Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: dirkfelpy89    15/11/2023    1 recensioni
Il giovane Marius Black ha undici anni e mille dubbi per la testa. Perché non ha ancora ricevuto la sua lettera da Hogwarts? Perché non riesce a compiere neanche la più semplice delle magie. Perché sua madre piange e suo padre lo caccia fuori di casa, il 1° Settembre?
Perché dovrebbe starsene buono e non cercare la sua vendetta?
(Questa fic partecipa alla challenge "Gruppo di scrittura!" indetta da Severa Crouch sul forum "Ferisce più la penna")
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aberforth Silente, Arabella Figg, Famiglia Black, Marius Black, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 8, Clayton Street, Terza Baracca a Destra.

 



Il padre di Sarah aveva descritto Clayton Street come una zona malfamata ma, osservandola bene, Marius capì che malfamata non era un aggettivo abbastanza pregnante. Schifosa, misera, putrescente, avrebbero potuto raccontare meglio quel groviglio di baracche e case abbandonate che ospitavano gli ultimi della società di Liverpool.

Odore di feci, urina, sangue, fogna, e chissà quale altre oscenità, attaccarono il naso del ragazzo che quasi vomitò mentre mise per la prima volta piede in quel posto dimenticato da una qualche entità capricciosa e vendicativa.
Doveva trovare la sua amica e tirarla fuori di là il prima possibile.
Ma a chi doveva rivolgere la parola? Le poche persone che gironzolavano per le strade malfamate avevano tutta l'aria di essere tipi da evitare, una lezione che aveva ben imparato nel corso dei suoi anni all'orfanotrofio.
Chi sembra pericoloso spesso lo è.

Vide una donna di una certa età, coperta di cenci, alzarsi da terra, bestemmiando, i lunghi capelli grigi impiastricciati con fango e chissà cos'altro. Poteva essere un inizio, quella vecchia non sarebbe certo riuscita a metterlo al tappeto se l'avesse attaccato.

"Cerco una ragazza di nome Sarah, la conosci?" Chiese, avvicinandosi sospettoso. In una delle tasche della giacca aveva un coltello che aveva rubato dalla fattoria, ma non l'aveva mai usato prima e farlo in quella strada non gli sembrava la migliore delle prospettive.
"Che cazzo vuoi?" Rispose l'altra, la voce ringhiosa, avvicinandosi con passo malfermo.
"Sto cercando Sarah, forse la conosci come Spranga."
"Io non conosco un cazzo di nessuno, ragazzino. Cos'è, ti sei perso mentre tornavi da scuola?" ululò la donna, aggressiva. Adesso che era più vicina, Marius poteva distinguere un forte odore di whisky.

"No, è una mia amica," rispose, mettendo una mano in tasca e afferrando il coltello.
"Sì la conoscono una certa Spranga, ma le mie informazioni hanno un prezzo…"
Marius si osservò intorno, tutti i pochi barboni presenti sembravano pesantemente addormentati.
Era un rischio perché non sapeva come avrebbe reagito la vecchia, se gli altri facevano solo finta di dormire o se al primo allarme sarebbero scattati in piedi, pronti ad aggredirlo, ma non poteva perdere ulteriore tempo.
Doveva trovare Sarah e il prima possibile.

Estrasse velocemente il coltello e lo puntò al petto della vecchia.
Sentiva una profonda rabbia pervaderlo e dovette dominare l'impulso di affondarlo nelle carni marce donna.
"Ora tu mi dici dove si trova Spranga e forse ti lascio andare, ti pare un giusto prezzo?" Sussurrò tra i denti.
L'altra occhieggiò il coltello e poi il viso dell'aggressore un paio di volte, come se cercasse di determinare se Marius fosse dotato di sufficiente coraggio per attaccarla.
Esitò ma infine sussurrò: "terza baracca sulla destra," e poi, velocemente nonostante l'età e la condizione fisica, si dileguò nel dedalo di strade.

Marius impiegò alcuni secondi per calmarsi e rimettere il coltello in tasca. Aveva il fiatone e si sentiva svenire, ma resistette. Non poteva crollare, non ancora e non in quel posto.
Tenne stretta la sua arma nella tasca per tutto il breve tragitto fino alla terza baracca che incontrò sul suo cammino.
C'era un uomo fuori, ben piazzato e dall'aspetto bellicoso, era perfettamente chiaro che per entrare avrebbe dovuto superarlo e non poteva farlo con il fisico.

"Devo entrare, quella vecchia laggiù mi ha detto che qui dentro si trova una mia amica, Sarah, che voi conoscerete come Spranga," balbettò, di fronte allo sguardo sprezzante dell'altro.
"La vecchia Betsy ti ha aiutato?" chiese, la voce roca e cattiva.
"Chi?"
"In questo settore c'è solo una vecchia. Se ha deciso di aiutarti vuol dire che in qualche modo l'hai colpita,” spiegò l'altro.
"Sì, stavo per farlo con un coltello se non mi avesse dato l'informazione giusta!"
Si rese conto troppo tardi di aver detto, e non solo pensato, quelle esatte parole.

La guardia lo scrutò per qualche istante e poi scoppiò a ridere.
"Anche se sei solo un ragazzino, la vecchia Betsy deve avere riconosciuto che hai le palle, ragazzo, entra pure!" Esclamò infine.
Marius sorrise, timido, e fece per entrare quando l'altro lo bloccò.
"Dammi il coltello."
Entrare in una baracca sconosciuta, in un quartiere dimenticato da Dio, con all'interno persone che non conosceva… sarebbe stato un pazzo a farlo.
Esitò e l'altro evidentemente dovette comprendere i suoi dubbi perché si affrettò ad aggiungere: "te lo ridarò non appena sarai uscito, tranquillo, nessuno qua dentro ti aggredisce quando c'è il vecchio Roger di guardia!"

Con la sensazione di stare per compiere un grosso errore, Marius consegnò il coltello a Roger e poi entrò dentro.
La puzza all'interno, se possibile, era ancora peggiore di quella di Clayton Street e il ragazzo impiegò alcuni secondi per soffocare un conato di vomito.
L'odore di urina, feci, sangue e fogna sembrava quasi concentrato in quella struttura da un solo piano, squallida e priva di qualsiasi comfort o igiene. Sul pavimento erano stati sistemati una dozzina di sudici materassi e su ognuno di esso si trovava, riversa sopra, una persona.

No, doveva esserci stato uno sbaglio, Sarah non sarebbe mai potuta finire in una struttura del genere.
“Che sei un piedipiatti?”
Un uomo, disteso su un materasso alla sua destra, biascicò.
“No, sto cercando Sarah.”
“Laggiù…”
L'uomo indicò verso la fine di quella baracca e con il cuore in gola, Marius corse verso quella direzione.

Ma poi si bloccò.
In effetti, sull'ultimo materasso di quella struttura c'era una ragazza, ma non poteva essere Sarah.
Doveva esserci stato un errore, non poteva essere altrimenti.
Quella figura scheletrica dai lunghi capelli e l'aspetto quasi cadaverico… no, non poteva.
Quasi attratta dalla sua presenza, la figura aprì gli occhi e l’osservò per qualche istante. Le labbra sottili e screpolate si alzarono leggermente, aprendosi per rivelare diversi denti mancanti.

“Sto sognando?” sussurrò, la voce roca. “Marius, sei tu?”
Il ragazzo indietreggiò, finendo quasi per ribaltarsi su un materasso e il suo occupante, il cervello incapace di elaborare tutte quelle informazioni così sbagliate.
Si voltò e si mosse il più velocemente possibile per raggiungere Roger al di fuori della baracca.

“Già fatto?” Chiese, ma si bloccò, notando l'espressione di Marius.
“Che cosa le è successo? Cosa le avete fatto, come è possibile che…”
"Ehi, calmati, ragazzo,” la voce profonda dell'uomo bloccò il filo di domande e le sue, neanche poi così tanto, velate accuse.
“La tua amica è arrivata qui, in queste condizioni, più o meno due mesi fa. Anzi, in realtà in condizioni ben peggiori, non so cosa le sia successo ma si rifiuta di raccontarcelo.”
“E perché non avete chiamato un dottore per farla visitare?” Chiese Marius, incredulo.
Anche nel suo orfanotrofio se un bambino stava male c'era un dottore pronto a visitarlo.
Roger rise amaramente, scuotendo il testone.
“Non hai capito che per la società noi siamo solo spazzatura? Ai capi della città non interessa se noi tiriamo le cuoia, anzi siamo un peso in meno per la città, gliel'ho sentito dire con le mie orecchie,” rispose. “Con i pochi fondi a nostra disposizione paghiamo un dottore che viene una volta a settimana e poco può fare per la tua amica. Sarah è giovane ma ha alle spalle una vita di droga, vizi e tanta sfortuna.”

A quelle parole Marius crollò, si mise a sedere per terra, le mani nei capelli, lacrime che scendevano dagli occhi senza che lui potesse bloccarle.
“È così… così ingiusto!”
"Già, quindi ti consiglio di entrare dentro e stare più tempo possibile con la tua Sarah perché non so quanto potrà rimanere tra noi,” rispose Roger, aiutando Marius a rialzarsi.

La seconda volta era preparato, ma comunque rivedere le condizioni della sua amica fu lo stesso terribile. Prese una sedia e si mise accanto alla sua compagna di orfanotrofio.
“Ho sognato questo momento per anni… ma, nei miei sogni, io ero in condizioni migliori…” sussurrò Sarah, le mani tra quelle di Marius.
“Che cosa è successo?”
“Che ti sbagliavi, non tutti vogliono dare una seconda possibilità e forse non tutti se la meritano.”
“Ho parlato con i tuoi genitori, loro non…” sussurrò Marius.
“Mia madre forse sì, ma papà…” Sarah prese fiato e continuò.
“Avevo così tante speranze e quell'uomo, quel bastardo, ha distrutto tutto. Ero così disperata che sono finita nei giri peggiori, tu eri ancora nell'orfanotrofio e io sola con metà cuore distrutto.”
“Sarei dovuto fuggire con te,” sussurrò il ragazzo ma Sarah scosse la testa.
“Tu non hai nessuna colpa, sei la ragione per la quale sono sopravvissuta all'interno del St. James e quella per la quale mi sono attaccata alla vita, nonostante le cose che ho fatto al mio corpo e alla mia anima.”

Non parlò più, era troppo stanca.

/ / / / / / /



Nei giorni seguenti Marius non abbandonò mai il capezzale della sua Sarah, dormiva accanto a lei sul pavimento, le dava da mangiare e ben presto divenne una specie di mascotte per la baracca.
La ragazza non raccontò mai le sue tragiche vicende, si limitava ad ascoltare i racconti di Marius sull'orfanotrofio e sulla sua fuga con espressione serena.
I primi giorni sembrò potersi riprendere: tornò a mangiare da sola, ad alzarsi nuovamente dal materasso per andare in bagno, ma durò poco.
Ben presto le condizioni si aggravarono nuovamente, colpi di tosse la lasciavano senza fiato, respirava spesso a fatica e l'appetito sparì nuovamente. La visita del dottore durò a lungo e quando uscì dalla baracca aveva un'espressione demoralizzata.

“Mi devi promettere una cosa,” sussurrò Sarah al termine del loro quinto giorno insieme. “Che non tenterai di metterti in contatto con tuo padre.”
Marius rimase in silenzio.
“D'accordo, io voglio solo mia sorella, non mi metterò in contatto con nessun altro della famiglia.”
“Se tuo padre è come il mio, e non ne dubito data la stessa fine che ci hanno fatto fare, avrà vietato a tutti i membri della famiglia di mettersi in contatto con te. Ci ho provato e ho fallito con mia zia e con mia nonna,” rispose Sarah, una nota d'urgenza nella voce.
“Ma mia sorella…”
“Anche mia nonna mi adorava e la cara zia Elizabeth era sempre pronta per ospitarmi il fine settimana, eppure guarda la fine ho fatto. Non voglio che tu faccia la mia.”

Sarah non capiva, era stata una figlia viziata fino a quando la tragedia non l'aveva colpita.
Marius, invece, era sempre stato il più debole in famiglia, quello preso di mira dai familiari perché troppo piccolo, troppo malaticcio, troppo debole e sua sorella già in passato lo aveva difeso contro tutti e tutto, perché questa volta le cose sarebbero dovute andare in maniera diversa?
Ma non ebbe il cuore di deludere Sarah e perciò annuì.
E fu come se dopo quella assicurazione, il compito di Sarah nel mondo fosse giunto al termine. Rassicurata, nonostante i tentativi di Marius e degli altri abitanti della baracca, perse ogni voglia di vivere e di lottare.

Un paio di giorni dopo il loro ultimo confronto, la ragazza perse conoscenza e nonostante i tentativi del dottore, chiamato da Rogers in urgenza, non ci fu nulla da fare. Sarah spirò tra le braccia di Marius.

/ / / / / / /



Il ragazzo visse i giorni successivi in uno stato di trance, raggomitolato accanto al materasso che era stato di Sarah, rifiutandosi di uscire o anche solo di fare a patti con il fatto che la sua Spranga non c'era più, che il mondo che lo aveva cullato negli ultimi anni di orfanotrofio, uno nel quale lui e Sarah avrebbero potuto ricominciare da capo, insieme, si era sgretolato tra le mani.
La sua amica giaceva nel piccolo camposanto a cinque isolati dalla baracca e lui rimaneva appigliato alla vita solo nella speranza che la sorella lo avrebbe riabbracciato.

“Andiamo, devi uscire da qui o, se vuoi rimanere, pagare uno scellino a settimana.”
Il sesto giorno, la voce di Roger lo fece uscire dalle tenebre.
C'era sua sorella, non poteva rifugiarsi in quella topaia, doveva contattarla. Marius si alzò, mettendosi lo zaino in spalla, e, accompagnato da Roger, uscì dalla baracca.
Fuori lo attendeva la sua vecchia bici.
“Non me l'hanno rubata?” Fu la spontanea reazione del ragazzo.
Roger rise, dando una pacca sulla spalla di Marius.
“Nessuno tocca la roba dei miei ragazzi. Andiamo, ti accompagno per un pezzo.”
Marius annuì, sollevato. Da solo si sarebbe perso in quel dedalo di viuzzole.

“Se vuoi possiamo passare dal cimitero,” propose dopo qualche minuto ma Marius scosse la testa. Non ce la faceva ad affrontare quel peso, non in quel momento.
“Non ho mica capito come vi siete conosciuti…”
“In orfanotrofio.”
“Genitori morti?”
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche secondo, cercando di trovare un modo per raccontare la loro vicenda senza accennare al fatto che fossero dei Magonò.
“Le nostre famiglie ci hanno cacciato di casa,” rispose, infine.
“E perché?” Chiese Roger, grattandosi il mento.
“Perché… non eravamo ben accetti in famiglia, troppo diversi da loro e così ci hanno scaricato appena possibile,” spiegò Marius.
“Bah, gente del cazzo. E così vi siete conosciuti in orfanotrofio, eh?”
“Sì, lei voleva iniziare una nuova vita, lontana da qui, ma io l'ho convinta del fatto che, dopo tutti questi anni di lontananza, i suoi genitori fossero cambiati, forse sarebbero stati disponibili ad accettarla,” spiegò Marius.
“E lei ci ha provato… ma non è successo,” concluse Roger.

Non ci fu bisogno di replicare. Il ragazzo si ritrovò a pensare come quel Roger fosse una persona davvero particolare, sapeva infatti emanare un'aura di rispetto e soggezione negli altri, eppure era il primo a dare una parola di conforto o un aiuto ai poveri derelitti che abitavano nella baracca.
"No, non è successo. Se non mi avesse dato retta forse sarebbe ancora…”
“Non devi assolutamente prendertela con te stesso Marius, nel mondo ideale i genitori non dovrebbero mai allontanare i figli,” lo interruppe Roger. “Pensavi che dopo tutti questi anni magari avessero cambiato idea, ma così non è stato e questa è solo colpa loro, dei genitori di Sarah.”
“Il padre l'ha abbandonata perché aveva paura che la sua unica figlia lo intralciasse nel lavoro e nella sua carriera,” sussurrò Marius.
“Io non so che cosa abbia fatto la tua amica, ma lo stato in cui è arrivata alla baracca… se c'è qualcuno che merita di pagare è quella bestia,“ ruggì l'altro, stringendo i grossi pugni.

Si fermarono. Erano arrivati al confine di Clayton Street e il resto del mondo civilizzato.
Roger batté una pacca sulla schiena del ragazzo.
“Non so dove ti porterà la vita, spero non di nuovo qua, ma l'unico consiglio che mi sento di darti è quello di non cambiare, Marius. Perché il mondo fa schifo e non c'è bisogno di assecondarlo,” disse, stringendo poi la mano dell'altro.
“Grazie di tutto, Roger. Non… non lo dimenticherò!”
Dopo qualche secondo di silenzioso imbarazzo, il giovane Black volse le spalle, montò sulla bici e attraversò la strada. Arrivato sull'altro marciapiede si voltò ma il suo accompagnatore si era già volatilizzato.

Sapeva che cosa doveva fare ma prima c'era un conto in sospeso, Roger aveva ragione, tutto era nato dai genitori di Sarah, avevano commesso un doppio errore, portando la loro figlia alla morte.
Non poteva semplicemente andarsene via da lì senza fargliela pagare, permettere a quell'uomo malvagio e senza cuore di non provare un po' del dolore che Sarah aveva subito.
Sentì nuovamente un'ondata di rabbia assalirlo e strinse il coltello nella tasca.

/ / / / / / /



Scoprì che il padre della sua amica, oltre a essere un individuo diabolico e senza cuore, era anche terribilmente routinario.
Usciva ogni mattina alle sette e rientrava il pomeriggio alle quattro, nei tre giorni che passò a osservarlo non mancò mai una volta l'appuntamento.

Marius più e più volte si chiese se fosse la cosa giusta da fare, aveva cambiato idea una decina di volte eppure c'era sempre quella vocina nella sua testa.
È colpa di quell'uomo se Sarah è morta, fagliela pagare. Non permetterai mica a quel bastardo di continuare a perdurare su questa terra?

L'idea di uccidere un essere vivente era una cosa che lo terrorizzava ma, allo stesso tempo, l'ipotesi di andarsene via da quella città e lasciare che quel mostro continuasse a vivere, senza pagare per la morte di Sarah, si rivelava essere allo stesso tempo orripilante.
Non aveva dormito, si era cibato con qualche avanzo rubato per strada e in quelle condizioni la vocina si faceva sempre più forte.
Lo aveva convinto a nascondersi dietro un cespuglio vicino al punto dove tutte le mattine l'uomo si materializzava.

Mancavano pochi minuti alle sette, Marius tremava di ansia e paura, il coltello in mano, occhi e orecchie puntate verso l’abitazione.

Non appena si ferma e si concentra per materializzarsi, spunti fuori e lo accoltelli e poi, il più velocemente possibile, scappi via.
Punterai verso Clayton Street, nel caso ci sia qualche testimone, ma non rimarrai là, uscirai subito dopo la baracca del vecchio Willis, e poi via.

“Ma io non sono un assassino…”
Lui sì! Ne abbiamo già parlato mille volte, non pensare al gesto che stai per compiere ma a quello che vorrà dire per Sarah e per tutti i Magonò!

Stava per ripensarci ancora una volta, e ribattere alla voce, quando sentì un rumore alle sue spalle. Era lui, uscito in perfetto orario.
Si avvicinava, il passo svelto e sicuro.
Marius estrasse il coltello di tasca e fece per alzarsi quando il piede destro sdrucciolò sul terreno.
L’altro si fermò, incuriosito da quel rumore. Portò la mano alla tasca.
Muoviti, sta per estrarre la bacchetta!

Accadde tutto in un attimo.
Marius uscì dal cespuglio, situato a non più di tre metri dal padre di Sarah, coltello alla mano e si diresse a piena velocità verso l’uomo. Costui apparve così sorpreso che si bloccò, la mano ancora nella giacca interna della tasca.

Uno, due, tre colpi al petto. Accadde tutto così velocemente che l’uomo cadde a terra, morto, senza nemmeno poter urlare, chiedere aiuto.
E Marius corse, il più velocemente possibile, montò sulla bici e si allontanò dalla scena, la vista offuscata dalle lacrime, la bocca storta in un’espressione soddisfatta.

/ / / / / / /

Scusate per la lunga assenza, non voglio assolutamente mollare questa storia ma la vita e il Writober hanno ritardato il mio ritorno. Spero che possiate apprezzare questo ritorno ^^

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: dirkfelpy89