«Ah, ma siete voi!» Nojiko accantonò il fucile di sua madre e fece accomodare Nami e Sanji all’interno di casa
sua; «non mi aspettavo di trovarvi qui in questo periodo dell’anno, è presto
per la maturazione dei mandarini, Nami, lo sai.»
«Lo so, siamo qui solo per stare un po’ tranquilli. A volte la Going Merry sa essere così…»
«Caotica, immagino. Venite pure, avete fame? Posso offrirvi del tè? Per il
pasto lascerei volentieri fare al cuoco, se non è un problema.»
Nojiko stava raccogliendo le verdure nell’orto mentre
i due si stavano godendo un po’ di sano silenzio all’interno della casetta in
legno: si sarebbero fermati volentieri fino a sera, dissero con disinvoltura e
con l’approvazione della ragazza. Le chiacchiere si inseguivano, la nostalgia
aveva preso il posto degli aneddoti del presente riportando le due ragazze
all’infanzia, ai giochi semplici, ai desideri e ai sogni di bambine. Sanji le osservava ammirato, e non dalla bellezza: vedere Nami sorridere così, ridere di cuore, era raro. Sempre
concentrata sul suo obiettivo e sulle carte di navigazione, dava poco spazio
alla leggerezza e ai momenti di svago.
«Venite a vedere, ditemi se vi piace: ho impiegato mezzo pomeriggio per poterle
preparare!» Nojiko trascinò sulla veranda i due,
mostrando entusiasta le sue fatiche: una serie di piccole lanterne fatte a mano
con la carta percorreva tutto il profilo della casa, illuminando di una luce
calda e accogliente, una luce in grado di risaltare sul color ligneo
dell’abitazione. «Allora, vi piace?»
Nami batté le mani entusiasta, seguita da Sanji che aveva annunciato la cena. I tre mangiarono di
gusto all’aperto, chiacchierando, ridendo ancora, lasciandosi trasportare dalla
serata e dalle ore troppo rapidamente.
«Sono stata bene qui, sai?»
Sanji osservava Nami, le
lucine la illuminavano con delicatezza mentre fuori la sera aveva lasciato il
posto a una nottata tiepida e intima. «Immagino, si vede, d’altronde c’è tua
sorella. È normale.»
«No, dico, con te. Mi sono sentita bene, sì.» Lasciò spaziare lo sguardo sulla
piantagione a cui tanto teneva, sperando di non lasciar trapelare il colorito
acceso sul volto. «È stato piacevole, tutto qui. Non montarti la testa adesso!»
Pronta a rimproverare il solito atteggiamento da Don Giovanni dell’amico, venne
colta alla sprovvista dalla serietà con cui lui la stava guardando.
«Sto solo guardando quanto tu sia bella sotto a questa lanterna, Nami, niente di più. Niente smancerie.» Le prese la mano
tra le sue e ne baciò le nocche una a una.
«Niente esagerazioni.» Le si avvicinò, a un paio di centimetri dal volto;
poteva chiaramente avvertire come il respiro di lei si fece più veloce.
«Niente baci…» lasciò morire la frase mentre le sfiorò appena le labbra con le
sue, in una delicatezza che neppure lui pensava di poter dimostrare.
Anche perché lei non reagì, se non irrigidendosi immediatamente e facendo
difficoltà a spiccicare una singola parola: la sua lingua tagliente e
doppiogiochista per una volta si fece mordere, preferendo lasciare spazio al
silenzio.
(E all’imbarazzo),
Che portarono Sanji a ridere e abbracciarla stretta,
prima di ricevere un ceffone per il tentativo di palparle il fondoschiena da
sopra lo scalino di legno.
Tentativo fallito.
Forse.