14
La linea era libera. Melissa immaginò che Bradley fosse sul letto a sonnecchiare, e che stesse mugolando infastidito per lo squillo del telefono. Avrebbe risposto a breve, se lo sentiva – e se non lo avesse fatto… be’, non era una possibilità che voleva contemplare.
Seguirono un altro paio di squilli. Melissa addentò una pellicina sull’indice, e poi passò all’unghia. Morsicò, morsicò, morsicò. Aveva dieci anni l’ultima volta che si era mangiata le unghie, e le aveva lasciate così martoriate che si era ripromessa di non farlo mai più.
Il cuore di Melissa cominciò a battere forte.
Perché non rispondi, Brad?
Morsicò, morsicò, morsicò ancora, infrangendo in pochi secondi quella promessa di bambina.
La porta del bagno si aprì di colpo. Ne uscì sua madre, con indosso l’accappatoio e un asciugamano a contenerle i capelli.
«Lis, chi stai chiamando?»
Melissa tirò su col naso e si accorse solo in quel momento che stava piangendo.
«Mamma, ho paura per Brad.»
Dana aggrottò le sopracciglia e le si sedette accanto, posandole una mano sulla schiena.
«Perché? È successo qualcosa?»
Subentrò la segreteria e Melissa sussultò. Riattaccò delusa, col cuore che batteva a mille, e buttò il telefono sul letto.
«Ho fatto un incubo, mamma», rispose lei, prima di lasciarsi andare ai singhiozzi. Sua madre la accolse in un abbraccio e la accarezzò ancora.
«Qualunque cosa fosse, era solo un brutto sogno», la rassicurò.
«Eppure era così vero», singhiozzò ancora Melissa. «Qualcuno voleva uccidere Brad.»
«Lis…»
«Lo stava strangolando», aggiunse la ragazza, stringendosi di più in quell’abbraccio rassicurante. Dana smise di accarezzarla per un attimo, per riprendere solo quando i sussulti di Melissa divennero più dirompenti.
«Lis, non può…», le rispose, per poi correggersi. «Non succederà. Bradley è a casa con papà, al sicuro. Più tardi proviamo di nuovo a chiamarlo, va bene?»
Melissa sentì il bisogno di lasciarsi cullare di nuovo nelle certezze di sua madre. Lasciò da parte le consapevolezze che la vita le aveva insegnato, e scelse di fidarsi di lei.
Bradley è a casa con papà. È al sicuro, si ripeté, ancora e ancora, come fosse un mantra. È a casa con papà. È al sicuro…
«C’è sicuramente una ragione se non ti ha risposto», continuò Dana, col tono pacato che l’aveva contraddistinta fino a quel momento, «e sono certa che sia una motivazione banale.»
Melissa annuì, e lo fece per ogni volta che sentì sfrecciare quell’ultima frase nella sua testa. Dopo che l’ebbe ripetuta dieci, quindici, venti volte, la sua respirazione cominciò a tornare normale. I singhiozzi l’abbandonarono, e le lacrime cominciarono a seccarsi sulle guance. L’attimo dopo le sembrò quasi incredibile quanto era appena successo, e il sogno che aveva fatto cominciò a perdere di lucidità.
Sua madre le rivolse un sorriso, che ricambiò.
«Stai meglio?»
«Sì», rispose Melissa, ancora incredula nel ripensare a quanto quel sogno l’avesse turbata. Le parole di sua madre smisero infatti di essere una nenia per tranquillizzarla, e cominciarono a suonare vere anche alle sue orecchie.
«Finisco di prepararmi in bagno, allora.»
«Va bene.»
Dana si alzò dal letto e si sistemò l’asciugamano che le teneva i capelli. Rivolse alla figlia un ultimo sorriso e poi sparì in bagno come annunciato.
Melissa continuò a fissare la porta della stanza anche dopo che sua madre l’ebbe chiusa, lo sguardo immobile e la testa fissa su un pensiero; perché in mezzo a tanti sorrisi rassicuranti, Melissa era certa di aver intravisto, sul volto di sua madre, una piccola, quasi impercettibile smorfia di terrore.