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Autore: lolloshima    28/10/2023    2 recensioni
Questa storia partecipa alla challenge #12months indetta dal gruppo Facebook Non Solo Sherlock - Gruppo Multifandom.
Ho preso spunto da questa bellissima sfida per ripercorrere, mese dopo mese, il percorso e la crescita del nostro 'piccoletto' Hinata Shoyo, direttamente dal suo punto di vista.
Me lo sono raffigurato annotare su di un immaginario diario scolastico, tutti gli eventi importanti, le sue emozioni e i suoi progressi, non solo in ambito sportivo, ma anche - e sopratutto - personale. Con un occhio particolare al suo rapporto con Tobio Kageyama, suo alzatore, compagno di squadra e... molto, molto di più.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Karasuno Volleyball Club, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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DIARIO DI ALLENAMENTO di KAGEYAMA TOBIO- SCHWEIDEN ADLERS

20 DICEMBRE - H. 9.50 A.M.

Mi sento bene, in perfetta forma.

La colazione di stamattina mi ha fornito la carica giusta e l’energia necessaria per affrontare l’allenamento nel modo migliore.

Anche il latte che ho appena bevuto mi è d’aiuto per non perdere forza e concentrazione.

Mi sento tutt’uno con la palla.

Sono soddisfatto di me stesso, del mio fisico e anche della mia mente, visto che oggi non ho ancora pensato a Shoyo. Cioè, fino ad ora. In effetti non sono neppure le 10 del mattino, e tecnicamente adesso ci ho appena pensato… ma è già un buon risultato, per me.

Ci penso spesso, a Shoyo, mio malgrado.

Soprattutto da quando mi ha fatto quella telefonata in piena notte, ad agosto, la prima dopo tanto tempo. E’ chiaro, ci pensavo anche prima di quel momento, a lui, ma c’era sempre un retrogusto amaro, di cose non dette, di sensi di colpa inespressi e opprimenti. Era colpa mia, se se ne era andato? Avevo esagerato, lo avevo soffocato? O al contrario, ero stato troppo freddo? Avevo preteso troppo, da lui?

Nuvole nere che ho portato dentro al cuore per lunghi mesi, finché la sua voce ha spazzato via tutto, come un soffio di vento improvviso che si porta via ogni residuo di inverno e fa scoppiare la primavera.

Non significa che l’ho perdonato. Significa che adesso ho capito che la scelta di Shoyo non è dipesa da me, ma faceva parte di un suo percorso personale, che lui doveva affrontare da solo.

Mi chiedo spesso cosa farei, se lui improvvisamente tornasse, che cosa gli direi.

Se fosse qui, potrei dirgli quante cose sono cambiate, negli ultimi mesi.

Potrei dirgli che a settembre, mentre lui si dilettava a fare castelli nella sabbia, io ho firmato il contratto con la squadra degli Schweiden Adlers. E se non lo sa, gli spiegherei che gli Adlers sono una delle migliori squadre del Giappone, tra le più quotate della V League, e non un gruppo di animatori da spiaggia.

Potrei dirgli che già ad ottobre, mentre lui sceglieva i costumi da bagno e i cappellini per il sole, sono diventato il palleggiatore titolare della squadra, e che a novembre, mentre lui si spalmava la crema protettiva sull’ennesima scottatura, la Nazionale giovanile mi ha convocato per un’amichevole.

Potrei dirgli quanto è avvolgente l’odore di salompas quando si entra in palazzetti enormi, e quanto è piacevole mettere le scarpe in campi da gioco veri, con il pavimento in legno e una rete altissima al centro, molto diversi dai piccoli rettangoli disegnati alla buona con il nastro adesivo sulla sabbia, che frequenta lui.

Potrei dirgli quanto è emozionante sentire il pubblico che urla il tuo nome e ti incita, e pensare che tante persone hanno pagato un biglietto per vedere la tua squadra giocare e magari hanno affrontato un lungo viaggio per assistere alla partita, e non si trovano lì per caso, perché sono andate al mare e in spiaggia si sono imbattute in una partitella tra amici.

Potrei cercare di spiegargli la soddisfazione che si prova a giocare insieme ad atleti che non sono surfisti annoiati ma veri professionisti, dei mostri di bravura che capiscono al volo ogni azione e schiacciano ogni mia alzata, e che si allenano duramente per la vittoria, e non certo per l’abbronzatura.

Potrei dirgli che ci siamo sbagliati su UshiWaka. E’ un atleta incredibile, una macchina perfetta programmata per essere un campione, ma non è freddo e burbero come pensavamo. E’ solo un ragazzo molto disciplinato, ma è anche un amico sincero, estremamente generoso che si dona completamente alla pallavolo e alla squadra.

Potrei dirgli che finalmente ho capito che l’altezza non è poi così importante nel volley, visto che quando alzo a Kourai i suoi salti sfidano le leggi della gravità e della fisica, e le sue lotte in aria sono incredibili.

Forse, se lui fosse qui, gli direi che può anche tornarsene in Brasile, perché qui non c’è posto per lui, ci sono tantissimi schiacciatori talentuosi e competitivi molto più forti di quanto lui possa mai diventare. E che può anche smetterla di telefonarmi tutte le sere e di mandarmi il suo “buongiornissimo” ogni santa mattina, perché a differenza sua io non sono in vacanza, mi impegno duramente per diventare un vero professionista, e non un bagnino da spiaggia come lui.

Non so cosa gli direi, se lui adesso fosse qui. Certamente ci sono tante cose che non gli direi.

Non gli direi che qualunque traguardo io abbia raggiunto, non ha lo stesso sapore della soddisfazione di sfidarlo ogni mattina al liceo e di arrivare prima di lui in palestra.

Non gli direi che l’unica cosa bella dell’odore di salompas era vedere il suo volto estasiato mentre lo annusava e prenderlo in giro per la sua stupidità.

Non gli direi che ogni volta che entro in campo, istintivamente scruto tra il pubblico e tendo le orecchie, e mi aspetto di vederlo zampettare tra le teste degli spettatori e di sentire la sua voce squillante che mi chiama.

Non gli direi che per quanto perfette siano le mie alzate, e per quanto bravi siano i miei nuovi compagni, nessuno di loro si fida di me al punto da schiacciare ad occhi chiusi.

Non gli direi che per quanti avversari temibili abbia affrontato Wakatoshi, non ho mai più visto nei suoi occhi la luce eccitata che aveva quando lui lo ha sfidato davanti alla Shiratorizawa.

Non gli direi che ogni volta che alzo a Kourai, è una testa arancione che mi aspetto di vedere volare accanto a me.

Non gli dirò nessuna di queste cose. Non gli dirò niente.

Perché quando sabato prossimo atterrerò a San Paolo per passare le vacanze di Natale con Shoyo, la prima cosa che farò sarà abbracciarlo e stringerlo più forte che posso, e certamente lui non mi lascerà parlare, perché mi chiuderà la bocca con uno dei suoi baci scoordinati e asfissianti, e mi trascinerà a casa a fare l’amore, con il rumore del mare in sottofondo, come piace a lui.

E appena potrò riprendere fiato, c’è un’unica cosa che potrò dirgli, il resto non conta nulla.

“Ti amo, boke!”

 

 

   
 
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