

- Vi ringrazio per la gentilezza e la premura, molto reverendo - affermò Napoleone, dirigendosi verso il palazzo che al buio celava la sua antica bellezza. Dalle finestre basse, reticolate, la luce della candela mostrava il silenzioso lavoro della servitù. Una volta entrato venne trattato con ogni riguardo, poté conversare liberamente con lo zio, nel mentre gustava i piatti locali, fino a quando il fisico del canonico glielo aveva potuto permettere. Solo allora il giovane corso si era concesso qualche ora di sonno.

Ma l'accoglienza non era affatto finita e non appena era sorta l'alba il vescovo in persona, assieme al vicario, ad altri due canonici e l'intera nobiltà avevano allestito un baldacchino e lo avevano ossequiato, dimostrando un'accoglienza che Napoleone non avrebbe mai dimenticato. La popolazione samminiatese era fiera di poterlo anche solo vedere di sfuggita. Un esponente della alta nobiltà, Simone Cardi Cigoli, si rivolse al generale congratulandosi per l'arrivo - La vostra presenza e ascendenza onora la nostra città

Napoleone replicò - Non posso non restare sensibile di fronte a tali espressioni e a un simile trattamento - pose una mano sul cuore, era sincero, con gli anni si era abituato all'indifferenza della gente e ricevere tanta considerazione lo colpiva. Era da molto tempo che non provava quella piacevole sensazione di appagamento; era benvoluto, apprezzato, non era acclamato solamente per necessità o rispetto. Percepiva il calore che proveniva da ciascuno di loro. Si convinse ancora di più che la strada che stava percorrendo era quella giusta - Avrò sempre grande riguardo nei confronti di San Miniato, la riconosco come mia patria d'origine e occuperà, da oggi in poi, un posto speciale nel mio cuore

 

   
 
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