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Autore: notladydeath    01/11/2023    2 recensioni
Dopo l'ultima guerra, in una terra devastata dalle radiazioni, i Bad Omens, prima terroristi e ora resistenza, combattono contro GAIA, ultimo baluardo della civiltà che nasconde mille verita, a partire proprio dall'Ultima Guerra.
Chi è l'Omen, leader della resistenza? Cosa nasconde dietro la maschera da teschio?
Velvet, alla ricerca del fratello Duncan, riuscirà mai a trovarlo nel'immensità delle Terre Selvagge?
E nelle profondità di Althea, quartiere della scienza a Gaia Prime, cosa nascondono i vertici di GAIA? Soprattutto, chi nascondono?
Nella desolazione di un pianeta distrutto dall'avidità, non ci sono trionfatori. Solo sopravvissuti.
Perciò, che la vostra sopravvivenza sia lunga, che la vostra morte sia veloce.
Genere: Avventura, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3
 
“Avanti Tyler, non puoi fare un’eccezione solo per questa volta?”
Il giovanotto dietro al grande bacone della reception degli archivi roteò gli occhi. Era molto giovane, di bell’aspetto, di una gentilezza insolita per essere seduto in un posto così importante.
“Tenente O’Connel, abbiamo già avuto più volte questa conversazione. Senza il permesso di un generale non possiamo farle visionare nessun documento ufficiale. “
Velvet si passò una mano tra i capelli sciolti, sospirando per la frustrazione. La sua richiesta era stata negata tre volte nell’ultimo anno, ma non si era mai arresa.
“Tyler. Per favore. Voglio solo sapere dov’è seppellito e riportarlo a casa. “
Tyler sbuffò di nuovo. La capiva, sapeva che cosa voleva dire perdere qualcuno e non poter nemmeno visitare la sua tomba, ma erano informazioni protette e ci avrebbe rimesso il collo se avesse violato il protocollo.
“Non posso fare nulla. Ha riprovato a chiedere a qualcuno del suo plotone?”
Certo che sì. Velvet aveva interrogato ogni singolo soldato che era nella squadra di Duncan il giorno in cui morì. Li aveva rintracciati tutti e li aveva torchiati nei limiti del legale. Nessuno aveva detto una parola sull’avvenuto. Qualcuno l’aveva addirittura minacciata di fare rapporto ai suoi superiori per investigazioni private, che ovviamente erano illegali e severamente punite. Aveva dovuto abbandonare la strada dei commilitoni e cercare vie alternative.
“D’accordo… scusa se ti ho disturbato. Spero che questa conversazione resti tra di noi.”
Tyler annuì e Velvet s’incamminò a testa bassa verso l’uscita.
“Buona giornata Tenente. Si faccia forza.”
Di forza ne aveva da vendere. Non si dava pace da un anno, da quando Duncan era morto. O così avevano detto. Il corpo non era stato riportato a Gaia Prime, non c’era stata nessuna parata, solo una brevissima funzione memoriale. Le avevano detto che era stato seppellito in una fossa comune nelle Terre Selvagge, in una zona altamente radioattiva. Nessuna indicazione precisa dell’ubicazione, nemmeno il quadrante. Le era stato dato l’ordine di non cercare quel luogo in maniera categorica, poiché molto probabilmente sarebbe tornata Infetta.
La faccenda puzzava.
Sembrava che tutti volessero quasi negare che fosse mai esistito. Volevano dimenticarlo. Era semplicemente morto e il mondo doveva andare avanti.
Eppure Velvet sentiva che non era così. Non era così semplice come volevano farla sembrare e molto spesso, quasi sempre, le sue intuizioni erano esatte. Per questo aveva una gran bella carriera nell’intelligence, troppo bella per farsela rovinare dalle sue ossessioni.
Fece una lunga camminata da Ares, il quartiere dell’esercito, ai suoi appartamenti. Il tramonto oltre lo skyline di Gaia Prime era stupendo, di un arancione così intenso da sembrare rosso. Dove la notte era già calata, le aurore borali cominciavano a decorare il cielo. Uno spettacolo meraviglioso, che le portava un minimo di conforto. Forse Duncan era davvero lassu a guardarla mentre gettava via quel poco che le era rimasto.
Si fece una doccia molto breve, preparò del semolino caldo e si accomodò sul divano sconquassato. Davanti a lei, sulla parete, un grande pannello di sughero era ricoperto di foto, note, fotocopie di documenti che aveva rintracciato per puro miracolo.
Osservava quel pannello ogni giorno e quando era fortunata ci aggiungeva qualcosa, qualche minuscolo indizio. Ma ancora non aveva trovato nulla di schiacciante.
A volte si sentiva una pazza. Se tutti dicevano che Duncan era morto e ogni prova suggeriva che lo fosse, perché diavolo lei pensava il contrario? Forse non era capace di affrontare il dolore, la perdita dell’ultimo briciolo di famiglia che le era rimasto.
Era stato un anno orribile. Lavorava, tornava a casa, piangeva, non dormiva. Pensava solo a suo fratello e a ritrovarlo, vivo o morto. Era la sua unica ragione di vita.
Non era sposata, non le importava più nulla del suo lavoro. Duncan era l’ultima cosa che le dava gioia nella vita e le avevano portato via anche lui. In un modo o nell’altro, l’avrebbe riavuto.
Le mancava così tanto.
Non si accorse delle lacrime che le rigavano il viso. Fissava la parete ripercorrendo i ricordi. Guardava le ultime foto che avevano fatto insieme e si odiava. Se non lo vedeva da qualche parte, non si ricordava più del suo viso. Solo i capelli neri come la brace e gli occhioni azzurri come il cielo terso del deserto. Si stava dimenticando i dettagli. Il suono della sua voce. Il modo in cui sorrideva, piegando solo un angolo della bocca, la sua postura svaccata ogni volta che si sedeva.
Scoppiò a piangere, stringendosi le ginocchia al petto. La solitudine, il dolore del lutto, la frustrazione la stavano divorando viva. Avrebbe dato tutto quello che aveva per rivederlo anche solo una volta.
Ma non poteva permettersi di crollare. Non finchè Duncan rimaneva uno scheletro da nascondere nell’armadio.
Domani sarebbe stato un altro giorno. Doveva andare ad Althea per i controlli di routine. Le si accese una lampadina.
Althea non era il meraviglioso ed efficiente ospedale che credevano i civili di Gaia Prime, ma custodiva il segreto della potenza indiscussa dell’armata : i Makyr, Infetti catturati nelle Terre Selvagge che venivano sottoposti a centinaia di esperimenti per trasformarli in macchine da guerra.
Diretto da Testa di Rame, nome d’arte del Colonnello Copperhead, la dottoressa più in gamba di tutta Gaia Prime, nonché la nipote del Presidente. Non si era mai vista una donna alla direzione di Althea, ma decisamente si era guadagnata quel posto, sia con la sua astuzia e la sua cattiveria, che con un aiutino del caro zio.
Velvet aveva interagito più volte con l’illustre Colonnello. Una giovane donna molto affabile all’apparenza, dall’umorismo inusuale. Garbata, sempre impeccabile nell’aspetto, eppure lasciava sempre trasparire quell’aura di potere e autorità necessaria a ricordare ai suoi interlocutori chi era e qual’era il suo ruolo a Gaia Prime.
E forse era proprio lei a poterla aiutare. Testa di Rame conosceva ogni capitano di ogni plotone e legione dell’esercito. Sicuramente lei avrebbe avuto qualche risposta. Perché non ci aveva mai pensato prima?
Si schiaffeggiò la fronte, mise il suo semolino ormai freddo sul tavolo e rovistò in una delle gigantesche pile di fogli sparse per il salotto. Trovò una foto del suo prossimo obiettivo, splendida nel suo ordinatissimo caschetto e nel camice candido come la neve, e la appese al suo gigantesco schema.
Inutile dire che quella notte non riuscì a dormire. Rimase sveglia a rimuginare nel letto, fissando il soffitto e ascoltando i rumori notturni della città.
Si chiedeva che cosa le avrebbe detto Testa di Rame, se avesse accettato di aiutarla in un’impresa da cui tutti cercavano di dissauderla. Forse proprio nel posto in cui meno se l’aspettava avrebbe trovato le risposte che anelava da più di un anno. Forse, finalmente, si sarebbe data la pace.
Una vocina le sussurrava che non avrebbe mai più rivisto Duncan, ma un’altra, con ben più furore, le diceva che non doveva, non poteva fermarsi, non ora che la sua mente aveva trovato un collegamento plausibile.
Testa di Rame era la sua ultima speranza.
Velvet non aveva idea di quanto fosse azzeccata la sua intuizione.
   
 
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