Ci sono momenti nella vita di una persona in cui per quanto essa si sforzi a raggiungere la minima pace necessaria per alleviare le proprie pene, alla fine fallisce sempre.
Bradley correva verso quel miraggio di speranza da anni e quando pensava, ormai, pensava al dolore. Quando parlava veniva ammutolito da tutti i suoi lamenti e quando agiva non trovava una ragione al suo scopo.
Era completamente inghiottito dalla depressione causa della sua malattia, non aveva nemmeno più voce per esprimersi e nemmeno lacrime da versare, gli era rimasto solo tutto quel sangue, che così tanto sognava di riversare tutto addosso a se stesso, nel tentativo di un'amputazione.
Però poi era arrivato Joel Hall, il maestro della sua stessa arte che girava intorno a Bradley. Eppure Bradley non aveva nulla da offrire a Joel, un cadavere non può far nulla per rendere felice un vivo. E questo il moro non se lo spiegava, l'increscioso desiderio del tatuatore di averlo con sé, quello schiaffo d'affetto docile che gli aveva accarezzato il volto senza essere troppo invadente.
Non lo merito, ho già fatto abbastanza. Si diceva, mimava quelle ammonizioni con il labiale, mentre la notte dormiva nel letto profumato della stanza degli ospiti di Delilah. Era inevitabile ricordare il suo passato, quando quella vecchia storia si stava ripresentando alla sua porta nello stesso modo.
I sentimenti di Bradley erano stati contaminati all'epoca, con gli stessi sguardi che gli stava lanciando Joel. Avrebbe voluto cancellare per sempre quelle memorie che si aggiungevano alla sua infezione, che gli sopprimevano sempre di più la vita.
Ricordi?
Ogni cosa.
Si chiamava Wolfgang Novikov, aveva diciannove anni mentre Bradley era ancora un diciassettenne quando si incontrarono in un locale di sabato sera. Bradley era stato trascinato fuori dal campus in cui dormiva clandestinamente da Delilah e Leif, che volevano farlo svagare a tutti i costi, ed evitare altre molteplici ferite.
Wolfgang l'aveva tenuto sott'occhio per tutta la serata, Bradley se n’era accorto subito, quasi si sentiva in imbarazzo. Sorseggiava il suo drink scadente seduto su di un gradino delle scale affollate che portavano ad un improbabile primo piano di quella specie di locale per ragazzi, e teneva gli occhi bassi pur percependo che l'attenzione di quello sconosciuto era tutta rivolta a lui.
Bradley ricordava tutto, ogni dettaglio. Le casse suonavano ad altissimo volume summertime sadness in versione remix, le luci intermittenti dei led erano viola e fucsia. Delilah era in piedi non molto distante dalla postazione di Bradley, parlava divertita con un ragazzo che teneva in mano un cocktail, mentre Leif seduto due scalini più in alto di Bradley concentrava tutto il suo divertimento in una pomiciata frenetica tra una ragazza ed un ragazzo.
La colpa non era loro, non l'avevano lasciato solo, era stato Bradley a rifiutare la loro compagnia, a scuotere il capo e dirgli che non voleva seguirli al piano bar, o al centro della pista perché gli andava bene star seduto lì senza fiatare. Era stata solo di Bradley la colpa se Wolfgang si era avvicinato.
Ricordava il suo abbigliamento trasandato, i capelli a spazzola rasati ai lati, scuri, ed il viso dai lineamenti marcati e mascolini.
Gli si sedette accanto senza chiedere il permesso. Bradley deviò la testa dal lato opposto e si allontanò qualche centimetro, perché Wolfgang si era sistemato proprio dal suo lato sinistro. Wolfgang possedeva dei bicipiti muscolosi, un petto ampio e forte, forse eccessivamente per la sua età. Era una presenza affascinate, l'attrazione di Bradley nei confronti del suo stesso sesso non poteva negarlo, però il timore della sua mente lo ingobbiva sempre di più.
Per la sua malattia, per il suo umore, e per il fatto che non avesse mai avuto relazioni o rapporti con qualcuno.
Mentre i timori di Bradley lo inghiottivano in uno dei suoi nuovi e abitudinari attacchi di panico, Wolfgang incalzò con un «Vuoi?» passandogli una sigaretta rullata maldestramente.
Bradley scosse il capo voltandosi a guardarlo con le labbra socchiuse ed una visibile difficoltà. Il ragazzo più grande si poggiò la stecca contenente non di certo soltanto tabacco, accendendola in un flebile fumo che odorava in modo pungente.
«Posso provarci con te, oppure ti piace la fica?»
Bradley si sciolse, ingenuamente, colto da un'attrazione incontrollata verso quelle attenzioni nuove, che mai nessuno gli aveva dato.
«Nah, mi piacciono i ragazzi.» gli aveva risposto con un lieve sorriso imbarazzato. Poi Wolfgang aveva sporto una mano verso il suo viso tenuto basso, con l'indice aveva costretto delicatamente Bradley ad alzare il mento più vicino possibile al suo viso. Bradley serrò le labbra carnose, pietrificato da quel gesto alquanto insolito. Wolfgang gli aprì di poco la bocca con il pollice per soffiare in quella fessura rosea il fumo dello spinello.
«Accetteresti le mie condizioni?» Wolfgang aveva quasi sussurrato, ma nonostante il rumore Bradley riuscì a leggere il labiale, trattenendosi dal tossire per il fumo passivo che gli bruciava la gola.
«Che condizioni?» Bradley era intimorito, pentito di quella vicinanza quanto dell'inizio di quel discorso.
«Io e tu che iniziamo conoscerci a modo mio.»
«C-cosa?»
«Non aver paura, farò il bravo.»
Senza nemmeno che Bradley potesse rifiutare le mani forti e calde di Wolfgang gli presero il viso e quelle labbra che sapevano di marijuana gli inumidirono tutta la bocca. Bradley però non lo respinse, fu distaccato i primi istanti ma subito chiuse gli occhi e lo assaggiò tutto, impacciato ma disponibile. Gli piaceva, era una scarica di adrenalina che anestetizzava per un tempo incalcolabile il dolore al suo braccio.
«Hai sancito il tuo patto con il diavolo.» gli aveva detto Wolfgang, subito dopo averlo baciato con un sorriso beffardo.
«Ma sei stato tu a baciarmi.»
«Se non l'avessi fatto io te ne saresti pentito.»
Invece Bradley si era pentito. Però la colpa era stata esclusivamente sua, gli era piaciuto stare a quel gioco di complicità che per la prima volta gli aveva smosso l'adolescenza travagliata. Era una novità, la sua quotidianità era cambiata, ed in fondo si era affezionato così tanto a Wolfgang da poter affermare che i sentimenti che provava per lui erano per la maggior parte amorosi.
E poi c'era stata la repulsione, che era durata per tre interi anni.
All'inizio il rapporto tra Bradley e Wolfgang si basava sulle scorribande divertenti in giro per la città; saltavano insieme la scuola per andare a mangiare un hot dog e stare da soli nel vicolo abbandonato, centro di ritrovo per i vandali che riempivano le pareti di graffiti. Quando invece andavano a scuola mettevano sempre in secondo piano le lezioni per passare quanto più tempo possibile assieme. Bradley dipendeva esclusivamente da Wolfgang per ogni cosa, in ogni situazione il compagno aveva il comando. Bradley si era fatto trasportare completamente da quel ragazzo che con una qualche frase persuasiva a confermare il suo sentimento d'amore per lui, lo metteva nuovamente in riga.
Leif e Delilah avevano immediatamente notato l'enorme cambiamento dell'amico. Bradley stava affrontando un periodo della sua vita molto delicato; i genitori lo avevano buttato fuori di casa, lui aveva dichiarato la propria omosessualità e la sua malattia continuava a consumarlo. Wolfgang lo aveva intossicato, aveva fatto della vulnerabilità di Bradley il suo esclusivo svago.
Nulla poterono fare i consigli preoccupati dei due amici di Bradley, perché Wolfgang venne a sapere di quei suggerimenti e manifestò al suo ragazzo il primo, vero e proprio campanello d'allarme della sua possessività.
In breve Wolfgang aveva spintonato Bradley contro il muro, gli aveva afferrato il polso dolorante del braccio sinistro e lo aveva immobilizzato sotto di sé. Gli sussurrò una minaccia del tipo: «Sono io quello a cui devi dare ascolto, non loro.» Bradley si era dimenato e aveva quasi reagito allo stesso modo dinanzi ad un gesto tanto violento, finché l'altro tornò a mettergli le mani addosso, dicendogli: «Ti conviene rompere con me? Chi altro ti vorrebbe con la tua malattia?»
Quella frase non manifestava amore o empatia nei suoi confronti, però Bradley gli diede ragione. Wolfgang lo aveva scoperto mentre gli aveva sfilato di prepotenza la felpa, e Bradley aveva trattenuto dentro tutti i suoi singhiozzi, trovando la forza di spiegare. In fondo lo amava, perché doveva essere intimorito da lui? Wolfgang non aveva capito poi granché della condizione di Bradley, o meglio, non aveva voluto capire. Era convinto che Bradley fosse un autolesionista a cui non dare corda, da ingoiare semplicemente perché in cerca di attenzioni.
Bradley era passato da un periodo di novità che lo rendevano felice, grazie a quel rapporto, ad un lungo calvario di sottomissione e altro sangue.
Wolfgang lo aveva reso dipendente dalla droga. L'andamento scolastico di Bradley era un disastro, i rapporti ristretti con le persone fidate si erano tagliati completamente e la sua malattia peggiorava ogni giorno di più.
Aveva ferite talmente infette da fargli salire ed abbassare una febbre continua, e la più o meno frequente assunzione di stupefacenti non faceva altro che peggiorare la sua salute. Psicologicamente poi Bradley era un fantasma, aveva anche smesso di parlare. Wolfgang aveva fatto di lui la sua compagnia fissa, ed il suo oggetto di desiderio sessuale sul quale approfittarne a suo piacimento. Il più grande aveva tradito molte volte Bradley, sia con ragazze che ragazzi, e con tutto ciò Bradley trova sempre una falsa motivazione per perdonarlo nonostante quella poligamia lo facesse soffrire tremendamente.
Dopo tre anni però Bradley era arrivato a raschiare il fondo. Lentamente stava allontanando il consumo di droghe, anche se con difficoltà, aveva capito di doverle abbandonare una volta per tutte. Con la sua dipendenza ci stava riuscendo ma con la sua malattia, ed il suo amore malato per Wolfgang, ci stava morendo. Ormai abitava nell'appartamento del compagno, e fu una sera che decise cosa farne della propria vita. Wolfgang era uscito con un suo amico e aveva lasciato da solo Bradley con in mano una lama incrostata di sangue secco.
Bradley ci aveva pensato spesso al suicidio ma non con sincera convinzione, perché in fondo ci sperava in un'aspettativa di vita diversa, dove la sua malattia, il nemico più grande, era messo a tacere. Però quella situazione ormai si era fatta insostenibile, e ferirsi nella speranza di risolvere da solo il suo problema non sembrava essere più sufficiente.
E se morissi?
Che faccia avrebbe fatto Wolfgang nel vederlo privo di sensi, proprio al centro del salotto? Da morto avrebbe potuto persuaderlo e convincerlo insistentemente a fare sesso con lui? Da morto avrebbe potuto portarlo con sé in continuazione nei suoi posti preferiti dove droga e risse erano all'ordine del giorno?
Da morto il suo braccio avrebbe continuato a fargli male nella testa?
Le risposte Bradley le sapeva già, però non riuscì a togliersi la vita.
Prese il telefono e chiamò Delilah in lacrime raccontandole tutto. Era così rassicurante poter finalmente parlarne, specialmente con lei, che non vedeva o sentiva da mesi. Si erano accordati di incontrarsi da lei immediatamente. Delilah avrebbe chiamato anche Leif, e assieme si sarebbero presi cura dell'amico, aiutandolo ad abbandonare per sempre Wolfgang.
Bradley mise in uno zaino i pochi averi che gli erano rimasti, qualche maglietta sporca e due libri ingialliti. Quando però aprì la porta di casa per uscire si trovò di fronte Wolfgang, ubriaco e sotto effetto di droghe, in un visibile stato alterato.
«Dove vai?» gli aveva domandato squadrando lo zaino in spalla a Bradley, che, timoroso, nascose l’espressione spaventata dietro le ciocche castane più lunghe davanti agli occhi. Dovette accumulare tutto il coraggio che aveva nel petto per rispondergli;
«Via da qui, sono stanco di stare con te.»
Wolfgang iniziò a ridere istericamente, impedendo a Bradley di varcare la soglia della porta. Lo afferrò per la spalla sinistra, viola di lividi, come se si sentisse in diritto di poter controllare Bradley in base alle sue debolezze. Lo strattonò più vicino a sé, così il ragazzo poté anche sentire l'odore forte di alcol e fumo che proveniva dalla sua bocca.
«Tu non vai da nessuna parte, ora vieni con me in auto e andiamo a farci una bella scopata assieme ai miei amici.» lo minacciò con un sussurro.
A Bradley mancò il fiato per la forza bruta ed invasiva che Wolfgang mise nello stringergli il braccio malato. Si pietrificò, e senza nemmeno poter controbattere venne portato fino alla macchina di Wolfgang già precedentemente incidentata. Il più grande si mise alla guida del veicolo, mentre Bradley fu costretto a sedersi al lato del passeggero. Si raggomitolò su se stesso quasi per proteggersi, con le braccia strette al petto, in un abbraccio di cui aveva bisogno. Bradley si morse il labbro con forza trattenendo le lacrime che gli offuscarono la vista, e gli fecero pulsare le orecchie. Wolfgang imboccò l'autostrada, la velocità del contachilometri era ben oltre il limite d'obbligo e il suo stato confusionale non faceva che peggiorare la guida spericolata. Poggiò una mano sulla gamba di Bradley, salendo con insistenza lungo l'interno coscia. Il ragazzo si irrigidì, cacciandolo via con uno strattone violento.
Wolfgang poggiò nuovamente entrambe le mani sul volante, e con la coda dell'occhio guardò in cagnesco il compagno.
«Che significa?» gli domandò aggrottando la propria espressione.
«Significa che non devi toccarmi, non devi farlo mai più.» rispose Bradley, autoritario.
«Cosa? Vuoi fare la parte della donnetta molestata? Dacci un taglio Bradley, chi ti ha riempito il cervello di merda? La tua amica Delilah, quella puttana?» Wolfgang sbottò quelle domande con frustrazione, accelerando.
«Ferma questa macchina e fammi scendere immediatamente.» ringhiò Bradley, guardandolo.
«Altrimenti? Salterai fuori mentre sono in corsa? Non farmi ridere!»
L'atmosfera tra la loro discussione si fece talmente opprimente da mettere in difficoltà persino Wolfgang. Lui continuò a spingere l'auto alla massima velocità, superando le macchine che al buio e con il suo stato confusionale sembravano tutte tanto lontane.
Tutte, tranne una.
Bradley non ricordava molto dell'incidente, aveva chiuso gli occhi e l'urto lo aveva spintonato da una parte all'altra dell'abitacolo. Sembrava quasi di essere su di una montagna russa. Bradley non perse i sensi, reagì subito quando capì che l'auto si era fermata. Non sentì nulla, se non un fischio acuto ai timpani. Era seduto ancora al suo posto con la cintura allacciata mentre il sangue gli colava da una ferita alla fronte. Era schiacciato dalle lamiere della macchina che gli impedivano quasi di respirare. Ironia della sorte, in quell'incidente, per la propria portata catastrofica, Bradley ne uscì straordinariamente quasi illeso, con qualche frattura da poco e due costole ammaccate. Il suo braccio, che avrebbe potuto saltare in aria o fratturarsi gravemente, non riportò nessuna ferita.
Per Wolfgang invece quell'incidente fu letale. Non venne stroncato sul colpo, i soccorsi lo estrassero da ciò che rimaneva dell’automobile, con gravi ustioni su tutto il corpo e danni agli organi interni che lo portarono alla morte solo dopo due giorni di ricovero in terapia intensiva.
Bradley non andò a trovarlo in ospedale, fu assente persino al suo funerale, per il semplice fatto che il suo addio a quell'uomo lo aveva già dato. Entrambi erano rimasti coscienti ed intrappolati in quella gabbia accartocciata. L’incidente era stato causato da una seconda auto arrivatagli addosso dalla corsia di sorpasso.
Wolfgang aveva iniziato a piangere, urlando finché Bradley non gli aveva preso la mano. Proprio la mano sinistra strinse quella del ragazzo moribondo e sofferente di fianco a Bradley.
Quel gesto di pietà non fece altro che incrementare il desiderio morboso di Bradley su quell'arto. Aveva accompagnato il suo amore aguzzino alla morte proprio con quella mano maledetta in continuazione con i tagli.
Wolfgang non aveva in bocca parole, soltanto mugugni terrorizzati, in uno stato di shock.
«Non mi lasciare ti prego, Ley ti supplico non mi abbandonare.» gli disse tra le lacrime, tremando come una foglia.
«No, sono qui, andrà tutto bene. Starò con te per sempre, sono qui.» gli sussurrò Bradley, trovando difficile voltare la testa verso di lui per colpa di un dolore al collo.
Wolfgang era morto e l'ultima volta che vide Bradley fu in quell'auto. In fondo si erano amati, in una maniera malsana e deteriorante ma tre anni di errori avevano comunque rappresentato il primo amore di Bradley, l'unico che avesse mai avuto. E quindi aveva paura di Joel, si sentiva già fottuto da quel sentimento d'interesse cento volte più grande di quello che aveva provato inizialmente con Wolfgang. Non faceva di tutta l'erba un fascio, a sbagliare in quella relazione nata in adolescenza era stato proprio Bradley con le sue decisioni, ma era comunque rimasto segnato da quell'incidente, che non era stato in auto, ma tra le labbra di Wolfgang. E non riusciva nemmeno a dimenticarlo, perché quel ragazzo gli era rimasto attaccato all'anima come un parassita. Wolfgang sarebbe stato per sempre con lui. Per sempre, finché quel braccio non se ne fosse andato, ricordo indelebile dell'ultimo contatto con Wolfgang.
Era un disastro, tutta la sua vita andava in rovina, non voleva iniziare qualcosa con Joel, non voleva affatto distruggere anche la sua di esistenza.
Joel però non sembrava spaventato da quel pericolo imminente che si annidava in Bradley. Joel era uno spirito folle, e con ciò non temeva la stranezza di Bradley. Delilah aveva incoraggiato l'amico a dare un'occasione alle dolci gesta di Joel, gli aveva detto che per quanto lo conosceva lei il tatuatore era un ragazzo straordinario. Leif, che li aveva raggiunti a casa di Delilah, immediatamente era diventato euforico per la novità.
Una volta tanto forse Bradley avrebbe dovuto ascoltare i suoi amici, dopotutto erano le uniche due persone di cui poteva fidarsi.
Bradley si coprì bene abbottonando le felpa fino al collo. Il braccio ancora debole e indolenzito stava leggermente flesso con la mano in tasca. Delilah lo accompagnò al luogo in cui Joel gli aveva dato appuntamento, dandogli un buffetto dolce sulla guancia ed augurandogli buona fortuna. Non avevano portato anche Leif perché il ragazzo era troppo euforico per i gusti di Bradley, che si trovava già in enorme difficoltà ad accettare l'invito tramite messaggio di Joel. Bradley lo vide già in lontananza, in piedi e voltato di spalle. Ricordava la strada di quel parco in cui erano stati la sera del loro primo appuntamento, anche se con la luce del pomeriggio sembrava tutto ancora più quieto e piacevole. Il moro sospirò per scaricare la tensione, e affiancò Joel dal proprio lato destro. Avrebbe voluto salutarlo immediatamente ma il timore era troppo, e Joel fu più veloce delle sue parole.
Gli prese la nuca e lo spinse verso di se. L'altra mano di Joel però si poggiò sulle labbra di Bradley così da creare un muro di calore tra le loro bocche, che non si baciarono. Bradley si irrigidì con stupore, rimanendo con le braccia lievemente allargate mentre Joel continuò quella vicinanza per pochi altri secondi ancora. Quando si lasciarono entrambi ripresero fiato, specialmente Bradley, del tutto scioccato.
«Cos'era?» gli domandò Bradley con un filo di voce. Erano soltanto due giorni che non si vedevano e Joel se n’era uscito con un gesto simile.
«Un bacio con le dovute precauzioni, giusto perché ho capito che vuoi andarci piano.» rispose sorridendogli, la barba folta e ordinata sul volto.
«I-io non...mi confondi, davvero.» borbottò con un sorriso nervoso.
Joel allungò nuovamente la mano verso Bradley in un gesto gentile. Gli porse un foglio di carta che Bradley prese con insicurezza timida.
Quando osservò con attenzione il disegno su quel sottile foglio bianco Bradley sentì nuovamente quella sensazione di piena commozione che lo avvolgeva. Lo emozionavano come nient'altro al mondo.
Una rosa era disegnata con i bordi doppi, neri, e poi i petali che si intersecavano all'interno erano delineati da tracce sottili. Dentro il disegno della rosa ne era articolato un altro, a penna rossa. Un volto di profilo stilizzato e che prolungava i propri lineamenti all'interno del fiore. Quella persona somigliava tanto a Bradley.
«I fiori ti sembrano troppo sdolcinati, però io sono un tradizionalista e voglio regalartene quanti più possibile. Ho ideato questa soluzione. Ti piacciono i miei fiori d'inchiostro?» disse Joel sorridendogli.
Bradley si bagnò le labbra guardandolo negli occhi, anche se con difficoltà estrema per via del velo di lacrime commosse che cercava di trattenere.
«Li trovo speciali e bellissimi.» annuì.
Bradley non si pentì di Joel, però continuò a maledirsi per quel dannato incidente che non gli aveva strappato via il braccio.