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Autore: AncientDust    05/11/2023    6 recensioni
"Per iniziare, ogni partita necessita che i pezzi vengano disposti sulla scacchiera. I bianchi da un lato, i neri dall’altro. I bianchi muovono per primi."
.
"Spesso si dice che le cose vanno come devono andare. Che seguono un'immateriale volontà superiore. Eppure questa è solo una parte della verità. Una pennellata, un ritocco sporadico nel complesso dipinto dell'universo; un piccolo aggiustamento strategico sulla scacchiera del mondo."
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Crowley e Aziraphale fanno i conti con le loro scelte, mentre il mondo si prepara al Secondo Avvento.
Tentativo parecchio personale, e decisamente più drammatico, di proseguire la storia da dove si è interrotta, immaginando la trama di un'eventuale terza stagione.
[spoiler seconda stagione / tematiche delicate]
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Crowley, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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NOTE: Salve, salve. Oggi piccola nota iniziale per specificare un paio di cose veloci.

Prima cosa: ho deciso di utilizzare il maschile come neutro per riferirmi alla maggior parte degli angeli e dei demoni presenti, tranne che per Muriel e Shax per cui ho optato per il femminile, questo per maggiore chiarezza e scorrevolezza del testo e preferenza di caratterizzazione. È comunque una mia scelta arbitraria e personale.

Seconda cosa: la storia per ora manterrà un rating arancione, ma probabilmente, per certi temi trattati, in seguito potrebbe trasformarsi in rosso.

Terza cosa: la storia è abbastanza lunga e già in gran parte semi-scritta o abbozzata, perciò perdonate la lentezza di questi capitoli iniziali, ma sono introduttivi.

Buona lettura!

 

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Parte III

 

 

 

- Gennaio -

 

Una vibrazione.

Un’altra.

Un’altra ancora.

Crowley dischiuse una fessura tra le palpebre e assaggiò l’aria con la lingua forcuta. Un tenue bagliore lampeggiava sui muri, nell’oscurità della stanza. Richiuse gli occhi, privo di interesse, infilando la testa tra le spire. Stringendosi ancora in quel poco tepore accogliente che era riuscito a ritagliarsi, nel tentativo di riafferrare un avanzo dell’oblio da cui era stato strappato.

La vibrazione continuò per un po’. Smise. Poi riprese. E smise di nuovo.

Crowley la ignorò; o almeno, cercò di farlo. Fuori, una pioggia delicata picchiettava placida nel silenzio; doveva essere notte inoltrata.

«Potresti anche degnarti di rispondere.»

Una voce stizzita, ovattata attraverso il piccolo l’altoparlante del cellulare, ruppe definitivamente quella realtà di inerzia, a stento conquistata. Crowley sibilò il suo sdegno con la lingua fra i denti, sbirciando appena da sotto le scaglie di una spira.

Stagliata contro il muro, nell’alone rischiarato dalla luce dello schermo, prese forma l’ombra di una figura.

«Perciò ti sei rintanato di nuovo qui.» constatò la voce, con distacco.

Qualcosa di calpestato crocchiò nella semioscurità. L’ombra si spostò, sputando una mezza imprecazione; poi una fiammella verde rame si accese nella stanza, illuminando una smorfia arrogante e due occhietti pungenti, già intenti a saettare in giro con biasimo.

«Non credevo che ti saresti adeguato allo stile del Piano di Sotto, Crowley. Ti facevo un tipo più ordinato.»

«Va via, Shax.» replicò lui, atono.

Voltò la testa affilata, celandosi apatico in un’ansa del suo ventre sottile. L’ultima cosa che cercava era la conversazione; ancora meno, se l’indesiderato interlocutore in questione saltava fuori all’improvviso da qualche sgradevole provincia ultraterrena.

«Sono Duca Infernale adesso.» gracchiò Shax.

«Se pensi che mi freghi ancora qualcosa delle vossstre gerarchie del cazzo, sei fuori strada.»

Crowley strisciò fra brandelli di letto, lenzuola e piume, in cerca di un incavo ancora più buio e nascosto in cui rintanarsi. Se avesse potuto scavare nella terra lo avrebbe fatto; sarebbe andato giù, in profondità, senza fermarsi, fino a raggiungere un luogo in cui non vi fosse stato più nulla da poter vedere o sentire. Ma, sfortunatamente, oltre il pavimento ora avrebbe trovato solo lo squallido appartamento di qualcun altro.

Shax soffiò, sull’orlo dell’irritazione. «Vorrei ricordarti che, tecnicamente, questo posto nemmeno ti appartiene più.»

«E, tecnicamente, io non lavoro più per voi. Ho chiuso. Quindi, qualunque sia il dannato motivo per cui sei qui, non mi interesssa.»

«Non giocare con il fuoco, Crowley.» la voce di Shax si era inasprita; graffiò, come artigli su un vetro.

«Ti ho lasciato stare, ho lasciato che ti crogiolassi nel tuo patetismo e nei tuoi sciocchi passatempi umani. E di certo non perché sono di buon cuore.» schioccò la lingua sul palato, velenosa, «L’ho fatto solo perché ho una vaga stima del tuo lavoro passato. Ma rimani pur sempre un traditore

Crowley scivolò piano da sotto i resti del copriletto, avanzando come un nastro di velluto sul pavimento ingombro. «Perciò sssei venuta per punirmi? Rinchiudermi da qualche parte?»

Si avvicinò alla fonte della luce verdognola, sfilandosi piano da una pelle e vestendone un’altra; dividendo il sostegno del ventre serpentino su due gambe nuovamente umane, foderate dal tessuto dei pantaloni.

Materializzò un paio dei suoi occhiali e li inforcò, mentre colmava con gli ultimi passi la distanza che li divideva. La stanza era diventata più angusta, ora che si trovava in piedi; la sentì stretta addosso.

«Sono lusingato che tu ti sia scomodata apposta per me, Shax. Ma se pensi che non mi ribellerò, sei di nuovo fuori strada.» la fronteggiò, mostrando i denti, ostentando sprezzo; fissandola da dietro le lenti, in quegli occhietti appuntiti, che riflettevano la luce nella semioscurità come quelli di una donnola inquadrata dai fari di un’auto.

Come prima regola, nella sua lunga esistenza, Crowley aveva sempre avuto il non attirare i problemi. Mantenere la testa bassa quando necessario, farsi notare quando opportuno, mentire il giusto, dileguarsi con tempismo; e mai, mai, mai sfidare apertamente chi poteva essere una minaccia. Era quel tipo di mossa stupida che di certo non lo avrebbe visto protagonista, in tempi normali.

Tuttavia quelli non erano tempi normali, non più. E la frustrazione che sentiva dentro stava assumendo sempre di più i contorni del rancore e della mancanza di buonsenso.

Shax lo osservò, accennando un ghigno derisorio; una fila di dentini affilati le sbucò dal bordo del labbro. Sul volto, l’espressione di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico.

«Facciamo così: tu ascolti quello che ho da dire, collaboriamo, e poi potrei persino decidere di lasciarti in tranquillità; a marcire in questo buco, se ti fa piacere.», un piccolo sentiero di rughe le si evidenziò fra le sopracciglia, incurvate da falsa benevolenza, «In nome dei vecchi tempi, che ne dici?» gli porse la mano tesa, sotto un sorriso ora dilatato, luccicante di spilli nel buio.

La scelta non sembrava essere tra le opzioni, men che meno la negoziazione. E quando l’Inferno voleva collaborazione, non c’era mai niente di buono all’orizzonte.

Crowley si sentì di nuovo incastrato.

Forse lo era, e lo sarebbe sempre stato, nonostante avesse speso l’eternità a pretendere di no; a fuggire e dimenarsi come un bambino, in nome di un capriccio di libertà effimera che continuava a dissolverglisi davanti. Impietoso fumo negli occhi.

Le strinse la mano, cedendo al contatto solo per l’attimo necessario e mal celando il risentimento.

Non ci si può fidare di un demone, ovviamente; questo entrambi lo sapevano bene. Ma funzionava così tra loro: accordi transitori, cavilli, inganni; ombre di lame taglienti puntate alla schiena.
Magari avrebbe guadagnato qualche altro anno di tregua, o forse no. Non sapeva nemmeno se gli importava davvero, o se avesse ancora senso.

In ogni caso, Shax ne sembrò compiaciuta.

«Molto bene. Ora che abbiamo finito con i convenevoli…», materializzò due piccole poltrone Chesterfield e si accomodò su una, accavallando le gambe. Poi gli indicò l’altra con un cenno sbrigativo, mentre la fiammella verde continuava a fluttuare pigra da un lato, fra i due sedili.

Crowley non assecondò l’invito.

«Dimmi cosa vuoi e basta. Non ho intenzione di fare salotto.»

Quella situazione si stava protraendo fin troppo e sentiva il nervosismo salire, insieme ad una scomoda consapevolezza. C’erano solo due ragioni per cui Shax avrebbe potuto considerare rilevante il contributo di uno come lui: la sua maggiore conoscenza della Terra e… i suoi trascorsi con l’angelo.

Anzi, Arcangelo adesso.

Supremo Pezzo Grosso, di sicuro già invischiato in ogni sorta di casino. Impegnato in imponenti opere di bene, intento a farsi in quattro per rivoluzionare da solo incrollabili ordinamenti celesti millenari, e chissà che altro. Il tutto sempre con il suo tipico ingenuo ottimismo.

Quel pensiero gli si incastrò in gola.

Shax contrasse le labbra sottili, corrette dal rossetto, indifferente. «Come preferisci.» lisciò la pelle nera della poltrona con le dita, poi proseguì «In realtà, credo che troverai parecchio interessante quello che ho da dire.»

«Arriva al punto.»

«Beh, di recente ho avuto conferma di certe voci. Pare che su, ai Piani Alti, abbiano deciso di mettere in scena il loro atto conclusivo. Secondo Avvento, ne avrai di certo sentito parlare; e sai che significa guerra.» assaporò con evidente gusto l’ultima parola, facendola passare fra i dentini luccicanti e sulla lingua, come un delizioso confetto.

«Guerra che, chiaramente, intendo vincere

Crowley si rese conto di aver artigliato lo schienale della Chesterfield.

Non poteva essere.

Aziraphale amava il mondo; lo amava così com’era, e gli piacevano anche gli esseri umani, con i loro vizi, le imperfezioni, le contraddizioni e, in fondo, anche i lati oscuri. Avevano sventato un’apocalisse soltanto qualche anno prima, insieme. Non poteva aver acconsentito all’attuazione di una nuova fine dei tempi. Era ridicolo. Dovevano averlo ingannato, costretto, o qualcosa di simile.

O forse… forse no.

Magari era lui ad essersi sempre sbagliato, ad aver visto qualcosa che non c’era. Proprio come era successo con la loro amicizia, il loro legame. Un’illusione.

Un angelo rimane sempre un angelo dopotutto; debellare il male, in tutte le sue forme, era insito nel suo essere; e le sfumature esistono solo per chi cade in basso. Una verità da sempre scacciata, che ora lo colse come una pugnalata.

«Vedo che ho attirato la tua attenzione.»

Shax intrecciò le dita in grembo, compassata. «Penso che, a questo punto, avrai capito perché sono qui. Siamo noi questa volta ad essere in svantaggio strategico e, riguardo lo sventare Grandi Piani, tu sei l’esperto.»

Crowley si sporse in avanti, stringendo più forte il bordo della poltrona; ricacciando indietro il nodo che gli si era arrampicato su per la gola. «E, dimmi, cosa ti fa pensare che io abbia intenzione di aiutarti?» replicò, esibendo la massima asprezza possibile.

Shax sollevò alte le sopracciglia perfettamente disegnate. «Non credo che tu voglia finire confinato per l’eternità nell’Abisso.» indicò verso di lui con una lunga unghia laccata, che poi spostò su di sé, «Come del resto neanche io.»

Una pausa sottolineò quella che, secondo lei, doveva essere l’evidenza, mentre rivolgeva il palmo verso l’alto, allargando gli artigli. «Non vedo perché non dovremmo lavorare insieme.»

Ostentava una complicità che non avevano mai condiviso, e con fin troppa irritante naturalezza. Il che fece innervosire Crowley molto più di quanto avrebbe voluto ammettere. Non avevano niente in comune, non avevano mai condiviso nulla, se non l’accidentale e infelice condizione demoniaca.

Avrebbe preferito crepare piuttosto che passare l’eternità con loro in quella fogna di dannati, ma questo non significava che li avrebbe aiutati a rendere tutta l’esistenza un’altra fogna, solo più grande e ventilata.

«Evidentemente, Shax, ti sfugge che non ho mai agito a favore di nessuna fazione. Noi non siamo dalla stessa parte.»

Gli occhi di Shax si accesero di collera per un istante; le iridi strette fra le palpebre.

«E chi c’è dalla tua parte, Crowley?», la sua voce era diventata sottile e tagliente, «Il tuo caro angelo non sembra essere più molto interessato a te. Anzi, in effetti, quello che mi sfugge davvero è perché ti abbia lasciato qui da solo. Sembravate così affezionati

Crowley si irrigidì. Il rivestimento della Chesterfield si lacerò sotto la sua presa, le dita conficcate nell’imbottitura.

Shax sorrise malevola, deliziata di aver colpito nel segno.

«Cos’è, non gli hanno permesso di portarsi il diavoletto domestico su in Paradiso?»

Si alzò dal sedile, avvicinandosi morbida come un piccolo predatore, «Forse si è reso conto che il collare angelico non si intonava con i tuoi occhi da serpente? O magari sei tu che non hai voluto indossarlo.» si avvicinò ancora, lo sguardo fisso che rifletteva il verde della fiammella, «Hai capito di essere stato solo un patetico randagio da recuperare e rieducare, non è così?», sussurrò, «Un’altra piccola opera di carità.»

Crowley sibilò a denti stretti, incapace di formulare una risposta. Tremava di rabbia, eppure era bloccato; sagome di angosce volutamente ignorate, a cui non desiderava dare un nome, gli si stavano avvolgendo addosso, stringendo su ferite ancora non rimarginate.

Shax sbuffò. «Oh, andiamo. Non fare quella faccia. Del resto dovevi aspettartelo, quelli come noi vengono sempre lasciati indietro.», schioccò la lingua con amarezza, «Dobbiamo faticare per farci strada, per non affondare ancora di più. Per prendere ciò che ci spetta

Gli girò intorno mentre parlava. Crowley poteva sentire i suoi artigli allungarsi su di lui, sicuri di averlo in pugno. Ma non le avrebbe dato la soddisfazione di mostrarsi afflitto, di godere delle sue debolezze. Raccolse l’ultimo brandello di certezza che possedeva, e vi si aggrappò con tutto sé stesso, come a uno scoglio; ultimo baluardo della sua dignità.

«Preferisco affondare qui da solo, che prendere ancora stupidi ordini da qualcuno.» ringhiò, gelido.

Se davvero doveva esserci il Giudizio Universale, allora lo avrebbe affrontato da demone libero.

Si guardarono per un momento, in un silenzio spinoso, eloquente di ribrezzo reciproco. Poi Shax si allontanò di qualche passo, attirando a sé la fiammella. La piccola luce verde fluttuò e si fermò davanti al suo petto, disegnandole in viso ombre dure e lugubri.

«L’Inferno è la tua parte, Crowley; l’unica che potrai mai avere. E, quando lo capirai, sai come trovarmi.» gli offrì un’ultima occhiata astiosa, poi afferrò la luce e scomparve, lasciando di nuovo spazio al buio della stanza.

Per un po’ Crowley non si mosse, la presa ancora salda sullo schienale. Incapace di lasciare quel supporto divenuto necessario, ora che sentiva il sostegno delle sue gambe esili soccombere, sotto un peso sempre più gravoso.

Fu con lentezza che si lasciò scivolare sul pavimento, accasciandosi ai piedi della piccola poltrona.

Sfilò le lenti e sospirò, nell’aria pesante di quel silenzio ritrovato, ora avvelenato dai pensieri. La pioggia batteva ancora piano sui vetri delle finestre.

Rivolse gli occhi al cielo, oltre il soffitto, a quel Dio che lo aveva condannato. L’ennesima domanda silenziosa, la richiesta disperata di un senso che non riusciva più a trovare. Di una spiegazione a ragioni che non comprendeva e che, forse, non avrebbe mai potuto accettare.

Ma nessuna risposta sarebbe arrivata, neanche questa volta.

 

 

 

***

_______________________________

 

 

NOTE DELL'AUTRICE:

Mi scuso per la depressione di questi capitoli di Crowley, ma sono necessari per lo sviluppo del personaggio (giuro). Anche se ammetto di aver comunque un po’ sofferto a scrivere di Shax che gli rivolgeva cattiverie.

E in merito a questo, spero di non essere andata troppo OOC con lei, ma avevo bisogno che fosse minacciosa, ora che si trova al comando; e non ho neanche troppo faticato ad immaginarla così, più consapevole, evoluta per il suo nuovo ruolo. Mi sono soprattutto ispirata al modo in cui è riuscita a farsi invitare nella libreria alla fine della seconda stagione, utilizzando i timori profondi di Maggie, riuscendo a fiutare le sue debolezze. Un potere molto da demone classico, in realtà, ma che nella serie non è mai stato molto sfruttato, e che quindi ho deciso di utilizzare come caratteristica peculiare per lei.

Per il resto, grazie per essere arrivati sin qui, per aver letto, per i feedback e tutto il resto (sempre tutto super gradito). Baci, e al prossimo capitolo.

 

   
 
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