Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Nuage_Rose    15/11/2023    1 recensioni
Allerta Spoiler! Non continuare la lettura se non si ha concluso di leggere il manga.
In questa FF, mi sono chiesta cosa potrebbe succedere a Mikasa dopo aver perso il suo amato Eren. Si chiuderà nel dolore, restando per sempre a vegliare sulla tomba del ragazzo o deciderà di sfruttare al meglio la libertà che Eren le ha donato? Riuscirà ad amare nuovamente?
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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7. Sasageyo!


 

Devote! Devote! Devote your hearts!

All our sacrifices were for this very moment

Devote! Devote! Devote your hearts!

Clear a path with your own hands, to the future we need tread…”


 

Shinzou Sasageyo, Linked Horizon


 

Mikasa non sa esattamente cosa sia un appuntamento. O meglio, non capisce cosa ci sia di speciale in quella cena che Jean le ha proposto in modo così deciso e veemente, le era sembrato ci tenesse particolarmente. Se Historia fosse qui con me, potrei chiederlo a lei. Sicuramente sa cosa voleva dire Jean.
Ma non ci sono altre ragazze a cui potrebbe chiedere, visto che le sue cameriere sono tutte orientali e non parlano la sua lingua. Le viene in mente che allora la soluzione più semplice sia chiedere a Jean direttamente. Così esce dalla sua stanza, ma le guardie che le hanno assegnato la rincorrono, cercando di farle capire qualcosa a gesti. Mikasa alza un sopracciglio, intuendo che non vogliono vada in giro da sola. Non sono io che dovreste tenere d’occhio, ma Jean. I sicari erano nella sua stanza, volevano lui. Forse nemmeno sapevano che anche io sono venuta qui. Se non fosse stato per me, forse Jean sarebbe morto. Oppure… oppure sarebbe riuscito ad ammazzare quei due. Scuote la testa, cercando di scacciare quel pensiero. Si rivolge allora ai due soldati: “So che voi state solo facendo il vostro dovere, ma voglio parlare con Jean.”
A quel nome, i due si illuminano, capendo la situazione. Annuiscono e si mettono uno davanti e uno dietro di lei, scortandola fino alla stanza dell’ambasciatore di Paradise. Mikasa si sente a disagio e seccata, non riesce ad abituarsi a quella situazione: lei era il soldato più forte di Paradise, seconda solo al Capitano Levi. E ora due sciocchi soldati dell’Oriente le facevano da scorta per proteggerla. Ironico… era sempre stata lei a proteggere gli altri. A proteggere Eren. Fino alla fine, finché ha potuto. Quel pensiero la blocca, una strana sensazione le attraversa le viscere e sale lungo la sua gola, sente quasi l’impulso di vomitare.
Vede la testa di Eren tra le sue braccia, dorme: è finalmente sereno. Forse sarei serena anche io, da morta. Ho avuto la forza di liberare Eren dal suo destino, di farlo tornare a casa con me… potrei fare lo stesso. Tornare a casa. Per sempre.

“Mikasa?!” La voce di Jean la risveglia dai suoi pensieri.
Non si era accorta di stare tremando e che i due soldati che la accompagnano la stanno guardando preoccupati, chini verso di lei. Jean è vestito elegante, con un lungo cappotto primaverile nero addosso e attraversa il corridoio a grandi passi, verso di lei.
Mikasa si sente svenire, porta la mano alla gola cercando istintivamente la sua sciarpa rossa: non la trova, è ancora accuratamente piegata nel cassetto e si sente soffocare senza. Dopo il primo bacio tra lei e Jean, non aveva avuto il coraggio di tirarla fuori. Si sentiva in colpa, come se avesse tradito Eren, il loro amore e il suo ricordo. Sa che lui le aveva chiesto di dimenticarlo e di andare avanti… ma lei non può farlo, non può dimenticarlo. Ma non può nemmeno smettere di vivere e aspettare solo di morire per tornare da lui. Non sa cosa fare, si sente confusa.
Fino a quel momento, fino a quel bacio, aveva vissuto in una bolla: il tempo era passato, ma per lei era rimasto tutto uguale, congelato, isolata dal resto del mondo. Jean grida di nuovo il suo nome, prendendole il viso tra le mani: “Guardami. Sono qui. Va tutto bene.”
Il colore degli occhi di Jean le sembra bellissimo, così particolare, chiaro e diverso dal suo. Lentamente torna a respirare in maniera normale e lui le lascia delicatamente il volto, senza spezzare il contatto visivo. Il petto di Mikasa finalmente si alza e si abbassa più lentamente. “Io… forse non dovremmo. Cosa direbbe…?”
Non ha bisogno di dire il nome di Eren, Jean lo sa che si riferisce a lui. Grugnisce quasi, anche se capisce i sentimenti di Mikasa: “Se preferisci, faremo finta che non sia mai successo nulla.”
Lei non risponde e Jean nemmeno aspetta che lo faccia, decide di affidarla alle due guardie, che la portano in infermeria, e di tornare alla sua stanza prima di dire qualcosa di cui potrebbe pentirsi. L’unica cosa che vuole evitare a tutti i costi è ferirla.
Sbatte la porta dietro di sé, frustrato, e vi si appoggia, strisciando la schiena contro il legno freddo. Un sorriso amaro si dipinge sul suo volto, insieme ad un piccolo risolino di scherno. Verso sé stesso. Credevo davvero che avrebbe scelto me? Cavolo… persino da morto riesce a battermi. Che egoista, stupido… se fosse vivo, lei sarebbe felice con lui. Non potrei mai averla, non avrei mai potuto nemmeno baciarla… ma lei sarebbe felice.
Abbassa la testa, fissando il pavimento lucido in legno. Cosa devo fare ora? Devo… rinunciare a lei?

Le ferite di Mikasa sono ormai completamente guarite e, grazie alle cure dei medici, non hanno lasciato alcun segno sul suo corpo. Dopo una visita di routine, il dottor Asui le domanda, con un forte accento orientale: “Non riscontro niente di anomalo, forse ha avuto un mancamento o qualcosa del genere. Ha avuto qualche tipo di problema dopo l’aggressione…?”
Le vengono in mente i flash, gli attacchi di panico, la sensazione di soffocare: paradossalmente, non si era mai sentita così vicina alla morte come quella notte. Si sente una vera debole per quel pensiero, non un soldato dell’esercito di Paradise. Così si limita a scuotere la testa e a recuperare i suoi vestiti. Ripensa a Jean, sono tre giorni che non lo vede.
Presto lei tornerà a Paradise e lui continuerà il suo viaggio come ambasciatore di pace, ricongiungendosi con Armin e gli altri. Quel pensiero dovrebbe farla felice, ma non è così. Si dice che finalmente tornerà da Eren, gli racconterà tutte le cose meravigliose che ha visto in Oriente e… non rivedrà più Jean per chissà quanti altri anni.
Non avrà più la tentazione di baciarlo o di rintanarsi tra le sue braccia come una ragazzina. Non si perderà più nei suoi occhi chiari o nelle sue carezze dolci. Non sentirà più il calore del suo corpo. Non sentirà più la sua voce chiamarla per nome. Non tradirà più Eren. È giusto così.

Le indagini sulla aggressione avvenuta ai danni dei due delegati di Paradise non hanno portato alcun risultato e la cosa indigna e insospettisce Jean. Ma non è la prima volta che si ritrova in una situazione simile, lui e gli altri ambasciatori di pace sono sempre stati minacciati, aggrediti e insultati nei loro viaggi, persino dai loro stessi connazionali.
Sono figure controverse, le loro parole confondono e la loro storia scuote le persone fin nelle viscere: sentono ancora tutti la terra tremare sotto i loro piedi ed i passi lenti e rimbombanti dei Giganti, che si avvicinano per schiacciarli tutti. Ma è la prima volta che mette in pericolo Mikasa… se non fosse stato per lui, non si sarebbe trovata in quella situazione.
Lui l’ha portata in Oriente. Lui l’ha lasciata dormire nella sua stanza. Lui non ha avuto la prontezza di sparare ed ammazzare quei vigliacchi che hanno osato farle del male. Ma il tempo della loro permanenza sta per scadere. E lui non ha avuto più il coraggio di parlare con lei dall’ultima volta, in cui le aveva promesso di far finta che non fosse successo nulla tra loro. Che vigliacco. Altro che eroe… non sei nemmeno capace di proteggere la ragazza che ami. E che preferisce un morto a te. La verità è che lui non può fingere che non sia successo nulla tra di loro, non dopo che l’ha baciata.
Ormai conosce il sapore delle labbra di Mikasa… e sa che farà un’immensa fatica a dimenticarlo. Forse non ci riuscirà mai… e neanche lo desidera, vuole conservare gelosamente quel ricordo. Il buio è ormai calato, la riunione coi dignitari dell’Oriente è durata più di quanto aveva previsto e non è nemmeno riuscito a cenare.
Sbuffa e decide di andare in camera sua per farsi una doccia. Non nota la presenza di una candela su un tavolino al centro della stanza, ci fa caso solo quando appende il suo cappotto.
Si avvicina e trova Mikasa seduta davanti al basso tavolino orientale, seduta sulle ginocchia e con addosso un kimono rosa pallido, decorato con immagini di fiori di ciliegio. I capelli corvini sono legati in una semplice coda e le labbra sono di un rosa leggermente più acceso del solito. Lo guarda, gli occhi a mandorla scuri e seri. Con un cenno della mano, lo invita a sedersi dall’altra parte del tavolo.
Jean obbedisce, guardandola quasi stordito dalla situazione, ma non fa nessuna domanda nemmeno quando lei gli porge un paio di bacchette ed un piatto di sushi, che ormai hanno imparato ad apprezzare: “So che hai saltato la cena oggi. Ho pensato ti avrebbe fatto piacere mangiare qualcosa. E avevo bisogno di una scusa per parlarti.”
Jean ha la tentazione di risponderle male, ma è solo la sua frustrazione, così si limita a prendere un boccone di salmone e riso. Mikasa allora continua: “Ho pensato a quello che mi hai detto. E non posso. Non posso far finta che non ci sia nulla tra di noi. Come non posso dimenticare Eren. Ma forse… non devo farlo. Le vedove non dimenticano i mariti defunti… ma non sono costrette a restare sole. A rinunciare a vivere la loro vita. Io… passavo le mie giornate con Historia, la sua famiglia e su quella collina con Eren. Mi bastavano. Ma ora non penso che potrei tornare a farlo. Perché ora… ora so che potrei avere anch’io una persona accanto e forse un giorno una famiglia. E… ho perso già Eren. Non posso perdere anche te. Non so ancora quali siano i miei sentimenti per te, ma non posso ignorarli.”
Jean spalanca gli occhi, sente il cuore esplodergli nel petto e non sa nemmeno cosa sia quella emozione che lo sta paralizzando. Non sa cosa rispondere. Nella sua mente si affollano tante domande, insieme a dubbi, sensi di colpa e paure.
Inghiotte il boccone di sushi e la guarda negli occhi: “Tu non mi perderai mai. Nemmeno se non dovessimo vederci per altri cent’anni. Quando eravamo nel corpo di ricerca, ho offerto il mio cuore per la causa, per liberarci dai giganti una volta per tutte. Sarei morto per questo. Ora… dovrei offrirlo per il ricordo dei miei compagni e amici, per la pace che stiamo costruendo sui loro corpi e per onorare il loro sacrificio. Ma… lo dedicherei a te.” Devo sembrarle così smielato, cazzo! Però… è quello che penso, è ciò che sento.
Abbassa lo sguardo, imbarazzato e rosso in viso, domandandosi se verrà nuovamente respinto. Mikasa sorride appena, arrossendo anche lei: “Allora, quando avrai portato la pace nel mondo… devi tornare da me.”
Lui annuisce, incredulo ancora. Vorrebbe darsi un pizzicotto per assicurarsi che non sia un sogno. Ma non ha bisogno di farlo: Mikasa si è alzata, sedendosi vicino a lui. Emette un sospiro quando appoggia il viso sulla spalla di Jean, come se si fosse tolta un peso dal cuore. Allora la prende tra le sue braccia, desiderando di baciarla: non glielo dirà mai, ma in quei tre giorni lontano da lei ha sognato i suoi baci in continuazione. Sente le mani forti e decise di lei tirargli la camicia bianca all’altezza del petto, attirando la sua attenzione.
I loro occhi si incontrano di nuovo, illuminati solo dalla luce fioca di una candela. “Devi tornare da me.”
La voce di Mikasa è ferma, ma leggermente più dolce del solito. La vede chiudere gli occhi e in un istante lo bacia, dolcemente e con le labbra appena premute contro le sue. Allora anche Jean chiude gli occhi, stringendola ancora di più a sé. Tornerò sempre da te. Ma… tu a chi dedicherai il tuo cuore? A Paradise, a Eren, a me o… a te stessa?


 

Nonostante Mikasa stia dormendo pacificamente nel suo letto, Jean non riesce ad essere sereno. Ripensa a quello che si sono detti durante la cena della sera prima e si rende conto di esserle sembrato uno zerbino probabilmente. E che lei non ha mai detto di ricambiare i suoi sentimenti. Lui non può vivere a Paradise, ha una missione da compiere.
Forse lasciarla nuovamente sull’isola non è una buona idea, potrebbe dimenticarsi di lui con il tempo e tornare ad essere completamente devota alla memoria di Eren. Ma lei lo ha baciato. Quel gesto non può non significare nulla per una ragazza come lei. Sospira, confuso dai propri pensieri e sentimenti. Forse farò meglio a smettere di pensare così tanto… è probabile che anche lei sia confusa. Dopotutto, per lei c’è sempre stato solo e soltanto Eren. Dev’essere strano abituarsi all’idea che potrebbe imparare ad amare qualcun altro… me. Jean ha paura di confrontarsi con Mikasa, potrebbe scoprire cose che non vuole sapere e gli piace crogiolarsi in quella piccola vittoria, almeno per un po’. Nella sua vita è stato così raro potersi immergere in un attimo di felicità, gioia e serenità.
Dopo essersi abbottonato l’ultimo bottone della camicia bianca, si avvicina al volto addormentato di Mikasa, scostandole una ciocca di capelli corvini dal viso. Ti sei fatta crescere i capelli. E non ti vedo con la tua sciarpa rossa da giorni ormai… stai cambiando tanto. Vorrebbe darle un bacio sulla fronte prima di lasciarla nella stanza, ma desiste e decide di lasciarla dormire in pace, non vuole svegliarla.
Prende il suo cappotto marrone e, cercando di non fare rumore, esce dalla stanza. Ma un altro suono risveglia Mikasa dal suo dolce sonno, facendola scendere immediatamente dal letto: in quel momento un masso spacca la finestra di vetro, mandandola in frantumi.
Attaccato al sasso c’è un foglio, riconosce la scrittura del popolo dell’oriente. Non ha certo bisogno di un traduttore per sapere che non è nulla di buono. Senza nemmeno vestirsi, con ancora la camicia da notte candida, prende la pistola che Jean aveva nascosto sotto il cuscino e la punta verso l’esterno, cercando chi ha lanciato il sasso. Ma non c’è traccia d’anima viva. Se non fosse che non saprei da dove iniziare, andrei a cercare quello stupido che ha osato mettersi contro Jean. Contro di noi.
Con rabbia, raccoglie da terra il sasso ed il foglio che vi era legato. Inspira con rabbia ed esce dalla stanza, ma appena apre la porta si trova Jean davanti, con gli occhi stretti in due fessure: “Ho sentito un forte rumore, cosa è successo?!”
Mikasa si accorge solo in quel momento di non aver messo al suo posto la pistola: la sta ancora tenendo tra le mani, come se fosse diventata una sua naturale estensione.

   
 
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