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Autore: Skiocco_muto    26/09/2023    0 recensioni
Tre bottiglie, già detto tutto
Genere: Comico, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando il capitano John scese in coperta capii di che identità di tempesta stavamo parlando.
Lui si stava facendo luce con una vecchia lampada ad olio mentre scendeva le scale, borbottando qualcosa riguardo ai fulmini, ai pescecani e a dio.
Io non ci feci caso, ero troppo spaventato da quei rumori che provenivano dal mare e si schiantavano contro la nostra barca.
E poi, se quel dannato lupo di mare era laggiù con me, doveva davvero esser sceso il giudizio universale.
John si sedette accanto a me e tirò fuori dall’oscurità della stanza una bottiglia di rum, la stappò con i denti e la prosciugò avidamente, quasi come se l’ingerire quel liquido dal cattivo odore potesse far cessare la tempesta.
Io, nel mio piccolo, pregavo: pregavo come un dannato di uscire vivo da tutti i rumori delle onde che si abbattevano sulla nostra bagnarola e, nel caso non fosse possibile, di finire in paradiso nonostante le due o tre caramelle che avevo fregato a mia madre prima di partire.
Lui, tutto il contrario.
Non pregava, non era spaventato, non faceva niente se non bere.
Io non ero molto credente, possiamo dire che mi riconoscevo devoto a dio solo quando non ero sicuro dell’esito di ciò in cui mi ero buttato, come in questo caso, o quando mia madre mi trascinava in chiesa.
Ma non potei fare a meno di notare che se gli angeli avessero accolto il capitano nel regno dei cieli in quel momento l’avrebbero colto nel peccato, e non mi avrebbe potuto seguire nemmeno nel purgatorio.
E lui, menefreghista di tutto, se ne stava lì, con lo sguardo spento dall’esperienza ed inebetito dall’alcol, tracannando rum.
Strano tipo, il capitano John.
Taciturno, irascibile, scorbutico.
Ma molto, ma molto, ironico.
Era sua la famosa battuta: “Come si invita uno squalo a cena? Dandogli un assaggio!”
Lo so, forse non era il massimo, ma in sè conteneva una grande verità; uno squalo aveva avuto un assaggio del capitano John.
Infatti era una cosa nota come tre anni prima avesse perso il proprio braccio in un’epica lotta contro il mostro; in una mano brandiva una sciabola e nell’altra una bottiglia di rum, con la sciabola sfidava il mostro e con la bottiglia cercava il coraggio necessario, così cominciò ad aver paura solo quando perse il braccio con il liquore.
Come poi uccise lo squalo strappandogli il cuore con l’aiuto del suo braccio ingerito è storia.
Ma a me allora, anche se non avevo che otto anni, sembrò una gran balla.
L’unica testimonianza dell’avvenimento era il suo braccio di legno di castagno, roso dal mare e dal vento come il suo sguardo, che molti, però, credevano reduce da tutt’altra impresa; una scommessa, da ubriaco, sul fatto che non avesse il coraggio di tagliarsi l’arto, e lui, spinto dal solito liquore, dimostrò che non era vero.
Era sempre stato spavaldo il capitano John, mai aveva mancato di dimostrare il proprio valore in imprese cretine e senza senso da poi ingigantire in osteria.
Ora guardarlo seduto, rassegnato, troppo indifferente per parlare ma troppo spaventato per smettere di bere da quella bottiglia, mi gelava veramente il sangue.
Ma quello che accadde dopo, quello sì che smise di farmi scorrere il plasma nelle vene.
Ero solo un bambino allora, e si sa, i bimbi uniscono realtà e fantasia, non scindono cosa è reale e cosa hanno immaginato, ma vi giuro, vi giuro, tutto quello che scriverò da qui in poi è accaduto riga per riga.
Io stavo rannicchiato in un angolo, nel buio, mentre mi tappavo le orecchie con le mani e fingevo di essere a casa da mia madre, pronto in qualsiasi momento a veder squarciare il legno della barca e entrare fiotti d’acqua.
Poi, tutt’a un tratto.
Toc Toc.
Qualcuno stava bussando alla botola, durante la tempesta, su una barca con due soli passeggeri.
Io rimasi pietrificato; cercai nello sguardo del mio capitano conforto ma trovai solo terrore, terrore puro, molto più intenso e forte del mio, un terrore consapevole, come se sapesse chi aveva bussato, e, per questo, lo temesse molto di più dell’ignoto.
Toc Toc.
Il capitano strinse a sè la bottiglia di rum, poi, con una voce tremante e spaventata disse: “Avanti.”
Lo stormire del mare aveva quasi reso inudibile ciò che aveva detto, ma lo strano ospite aprì la botola e scese le scale, si sedette davanti a noi increduli e poi, con uno schiocco di dita, richiuse, educatamente, senza sbattere, la botola.
Colui che era entrato, era il diavolo.
Certo, non era “il diavolo”, era solo un addetto a riscuotere le anime, un piccolo impiegato del grande sistema dell’inferno che cercava di arrivare a fine mese nonostante lo stipendio misero che prendeva, che doveva considerarsi fortunato, considerata la crisi, però era un diavolo.
E, fidatevi, per me era più che abbastanza.
Io lo guardai esterrefatto, neanche capace di sbattere le palpebre.
John, invece, ricominciò a tracannare rum, ancora più terrorizzato di me.
Lui, dal canto suo, si rimise a posto i polsini, prese un respiro profondo e tirò fuori un documento dalla sua bisaccia, si mise due occhiali da lettura e intonò:
“E il sommo diavolo disse; l’anima del capitano John Bauler appartiene all’inferno, come mai ancora non risulta esser stata ritirata?
Ed io; O sommo, non so.
E lui; Comando che sia posto rimedio a tutto ciò.
Ed io; Forse sbagliano cli archivi, mio signore.
E lui; Gli archivi non sbagliano.
Ed io; Me ne compiaccio, o massimo.
E lui; Per cui non resta che una sola azione da compiere.
Ed io; Sono pronto, mio maestro.
E il diavolo disse; Quindi, vai, o tu, misero, sulla terra, cerca l’anima di quel peccatore, e recala a me.”
Detto questo, mise via il documento e guardò John dritto negli occhi.
“Ora dimmi, John.” Fece “Che devo fare? Concilia?”
John non rispose, era troppo preso dal rum per decidere, o forse sperava che bastasse per dissuadere quella creatura degli inferi.
Io, invece, me ne stavo zitto zitto, con la bocca spalancata, sbalordito come mai.
“Capirai, caro il mio John, che non posso, ora che il Sommo ha controllato, non portarti all’inferno con me.”
Continuò lui.
“Lo so, lo so.”
“L’altra volta ho truccato un po' i documenti, ma adesso sai che non è più possibile.”
“Ho capito, ho capito.”
Il diavolo si rimise apposto gli occhiali, poi si sedette accanto a John.
“Vedila così John, hai potuto spendere meglio questi tre anni extra.”
“Sì, ma non riesco a capacitarmi, insomma...”
“E’ sempre così, è sempre così.”
“Capirai, è uno shock per me.”
“Ti capisco, quando si viene trascinati all’inferno è sempre traumatico.”
“Fino a due secondi fa ero libero di vivere la mia vita e…”
“Se ti vuoi sfogare...”
“…e ora devo morire.” Detto questo, il mio capitanò scoppiò a piangere tra le braccia del diavolo, mentre lui gli dava delle amorevoli pacche sulla schiena.
“Oh andiamo, non è così drammatico…”
“Sì che lo è!”
“Ma no, sei tu che lo dipingi così, vedrai che… ehm… vedrai che ti ci abituerai.”
“No che non mi ci abituerò, lo sai che ci metto tanto ad accettare le cose io.”
“Non è poi un così gran cambiamento, anziché d’esser bagnato dell’acqua salmastra, sarai ustionato dal fuoco, al posto di dover tirar su gran banchi di pesci dovrai trainar pietre, per il resto son frivolezze: ti alzi alle otto, timbri il cartellino e stacchi verso le quattro, hai tutto il pomeriggio libero da passare nel girone che preferisci.”
“Buaahhhhhhhhhhhhhhhhhh!”
“No, no, suvvia…”
“Mammmaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!”
Okay, lo ammetto, quest’ultima battuta era mia.
Ma loro non fecero caso né a me né a quest’ultimo urlo infantile.
“Andiamo John, tirati su.”
Il mio capitano smise di piangere, si staccò dal demone e tirò un po' su col naso.
“Ecco, così, bravo.”
Poi la creatura infernale tirò fuori un fazzoletto.
“Forza soffia.”
“SFHHHHHHHHHHHHHHHHH!”
“Meglio?”
John annui.
“Tieni, grazie.”
“No, figurati, tienilo pure tu” Fece il figlio di belzebù ridacchiando.
“Ma non potresti indirizzarmi da un'altra parte? Magari il limbo, o il purgatorio.”
“Caro il mio John sai benissimo che chi vende la propria anima al diavolo non può sperare in altro che in una stanza all’inferno.”
Il lupo di mare abbassò lo sguardo, poi, con una voce cupa, disse:
“Se fosse stato Jim l’avresti fatto.”
“Prego?”
“Per lui hai sempre fatto tutto.”
“Ancora con Jim? Andiamo!”
“Non negarlo; lui è sempre stato il tuo preferito.”
“Ma lo sai che quando si parla di prendere anime non ci sono preferenze…”
“Quando ci hai proposto di vendere l’anima a lui hai dato un contratto che lo spediva tra i lussuriosi!”
“Embè? Diceva che aveva sempre caldo, con quel venticello che soffia da loro starà al freschetto.”
“Anche io ho sempre caldo!”
“E non ti ho mandato anche te al freschetto?”
“A congelare tra i traditori?”
“Senti, avevo un solo contratto per il peccato della lussuria, ti ho dato quel che è rimasto.”
“E’ sempre così, a lui i lussuriosi a me i peccatori nei ghiaccioli!”
“Beh almeno lui quando è arrivato il suo turno non si è nascosto in coperta.”
“Tutte balle, tu lo preferisci perché è biondo.”
“Ma tutto questo è ridicolo.”
“Se penso alle bugie che mi hai detto: “vi vedo allo stesso modo, non puoi chiedermi di scegliere…” QUANDO IN REALTA’ SOGNAVI I RICCIOLI DI JIM!”
“ LO AMMETTO, TROVO JIM PIU’ BELLO DI TE, MA SAI BENISSIMO CHE NOI RISCUOTITORI DI ANIME NON ABBIAMO PREFERENZE!”
“COME NO! TI SEI COMPLIMENTATO CON ME DEL FATTO CHE CURA L’ASPETTO FISICO ANCHE TUTT’ORA ALL’INFERNO!”
“MA RICOMINCI CON QUESTA STORIA?”
“ “DOVRESTI SEGUIRE IL SUO ESEMPIO JOHN” “DOVRESTI CURARE DI PIU’ LA TUA BARBA JOHN” “DOVRESTI TENERE IN ORDINE LA TUA CAMERA JOHN””
“MI SEMBRA CHE SIA UN DATO DI FATTO CHE TUTTO QUESTO NON SIGNIFICHI CHE IO PREFERISCA JIM A TE!”
“Ehm…”
“COME STAI BENE JIM”
“OH MA PIANTALA”
“Eh-ehm.”
I due si voltarono verso di me di scatto, notando, con loro sorpresa, solo in quel momento che anche io avevo assistito alla conversazione.
“Tu guarda! Il piccolo mozzo di cui mi parli sempre!” disse la creatura infernale guardandomi con un’insolita apprensione.
“Se tu venissi ogni tanto a vederlo l’avresti conosciuto prima, ma sei sempre troppo dietro ai mozzi di Jim.”
“E smettila!”
“Signor diavolo.”
“Dimmi piccolino-signor Diavolo, l’hai proprio educato bene!-dimmi tutto.”
Io raccolsi tutto il mio coraggio.
“Che succede ora?”
“Co-ome prego?”
“Insomma, che cosa farete adesso? Porterete il Capitano John all’inferno?”
Il diavolo abbassò lo sguardo, poi, con voce sommessa, disse;
“Purtroppo sì.”
Cadde il silenzio.
“Ma…”
“Non ho altra scelta pulcino, non ho altra scelta.”
“Perché?”
“Perché anni orsono, in un momento di follia, lui vendette l’anima al diavolo per una bottiglia di rum.”
Il Capitano abbassò lo sguardo, stringendo a sè la fonte dei propri guai.
“Una bottiglia di rum?”
“Mh-h, una bottiglia di rum.”
“E per che diavolo di-“
“Ah-a, modera i termini pulcino, è una frase offensiva per me”
Io mi fermai, ingollai la mia rabbia e il mio stupore, e ricominciai.
“Perché vendette la sua anima per una stupida bottiglia di rum? Come mai gli è venuta un’idea così stupida e irresponsabile e bislacca?”
“Parla per te, a me, sul momento, sembrava una buona idea.”
“Devi ammettere John, che il piccolino ha ragione.”
“Si ammettilo.”
“Tu lo dici solo perché io non sono Jim.”
“Ehi, guarda che lui non scambiò la sua anima per del liquore.”
“Ah sì? vuoi sapere, ragazzo, cosa spinse il perfettissimo Jim a regalare la propria essenza all’inferno? Un dopobarba”
“Fu una scelta di gran classe, sei solo invidioso.”
“Già, sei solo… aspetta un attimo…”
“No, magari in altre occasioni sono stato invidioso, ma ti giuro che stavolta non gli invidio proprio nulla.”
“Perché il rum e il dopobarba?”
“Non avevamo spiccioli, eravamo oltre la dose d’alcol che fa mantenere la ragione, e… e lui ha colto l’occasione, ti basta?”
“Ma..”
“Hanno firmato un contratto; due anime per una bottiglia e una lozione di dopobarba, tutto qua.”
 “Però…”
“Il contratto parla chiaro; la sua anima, quando morirà, apparterrà all’inferno.”
“Ma in questo caso è tutto risolto; il capitano John non è mica morto.”
John strinse la bottiglia più forte.
Il diavolo mi guardo con una profonda amarezza, poi, con un groppo alla gola, mi disse;
“Non te l’ha detto, vero?”
Io non capivo, guardai il mio capitano, ma lui era troppo preso dalla vergogna per spiegarmi.
“John morì tre anni fa, quando uno squalo gli strappò il braccio.”
“C-C-cosa?”
“Hai sentito benissimo.” Borbottò John.
“Lui e Jim erano amici di vecchia data, legati dagli stessi intenti, dallo stesso mestiere e dalla stessa passione per la bottiglia.
Una sera qualcuno dei due bevve un bicchierino di troppo e trascinò l’altro in una scommessa; non sarebbe riuscito ad uccidere uno squalo.
Così andarono in mare, spinti dall’ebrezza, quella stessa notte, con una tempesta più fragorosa del vento che si sfrange sulle rocce e più aspra degli scogli aguzzi, l’acqua sembrava cercar di divincolarsi da catene, il mare era diventato una creatura, era vivo da tanto che si muoveva, e io credo che perfino i pesci, quella notte, ebbero paura di nuotare.
Ma gli squali, gli squali avevan fame d’uomo e sete di sangue, così, una volta arrivati al largo, John e Jim buttarono in mare quante più esche avevan raccolto, cercando di attirare l’unica cosa che, anche ubriachi com’erano, gli avrebbe mostrato l’emozione più vera e lucida di tutte; il terrore.
Solo un pescecane accorse al richiamo, solo il più temerario e spietato di tutti, l’unico essere al mondo tanto sfacciato da venire in superficie.
Lo videro nonostante la notte fosse scura e spessa, senza neanche la Luna ad illuminare un poco il viso di quei due uomini dannati dal vento e prostrati dalla pioggia.
Solo una lanterna si faceva coraggio tra le tenebre, timida illuminava la barca.
Lo squalo si mostrò con tutta la sua ferocia saltando fuori dall’acqua; gli occhi iniettati di sangue, le fauci spalancate, azzannò la barca, morse il legno come se fosse carne, e rimase attaccato lì.
John e Jim lo guardarono pietrificati, ma lui non demorse, rimase appeso lì, guardandoli con occhi di fuoco.
Il tuo capitano lo prese per una pinna, lo tirò su e lo trafisse con un colpo che credeva mortale.
Ma la bestia aveva ancora vita in corpo, e con l’ultimo sforzo…”
“AHHHHHHHH!” urlai terrificato.
“Strappò il braccio a Jim.”
Io spalancai gli occhi.
“A Jim?”
“A Jim.”
“Ma…”
“Strappò il braccio Jim, lui urlò più forte dei tuoni, tanto forte da scuotere anche l’inferno, guardò negli occhi John…”
Il mio capitano, che fino a quel momento si era messo in disparte, esiliandosi dalla conversazione, interruppe la narrazione;
“Mi disse di riprendere il suo braccio, di tagliare la testa allo squalo e di riprendere il suo braccio.
Ma ero troppo accecato dall’alcol per vedere cosa stavo facendo, così, al posto della testa, gli tagliai una pinna.”
“Una pinna?”
“Esatto ragazzo, hai sentito bene.”
“Ma… come hai fatto a confondere una testa con una pinn-“
“Diciamo soltanto che io, mentre tagliavo, ero fermamente convinto che fosse la testa.”
Io lo guardai estereefatto.
“Lui, dal canto suo, non si mosse, l’aveva finalmente raggiunto la morte e dormiva soavemente nel suo sonno, quasi come se gli istanti prima non fossero mai esistiti.
Forse fu la bottiglia a muovermi, oppure era davvero una bella idea, ma, dopo essermi accorto di non averlo decapitato, e di averci lo stesso messo un tempo non immediato… mi balenò nella mente che… che forse non era l’idea giusta.
Riaprii le fauci al mostro, misi la mia spada in modo da tenerle spalancate e tentai con le braccia di recuperare la gamba di Jim, mi mossi troppo, urtai la spada e, purtroppo, dovetti salutare per sempre il mio braccio destro.”
Detto questo prese un sorso di rum.
“Persi conoscenza e, quando mi svegliai, c’era lui, lo stesso diavolo che anni prima mi aveva preso l’anima per una bottiglia di rum, con in mano una pergamena, che aspettava due firme.”
“Avevo appena finito di svegliare Jim”
“Mi porse una lunga penna d’oca, poi, sorridendo, mi indicò dove firmare.
Ora, non è che io non voglia rispettare le regole, e non è neanche che fossi spaventato dall’inferno, insomma, se si è visto i sette mari come li ho visti io, nulla può più spaventare, ma, così, sul momento, mi arrivò il primo pensiero lucido della serata; Jim non aveva firmato.”
“Sempre Jim ha per la testa lui, da quando li ho incontrati la prima volta; se fa una cosa Jim la deve fare anche lui…”
“E poi, guardai di sfuggita il mietitore d’anime, e vidi come guardava teneramente il mio compagno di scorribande-“
“Ora teneramente…”
“ Sì, teneramente, perché tu l’hai sempre preferito a me! Tu non mi apprezzi, ecco la verità!”
Singhiozzò un po' mentre diceva l’ultima frase, poi, tirò sul col naso, e si volò verso di me;
“M’impuntai, non volli firmare finché non ebbe firmato Jim.”
“Uh-oh.”
“Già ragazzo, uh-oh.”
“E poi?”
“E poi Jim firmò, e lui m’intorto con un sacco di chiacchiere sul fatto che preferivo Jim, la solita roba.”
“E’ VERO!”
Urlò John, piagnucolando.
“Io… io pensai che era vero, che era vero che preferivo Jim, che l’avevo trattato male, che gli avevo dato poche attenzioni e… così, per farmi perdonare, falsificai il contratto.”
Finito di dire questo, tirò fuori una lunga piuma d’oca, un pezzo di carta giallastro e un calamaio.
“E, stasera, sono tornato per mettere quella firma mancante dove deve stare.”
Il mio capitano non lo degnò di uno sguardo.
“John, o vieni con le buone, oppure verrai con le cattive; trascinando con te quest’innocente.”
Lui alzò un sopracciglio, afferrò la penna, e firmò.
“Vedrai, hai fatto la cosa giusta.”
“Mh-h, l’ultima volta che l’hai detto è stato per una bottiglia di rum.” Fece mentre stappava la sua beniamina.
Prese un sorso, poi la offrì al demone.
Lui la prese tra le mani, l’avvicinò alla bocca e ne bevve avidamente una bella sorsata.
E il diavolo disse “E non avevo forse ragione?”

Primo capitolo, prima bottiglia.
Troppo tempo dal prologo, vero
ma, con mia meraviglia
a giudicar dalle visite ho più di un lettore, spero.
   
 
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