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Autore: Blablia87    05/10/2023    3 recensioni
[Spoiler!S2][Ipotetica S3]
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Aziraphale ha cambiato nome e ruolo, e questo gli è costato tutto: persino se stesso.
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Crowley è rimasto davvero solo per la prima volta in seimila anni e, forse, il destino dell’Universo che ha contribuito a generare e che tanto ha amato non gli interessa più molto.
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La Seconda Venuta è alle porte e, mentre qualcuno trama nell’Ombra, qualcun altro non è disposto a vedere la Luce della speranza spegnersi: la Terra è troppo bella per sparire prima che possa trascriverne ogni aspetto nel suo taccuino.
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Dal capitolo 11:
"Ancora con gli occhi chiusi a seguito della caduta, Muriel sentì una voce metallica e leggermente ovattata dire: “sto chiamando il numero in rubrica selezionato: Anthony J. Crowley”.  Poi, dei segnali acustici gracchianti e cadenzati."
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Metatron, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Azi
 

 



Paradiso - Ufficio dell’Arcangelo Supremo - Oggi

 

 

 

Aziraphale, i gomiti puntati sulla sua scrivania di vetro satinato, si passò nervosamente le mani tra i capelli.

Qualche scintilla dorata si liberò dalla chioma bionda, rimanendo sospesa attorno alla sua testa come una leggera nube.

Non c’era modo. Nemmeno una singola, piccola, marginale possibilità. Aveva trascorso tutto l’anno precedente a modificare dettagli più o meno importanti, testare luoghi, mutare accadimenti,  cambiare orari. In nessuno dei tremiladuecentoventitré scenari che aveva composto sarebbe stato in grado di salvare la Terra.

Certo: quello era il volere di Dio e, come tale, non avrebbe dovuto trovare ostacoli o ripensamenti, soprattutto ad opera di uno dei più alti ufficiali del Paradiso.

E, a ogni modo, i Giusti si sarebbero salvati (era stata in assoluto la prima cosa che si era premurato di controllare, trovando un intero paragrafo del Grande Piano dedicato alla spartizione delle Anime al “termine di Tutto”).

Ma non riusciva a non pensare agli altri. Ai giusti di animo, anche se non ospitati sotto le ali del loro dogma. Ai bambini di ogni angolo del globo appartenenti ad altre confessioni o così piccoli da non essere ancora stati battezzati (continuava a rimbombargli nelle orecchie una frase sentita chissà dove ma che non riusciva in alcun modo a ignorare: “non i bambini… non puoi uccidere i bambini!”1)). Certo, per loro era stato preparato il limbo. Ma era davvero un bel destino? Soli, senza genitori, eternamente immobili in un'enorme sala giochi con due angeli (nemmeno i più simpatici, da quanto aveva potuto sbirciare dalle assegnazioni) a custodirne l’ingresso?

Serrò gli occhi, le dita ancora affondate nei riccioli chiari.

E l’erba? Il sole? Il vento? La pioggia d’estate, gli animali, le piante? I pesci, i fiori, gli usignoli?

L’intero Universo sarebbe stato strappato via come una vecchia carta da parati. 2)

E che dire dell’improvviso sovraffollamento che si sarebbe creato all’Inferno? Era già abbastanza buio e angusto senza scaraventarvi dentro quasi sei miliardi di persone in un sol colpo. Considerando poi che le Schiere Celesti contavano un ventesimo di quella unità, non sarebbe passato molto tempo prima che gli inquilini del piano di sotto venissero a esigere un po’ di spazio. E una seconda Guerra Celeste era davvero l’ultima delle cose che avrebbe voluto veder accadere (o per meglio dire la seconda: la distruzione del Globo rimaneva salda al primo posto degli scenari da incubo).

Avrebbe potuto provare a istruire il Redentore sulla Terra… forse, conoscendola e imparando ad amarla, avrebbe fatto una chiamata alla Madre per comunicarle che “no, non se ne faceva nulla”. Ma non aveva un solo appiglio legale per poterlo fare. Le Sanctissima Scholarum si trovavano in Paradiso e, anche se avesse convinto l’Altissima della bontà dell’idea (il che, comunque, significava mentirle), sicuramente gli sarebbe stato affiancato almeno un altro Arcangelo come aiuto. E, a quel punto, tanto valeva rimanere Lassù e sperare di riuscire a svolgere qualche lezione “a porte chiuse”.

Per la tremiladuecentoventiquattresima volta, non trovando vie di uscita, sospirò e fece comparire una tazza di tè fumante alla sua destra e un blocco da disegno alla sua sinistra.

Aveva scoperto che disegnare riusciva a rischiarargli la mente e a mettere a tacere, almeno per qualche attimo, il suo tormento. Non avrebbe potuto continuare a farlo per sempre - Michele e Uriel avevano fissato la data di arrivo del Salvatore allo scoccare del secondo anno di sua reggenza del Paradiso («Ci sono un po’ di fascicoli arretrati da visionare - lo aveva avvisato Uriel aprendo la porta del suo ufficio, spalancando davanti ai suoi occhi una pila di faldoni che si ergevano traballanti gli uni sugli altri fino a sparire alla vista - Gabriele non amava molto la parte burocratica del lavoro… Penseremo alla Seconda Venuta quando saremo in pari!») - ma, fino a quel momento, aveva funzionato abbastanza bene nell’evitare che cedesse troppo allo sconforto o alla rabbia.

Disegnava quasi sempre piccoli animali (principalmente cani, api, serpenti, gatti, conigli) o vegetali (alberi, ma anche piante casalinghe come Anthurium, Filodendri, Zamie…), cercando di ripescarne tutti dettagli dalla memoria per tenere la mente in allenamento e non perdere il senso di familiarità che lo legava alla Terra.

E poi, senza una cadenza regolare, disegnava lui.

Non avrebbe saputo dire che si trattasse delle reminiscenze di un vecchio sogno o pura fantasia, ma ogni volta che tornava a tracciarne i contorni sentiva di essere nuovamente a casa.

Aveva le fattezze di un angelo, e ne portava le vesti (le prime in assoluto, quelle che l’Altissima in persona aveva scelto e intrecciato per loro). I capelli - di una meravigliosa tonalità di rosso che non era mai riuscito a ricreare fedelmente con i colori a sua disposizione - gli cadevano attorno al viso in piccoli e morbidi boccoli, circondando un viso sorridente e due grandi occhi verdi e brillanti. Si soffermava sempre a lungo su di essi, disegnandone ogni screziatura con cura e attenzione. Ma ogni volta rimaneva con addosso la triste sensazione di non essere riuscito a render loro - e alla gioia straripante che contenevano - piena giustizia. Tracciava poi ogni più piccolo dettaglio delle ciocche rubre. Quelle dietro alle orecchie, successivamente quelle sulla parte alta del capo e, infine, il piccolo ciuffo ribelle che gli ricadeva sulla fronte. Dopo passava al naso, alle labbra e, per terminare, a spalle e ali.

Aveva disegnato il suo volto da ogni angolazione, abituandosi così tanto alla sua persistenza nella propria mente da aver iniziato a percepirlo come un rifugio.

Anche quel giorno quindi iniziò dagli occhi, alternando tra le dita della mano destra il piccolo manico della tazza da tè e la matita che aveva fatto comparire sopra il blocco poco prima di iniziare a disegnare.

 

E così - chino sul foglio bianco, con tante piccole schegge d’oro sospese attorno alla testa come una pioggia immobile - lo trovò Saraquael circa tre ore terrestri dopo quando, con un leggero movimento delle dita, aprì la porta dell’ufficio e vi entrò senza tante cerimonie.

«Saraquael!» sobbalzò Aziraphale, le efelidi auree improvvisamente più accese. «Quante volte devo dirti di buss-»

«Più o meno lo stesso numero di volte in cui dovrò ricordarti che le bevande umane non sono ammesse in Paradiso, immagino» ribatté lei, guardando con malcelato fastidio la tazza vuota.

Lui sospirò, stirando le labbra. Con un piccolo sbuffo il taccuino scomparve, insieme alla penna. La tazza invece, quasi per sfida, si riempì nuovamente fino all’orlo.

«In cosa posso aiutarti?» riprese dopo qualche secondo, drizzando la schiena e intrecciando le dita davanti a sé sulla scrivania.

«Si vocifera che Laggiù siano in fermento. Qualche “cambio al vertice”.» Saraquael si avvicinò al tavolino con aria circospetta. «E, considerando l’avvicinarsi del Secondo Avvento, secondo me sarebbe il caso di iniziare a capire chi troveremo in testa alla fazione nemica.»

«Mhm» commentò l’altro, sollevando appena il capo a sottolineare di aver capito. «E quello che tu - perché sicuramente non ne avrai parlato con Michele e Uriel in qualche incontro segreto stranamente non apparso sul calendario ufficiale - suggerisci di fare, sarebbe…» la incalzò, inclinando la testa da un lato e fingendo attenzione.

«… fare una telefonatina dall’altra parte per presentarsi. Una forma di “gentilezza” che manteniamo coi Caduti in memoria dei vecchi sacri tempi di fratellanza.»

Aziraphale sospirò, alzando per un attimo gli occhi al cielo.

«Va bene. Dammi in contatto del nuovo Principe. Qual è il suo nome?»

«Shax» rispose sbrigativamente Saraquael, facendo comparire con un movimento della mano un cellulare traslucido sopra la tazza. Il fumo della bevanda continuò a vibrarsi verso l’alto, come se non vi fosse sopra di sé alcun ostacolo.

«L’ho già conosciuta?» domandò Aziraphale, aggrottando le sopracciglia. «Il suo nome non mi suona del tutto nuovo.»

L’altra lo osservò per qualche secondo con un’espressione incerta sul viso. «Penso… - tentennò, cercando le parole migliori - Penso si possa dire che abbiate avuto una “piccola divergenza di opinioni”, in passato. Nulla di importante. Tu presentati in qualità dell’Arcangelo Supremo Raphael, e non dovrebbero esserci problemi.»

Lui socchiuse gli occhi, sforzandosi di ricordare l’ultima “divergenza di opinioni” avuta con qualcuno, ancor più nello specifico con un demone. Ebbe un paio di flash di se stesso all’interno della propria libreria, ma non sembravano avere molto senso: c’erano un paio di occhiali scuri, qualche scintilla di rosso e qualcosa di spaventosamente brillante, giallo come il sole d’estate e nero come le spire della notte più buia.

«Nulla di importante…» ripeté a sua volta, più per rassicurarsi di non aver che per reale convinzione. «E cosa dovrei dirle, esattamente?»

«Che, come previsto dagli A.M.E.N. - Accordi sui Movimenti Ecclesiali Nascosti - siamo tenuti a comunicarle che a breve verrà posta in essere un’iniziativa che potrebbe condurre nuovamente alla Fine dei Tempi. Del resto loro ci hanno avvisati, l’ultima volta. Oh beh… chiedi anche come stia, naturalmente. Essere gentile è il compito primario di un angelo.»

Aziraphale si lasciò scappare uno sbuffo sarcastico.

«Va bene, Saraquael. Grazie.» Attese qualche attimo che l’altra si muovesse. Poi, capendo che non lo avrebbe fatto, sollevò un sopracciglio per congedarla e indicarle che no, non avrebbe svolto la telefonata davanti a lei.

Lei stirò le labbra, infastidita. Poi fece una piccola piroetta su se stessa, e uscì senza aggiungere altro.

Rimasto solo, Aziraphale indugiò con lo sguardo sul telefono, incerto sul da farsi. Certo, gli accordi avevano il loro valore e andava rispettato. Erano stati siglati alla conclusione della Grande Guerra Celeste, per garantire che non vi fossero ulteriori squilibri dovuti alla posizione di maggior vicinanza all’Altissima dei vincitori rispetto ai Caduti. D’altra parte - per quanto assurdo potesse sembrare agli occhi di moltissimi angeli - Lei non aveva voluto che i traditori scomparissero ma, in un qualche modo, li aveva riassorbiti all’interno di un nuovo equilibrio che si basava proprio sulla dicotomia tra le due fazioni. Non era comunque del tutto sicuro che prendere contatti diretti con gli avversari fosse la scelta più saggia: l’organizzazione si stava rivelando già abbastanza complessa senza mobilitare anche loro fin da subito.

Alla fine - con un grosso sospiro che gli liberava il petto attraverso le labbra schiuse - sollevò il telefono e se lo portò all’orecchio.

 


—-

 

[…]

 

«Capisco. Perdonami, potresti ripetermi il tuo nome?»

«Raphael.»

«Raphael

«Raphael, sì.»

«E quindi - alla luce di tutto quello che ci siamo detti - come posso aiutarti, Arcangelo Supremo

«In nessun modo, immagino. Telefonavo solo perché gli A.M.E.N. prevedono un contatto diretto tra le due figure operative più alte in grado, in questi casi. Era mio compito…»

«Informarmi. Grazie. Lo apprezzo molto.»

«Bene. Ottimo. C’è… c’è qualcosa che dovrei sapere a mia volta?»

«No, direi di no. Anzi sì, una cosa ci sarebbe

«Dimmi.»

«Visto le novità di cui mi hai messo al corrente, credo sia giunto il momento che Crowley riprenda il suo posto come Duca Infernale. In realtà non escludo una promozione, per lui.»

«Crowley…»

«Sì.»

«Non lo conosco, ma se ritieni opportuno che ti affianchi nelle vostre operazioni di controffensiva, fai pure.»

«Oh, sì. Più che opportuno

«D’accordo. Beh… ora devo andare. È stato… interessante, parlare con te.»

«Non sai quanto lo sia stato per me, Raphael…»

 

 

Shax - seduta con le gambe accavallate su un trono scuro e dai bordi aguzzi con addosso un abito aderente con un alto colletto in pizzo nero - rimase per qualche secondo con il telefono tra le mani, lo sguardo assorto di chi sta inseguendo un filo di pensieri particolarmente aggrovigliato.

Furfur, in piedi davanti alla porta del loro ufficio, socchiuse gli occhi. «Quindi?» domandò spazientito, quando si rese conto che lei non avrebbe parlato spontaneamente.

«A quanto pare, mio caro, abbiamo un piccolo angelo smemorato al timone, Lassù.»

Saltò in piedi, avvicinandosi all’altro a grandi falcate.

«Dove stai andando?» Il demone si scostò dall’ingresso, facendo un passo di lato.

«Vado a scambiare quattro chiacchiere con un vecchio amico… Credo che sarà molto sorpreso, quando gli dirò che l’Arcangelo Supremo in persona ha richiesto la sua partecipazione alla prossima Apocalisse» rispose lei, sibillina, spalancando la porta davanti a sé.

 

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Note:


1) È Crowley (al tempo Crawley XD) a dirlo ad Aziraphale, davanti all’Arca di Noè in costruzione.

2) L’angelo Crowley usa questa similitudine durante il primo incontro con Aziraphale all’inizio dei Tempi. “Ma è un’idiozia! È l’Universo, non una carta da parati stravagante!”

 

Angolo dell’autrice:


Qui fuori è successo DI TUTTO: ho avuto la febbre alta, figlio uno anche, figlio due pure (con l’aggiunta delle vaccinazioni). Mancava giusto la gatta, e il quadro sarebbe stato completo.

Non contenta ho ripreso a lavorare dopo la maternità, e quindi mi si è riversato addosso tutto l’arretrato di cinque mesi di stop.

Insomma, riuscire a trovare il tempo (o le forze, o entrambi) per scrivere è diventata una missione quasi impossibile! XD

Questo capitolo avrebbe dovuto contenere anche la scena successiva, ovvero Shax che se ne andava tutta diabolicamente felice a cercare di convincere Crowley a tornare nella “grande famiglia infernale” ma - considerando che sarà una parte piuttosto lunga - ho preferito rimandarla in modo da non farvi attendere ancora per la pubblicazione.

Come sempre, grazie a chiunque abbia letto, inserito la storia in una qualche categoria e/o dedicato un po’ di tempo a lasciare una recensione.

A presto,

B.

   
 
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