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Autore: Stardust Revolution    28/09/2023    0 recensioni
Questa fanfiction ripercorre la storia di come Belzebù e Gabriele si sono innamorati.
L'inizio è simile a quello che ci hanno presentano nella seconda stagione di Good Omens, ma con delle differenze che porteranno la loro storia d'amore a venire modificata nel percorso.
Prima di tutto la canzone che verrà usata non sarà Everyday, ma Mary on a cross dei Ghost.
Su quella canzone si baseranno i loro primi incontri e la loro relazione.
PICCOLO DISCLAIMER: : userò il maschile per riferirmi a Belzebù. Non per chissà quale motivo, ma semplicemente perchè in italiano è più semplice. Usare il they nella nostra lingua rende la lettura lenta e pesante, e anche la stesura del testo. Spero quindi che capirete che è solo una scelta di comodità, rispetto e rispetterò sempre i pronomi di chiunque, anche dei personaggi che non esistono, ma spero capiate che la nostra lingua ha dei difetti in questo senso.
Grazie se siete arrivati già fin qui. Buona lettura.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Belzebù, Gabriele
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo quell’incontro i due si videro altre volte, ma non per caso. Si davano appuntamenti in modi subdoli e si allontanavano dalle loro rispettive postazioni usando varie scuse, spesso senza senso.
Quando Gabriele usava qualche scusa assurda, Michele e Uriel lo guardavano male, ma non osavano mai discutere. Quando Belzebù usava qualche scusa assurda, Dagon spesso non capiva e gli augurava buon divertimento, ma gli altri demoni iniziavano a farsi domande.
 
Gabriele aspettava Belzebù seduto su una panchina del parco. Era notte e non c’era più nessuno da ore. Aveva capito che al demone piacevano i posti poco affollati e silenziosi: Belzebù gli aveva confidato che l’inferno era sempre pieno di gente che camminava avanti e indietro, pieno di urla e di caos. Così l’arcangelo pensò che forse preferiva posti più tranquilli di quello dove stava sempre.
«Scusa il ritardo.».
L’arcangelo si voltò nel sentire la voce familiare.
«Non sono arrivato da tanto, tranquillo.» rispose Gabriele con un sorriso.
«Si che sei arrivato da tanto. Lo so che sei puntuale, non dire cavolate.» rispose Belzebù che andò a sedersi sulla panchina.
«Oh, di cattivo umore?» sorrise Gabriele.
«Al piano di sotto cominciano a chiedersi dove diamine io vada ogni volta.».
«Anche al piano di sopra. Michele soprattutto è un tale ficcanaso che… » Gabriele interruppe la frase e si schiarì la voce, voltando il capo di lato.
«No, continua.» ghignò Belzebù, interessato.
Gabriele guardò Belzebù che sorrideva contento, tutto pronto a sentire qualche cattiveria verso qualcuno, e roteò gli occhi al cielo sospirando.
«Michele è un ficcanaso. E credo sia anche geloso della mia posizione. Credo anche che se potesse mi ruberebbe il posto,si.» disse l’arcangelo.
«Oh, quindi ci sono degli angeli fastidiosi in paradiso, non me lo sarei mai aspettato.» disse sarcasticamente Belzebù.
«Non tutti tutti sono fastidiosi.» disse Gabriele.
«Infatti tu non lo sei.» disse Belzebù.
«Non intendevo questo ma … grazie.».
I due sorrisero all’unisono.
«Se Michele prova a farti qualcosa chiamami che lo concio per le feste.» disse il demone.
«E che cosa gli faresti?» chiese Gabriele.
«Preferirei non dirtelo.» rise Belzebù.
«Come sei cattivo.» disse l’arcangelo, canzonandolo.
«Oh, si lo sono. Ti piace?» continuò il demone con un sorrisetto malizioso.
Gabriele non rispose, ma si avvicinò e lo baciò sulle labbra. Belzebù non fece alcuna resistenza, ma si tolse dal capo il cappello e poggiò una mano sulla gamba dell’altro. Quando il demone forzò la sua lingua tra i denti dell’arcangelo quello ebbe un momento di esitazione. I suoi occhi chiusi ebbero un fremito e si irrigidì, ma non respinse la situazione.
Quando si staccarono Gabriele si portò una mano sulla bocca.
«Dovevi proprio?» disse, arrossendo.
«Non ti è piaciuto?» domandò Belzebù, con fare innocente.
«No, è che … .» iniziò l’arcangelo, non sapendo bene come proseguire.
«A me piace il sapore che hai. Forse hai addosso un profumo un po’ troppo di … paradiso, ma hai un buon sapore, anche se ogni volta sento questo bruciore sulle labbra. Ma hai notato? Non ci succede più come la prima volta: i segni dorati sulla mia bocca svaniscono subito, così come le piaghe sulla tua. » gli disse il demone, dondolando i piedi.
«Si, quello l’ho notato. E’ che … mi fa strano fare queste cose.» disse Gabriele, ancora rosso in viso «E … non so se sia giusto.» aggiunse.
«In che senso?» domandò Belzebù, guardandolo.
«Nel senso che … insomma… siamo un angelo e un demone, no? Siamo … .» .
«Nemici?».
«Lo so che abbiamo deciso di rimandare per sempre l’Armageddon. Però … insomma … noi siamo destinati ognuno a stare al suo posto. Capisci cosa dico?».
Belzebù sospirò profondamente.
«Certo che lo capisco.» disse, gravemente.
Scese un silenzio di tomba. Solo il vento freddo della notte si poteva sentire fischiare.
«Quindi … cosa facciamo?» Gabriele spezzò il silenzio all’improvviso.
«In che senso? Non ti sta bene che ci vediamo?» domandò il demone.
«Si che mi sta bene, ma … credo che potrebbero scoprirci prima o poi.».
«Forse… .».
«Già.».
Gabriele si stava torcendo le mani. Dentro di se qualcosa stava per venire fuori, ma non voleva.
«Se continuiamo a vederci in questo modo arriverà il momento in cui dovremmo fare i conti con tutti.» disse infine.
Belzebù annuì lentamente. Comprendeva cosa volesse dire l’arcangelo: quella loro relazione non poteva durare per sempre, sarebbe venuta fuori prima o poi, e comunque anche in quel modo erano costretti sempre a nascondersi per stare assieme.
«Pensi che… che sia meglio finirla qui, Gabriele?».
La voce seria di Belzebù colpì l’arcangelo nel petto così forte che nemmeno un fulmine lanciatogli nel cuore da Dio stesso avrebbe fatto così male.
« No! Io …. Io… tu stai facendo sul serio con me, giusto?».
«Eh? Che domanda è mai questa? Lo sai che sto facendo sul serio con te. Pensi che sia solo un’avventura questa?».
«No, è che … sarebbe tutto più facile se mi dicessi che lo fosse, però … .».
«Cosa? Dici che ti sentiresti meglio se io affermassi che la nostra relazione è solo … una delle tante?! Come puoi dire una cosszza del genere?!».
Il ronzio nella voce arrabbiata del demone sembrò far vibrare le fioche luci dei lampioni accesi nel parco. Ora era in piedi e fissava l’arcangelo.
Gabriele si rese conto che la struttura della sua affermazione era fraintendibile sotto più punti di vista.
«Aspetta, aspetta! Non intendevo mica dire che tu sei … che potresti essere … .» iniziò a dire agitando le mani.
«Una puttana, Gabriele? E’ questa la parola che cerchi?» sbottò Belzebù.
Gabriele si portò le mani sulle orecchie come se avesse appena sentito una bestemmia.
«Non intendevo quello! Intendevo dire che sarebbe più facile se tu non stessi facendo sul serio, se mi stessi prendendo in giro! Potrei mettermi l’anima in pace solo in questo modo!» disse quasi gridando.
Di nuovo scese il silenzio. I lampioni tornarono a brillare fiocamente. Belzebù rilassò i pugni stretti, Gabriele fissava le scarpe nere dell’altro.
«Siediti. Ti prego. Sto dicendo solo cose stupide stanotte. Perdonami.» disse l’arcangelo prendendo la mano dell’altro.
«No, scusami tu. Ho capito cosa volevi dire. Ho capito le tue… paure. Sono anche le mie. Ho paura di non poter stare assieme a te come vorrei, perché siamo un dannato angelo e un dannato demone!» disse Belzebù sedendosi e stringendo la mano dell’altro.
Gabriele annuì silenziosamente.
«Non so se quello che provo per te sia giusto. Non so nemmeno cosa sia quello che provo. So solo che sto bene assieme a te. E non ne comprendo il motivo. Siamo così diversi.».
«Lo stesso vale per me. Non capisco perché ma quando ti sto vicino mi sento bene. E sono un demone e vivo all’inferno, non so cosa diavolo sia stare bene!».
I due sorrisero. Belzebù poggiò il capo sulla spalla dell’altro. Gabriele gli prese il viso tra le mani e lo baciò. Di nuovo avvertì come sempre quella sensazione di puntura dolorosa sulle labbra, ma oramai si era quasi abituato ed era diventata una cosa quasi piacevole, familiare. Provò allora a baciare come l’aveva baciato prima l’altro, usando la lingua.
«Potresti ritrovarti con qualche mosca in gola, ti avverto.» disse Belzebù fermandolo per un attimo.
Gabriele rise.
«Non importa.».
«E potrei avere un saporaccio.» proseguì il demone.
«Non importa nemmeno quello. Vuoi il bacio o no?» fece Gabriele.
«Lo voglio. Fammi dimenticare ogni cosa. Fammi dimenticare che sono un demone.» rispose Belzebù.
Gabriele sorrise.
«E tu che sono un angelo.»
  
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