3. Medaglia
“Secondogenito, dici che mi starà bene la medaglia?” Anya stringe la presa delle mani, affretta la loro corsa. Ha passato tutta la settimana precedente ad allenarsi insieme alla mamma: se torna a casa senza un premio, teme che papà finirà per avere l’ennesimo sconforto.
Lui non la sta ascoltando: è concentrato a calmare il suo cuore e a guardare un punto che gli permetta di scappare dallo sguardo degli altri studenti. Dovrebbe iniziare a chiamarmi per nome, pensa anche, dovremmo semplicemente iniziare a fare un sacco di cose insieme. Dopotutto, dopo quasi dieci anni di amicizia, le volte in cui Anya l’ha chiamato per nome le conta sulle dita di una mano. Non è un po’ poco? “Secondogenito, odi le medaglie?”
La guarda, “Cosa?”
Anya storce il naso: “Non hai indossato la tua, per cosa l’hai vinta a fare la corsa a ostacoli?”
Le guance di Damian si fanno rosse: che importanza può avere metterla o meno? Credeva non ci fosse nessuno a fare il tifo – che non ci fosse lei, ecco. “Non mi piacevano i colori.”
Anya inclina il capo, sorride. “Ti stavano molto bene, Damian.” Sa di essere spregevole, ma che ci può fare se il viso imbarazzato del ragazzo le procura un vortice al cuore?
Damian.
Damian prende un lungo respiro, non si ferma solo perché anche quello richiederebbe uno sforzo non da poco. “Neanche stessimo parlando di stelle, Anya.”
Anya.
Damian non saprà leggere nella mente, ma sa come metterla al suo posto: prova una bella sensazione, se lui la chiama per nome. Gli chiederà di ripeterlo ancora, di farlo ogni mattina quando la vede. Di farlo sempre. “Perché se stessimo parlando di stelle, Anya, allora ti ricordo che non mi serve metterle in mostra perché sono già uno Imperial Scholar.”
Cucù.
Aggiornamento dell'ultimo minuto: sono molto carini ma io non cosa fargli fare, il panico.
Vi ringrazio per la lettura e vi auguro una buona domenica!
Sia ❤