Il giorno seguente, Stefano arriva per primo al campo sportivo, apre il cancello e va a preparare il minibus con il quale la squadra raggiungerà il luogo della trasferta. Da ormai due anni è stato designato come autista, per questo motivo prima di partire controlla che tutto sia a posto, che sia rimasta della benzina nel serbatoio, che le gomme siano gonfie e che tutte le luci funzionino.
Sono le nove e trenta, i ragazzi della squadra arriveranno tra poco. Stefano si siede al volante del minibus, effettua i dovuti controlli e poi guida fuori dal deposito nel quale il veicolo viene lasciato durante il periodo di inutilizzo. Lo parcheggia all’ingresso, davanti agli spogliatoi, pronto per essere caricato. Il primo ad arrivare è il mister.
-Sempre puntuale, Stefano!
Esclama, caricando uno zaino sul van.
-Abbiamo due ore di viaggio, volevo essere sicuro che tutto fosse a posto.
Spiega Stefano.
-Ci siamo tutti oggi?
Chiede poi. Il mister annuisce.
-Sì! Abbiamo rischiato di perdere la nostra arma segreta, Paolo. Però verrà e speriamo che riesca a giocare.
Stefano annuisce. In realtà lo sapeva già ma preferisce non ribadirlo, non vuole che nessuno della squadra sappia che lui e Paolo si sentono anche al di fuori del calcetto.
Qualche minuto più tardi arrivano gli altri ragazzi, ad eccezione di Paolo che entra nel cortile, a bordo del suo SUV, poco prima della partenza. Scende e subito apre il bagagliaio dal quale prende due enormi borse del supermercato e il suo borsone da calcio.
-È arrivato il pranzo!
Esclama Simone, avvicinandosi a Paolo per aiutarlo con le borse, anche Diego e Antonio lo raggiungono. Stefano non si avvicina, rimane accanto al minivan, dove nel frattempo alcuni ragazzi e il mister hanno già preso posto.
Si limita a osservare Paolo da lontano, capelli sempre in ordine, tuta rossa della squadra con pantaloni e giacca a maniche lunghe e occhiali da sole scuri. È la prima volta che lo vede con gli occhiali da sole.
-Paolo ci ha portato il cibo! Grazie Paolo!
Esclama il mister, sporgendosi dal van per recuperare le borse del pranzo.
-Spero vi piacciano i miei panini, sono belli carichi.
Aggiunge Paolo.
-Ce la fai a giocare oggi, Paolo?
Chiede Simone, preoccupato.
-In campo ci entro di sicuro, non vi garantisco dei numeri da bomber ma farò del mio meglio.
Risponde. Stefano nel frattempo prende posto sul sedile del guidatore, dal momento che sono arrivati tutti.
-Bene! Qui i posti sono tutti presi, vai davanti con Ste. Ti spiace? Di solito mi metto io davanti ma qui c’è più spazio per le gambe, è più comodo…
Chiede il mister. Stefano guarda accanto a sé, non si era accorto che il posto del passeggero fosse ancora vuoto. Di solito è il mister a sedersi accanto a lui, si meraviglia che si sia messo dietro.
-Nessun problema.
Risponde Paolo. Chiudendo il portone scorrevole del minibus e salendo davanti, con Stefano.
-Buongiorno.
Esclama, sorridendogli. Stefano si limita a ricambiare il sorriso.
-Possiamo partire coach?
Chiede, alzando la voce, perché nel frattempo nel retro del minibus è iniziato un chiacchiericcio generale.
-Vai, Ste!
Risponde il mister, alzando la voce a sua volta. Stefano ricevuto l’ok ingrana la marcia e parte. Il minivan è piuttosto datato, i sedili davanti sono separati da quelli dei passeggeri sul retro da una mezza parete traforata, il che rende difficile la comunicazione. Per un certo verso Stefano è felice che non ci sia il mister accanto a lui, non è un grande compagno di viaggio, parla troppo di politica e si addormenta dopo neanche venti minuti di strada. Spera che con Paolo la situazione sia migliore, anche se per qualche motivo la sua vicinanza lo agita. In parte pensa alla giornata precedente, a come si è sentito deluso nel non aver ricevuto alcun contatto da parte sua e poi, pensa al suo comportamento la sera prima, causato dalla serie infinita di voli pindarici nella sua testa, immaginando cosa Paolo potesse aver fatto.
Non può fare a meno di notare quanto gli stia bene la divisa della squadra. Non è un grande fan del colore rosso ed era, insieme ad altri tre membri del gruppo, tra quelli che avrebbero voluto cambiarla, che avrebbero preferito una divisa bianca con dei richiami rossi e non il contrario. Vedendola addosso a Paolo, però, è quasi felice di non aver avuto la maggioranza. Il colore rosso si sposa perfettamente con la carnagione di Paolo e con i suoi capelli color grano, immagina possa anche fa risaltare notevolmente il suo sguardo che in quel momento è celato dietro le lenti scure degli occhiali da sole.
Per circa venti minuti regna il silenzio, mentre dietro il vociare degli altri membri della squadra, che ridono, scherzano e canticchiano, prosegue ininterrottamente. Paolo è stranamente silenzioso, osserva l’ambiente al di fuori del finestrino, senza aprir bocca. Stefano vorrebbe dire qualcosa per rompere il ghiaccio ma non sa come iniziare. Non potrebbe sopportare un viaggio di due ore in silenzio, con Paolo lì vicino a lui oltretutto. Ci sono moltissime cose vorrebbe chiedergli, prima fra tutte vorrebbe conoscere i dettagli dell’incontro con l’ex moglie. Eppure non ci riesce. Prova un immotivato e ingiustificato senso di vergogna per ciò che ha fatto la sera prima, sebbene Paolo non sappia nulla, non abbia modo di saperlo, né possa sentirsi in qualsiasi modo offeso.
-Come stai?
Chiede, facendosi coraggio, con un fil di voce. Paolo si gira subito verso di lui.
-Come se fossi ritornato dal mondo dei morti ma… bene, diciamo.
Risponde, sorridendo. Tocca di nuovo a Stefano dire qualcosa e viene preso dal panico, non sa cos’altro dire. Fortunatamente è Paolo a parlare di nuovo.
-Anche tu non mi sembri fresco come una rosa… serata impegnativa?
Chiede, con uno strano tono malizioso. Stefano sussulta. Non è possibile che Paolo sappia della serata precedente, deve semplicemente aver fatto delle deduzioni osservando il suo viso. In effetti anche il viso di Stefano non è rilassato e riposato come al solito ma non pensava che qualcuno potesse accorgersene. È chiaro che Paolo, seppure rimanendo in silenzio, deve averlo osservato con attenzione.
-Sono stato con gli amici a ballare e… ho bevuto un po’.
Confessa, cercando di non farla sembrare una cosa seria.
-Gli amici con i quali ti trovi a giocare a carte?
Domanda Paolo. Stefano annuisce.
-A giocare a carte e… mangiare sushi.
Risponde, con tono provocatorio. Paolo fa subito una smorfia, che avrebbe dovuto essere di disgusto ma Stefano la trova estremamente carina e buffa.
-Non pronunciare mai più quella parola, ti prego. Solo a sentirla mi si contorcono le budella...
Stefano sorride, sente pian piano la tensione stemperarsi. Senza rifletterci troppo, decide di nominare il gigante elefante rosa nella stanza, l’argomento che preme nella sua testa come un tarlo da più di quarantotto ore.
-Sai, credevo… credevamo che avresti avuto un ritorno di fiamma con la tua ex.
Afferma, con un inaspettato coraggio. Paolo risponde dapprima con un verso di disgusto, poi si esprime più chiaramente.
-Per carità! Posso confermarti di aver provato più emozioni e brividi ieri sera abbracciato al wc, che in otto anni con la mia ex.
Afferma. Stefano non si aspettava una risposta del genere, esaudiente ma al tempo stesso assurdamente ironica.
-Troppi dettagli?
Chiede Paolo. Stefano scoppia a ridere.
-No, no. Hai reso bene l’idea… solo non me l’aspettavo.
Confessa. Anche Paolo ride.
-Volevo essere chiaro, più chiaro di così non avrei potuto esserlo.
Aggiunge. Stefano decide di continuare su quell’argomento, il ghiaccio è stato rotto e vuole saperne di più.
-Non sei riuscito ad ottenere quello che speravi, dall’incontro?
Paolo scuote il capo.
-Per niente e arrivati a questo punto… la vedo dura.
Fa una pausa e Stefano crede che non voglia aggiungere altro al discorso. Tuttavia, poco dopo, riprende a parlare.
-C’è un problema grave di proprietà. Quasi ogni bene acquistato durante il matrimonio l’ho cointestato. Scemo io, lo so. Dal momento che ho optato per la separazione dei beni avrei dovuto fare più attenzione ma, sai, quando ti sposi non vai a pensare subito al divorzio.
Stefano annuisce. Non dice nulla, lascia che Paolo continui a parlare, che spieghi tutto quanto liberamente.
-Anche se, in cuor mio, sapevo che non sarebbe durata… discussioni, incompatibilità, forti incompatibilità. Comunque, l’errore più grande che ho fatto è stato quello di fondare una società, con lei come socio di maggioranza… mi serviva per avviare il mio progetto, quello che sto portando avanti con la Vince. Ai tempi non avevo un soldo… avevo bisogno di liquidità per avviare la mia società e iniziare a condurre delle ricerche per il mio progetto. Mi conosci, sai che non vengo da una famiglia benestante.
Stefano annuisce. Ricorda poco in realtà della famiglia di Paolo, suo padre non l’ha mai visto né conosciuto, mentre sua madre che vedeva spesso ai colloqui e alle riunioni tra genitori, la ricorda bene. Una donna alta, dall’aspetto di una modella, capelli biondi e occhi chiari, esattamente come Paolo. I compagni di classe e specialmente quelli della squadra erano sempre ansiosi di vederla e ogni volta che Paolo organizzava una pizza in compagnia per la fine della scuola o la sua festa di compleanno a casa sua, tutti facevano il possibile per essere invitati.
-La mia ex moglie invece è figlia unica di una famiglia benestante e quindi… ho chiesto un prestito a mio suocero e la condizione era che mettessi la figlia in società. Il mio obiettivo era liquidarle le quote e toglierla dal mio progetto ma lei si rifiuta… il suo prezzo è sempre troppo alto, a ogni incontro aggiunge delle richieste. Ho rinunciato alla mia casa, alla macchina che avevamo in comproprietà, alla moto e a una serie infinita di beni ma… per lei non è mai abbastanza.
Le parole di Paolo assumono un tono via via sempre più disperato.
-Ieri speravo di essere arrivato a un punto di svolta ma alla fine ha ritrattato. Ho un appuntamento con l’avvocato domani sera per parlare… vedremo cosa si può fare.
Conclude.
-Mi dispiace tanto, Paolo. Capisco quanto possa esser importante il tuo progetto.
Afferma. Paolo annuisce.
-È la cosa più grande che abbia mai fatto, fino ad ora. È una strada in salita ma… me la caverò, me la cavo sempre in qualche modo.
Sorride, un sorriso terribilmente malinconico che permane sulle sue labbra per diversi secondi. Stefano crede di non averlo mai visto così avvilito. Vorrebbe poter fare qualcosa per aiutarlo, conscio del fatto che non sia possibile. Quasi spontaneamente, gli appoggia una mano sulla gamba, in segno di conforto. Paolo sembra sorpreso ma non si ritrae. È la prima volta che Stefano sfiora Paolo, che tocca quella coscia marmorea e muscolosa che fino ad ora si era solo limitato ad osservare.
-Te l’ho già detto che sei un top player, supererai anche questa.
Esclama, togliendo poi rapidamente la mano. Troppo rapidamente, il che gli fa temere che Paolo abbia intuito la sua sensazione di disagio e imbarazzo.
Il viaggio prosegue in modo piuttosto tranquillo. I compagni e il mister sui sedili posteriori si tranquillizzando e il vociare diventa un leggero mormorio. Stefano e Paolo iniziano a parlare della partita imminente e in seguito del tempo e di una serie di argomenti casuali e mai troppo profondi.
Arrivati al campo sportivo degli avversari, il mister inizia a dare delle disposizioni sulla formazione e propone qualche piccolo esercizio di riscaldamento, iniziando da una corsa lungo il perimetro del campo. Paolo finalmente si toglie gli occhiali da sole e li ripone nel borsone.
-Ovviamente gli occhiali li ho tenuti per coprire questo scempio di faccia.
Commenta, notando che Stefano non ha ancora iniziato a correre e si è fermato ad aspettarlo. Lo guarda e nota che, effettivamente, il suo viso mostra dei chiari segni di stanchezza: il colorito non è roseo ma grigiastro, gli occhi sono incorniciati da due vistose occhiaie violacee e anche lo sguardo è decisamente meno luminoso del solito.
-Ecco, ora sì che assomigli davvero ad uno zombie.
Esclama, iniziando a correre. Paolo spalanca la bocca e fa un’espressione sorpresa.
-Beh, grazie!
Risponde, raggiungendolo.
L’allenamento della squadra dura circa una ventina di minuti, dopodiché inizia la partita vera e propria. Paolo decide di entrare in campo da subito. Gli avversari sono molto preparati e presentano una difesa stretta e serrata, i passaggi tra loro sono a breve distanza e le azioni sono rapide. Diego, in porta, riesce a parare ben due goal mentre Antonio ne blocca un terzo, deviandolo in scivolata. Stefano fatica a recuperare la palla, in due occasioni viene subito intercettato e marcato da un avversario che riesce a sfilargliela dai piedi. Al terzo tentativo, dopo aver percorso metà campo in uno scatto, riuscendo a scartare un centrocampista e due difensori, si trova davvero vicino alla porta avversaria, tutti gli uomini dell’altra squadra sono marcati, solo uno sta correndo verso di lui per proteggere la porta. È troppo distante per poter tentare un goal, si guarda attorno in cerca di un uomo libero e vede Paolo, sulla fascia destra. Prima di venire bloccato dall’avversario gli passa la palla, Paolo la recupera a volo e scivola a sinistra, schivando gli avversari, passandosi il pallone da un piede all’altro con rapidità. Arriva in area di rigore e senza esitare tira, la palla entra: è un goal e subito dopo arriva il fischio della fine del primo tempo. La squadra esulta, i compagni si precipitano da Paolo per complimentarsi poi si dirigono verso la panchina dove li aspetta il mister. Stefano raggiunge Paolo.
-Tu devi sempre fare i numeri, anche mezzo morto, eh!
Commenta. Paolo sorride, quei suoi meravigliosi sorrisi che fanno risaltare la fossetta sulla guancia. Dopodiché gli mette un braccio attorno alle spalle e lo stringe. Stefano è colto di sorpresa e si irrigidisce. Paolo probabilmente se accorge ma non lo lascia andare, al contrario iniziano a camminare per raggiungere il resto della squadra.
-Quando uno è un fenomeno, lo è sempre.
Ribatte, scherzandoci sopra. Stefano sa bene che non parla su serio, pur essendo davvero un talento in diversi campi e settori Paolo rimane una persona fondamentalmente umile.
-…comunque ora mi fermo perché non ho praticamente più fiato. Andate avanti voi!
Aggiunge, infatti. Arrivati alla panchina lo lascia andare e Stefano è quasi dispiaciuto, quell’inaspettata vicinanza di Paolo non gli dispiaceva affatto.
-Mister, io il mio l’ho fatto. Ora vi guardo da qua.
Esclama Paolo, buttandosi sulla panchina. Il mister gli dà una pacca sulla spalla.
-Vai tranquillo, ora che hai smosso la situazione vedrai che la squadra ripartirà. Vero, giovani?
Chiede, rivolgendosi ai ragazzi. Tutti quanti rispondono “Sì” in coro e pochi istanti dopo la partita ricomincia. La squadra avversaria che aveva dato il massimo nel corso del primo tempo si dimostra molto più stanca. I passaggi sono più lenti e le azioni in porta sono ridotte al minimo, la loro squadra riesce invece a tenere la guardia alta e a lavorare molto in difesa. La partita finisce quindi per uno a zero per la squadra di Stefano, che si guadagna anche il primo posto nel proprio girone di campionato.
Dopo la partita tutti si concedono una doccia, nello spogliatoio a loro riservato dalla squadra avversaria. Stefano come al solito temporeggia, ne approfitta per prendere il pranzo dal mini-bus e preparare la postazione per consumare ciò che ha preparato Paolo. Non riesce a fare a meno di pensare a quando prima in campo l’ha avuto cosi vicino, non era più stato così vicino a lui dal giorno in cui avevano preparato le pizze a casa sua e ogni volta ne desidera sempre di più. In più di un’occasione ha rimproverato sé stesso per non aver approfittato di quella situazione, nella sua cucina. Salvo pensare che probabilmente non l’ha fatto perché non era il momento giusto, perché non si sentiva ancora sicuro nel tentare un approccio con Paolo, perché sapeva davvero così poco di lui. Sebbene sia ancora dubbioso sulle reali intenzioni del ragazzo, vuole pensare che ora, qualora si verificasse una situazione simile, ne approfitterebbe senza pensarci troppo.
Si accorge di aver perso fin troppo tempo quando vede che i primi membri della squadra iniziano a uscire dallo spogliatoio, tra di loro c’è Paolo, di nuovo vestito con quella tuta rossa che pare sia stata scelta apposta per lui.
-Ma sei ancora qui, Ste?
Chiede Simone, sorpreso di vederlo ancora in completo da campo.
-Sì, volevo preparare il pranzo per tutti e mi sono perso… vado subito a lavarmi. Voi iniziate a mangiare.
Esclama, precipitandosi nello spogliatoio. Si lava velocemente e si veste. Quando esce nota che quasi tutti hanno già finito di pranzare.
-Scusaci Ste, avevamo fame!
Esclama Antonio, accartocciando la stagnola nella quale era avvolto il panino. Stefano prende dalla borsa l’ultimo panino rimasto, quello con il suo nome scritto segnato sulla carta stagnola. Si siede sulla panchina, vicino a Paolo. La scelta in realtà è casuale, si accorge dopo di essere accanto a lui e nota che il suo pranzo è diverso: si tratta di un contenitore trasparente con delle verdure a vapore: fagiolini, patate e carote lesse. Il pranzo è intatto, deve averlo aspettato per pranzare.
-Vorresti mangiare il mio pranzo gourmet?
Chiede, ironico. Stefano scarta il panino: uno sfilatino al salame, fontina, due fette di pomodoro e una salsa chiara, diversa dalla maionese.
-No, preferisco questo, grazie.
Ribatte e dà subito un morso al panino. Il pane è croccante, il salame sembra essere tagliato di fresco, non ha il solito sapore di plastica degli affettati in busta del supermercato, il pomodoro è dolce e succoso e la salsa bianca ha un sapore delicato, leggermente agro, che si sposa benissimo con gli altri ingredienti. Non ha idea di che tipo di salsa sia ma è deliziosa.
-È buonissimo!
Commenta, con ancora la bocca piena. Paolo sorride divertito, iniziando a mangiare a sua volta. Poi si avvicina di più a Stefano e sussurra nel suo orecchio.
-Bene… ma non dire niente, solo tu ce l’hai così.
Stefano avverte una vampata di calore, partirgli dal petto e arrivare fin sopra la testa. Non sa se sia per la vicinanza di Paolo o per quello che gli ha appena detto. Il panino assume un sapore ancora più gustoso, ora che sa che è stato preparato appositamente per lui.
Dopo aver pranzato, la squadra monta sul minibus in direzione casa. I posti sono gli stessi dell’andata, Paolo si siede di nuovo accanto a Stefano, gli altri ragazzi della squadra e il mister iniziano a parlare della partita nei sedili posteriori e fare prognostici sui prossimi incontri. Paolo è silenzioso, probabilmente è stanco e a metà viaggio si addormenta. Stefano coglie l’occasione per guardarlo ancora più attentamente. Il suo profilo è così perfettamente regolare da sembrare disegnato, gli zigomi sono alti e leggermente sporgenti, le ciglia, che ad occhi chiusi si vedono appena, sono molto chiare e qualche filo d’orato riflette la luce del sole, il naso è dritto, lungo e stretto, si arrotonda sulla punta e vira leggermente all’insù, le labbra in quella posizione sembrano due petali, sono più screpolate del solito ma comunque non meno invitanti.
-Ste, tu vieni allo stadio dopo?
Chiede Antonio, urlando da dietro. Stefano sobbalza e anche Paolo si sveglia.
-No, passo per stasera.
Risponde.
-Paolo?
Chiede dunque.
-No, mi spiace ma non riesco stasera.
Risponde, stiracchiandosi.
-Mi sono addormentato in macchina, come i bambini e gli anziani…
Commenta Paolo, rivolgendosi a Stefano, sfregandosi gli occhi.
-Tranquillo, ci sono abituato. Di solito al tuo posto c’è il mister e dorme sempre. Almeno tu sei più piacevole da guardare.
Stefano non riesce a credere che quelle parole siano uscite dalla sua bocca. Le ha pensate ma non credeva di averle dette sul serio. Si irrigidisce e il suo cuore inizia a battere senza controllo.
-Non mi avevi mica detto che assomiglio ad uno zombie, oggi?
Chiede Paolo, sorridendo. Stefano cerca di farsi coraggio e di non mostrare la propria agitazione.
-Anche uno zombie è più piacevole del mister.
Risponde, con tono ironico, sperando di essersi cavato d’impiccio. Paolo ride annuisce.
***
Stefano guarda la partita da casa, come aveva anticipato ai ragazzi. Avrebbe voluto andare allo stadio, non ci è ancora andato dall’inizio del campionato. Tuttavia si sente un po’ stanco, il weekend che sta per volgere al termine è stato incredibilmente movimentato e carico di emozioni di vario tipo: dall’angoscia, alle emozioni forti in discoteca, passando per il senso di colpa e poi di nuovo al desiderio nei confronti di Paolo.
Fa un respiro profondo, nel tentativo di effettuare un reset, per godersi la partita e prepararsi all’inizio di una nuova settimana. Quella sera ha deciso di consumare una pizza surgelata, comprata al supermercato mentre ritornava dal campo sportivo. Accende il forno per riscaldarlo e poi inizia a scartare la pizza. L’ultima volta che ha usato il forno è stato quando ha cucinato con Paolo. Si chiede se capiterà di nuovo un’occasione simile e immediatamente rivive le emozioni di quella giornata. Era lì, dietro di lui, su quello stesso bancone su cui mangia e cucina ogni giorno. I suoi pensieri sono interrotti dalla vibrazione del cellulare, rimasto nella tasca della giacca all’ingresso. Non l’ha più guardato dal ritorno a casa. Interrompe ciò che stava facendo e lo va a prendere, è una foto da parte di Paolo. Si tratta di un gigantesco frigorifero a doppia porta color acciaio, su un lato vede il dispenser del ghiaccio e sull’altro uno schermo, simile a un tablet, che in quel momento sta trasmettendo alcune immagini del prepartita.
“Tu il frigo che fa vedere il Milan non ce l’hai… 👅”
Aggiunge, in un commento, poco dopo. Stefano decide di scherzare un po’ con Paolo e gli invia una foto di come ha preparato la sala per vedere la partita: doppia sciarpa stesa lungo lo schienale del divano, cuscino a forma di cuore rossonero e bandierona infilata tra un cuscino e l’altro del divano.
“Tu non hai l’allestimento da stadio 🟥 ⬛”
Paolo risponde dopo un paio di minuti, inviando una sua foto. È a torso nudo, con indosso solo i pantaloncini bianchi della divisa del Milan, portati con vita eccessivamente bassa, al punto da lasciare scoperti i fianchi e buona parte del bacino. Stefano è sicuro che l’abbia fatto apposta.
“Hai vinto tu. Io ho solo questi pantaloncini dell’anno scorso… e la maglietta di Ibra, che però ho tolto perché in questa casa fa caldissimo 🥵”
Il messaggio per accompagnare la foto arriva solo pochi secondi più tardi, seguita da un’altra foto della maglia, appena nominata, posata sulla spalliera di una sedia. Stefano, certo che Paolo lo stia provocando, cerca di stare al gioco.
“Comunque, non ti vedo deperito, nonostante tutto.”
Paolo risponde con una foto di un piatto di insalata, pomodori e olive.
“La mia cena di stasera. Diciamo che lo zombie sta risorgendo 😉”
Stefano, non sapendo come rispondere si limita ad aggiungere un pollice all’insù al suo commento. La partita sta per iniziare, Stefano spegne le luci in cucina e si precipita sul divano, con il telecomando in mano, pronto per il fischio d’inizio. Gli arriva un altro messaggio da parte di Paolo.
“A proposito… facciamo giovedì la cena premio a casa mia? Ti va?”
Stefano si era quasi dimenticato del suo “premio” per aver vinto la partita a biliardo. Gli eventi del weekend appena trascorso hanno completamente cancellato dalla sua testa quell’informazione. Non crede di aver alcun impegno fissato per giovedì e, anche se ne avesse, li sposterebbe.
“Va bene.”
Risponde, come al solito con un messaggio neutrale e nessun emoji, per non rivelare il proprio stato d’animo.
“Perfetto! Ci aggiorniamo meglio più in là. Ora… partita ⚽️!”
I due rimangono a messaggiare durante tutta la partita, commentandola nei momenti principali. Tuttavia, almeno quella sera, a Stefano non importa granché della partita, perché non riesce a smettere di pensare alla cena a casa di Paolo giovedì sera e spera davvero che quella sarà l’occasione giusta per farsi avanti e avere una risposta definitiva circa sulle sue intenzioni.
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Ciao! Dopo qualche settimana, eccomi di nuovo nelle note finali. Ho due motivi:
1. Vedo che la storia è letta e seguita e mi piacerebbe ricevere un feedback... anche in forma di messaggio privato ;)
2. Da oggi pubblicherò una sola volta a settimana Venerdì o Sabato, in base alla mia disponibilità.
Alla prossima settimana ;)
Sono le nove e trenta, i ragazzi della squadra arriveranno tra poco. Stefano si siede al volante del minibus, effettua i dovuti controlli e poi guida fuori dal deposito nel quale il veicolo viene lasciato durante il periodo di inutilizzo. Lo parcheggia all’ingresso, davanti agli spogliatoi, pronto per essere caricato. Il primo ad arrivare è il mister.
-Sempre puntuale, Stefano!
Esclama, caricando uno zaino sul van.
-Abbiamo due ore di viaggio, volevo essere sicuro che tutto fosse a posto.
Spiega Stefano.
-Ci siamo tutti oggi?
Chiede poi. Il mister annuisce.
-Sì! Abbiamo rischiato di perdere la nostra arma segreta, Paolo. Però verrà e speriamo che riesca a giocare.
Stefano annuisce. In realtà lo sapeva già ma preferisce non ribadirlo, non vuole che nessuno della squadra sappia che lui e Paolo si sentono anche al di fuori del calcetto.
Qualche minuto più tardi arrivano gli altri ragazzi, ad eccezione di Paolo che entra nel cortile, a bordo del suo SUV, poco prima della partenza. Scende e subito apre il bagagliaio dal quale prende due enormi borse del supermercato e il suo borsone da calcio.
-È arrivato il pranzo!
Esclama Simone, avvicinandosi a Paolo per aiutarlo con le borse, anche Diego e Antonio lo raggiungono. Stefano non si avvicina, rimane accanto al minivan, dove nel frattempo alcuni ragazzi e il mister hanno già preso posto.
Si limita a osservare Paolo da lontano, capelli sempre in ordine, tuta rossa della squadra con pantaloni e giacca a maniche lunghe e occhiali da sole scuri. È la prima volta che lo vede con gli occhiali da sole.
-Paolo ci ha portato il cibo! Grazie Paolo!
Esclama il mister, sporgendosi dal van per recuperare le borse del pranzo.
-Spero vi piacciano i miei panini, sono belli carichi.
Aggiunge Paolo.
-Ce la fai a giocare oggi, Paolo?
Chiede Simone, preoccupato.
-In campo ci entro di sicuro, non vi garantisco dei numeri da bomber ma farò del mio meglio.
Risponde. Stefano nel frattempo prende posto sul sedile del guidatore, dal momento che sono arrivati tutti.
-Bene! Qui i posti sono tutti presi, vai davanti con Ste. Ti spiace? Di solito mi metto io davanti ma qui c’è più spazio per le gambe, è più comodo…
Chiede il mister. Stefano guarda accanto a sé, non si era accorto che il posto del passeggero fosse ancora vuoto. Di solito è il mister a sedersi accanto a lui, si meraviglia che si sia messo dietro.
-Nessun problema.
Risponde Paolo. Chiudendo il portone scorrevole del minibus e salendo davanti, con Stefano.
-Buongiorno.
Esclama, sorridendogli. Stefano si limita a ricambiare il sorriso.
-Possiamo partire coach?
Chiede, alzando la voce, perché nel frattempo nel retro del minibus è iniziato un chiacchiericcio generale.
-Vai, Ste!
Risponde il mister, alzando la voce a sua volta. Stefano ricevuto l’ok ingrana la marcia e parte. Il minivan è piuttosto datato, i sedili davanti sono separati da quelli dei passeggeri sul retro da una mezza parete traforata, il che rende difficile la comunicazione. Per un certo verso Stefano è felice che non ci sia il mister accanto a lui, non è un grande compagno di viaggio, parla troppo di politica e si addormenta dopo neanche venti minuti di strada. Spera che con Paolo la situazione sia migliore, anche se per qualche motivo la sua vicinanza lo agita. In parte pensa alla giornata precedente, a come si è sentito deluso nel non aver ricevuto alcun contatto da parte sua e poi, pensa al suo comportamento la sera prima, causato dalla serie infinita di voli pindarici nella sua testa, immaginando cosa Paolo potesse aver fatto.
Non può fare a meno di notare quanto gli stia bene la divisa della squadra. Non è un grande fan del colore rosso ed era, insieme ad altri tre membri del gruppo, tra quelli che avrebbero voluto cambiarla, che avrebbero preferito una divisa bianca con dei richiami rossi e non il contrario. Vedendola addosso a Paolo, però, è quasi felice di non aver avuto la maggioranza. Il colore rosso si sposa perfettamente con la carnagione di Paolo e con i suoi capelli color grano, immagina possa anche fa risaltare notevolmente il suo sguardo che in quel momento è celato dietro le lenti scure degli occhiali da sole.
Per circa venti minuti regna il silenzio, mentre dietro il vociare degli altri membri della squadra, che ridono, scherzano e canticchiano, prosegue ininterrottamente. Paolo è stranamente silenzioso, osserva l’ambiente al di fuori del finestrino, senza aprir bocca. Stefano vorrebbe dire qualcosa per rompere il ghiaccio ma non sa come iniziare. Non potrebbe sopportare un viaggio di due ore in silenzio, con Paolo lì vicino a lui oltretutto. Ci sono moltissime cose vorrebbe chiedergli, prima fra tutte vorrebbe conoscere i dettagli dell’incontro con l’ex moglie. Eppure non ci riesce. Prova un immotivato e ingiustificato senso di vergogna per ciò che ha fatto la sera prima, sebbene Paolo non sappia nulla, non abbia modo di saperlo, né possa sentirsi in qualsiasi modo offeso.
-Come stai?
Chiede, facendosi coraggio, con un fil di voce. Paolo si gira subito verso di lui.
-Come se fossi ritornato dal mondo dei morti ma… bene, diciamo.
Risponde, sorridendo. Tocca di nuovo a Stefano dire qualcosa e viene preso dal panico, non sa cos’altro dire. Fortunatamente è Paolo a parlare di nuovo.
-Anche tu non mi sembri fresco come una rosa… serata impegnativa?
Chiede, con uno strano tono malizioso. Stefano sussulta. Non è possibile che Paolo sappia della serata precedente, deve semplicemente aver fatto delle deduzioni osservando il suo viso. In effetti anche il viso di Stefano non è rilassato e riposato come al solito ma non pensava che qualcuno potesse accorgersene. È chiaro che Paolo, seppure rimanendo in silenzio, deve averlo osservato con attenzione.
-Sono stato con gli amici a ballare e… ho bevuto un po’.
Confessa, cercando di non farla sembrare una cosa seria.
-Gli amici con i quali ti trovi a giocare a carte?
Domanda Paolo. Stefano annuisce.
-A giocare a carte e… mangiare sushi.
Risponde, con tono provocatorio. Paolo fa subito una smorfia, che avrebbe dovuto essere di disgusto ma Stefano la trova estremamente carina e buffa.
-Non pronunciare mai più quella parola, ti prego. Solo a sentirla mi si contorcono le budella...
Stefano sorride, sente pian piano la tensione stemperarsi. Senza rifletterci troppo, decide di nominare il gigante elefante rosa nella stanza, l’argomento che preme nella sua testa come un tarlo da più di quarantotto ore.
-Sai, credevo… credevamo che avresti avuto un ritorno di fiamma con la tua ex.
Afferma, con un inaspettato coraggio. Paolo risponde dapprima con un verso di disgusto, poi si esprime più chiaramente.
-Per carità! Posso confermarti di aver provato più emozioni e brividi ieri sera abbracciato al wc, che in otto anni con la mia ex.
Afferma. Stefano non si aspettava una risposta del genere, esaudiente ma al tempo stesso assurdamente ironica.
-Troppi dettagli?
Chiede Paolo. Stefano scoppia a ridere.
-No, no. Hai reso bene l’idea… solo non me l’aspettavo.
Confessa. Anche Paolo ride.
-Volevo essere chiaro, più chiaro di così non avrei potuto esserlo.
Aggiunge. Stefano decide di continuare su quell’argomento, il ghiaccio è stato rotto e vuole saperne di più.
-Non sei riuscito ad ottenere quello che speravi, dall’incontro?
Paolo scuote il capo.
-Per niente e arrivati a questo punto… la vedo dura.
Fa una pausa e Stefano crede che non voglia aggiungere altro al discorso. Tuttavia, poco dopo, riprende a parlare.
-C’è un problema grave di proprietà. Quasi ogni bene acquistato durante il matrimonio l’ho cointestato. Scemo io, lo so. Dal momento che ho optato per la separazione dei beni avrei dovuto fare più attenzione ma, sai, quando ti sposi non vai a pensare subito al divorzio.
Stefano annuisce. Non dice nulla, lascia che Paolo continui a parlare, che spieghi tutto quanto liberamente.
-Anche se, in cuor mio, sapevo che non sarebbe durata… discussioni, incompatibilità, forti incompatibilità. Comunque, l’errore più grande che ho fatto è stato quello di fondare una società, con lei come socio di maggioranza… mi serviva per avviare il mio progetto, quello che sto portando avanti con la Vince. Ai tempi non avevo un soldo… avevo bisogno di liquidità per avviare la mia società e iniziare a condurre delle ricerche per il mio progetto. Mi conosci, sai che non vengo da una famiglia benestante.
Stefano annuisce. Ricorda poco in realtà della famiglia di Paolo, suo padre non l’ha mai visto né conosciuto, mentre sua madre che vedeva spesso ai colloqui e alle riunioni tra genitori, la ricorda bene. Una donna alta, dall’aspetto di una modella, capelli biondi e occhi chiari, esattamente come Paolo. I compagni di classe e specialmente quelli della squadra erano sempre ansiosi di vederla e ogni volta che Paolo organizzava una pizza in compagnia per la fine della scuola o la sua festa di compleanno a casa sua, tutti facevano il possibile per essere invitati.
-La mia ex moglie invece è figlia unica di una famiglia benestante e quindi… ho chiesto un prestito a mio suocero e la condizione era che mettessi la figlia in società. Il mio obiettivo era liquidarle le quote e toglierla dal mio progetto ma lei si rifiuta… il suo prezzo è sempre troppo alto, a ogni incontro aggiunge delle richieste. Ho rinunciato alla mia casa, alla macchina che avevamo in comproprietà, alla moto e a una serie infinita di beni ma… per lei non è mai abbastanza.
Le parole di Paolo assumono un tono via via sempre più disperato.
-Ieri speravo di essere arrivato a un punto di svolta ma alla fine ha ritrattato. Ho un appuntamento con l’avvocato domani sera per parlare… vedremo cosa si può fare.
Conclude.
-Mi dispiace tanto, Paolo. Capisco quanto possa esser importante il tuo progetto.
Afferma. Paolo annuisce.
-È la cosa più grande che abbia mai fatto, fino ad ora. È una strada in salita ma… me la caverò, me la cavo sempre in qualche modo.
Sorride, un sorriso terribilmente malinconico che permane sulle sue labbra per diversi secondi. Stefano crede di non averlo mai visto così avvilito. Vorrebbe poter fare qualcosa per aiutarlo, conscio del fatto che non sia possibile. Quasi spontaneamente, gli appoggia una mano sulla gamba, in segno di conforto. Paolo sembra sorpreso ma non si ritrae. È la prima volta che Stefano sfiora Paolo, che tocca quella coscia marmorea e muscolosa che fino ad ora si era solo limitato ad osservare.
-Te l’ho già detto che sei un top player, supererai anche questa.
Esclama, togliendo poi rapidamente la mano. Troppo rapidamente, il che gli fa temere che Paolo abbia intuito la sua sensazione di disagio e imbarazzo.
Il viaggio prosegue in modo piuttosto tranquillo. I compagni e il mister sui sedili posteriori si tranquillizzando e il vociare diventa un leggero mormorio. Stefano e Paolo iniziano a parlare della partita imminente e in seguito del tempo e di una serie di argomenti casuali e mai troppo profondi.
Arrivati al campo sportivo degli avversari, il mister inizia a dare delle disposizioni sulla formazione e propone qualche piccolo esercizio di riscaldamento, iniziando da una corsa lungo il perimetro del campo. Paolo finalmente si toglie gli occhiali da sole e li ripone nel borsone.
-Ovviamente gli occhiali li ho tenuti per coprire questo scempio di faccia.
Commenta, notando che Stefano non ha ancora iniziato a correre e si è fermato ad aspettarlo. Lo guarda e nota che, effettivamente, il suo viso mostra dei chiari segni di stanchezza: il colorito non è roseo ma grigiastro, gli occhi sono incorniciati da due vistose occhiaie violacee e anche lo sguardo è decisamente meno luminoso del solito.
-Ecco, ora sì che assomigli davvero ad uno zombie.
Esclama, iniziando a correre. Paolo spalanca la bocca e fa un’espressione sorpresa.
-Beh, grazie!
Risponde, raggiungendolo.
L’allenamento della squadra dura circa una ventina di minuti, dopodiché inizia la partita vera e propria. Paolo decide di entrare in campo da subito. Gli avversari sono molto preparati e presentano una difesa stretta e serrata, i passaggi tra loro sono a breve distanza e le azioni sono rapide. Diego, in porta, riesce a parare ben due goal mentre Antonio ne blocca un terzo, deviandolo in scivolata. Stefano fatica a recuperare la palla, in due occasioni viene subito intercettato e marcato da un avversario che riesce a sfilargliela dai piedi. Al terzo tentativo, dopo aver percorso metà campo in uno scatto, riuscendo a scartare un centrocampista e due difensori, si trova davvero vicino alla porta avversaria, tutti gli uomini dell’altra squadra sono marcati, solo uno sta correndo verso di lui per proteggere la porta. È troppo distante per poter tentare un goal, si guarda attorno in cerca di un uomo libero e vede Paolo, sulla fascia destra. Prima di venire bloccato dall’avversario gli passa la palla, Paolo la recupera a volo e scivola a sinistra, schivando gli avversari, passandosi il pallone da un piede all’altro con rapidità. Arriva in area di rigore e senza esitare tira, la palla entra: è un goal e subito dopo arriva il fischio della fine del primo tempo. La squadra esulta, i compagni si precipitano da Paolo per complimentarsi poi si dirigono verso la panchina dove li aspetta il mister. Stefano raggiunge Paolo.
-Tu devi sempre fare i numeri, anche mezzo morto, eh!
Commenta. Paolo sorride, quei suoi meravigliosi sorrisi che fanno risaltare la fossetta sulla guancia. Dopodiché gli mette un braccio attorno alle spalle e lo stringe. Stefano è colto di sorpresa e si irrigidisce. Paolo probabilmente se accorge ma non lo lascia andare, al contrario iniziano a camminare per raggiungere il resto della squadra.
-Quando uno è un fenomeno, lo è sempre.
Ribatte, scherzandoci sopra. Stefano sa bene che non parla su serio, pur essendo davvero un talento in diversi campi e settori Paolo rimane una persona fondamentalmente umile.
-…comunque ora mi fermo perché non ho praticamente più fiato. Andate avanti voi!
Aggiunge, infatti. Arrivati alla panchina lo lascia andare e Stefano è quasi dispiaciuto, quell’inaspettata vicinanza di Paolo non gli dispiaceva affatto.
-Mister, io il mio l’ho fatto. Ora vi guardo da qua.
Esclama Paolo, buttandosi sulla panchina. Il mister gli dà una pacca sulla spalla.
-Vai tranquillo, ora che hai smosso la situazione vedrai che la squadra ripartirà. Vero, giovani?
Chiede, rivolgendosi ai ragazzi. Tutti quanti rispondono “Sì” in coro e pochi istanti dopo la partita ricomincia. La squadra avversaria che aveva dato il massimo nel corso del primo tempo si dimostra molto più stanca. I passaggi sono più lenti e le azioni in porta sono ridotte al minimo, la loro squadra riesce invece a tenere la guardia alta e a lavorare molto in difesa. La partita finisce quindi per uno a zero per la squadra di Stefano, che si guadagna anche il primo posto nel proprio girone di campionato.
Dopo la partita tutti si concedono una doccia, nello spogliatoio a loro riservato dalla squadra avversaria. Stefano come al solito temporeggia, ne approfitta per prendere il pranzo dal mini-bus e preparare la postazione per consumare ciò che ha preparato Paolo. Non riesce a fare a meno di pensare a quando prima in campo l’ha avuto cosi vicino, non era più stato così vicino a lui dal giorno in cui avevano preparato le pizze a casa sua e ogni volta ne desidera sempre di più. In più di un’occasione ha rimproverato sé stesso per non aver approfittato di quella situazione, nella sua cucina. Salvo pensare che probabilmente non l’ha fatto perché non era il momento giusto, perché non si sentiva ancora sicuro nel tentare un approccio con Paolo, perché sapeva davvero così poco di lui. Sebbene sia ancora dubbioso sulle reali intenzioni del ragazzo, vuole pensare che ora, qualora si verificasse una situazione simile, ne approfitterebbe senza pensarci troppo.
Si accorge di aver perso fin troppo tempo quando vede che i primi membri della squadra iniziano a uscire dallo spogliatoio, tra di loro c’è Paolo, di nuovo vestito con quella tuta rossa che pare sia stata scelta apposta per lui.
-Ma sei ancora qui, Ste?
Chiede Simone, sorpreso di vederlo ancora in completo da campo.
-Sì, volevo preparare il pranzo per tutti e mi sono perso… vado subito a lavarmi. Voi iniziate a mangiare.
Esclama, precipitandosi nello spogliatoio. Si lava velocemente e si veste. Quando esce nota che quasi tutti hanno già finito di pranzare.
-Scusaci Ste, avevamo fame!
Esclama Antonio, accartocciando la stagnola nella quale era avvolto il panino. Stefano prende dalla borsa l’ultimo panino rimasto, quello con il suo nome scritto segnato sulla carta stagnola. Si siede sulla panchina, vicino a Paolo. La scelta in realtà è casuale, si accorge dopo di essere accanto a lui e nota che il suo pranzo è diverso: si tratta di un contenitore trasparente con delle verdure a vapore: fagiolini, patate e carote lesse. Il pranzo è intatto, deve averlo aspettato per pranzare.
-Vorresti mangiare il mio pranzo gourmet?
Chiede, ironico. Stefano scarta il panino: uno sfilatino al salame, fontina, due fette di pomodoro e una salsa chiara, diversa dalla maionese.
-No, preferisco questo, grazie.
Ribatte e dà subito un morso al panino. Il pane è croccante, il salame sembra essere tagliato di fresco, non ha il solito sapore di plastica degli affettati in busta del supermercato, il pomodoro è dolce e succoso e la salsa bianca ha un sapore delicato, leggermente agro, che si sposa benissimo con gli altri ingredienti. Non ha idea di che tipo di salsa sia ma è deliziosa.
-È buonissimo!
Commenta, con ancora la bocca piena. Paolo sorride divertito, iniziando a mangiare a sua volta. Poi si avvicina di più a Stefano e sussurra nel suo orecchio.
-Bene… ma non dire niente, solo tu ce l’hai così.
Stefano avverte una vampata di calore, partirgli dal petto e arrivare fin sopra la testa. Non sa se sia per la vicinanza di Paolo o per quello che gli ha appena detto. Il panino assume un sapore ancora più gustoso, ora che sa che è stato preparato appositamente per lui.
Dopo aver pranzato, la squadra monta sul minibus in direzione casa. I posti sono gli stessi dell’andata, Paolo si siede di nuovo accanto a Stefano, gli altri ragazzi della squadra e il mister iniziano a parlare della partita nei sedili posteriori e fare prognostici sui prossimi incontri. Paolo è silenzioso, probabilmente è stanco e a metà viaggio si addormenta. Stefano coglie l’occasione per guardarlo ancora più attentamente. Il suo profilo è così perfettamente regolare da sembrare disegnato, gli zigomi sono alti e leggermente sporgenti, le ciglia, che ad occhi chiusi si vedono appena, sono molto chiare e qualche filo d’orato riflette la luce del sole, il naso è dritto, lungo e stretto, si arrotonda sulla punta e vira leggermente all’insù, le labbra in quella posizione sembrano due petali, sono più screpolate del solito ma comunque non meno invitanti.
-Ste, tu vieni allo stadio dopo?
Chiede Antonio, urlando da dietro. Stefano sobbalza e anche Paolo si sveglia.
-No, passo per stasera.
Risponde.
-Paolo?
Chiede dunque.
-No, mi spiace ma non riesco stasera.
Risponde, stiracchiandosi.
-Mi sono addormentato in macchina, come i bambini e gli anziani…
Commenta Paolo, rivolgendosi a Stefano, sfregandosi gli occhi.
-Tranquillo, ci sono abituato. Di solito al tuo posto c’è il mister e dorme sempre. Almeno tu sei più piacevole da guardare.
Stefano non riesce a credere che quelle parole siano uscite dalla sua bocca. Le ha pensate ma non credeva di averle dette sul serio. Si irrigidisce e il suo cuore inizia a battere senza controllo.
-Non mi avevi mica detto che assomiglio ad uno zombie, oggi?
Chiede Paolo, sorridendo. Stefano cerca di farsi coraggio e di non mostrare la propria agitazione.
-Anche uno zombie è più piacevole del mister.
Risponde, con tono ironico, sperando di essersi cavato d’impiccio. Paolo ride annuisce.
***
Stefano guarda la partita da casa, come aveva anticipato ai ragazzi. Avrebbe voluto andare allo stadio, non ci è ancora andato dall’inizio del campionato. Tuttavia si sente un po’ stanco, il weekend che sta per volgere al termine è stato incredibilmente movimentato e carico di emozioni di vario tipo: dall’angoscia, alle emozioni forti in discoteca, passando per il senso di colpa e poi di nuovo al desiderio nei confronti di Paolo.
Fa un respiro profondo, nel tentativo di effettuare un reset, per godersi la partita e prepararsi all’inizio di una nuova settimana. Quella sera ha deciso di consumare una pizza surgelata, comprata al supermercato mentre ritornava dal campo sportivo. Accende il forno per riscaldarlo e poi inizia a scartare la pizza. L’ultima volta che ha usato il forno è stato quando ha cucinato con Paolo. Si chiede se capiterà di nuovo un’occasione simile e immediatamente rivive le emozioni di quella giornata. Era lì, dietro di lui, su quello stesso bancone su cui mangia e cucina ogni giorno. I suoi pensieri sono interrotti dalla vibrazione del cellulare, rimasto nella tasca della giacca all’ingresso. Non l’ha più guardato dal ritorno a casa. Interrompe ciò che stava facendo e lo va a prendere, è una foto da parte di Paolo. Si tratta di un gigantesco frigorifero a doppia porta color acciaio, su un lato vede il dispenser del ghiaccio e sull’altro uno schermo, simile a un tablet, che in quel momento sta trasmettendo alcune immagini del prepartita.
“Tu il frigo che fa vedere il Milan non ce l’hai… 👅”
Aggiunge, in un commento, poco dopo. Stefano decide di scherzare un po’ con Paolo e gli invia una foto di come ha preparato la sala per vedere la partita: doppia sciarpa stesa lungo lo schienale del divano, cuscino a forma di cuore rossonero e bandierona infilata tra un cuscino e l’altro del divano.
“Tu non hai l’allestimento da stadio 🟥 ⬛”
Paolo risponde dopo un paio di minuti, inviando una sua foto. È a torso nudo, con indosso solo i pantaloncini bianchi della divisa del Milan, portati con vita eccessivamente bassa, al punto da lasciare scoperti i fianchi e buona parte del bacino. Stefano è sicuro che l’abbia fatto apposta.
“Hai vinto tu. Io ho solo questi pantaloncini dell’anno scorso… e la maglietta di Ibra, che però ho tolto perché in questa casa fa caldissimo 🥵”
Il messaggio per accompagnare la foto arriva solo pochi secondi più tardi, seguita da un’altra foto della maglia, appena nominata, posata sulla spalliera di una sedia. Stefano, certo che Paolo lo stia provocando, cerca di stare al gioco.
“Comunque, non ti vedo deperito, nonostante tutto.”
Paolo risponde con una foto di un piatto di insalata, pomodori e olive.
“La mia cena di stasera. Diciamo che lo zombie sta risorgendo 😉”
Stefano, non sapendo come rispondere si limita ad aggiungere un pollice all’insù al suo commento. La partita sta per iniziare, Stefano spegne le luci in cucina e si precipita sul divano, con il telecomando in mano, pronto per il fischio d’inizio. Gli arriva un altro messaggio da parte di Paolo.
“A proposito… facciamo giovedì la cena premio a casa mia? Ti va?”
Stefano si era quasi dimenticato del suo “premio” per aver vinto la partita a biliardo. Gli eventi del weekend appena trascorso hanno completamente cancellato dalla sua testa quell’informazione. Non crede di aver alcun impegno fissato per giovedì e, anche se ne avesse, li sposterebbe.
“Va bene.”
Risponde, come al solito con un messaggio neutrale e nessun emoji, per non rivelare il proprio stato d’animo.
“Perfetto! Ci aggiorniamo meglio più in là. Ora… partita ⚽️!”
I due rimangono a messaggiare durante tutta la partita, commentandola nei momenti principali. Tuttavia, almeno quella sera, a Stefano non importa granché della partita, perché non riesce a smettere di pensare alla cena a casa di Paolo giovedì sera e spera davvero che quella sarà l’occasione giusta per farsi avanti e avere una risposta definitiva circa sulle sue intenzioni.
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Ciao! Dopo qualche settimana, eccomi di nuovo nelle note finali. Ho due motivi:
1. Vedo che la storia è letta e seguita e mi piacerebbe ricevere un feedback... anche in forma di messaggio privato ;)
2. Da oggi pubblicherò una sola volta a settimana Venerdì o Sabato, in base alla mia disponibilità.
Alla prossima settimana ;)