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Autore: Biblioteca    01/11/2023    0 recensioni
[Barbie]
(ATTENZIONE SPOILER PER LEGGERE QUESTA STORIA DEVI AVER VISTO IL FILM! SEQUEL IMMAGINARIO)
Barbieland è strana: gli edifici scompaiono, una Barbie mutilata e sboccata insulta tutti e la comunità dei Ken e delle Barbie sembra oppressa da sentimenti negativi generali.
Barbie Stramba conferma l'esistenza di un portale nuovo per il Mondo Reale, ma non è sicura che attraversarlo sia la scelta più adatta.
Tuttavia, Allan si dice pronto a farlo e chiede a Ken Spiaggia di accompagnarlo: lui nel mondo reale è già stato una volta dopotutto.
Ken accetta e lo fa per un motivo molto semplice: non è mai riuscito a dimenticare Barbie Stereotipo.
Ma se lei fosse morta? E se il mondo reale fosse ancora più ostile? E perchè Allan ci tiene tanto a visitare il Mondo Reale?
Come Barbie prima di lui, Ken si ritroverà a fare un viaggio che lo porterà a capire molto di se stesso.
Genere: Avventura, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti
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Venice Beach era cupa e distrutta: l’asfalto presentava delle buche enormi, alcune tramutate in pozze, altre piene di piante selvagge cresciute in libertà; gli edifici erano semidistrutti, alcuni del tutto crollati; i cartelli divelti sul terreno; scheletri di automobili bruciate in mezzo alla strada.
Non c’era anima viva. Il silenzio del luogo era rotto dal cupo suono del vento che passata tra le finestre rotte e le fronde dei cespugli cresciuti tra le buche.
Tenendosi l’un l’altro, Ken e Allan avanzarono con difficoltà sui loro pattini, che sembravano sempre sul punto di incepparsi a causa delle pietruzze presenti sul terreno.
“Immagino che non era così, una volta.” Mormorò Allan.
“No… Non era così.”
Ken ricordava dove era andato a cambiarsi con Barbie e si diresse istintivamente lì.
Sapeva che non avrebbero potuto restare sui pattini troppo a lungo, vista anche l’alta presenza di ostacoli.
Il negozio era distrutto, ma almeno così non avrebbero dovuto pagare.
“Hanno portato via tutto.” Mormorò Ken aprendo quel che restava della porta.
Per terra vestiti sporchi abbandonati.
Ken stava per uscire quando notò delle scarpe in un angolo. Erano malridotte e spaiate, ma meglio di nulla.
Lui e Allan ne provarono diverse prima di trovare quelle più adatte.
Allan fu fortunato: ne trovò due uguali anche se prive di lacci, mentre Ken si dovette accontentare di indossarne una marrone da ufficio e una blu da ginnastica.
Mentre Allan recuperava dei lacci dalle scarpe scartate, Ken si andò a specchiare i piedi sulla superfice di una grossa scheggia di specchio, unica cosa rimasta di un camerino.
Si sorprese che, nonostante la combinazione piuttosto cacofonica, gli sembrava di essere comunque elegante.
“Adesso che si fa?” domandò Allan mentre stringeva il doppio fiocco.
“Dobbiamo… Beh cerchiamo qualcuno e poi…”
Un’angoscia si impadronì di Ken: ma c’era davvero qualcuno?
“Comunque almeno adesso sappiamo perché stanno succedendo cose strane a Barbieland: non se la passano tanto bene, nel mondo reale.”
“No.” Ken non lo stava ascoltando davvero. Stava di nuovo pensando a Barbie. Se il mondo era ridotto in quel modo, che ne era stato di lei?
“Ken? Mi senti?”
“Eh?”
“Ho detto, usciamo, qui tanto sicuro non c’è nessuno.”
“Ah, sì hai ragione Allan.”
Uscirono e si guardarono intorno.
All’improvviso un lampo illuminò il cielo.
“Quello cos’è?”
“Sembra un razzo segnalatore.”
“Come lo sai Allan?”
“Barbie Guardiamarina ne aveva alcuni nella sua barca. Poi li hanno tolti perché i bambini se li sparavano negli occhi.”
“Allora dobbiamo seguirlo! Troveremo qualcuno!”
“Ci servirà una barca allora.”
Ken si rese conto che Allan aveva ragione: il razzo era stato lanciato dove si trovava il mare. Una strana nebbia avvolgeva l’oceano rendendo difficile scorgere la barca in lontananza.
I due stavano per rimettersi in cammino quando udirono qualcosa: un rumore di ruote sull’asfalto.
Ma non si sentiva un rumore di motori.
“Hai sentito Allan?! Ruote! C’è qualcuno!”
Presto, in fondo alla strada, comparvero sei figure scure.
“Ehi! Voi!” Ken si buttò in mezzo alla strada e iniziò ad agitare le braccia.
Allan invece fu colto da uno strano senso di paura.
“Ken, forse è meglio non…”
Ma era troppo tardi: sei grosse bici, cavalcate da figure completamente coperte da abiti scuri si fermarono circondandoli. Indossavano tutti dei caschi grossi, più adatti alle moto che alle biciclette.
Ken e Allan notarono un dettaglio ancora più inquietante: erano tutti armati.
Anche se le armi non erano mai state popolari a Barbieland, entrambi le conoscevano; merito anche del periodo Kendom.
Quasi tutte quelle persone avevano pugnali e fucili, una un arco con frecce e un’altra teneva delle pistole.
Proprio questa smontò dalla bicicletta e si avvicinò ai due.
“S-Salve” balbettò Ken alzando le mani “veniamo in pace.”
“Perché non hai il casco?” domandò la figura. Impossibile capire se si trattasse di un uomo o una donna: la voce era soffocata dal casco e l’abito nero che indossava non delineava contorni particolari sul suo corpo.
“Chiedo scusa?”
“Il casco. Lo sai vero che potrebbe andarti in pappa il cervello in qualunque momento?”
Ken non riusciva a capire. Guardò Allan ma vide che era perplesso quasi quanto lui.
Un’altra persona smontò dalla bici e gli puntò contro il fucile.
“Che faccio, sparo?” domandò.
“Calma, non sembrano in procinto di attaccare.” Replicò la prima, che aveva iniziato a girare intorno ai due.
Anche se non potevano vedere i suoi occhi, Ken e Allan percepirono lo sguardo intenso che li studiava.
“Chi siete voi.” Non suonava come una vera domanda.
“Io sono Ken e lui è Allan, il mio bro.”
“Il tuo cosa?”
“Fratello! Mio fratello! Siamo fratelli io e lui!”
“Non vi somigliate per niente.” La figura chinò la testa e si fermò fissando le scarpe di Ken.
“Carine eh? A casa ne ho altre due uguali!” Ken aveva, ai tempi del suo primo viaggio nel mondo reale, letto una battuta del genere su uno dei libri dedicati al patriarcato, in una sezione inerente i “dady’s jokes”; sperava con l’ironia di guadagnarsi la fiducia di quegli sconosciuti ma nessuno di loro rise.
“Non mi fido proprio, Capo.” Disse la figura con il fucile puntato.
Il Capo alzò la mano in un chiaro gesto di “stop”, poi tese la mano e prese quella di Ken. Ken, al contrario degli altri, non indossava guanti totalmente coprenti.
Il Capo tese un suo dito e sembrò osserva le unghie.
“Ancora non sono malati.” Disse.
Ken lo lasciò fare senza opporre resistenza. Anche se il fucile non lo spaventava più di tanto, in quanto immortale, non voleva apparire come ostile. Sapeva che era in una situazione di svantaggio.
“Infatti non siamo malati.” Disse allora Allan “Lasciateci andare per la nostra strada, e noi vi lasceremo per la vostra.”
Il casco si alzò nella sua direzione, guardando oltre la spalla di Ken.
“Ci stai minacciando?”
“No. Ma non vi abbiamo fatto nulla. Quindi lasciateci perdere.”
Ken si stupì: la voce di Allan era ferma e decisa. Un tono che non gli aveva mai sentito avere prima.
“Non mi sembra che voi abbiate qualcosa per convincerci a lasciarvi perdere.” Il Capo si avvicinò a Allan, gli afferrò la mano e controllò le sue unghie “Ma non è la malattia a farti parlare.”
All’improvviso tutti gli estranei smontarono dalle bici e si avvicinarono a loro.
Allan non perse tempo: afferrò il braccio del Capo e lo lanciò contro l’uomo col fucile, poi si girò di scatto e mollò un pugno allo sconosciuto con l’arco. Ken indietreggiò e cadde per terra osservando il suo compagno picchiare anche un terzo uomo. Vide che gli ultimi due che erano rimasti stavano imbracciando il fucile e con un balzo provò a saltargli addosso. Ma quelli furono più veloci e spararono due colpi.
Uno andò all’aria, il secondo lo colpì in pieno petto spingendolo indietro.
Un dolore acuto lo travolse, ma riuscì ad alzarsi e a togliersi il proiettile. Non c’era sangue e la plastica che componeva il suo corpo si risistemò subito.
I sei estranei si bloccarono a osservare Ken che teneva in mano il proiettile e stava immobile in piedi.
“N-Non è possibile…” mormorò uno di loro da sotto il casco.
Il Capo, ancora seduto per terra, si rialzò in fretta.
“Andiamocene!” urlò.
Immediatamente i sei raccolsero le loro bici e fuggirono.
Allan e Ken li osservarono allontanarsi.
“E non fatevi vedere mai più!” urlò Ken lanciandogli il proiettile.

 
  
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