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Autore: Astry_1971    16/09/2009    4 recensioni
“Ce la faremo anche questa volta, lui non tornerà.” Lo rassicurò, poi fissò la macchia scura sulla parete, accanto al ritratto di Silente. Era ciò che restava della cornice d’argento che ospitava la sua effige, sparita magicamente dopo che Potter l’aveva riportato in vita.“E farò anche in modo che quella parete resti vuota ancora per molto tempo.” Affermò deciso.
Questa storia è il seguito di “Per amore di un figlio” ed è dedicata a tutti quelli che hanno storto il naso per finale di quella storia. Evidentemente non mi conoscono bene. A tutti gli altri è severamente sconsigliata la lettura, per il bene dell’autrice che non ama guardarsi le spalle.
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Harry Potter, Lucius Malfoy, Neville Paciock, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ernil Mmm! Beh, in Amando il vento il finale era abbastanza obbligato, ma lì Piton è morto ottantenne. Non sono così cattiva, quasi tutte le mie ff hanno il lieto fine. Se nel “quasi” è compresa questa, non te lo dico.
Piccola Vero Eh sì, nonostante tutta la buona volontà di Neville, per quella Pozione era meglio un esperto, così stiamo tutti più tranquilli.
Kira90 In questo capitolo saprai se hanno sbagliato o no.
Allison91 Mi piace, per quanto possibile, evitare le forzature… farà caldo in Australia in questo periodo?
Chialla Posso darti un consiglio? Comincia a pregare. :-)


Buona lettura!


Cap 8 Al di sopra della pietà

Una luce blu illuminava i volti dei tre maghi. La fiamma sotto la pozione era stata spenta, ma il liquido emanava uno strano chiarore, freddo e irreale.
Piton era ritto davanti al calderone. Si era tolto il mantello e aveva arrotolato la manica lasciando scoperto il marchio: prese un profondo respiro e protese il braccio in avanti.
Estragone e Neville erano al suo fianco, con la bacchetta puntata su di lui, pronti ad intervenire, se non fosse stato in grado di contrastare da solo il potere del Marchio.
Per un attimo ci fu solo il silenzio. I tre uomini parevano aver smesso persino di respirare, mentre il braccio sinistro di Piton scendeva lentamente fino al bordo del calderone.
Le dita arrivarono a pochi centimetri dalla pozione.
Gli occhi di tutti erano fissi sulla sua mano, aperta e col palmo rivolto verso il basso.
Neville sussultò quando le dita di Piton giunsero a sfiorare il liquido e il volto del preside si contrasse in una smorfia, mentre tentava invano di mantenere il braccio fermo in quella pozione. La mano cominciò a muoversi, come se un vento la spingesse lontano dal filtro, contrastando la sua volontà.
Gli occhi di Piton cercarono quelli di Paciock; il preside non parlò, ma Neville rispose alla sua muta richiesta d’aiuto pronunciando un incantesimo che lo immobilizzò impedendogli di allontanare il braccio o, peggio, di rovesciare la pozione.
Il raggio scaturì con forza dalla sua bacchetta e investì l’altro, che barcollò, facendo un passo indietro prima di irrigidirsi, e, come una marionetta appesa ai suoi fili, sollevarsi da terra.
Severus ora galleggiava a qualche centimetro dal pavimento, sorretto solo dalla forza della magia del suo ex alunno, il braccio sinistro sempre proteso in avanti, proprio sopra al calderone.
Estragone, in quell’istante, puntò il legno magico sul filtro e quello cominciò a gorgogliare, formando una sorta di colonna liquida, che, sollevandosi dal pentolone, raggiunse la mano di Piton. Le sue dita si contrassero, chiudendosi in un pugno, mentre il corpo iniziò a tremare con violenza.
Severus gettò la testa all’indietro, serrando di colpo le palpebre e un flebile lamento sfuggì dalle sue labbra.
Il liquido aveva preso a scorrere risalendo dalle dita e formando dei sottili rivoli blu, simili a vene rigonfie che avvilupparono tutto il braccio, ricoprendolo completamente.
Era il momento decisivo. Paciock si sentì mancare quando la pozione raggiunse la carne nuda nel punto su cui il Marchio spiccava scuro e minaccioso.
Ci fu un grido terribile, ma non era Piton ad urlare, bensì un’altra voce. Una voce che sembrava non avere una fonte precisa. Proveniva da Piton, ma non dalla sua gola. Era come se fosse il suo intero corpo ad emettere quel suono orrendo.
Due voci si sommarono: quella del preside, trattenuta e imprigionata fra i denti stretti all’inverosimile, e quella della magia che lo possedeva.
Paciock strinse la bacchetta con tutta la forza che aveva, continuando a tenere Piton immobilizzato, mentre Wilkinson si portò le mani alle orecchie. Entrambi impallidirono nell’udire quello che sembrava l’urlo furioso e terrorizzato di Voldemort stesso. Una voce che non apparteneva più al mondo dei vivi, che risuonò e si amplificò rimbalzando contro pareti come un eco spaventoso.
Nel mantenere attiva la magia che immobilizzava il Preside, Neville non poté fare a meno di chiedersi come si sarebbe sentito se la Pozione si fosse rivelata mortale.
Piton era pallido come una statua di marmo. Il braccio si contorceva nel tentativo di sfuggire alla magia di Paciock.
Neville si morse il labbro a sangue cercando di non cedere alla tentazione di liberarlo.
Forse la pozione stava funzionando, o forse Piton stava morendo.
Un solo piccolo errore nella preparazione del filtro, e il suo tentativo di aiutarlo si sarebbe trasformato, invece, in una condanna a morte per il mago.
Scosse il capo e abbassò appena la bacchetta. La magia che legava Piton si indebolì quel tanto da permettere al suo braccio destro di artigliare l’altro ormai coperto di Pozione. Il liquido si era solidificato, formando una patina bluastra, traslucida come vetro.
Severus tentò con le unghie di strapparsela dalla carne, ma Estragone gridò rivolto a Neville:
“Non lo liberi, deve continuare!”
“Lo sta uccidendo!” Paciock ansimava. Non si aspettava che l’effetto di quella pozione sarebbe stato così doloroso per Piton.
“No, no, la pozione funziona. Il Marchio sta svanendo. Continui!” Lo incitò Estragone.
Neville annuì e si obbligò a sollevare nuovamente la bacchetta stringendola con entrambe le mani. Ormai aveva le lacrime agli occhi, non riusciva nemmeno più a guardare il risultato del suo incantesimo. Serrò con forza le palpebre chinando il capo.
Rimase in quella posizione, con le braccia tese, la bacchetta puntata contro Piton finché quell’urlo orribile cessò di colpo. L’unico suono ancora udibile nella stanza era un flebile lamento. Un gemito acuto e prolungato, come una voce nel sonno. Piton era piombato nell’incoscienza, aveva gli occhi chiusi a la testa abbandonata all’indietro.
Su cenno di Estragone, Neville annullò l’incantesimo che impediva a Piton di muoversi e, appena libero, il suo braccio sinistro cadde senza vita al suo fianco. Il guscio vetrificato che lo avvolgeva si spaccò, frantumandosi in miriadi di piccole schegge e il mago crollò in ginocchio.
Estragone lo afferrò prontamente per le spalle e si chinò al suo fianco, sorreggendolo, imitato dal collega.
“Preside!” la voce di Paciock era ridotta ad un sussurro.
Piton aprì faticosamente gli occhi e sul volto di Neville si allargò un luminoso sorriso.
Poi l’insegnante di Erbologia si rivolse a Wilkinson:
“Ce l’abbiamo fatta?”
Gli occhi di tutti corsero al braccio sinistro di Piton che pendeva senza vita al suo fianco. Il tatuaggio era sbiadito, anche se la pelle intorno era arrossata e coperta di piccole ferite.
Severus prese un profondo respiro.
“Il filtro ha funzionato, il potere del Marchio si è indebolito, ma non abbiamo ancora vinto.” Mormorò osservando l’emblema del suo antico padrone. Tentò di sollevare il braccio, ma non ci riuscì.
Neville e Wilkinson si scambiarono uno sguardo triste.
“Ci vorrà tempo… e altra Pozione.” Sospirò di nuovo, afferrando con mano destra l’arto ferito e accostandoselo al petto.
“Vuol dire che dovrà mettere ancora quella roba sul braccio?” Neville era avvilito e furioso al tempo stesso. L’idea di dover assistere nuovamente a quella scena lo terrorizzava.
“Non subito, Signor Paciock.” Le labbra si piegarono appena in un ghigno. “Non credo che sopravvivrei se tentassi di ripetere l’esperimento in queste condizioni.” Poi si rivolse ad Estragone: “E’ rimasta abbastanza Euriale, appena sarò nuovamente in grado di usare la Pozione…”
“Ne preparerò ancora, non si preoccupi.” Lo anticipò l’altro.
“Ma non può distillarla ora?” chiese Neville.
“Purtroppo no. Questa Pozione deve essere utilizzata immediatamente, non può essere conservata.” Intervenne Piton, poi si alzò da terra, sostenuto dal suo collega Pozionista. “Vi chiamerò appena sarò pronto.” Si gettò il mantello sulle spalle e uscì dalla stanza: quella sera stessa avrebbe dovuto incontrare Malfoy a casa sua.


* * *



Quando la porta della piccola casa di Spinner’s End si aprì, il mago biondo si trovò di fronte uno spettacolo insolito. Severus Piton era seduto nella vecchia poltrona, di fronte all’entrata. La stanza era immersa nel buio, fatta eccezione per la fioca luce di alcune candele sparse sul pavimento, senza alcun criterio. Il volto pallido del mago risaltava nell’oscurità come uno spettro.
Lucius afferrò la bacchetta e si accinse a pronunciare l’incantesimo Lumos.
“No!” Severus lo bloccò.
Malfoy, allora, si avvicinò e osservò l’amico: aveva gli occhi lucidi e arrossati, i capelli ricadevano disordinati sul viso stanco. Teneva entrambe le mani appoggiate sui braccioli della poltrona, immobili. Gli occhi di Lucius indugiarono sul braccio sinistro.
“Il Marchio?” mormorò con un filo di voce.
“Potrei affermare con una certa approssimazione che sta dormendo.” disse ironico.
“Dormendo?” Malfoy spalancò gli occhi e fece un passo indietro. “Dormendo!” ripeté stizzito, scoppiando in una risata priva di allegria.“Io invece non ho più chiuso occhio da quando ci siamo incontrati, sai? Passo le notti a fissarlo. A volte ho l’impressione di vederlo muoversi. Lo sento persino bruciare.” Si portò le mani ai capelli. “Maledizione, Severus, non so nemmeno se è reale o è la mia immaginazione. Se dovesse svegliarsi, io…”
“Non accadrà.” Lo interruppe con voce pacata.
“Che vuoi dire? Hai scoperto qualcosa?”
“Il tuo marchio non si accenderà, Lucius, perché tu non sei più legato all’Oscuro. Quel legame si è spezzato con la sua morte. Voi tutti siete stati liberati, quando Potter l’ha distrutto,” La mano destra si strinse con rabbia sul bracciolo della poltrona, mentre l’altra continuava a restare immobile. “Io no: il mio Marchio era acceso quando…” si bloccò.
“Quando sei morto?”
Severus annuì.
“Eravamo vicini, il potere dell’Oscuro era forte in quel momento. Quel potere l’ho portato con me nella morte, e con me si è risvegliato. Tutto ciò che resta della sua magia è qui.” Accennò con gli occhi al tatuaggio.
“Ma lui non sta tornando, non è vero?”
“Tom Riddle è morto, lui non ritornerà, ma tutto ciò che lo ha reso un mago potente e terribile è ancora qui, nel Marchio. La sua magia, il potere dell’oscurità sta prendendo il controllo del mio corpo. Per ora la Pozione ha funzionato, ma non sono certo che riuscirà a fermarlo per sempre.” “Ma cosa ti aspetti esattamente da me?”
Il mago bruno accennò un vago sorriso.
“Mi aspetto che tu faccia tutto il possibile per difendere la tua famiglia. Ti conosco abbastanza da sapere che metterai la loro vita al di sopra di ogni cosa, inclusa l’amicizia e la pietà. Sentimenti che sono invece fastidiosamente radicati in certe altre persone.”
“Ti riferisci a Potter?”
“Mi riferisco a chiunque non abbia fatto una scelta come la tua…” Sospirò. “…O la mia, Lucius.”
“Una scelta che tu hai rinnegato.” lo rimproverò l’altro. “Eppure, adesso vuoi farmi credere di aver bisogno di uno come me.” osservò acido.
“Una scelta che entrambi abbiamo rinnegato, anche se per ragioni diverse. Ognuno di noi aveva i suoi personali interessi, ed io conto sul fatto che tu difenderai i tuoi, anche questa volta.”
“I miei interessi?”
“Non fare l’ipocrita, Lucius, sei stato un Mangiamorte, non sei certo uno che si fa degli scrupoli, ed ora, sei esattamente l’uomo di cui ho bisogno. Oserei dire quello del quale il mondo magico ha bisogno.” Si alzò con fatica dalla poltrona, aiutandosi con la mano destra, mentre il braccio sinistro scivolò dal bracciolo e ricadde abbandonato al suo fianco, seguito dallo sguardo curioso di Lucius. “Se sarà necessario un tuo intervento, conterò su questo.”
“E tu? Potresti essere tu a farteli venire,” Arricciò le labbra. “Gli scrupoli.” concluse con una smorfia.
Severus lo fissò per alcuni secondi, poi sorrise.
“Se e quando mi servirà il tuo aiuto, i miei scrupoli non avranno più alcun valore: se lui prenderà il controllo, potrei anche ucciderti.”
Malfoy s’irrigidì.
“Tu sai bene di cosa è capace, e fino a che punto è in grado di controllare le menti delle persone. L’Occlumanzia in questo caso non mi servirà.”
Ci fu un lungo silenzio. Malfoy voltò le spalle all’amico e fece qualche passo verso la vecchia libreria. Era troppo buio perché il mago potesse distinguere i libri allineati sugli scaffali, tuttavia prese a fissarli come se riuscisse a leggere i caratteri incisi sulle rilegature. In realtà non li stava guardando affatto, i suo occhi erano persi nei ricordi. Memorie di una vita passata a servire il mago che lo aveva ripagato pretendendo la vita di suo figlio. L’uomo che lo aveva umiliato assieme alla sua famiglia.
Si voltò di scatto e guardò Piton, le labbra si piegarono appena in un sorriso malinconico.
“Bene, Severus, posso solo augurarti che la tua Pozione funzioni, così che io non debba ‘fare i miei interessi’.” Accentò in modo particolare le ultime parole e si allontanò.


* * *



Piton restò per diversi minuti a fissare la porta che l’altro si era chiuso alle spalle, prima di lasciarsi cadere di nuovo sulla poltrona.
Sollevò la manica della tunica e posò la mano destra sul Marchio. Non bruciava, e non pulsava. Per la prima volta nella sua vita non ne sentiva la presenza. Le dita si strinsero sull’avambraccio e le unghie artigliarono la carne ancora lacera e gonfia. Nulla. Non sentiva dolore: il braccio era divenuto insensibile, come morto.
Quante volte l’aveva desiderato. Quante volte avrebbe voluto strapparselo dal corpo, come si fa con un arto in cancrena; tagliarlo e dimenticarlo, assieme al fatale veleno che recava in sé. Continuò a stringere, finché le unghie si conficcarono nella carne che iniziò a sanguinare. Gli sembrò un meraviglioso dono non sentire assolutamente niente. Come se il braccio non fosse il suo e quell’orrenda macchia che lo deturpava non gli appartenesse.
Sospirò chiudendo gli occhi.
Se avesse potuto diventare altrettanto insensibile alle ferite della sua anima, guarendo con una pozione tutte le sue dolorose cicatrici.
Morire non era stato sufficiente per cancellarle. L’oscurità era ancora dentro di lui, scorreva nelle sue vene e avvelenava ancora il suo cuore.
Era lui ad essere corrotto, avvelenato, ed era quel veleno a nutrire e alimentare il Marchio Nero.
Si alzò di scatto dirigendosi come una furia verso la libreria. Camminando urtò le candele che cadendo si spensero lasciandolo nella più completa oscurità, ma lui non se ne curò.
Si aggrappò con la mano sana ad alcuni libri sullo scaffale facendoli franare rumorosamente sul pavimento. Poi ne afferrò altri alla cieca e gettò in terra anche quelli.
Scosse il capo, le dita si strinsero in un pugno che si scagliò con forza contro il mobile di legno.
“NOOO!” gridò e si lasciò cadere in ginocchio.
“Non mi libererò mai di te.” Mormorò afferrandosi di nuovo il braccio sinistro.
No, non si sarebbe mai liberato del Marchio. Il tatuaggio era solo la parte visibile di qualcosa di più profondo e radicato nella sua anima.
Forse si stava illudendo. Forse stava combattendo solo contro se stesso.
Il Marchio Nero non era il nemico, almeno non l’unico. Era come un demone che si stava nutrendo dei suoi peccati, dell’orrore che i suoi occhi non erano stati capaci di dimenticare.
Si alimentava della sua debolezza, la stessa debolezza che lo aveva spinto a farsi marchiare e che ora sarebbe stata la sua condanna.
Aveva davvero creduto di poter cancellare il passato, si era ripreso una vita che non gli apparteneva più, ma il Marchio era tornato a perseguitarlo, a ricordargli che quello non era il suo posto.
Anche se avesse vinto, se la pozione fosse riuscita a bloccare il potere oscuro che cresceva dentro di lui, come avrebbe potuto dimenticare di aver rischiato di precipitare il mondo nell’incubo di una nuova guerra? Di essersi strascinato dietro l’orrore che le nuove generazioni non avrebbero mai dovuto conoscere e di aver rischiato di sconvolgere la pace faticosamente raggiunta a prezzo di così tante vite?
Appoggiò il capo al vecchio mobile e chiuse gli occhi. Rimase così per tutta la notte.



Continua…






  
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