Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: ChrisAndreini    19/11/2023    2 recensioni
[Seguito di Rainbow Cookies, si consiglia la lettura del libro precedente prima di leggere questo, onde evitare spoilers]
Sono passati sette mesi da quando Leo è tornato a casa dopo la sua incredibile avventura nei sette regni, eppure l'aspirante cuoco non riesce ancora a riprendersi del tutto, e a ricominciare a vivere una vita normale. Non aiuta che la sua migliore amica continua ad impedirgli di tornare in visita a Jediah.
E quando scopre che una guerra è scoppiata tra i due regni rivali, dovrà usare tutte le sue poche abilità per riuscire a salvare i suoi amici ed evitare che molte persone muoiano, affrontando combattimenti, sospetto, e soprattutto una schiera di divinità che non tollerano affatto che outsiders mettano mano nella loro Storia perfettamente programmata.
Armato solo della sua capacità in cucina, il suo istinto suicida, e conoscenze di un futuro che cercherà di cambiare in tutti i modi, riuscirà Leo a sopravvivere ad una seconda avventura nei sette regni?
Le divinità dicono di no!
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Rainbow Cookies'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Incontro la persona più irritante dei sette regni (sì, di nuovo)

 

Okay, inizia a diventare davvero ripetitivo, ma questo capitolo comincia con Leo che si sveglia.

Oh, quale novità.

So che in questa storia Leo sembra Dante Alighieri vista la quantità considerevole di volte in cui viene messo ko e si sveglia dolorante, ma possiamo affermare che questo sia un po’ l’Inferno della sua avventura, vista la guerra, le ansie e i dolori.

In futuro potrebbe visitare un inferno un po’ più letterale, ma non voglio fare spoiler.

Vi posso dire che Leo si svegliò con la testa molto dolorante, e il suo primo istinto fu di mettersi un po’ di ghiaccio sul probabilmente enorme bernoccolo che gli si era senz’altro formato in testa.

Non uscì nulla dalla sua mano sinistra.

Strano.

Ma era troppo scombussolato per rendersene del tutto conto, dato che la botta era stata davvero fortissima.

Si era dimenticato quanto violente fossero le botte in testa di Brandon, era un miracolo che non fosse morto per sbaglio.

-Oh, sei sveglio- lo accolse una voce poco distante, che Leo non credeva di aver mai sentito.

O meglio, aveva una leggerissima nota familiare, ma non abbastanza da fargli dire qualcosa tipo “Oh no! Conosco questa voce!”

Se il proprietario sapesse della sua indifferenza, rimarrebbe molto offeso.

Leo si mise a sedere, e si guardò intorno, preoccupato.

A differenza dello scorso capitolo, dove una volta sveglio si era ritrovato in un letto pulito, con uccellini che cinguettavano fuori dalla finestra e un gran figo che gli teneva la mano con affetto, questa volta era in una cella polverosa e scura, su una lastra di metallo durissima, e non sembrava esserci nessuno intorno.

-Chi è là?!- chiese, guardandosi intorno nell’oscurità e cercando di abituare gli occhi.

Solo qualche candela era accesa, ma offrivano un’illuminazione minima.

-Te l’avevo detto che prima o poi saresti stato mio. Beh, quel giorno è arrivato- continuò la voce, con tono di chi stava per fare un monologo da cattivo.

Leo sentì una vaga nota di familiarità, ma non riuscì proprio ad accostare la voce a un volto. 

Ma la figura fece una pausa ad effetto, nell’ombra, come se si aspettasse che Leo lo riconoscesse.

Leo si scervellò il più in fretta possibile per non fare una figuraccia e non irritare il suo carceriere.

Allora, aveva una voce maschile, ma non era Brandon, quasi sicuramente. Né Fausto il fusto.

Poteva anche essere Fausto il fusto in realtà, se Leo si basava sulla voce, ma la figura nell’ombra era molto meno imponente di lui quindi Leo lo escluse.

Mmmm, Brandon lavorava per i ribelli e per la corte di Valkrest, quindi probabilmente era qualcuno di Valkrest.

Oh, giusto!

-Remington!- esclamò, anche se non gli era sembrata molto la voce di Remington, però chi altri poteva essere?

La figura rimase in silenzio qualche secondo.

-Riprova- suggerì, in un sussurro.

Cavolo, non era Remington.

Forse non era di Valkrest.

O forse, sì, magari non era un uomo!

-Se sei Angela hai un brutto raffreddore. Se vuoi posso prepararti una minestra- propose Leo, che non provava la massima simpatia per il capo dei ribelli, a dirla tutta, ma la rispettava e aveva pena per lei. Era anche la sorella di Silvia, la madre di Giada, e Leo stimava molto Silvia, quindi aveva intenzione di essere gentile con Angela.

Ma la figura non era Angela.

-Angela? No! Riprova- lo incoraggiò, con tono sempre più irritato.

Leo non aveva idee.

Okay, meglio uscire da Valkrest, allora… qualcuno invischiato in qualche modo con i ribelli…?

Nox era stato rapito, dai ribelli. Forse voleva qualche dolce.

-Nox?- suppose, poco convinto.

-Scusami?!- l’uomo era ormai decisamente offeso.

-Ma non lo so, okay? Non mi viene in mente nessuno! Brandon, forse? Non credo, però, lui ha una voce diversa. Ho preso una botta in testa- Leo iniziò a giustificarsi.

Come se il problema vero di quel momento fosse che non riconosceva il suo carceriere.

LEO, SEI STATO CATTURATO DAI NEMICI! UN MINIMO DI PREOCCUPAZIONE IN PIÙ!

È ciò che gli direbbe Daryan se fosse qui.

Io mi sto solo divertendo.

-Non è una scusa per non riconoscermi, Leoncino! Sono offeso!- si lamentò la figura, ancora nell’ombra.

E fu sentendo il nomignolo, che finalmente Leo lo riconobbe.

-Ahhhhhhh, Victor!- esclamò, annuendo appena soddisfatto da sé per esserci finalmente arrivato.

Due istanti dopo, si rese conto finalmente della situazione.

-AAAAAHHHHH, VICTOR!- urlò spaventato, appiattendosi al muro, proprio mentre la figura, appartenente al principe Victor, si metteva alla luce, parecchio irritato.

Era rimasto esattamente come Leo lo aveva incontrato, anche se sembrava appena più magro, nonostante gli abiti che indossasse fossero più pesanti. Stessi capelli rosso fuoco, anche se più chiari e naturali di quelli di Remington, stessa carnagione pallida, e anche lo stesso, familiare, orecchino rosso.

E fissava Leo con occhi di fuoco.

Anche se sembrava più irritato che propriamente minaccioso o arrabbiato.

Come se Leo gli avesse rovinato una scenetta che provava allo specchio da mesi.

-Davvero non mi hai riconosciuto? Quante altre persone ti hanno detto che saresti stato di loro proprietà, un giorno?- indagò Victor, squadrandolo dall’alto in basso, con una certa gelosia.

-In termini tossici nessun altro, in effetti, ma ne ho ricevute parecchie di proposte di lavoro- borbottò Leo, pensando a tutte le persone della corte di Jediah, a Payas, al saggio della foresta infinita, persino gli dei.

-Beh, ora sei qui, e sei mio. Ah!- Victor lo puntò con soddisfazione, come se avesse vinto un qualche concorso.

Leo roteò gli occhi, e incrociò le braccia, ma non ribatté.

Avrebbe voluto… avrebbe tanto voluto ribattere, ma Victor era una persona pericolosa.

Era il responsabile di quella terribile guerra, un pazzo, potente e con il coltello dalla parte del manico.

E a Leo erano rimaste solo tre vite, non voleva usarle tutte subito.

-Solo tre? Non ti trattano molto bene, sembra. Qui starai molto meglio, fidati- commentò Victor, divertito.

Ceeerto, molto meglio catturato e sbattuto in cella. Se voleva fargli una proposta di lavoro, avrebbe dovuto migliorare il suo approccio.

Non che Leo avrebbe mai accettato di lavorare per il principe Victor. Lo odiava!

-Vedremo, Lollo, vedremo. E comunque la cella era necessaria. Non potevo mica rischiare che scappassi con i tuoi poteri di ghiaccio. La cella di contenimento del tempio di Veer mi permette di tenere a bada le tue benedizioni. Tranne quella di Jahlee, suppongo. Ma anche se potessi ucciderti, non preoccuparti, non ne ho intenzione, per ora- lo rassicurò Victor, senza rassicurarlo per niente.

Leo in effetti sentiva la mano sinistra meno fredda del solito, e il potere sembrava in stasi, come quando Leo era stato intrappolato nella cella del tempio di Jahlee.

-È per questo che non riuscivo a trovarti? Eri al tempio? No, non è possibile, mi è stato detto che sei scappato da un po’ di tempo da lì, almeno qualche settimana- commentò Victor, pensieroso, avvicinandosi un po’.

Leo gli lanciò un’occhiataccia, ma non gli rispose. 

Non voleva dargli la soddisfazione di rispondere alle provocazioni di Victor o dargli informazioni.

Il principe di Valkrest non avrebbe ottenuto nulla da lui! Assolutamente nulla!

E infatti non gli stava dicendo nulla.

…e Victor gli stava rispondendo comunque.

Leo finalmente si rese conto che c’era qualcosa che non andava, e lanciò al principe un’occhiata allertata.

Victor ridacchiò, sembrava estremamente divertito dalla difficoltà di Leo.

Leo non era divertito per niente.

Perché sapeva la pericolosità dell’orecchino che portava Victor, e ora che si era reso conto che il collegamento mentale era stato già stabilito, era completamente spacciato!

Lo aveva usato, dopotutto, e aveva scoperto un sacco di cose, anche cose che non avrebbe dovuto scoprire, perché con l’orecchino si poteva scoprire sia il pensiero più consapevole, che quello profondo.

Non era la prima volta che Victor usava quel potere su di lui, e Leo ancora rabbrividiva al pensiero di tutto ciò che aveva scoperto su di lui in quella circostanza, durata mezza giornata al massimo.

-Mah, in realtà ben poco, solo tutto ciò che pensi della famiglia reale di Jediah, il fatto che venivi da un altro mondo, alcune preferenze generiche e amicizie, e ovviamente la ricetta di tutti i piatti che mi hai proposto quel giorno. Ma non sono mai riuscito a replicare le animelle, comunque. Erano davvero spettacolari- borbottò Victor. Leo non lo degnò della minima attenzione e continuò con il proprio pensiero sempre più nel panico.

Infatti all’epoca i suoi più grandi segreti non erano così tanto importanti, e mettevano in pericolo, generalmente, solo lui e la sua permanenza nei sette regni. Doveva tenere nascosto di essere un cuoco e di essere in un altro mondo, ma Victor non traeva alcun vantaggio dallo scoprire tali segreti (tranne le ricette segrete… quello a Leo dava piuttosto fastidio).

Ma ora… Leo sapeva molte informazioni decisamente più importanti.

Informazioni che potevano mettere a rischio tantissime persone, in quella guerra.

Informazioni che avrebbero potuto compromettere la vittoria di Jediah su Valkrest.

Victor si avvicinò, con espressione sorpresa e uno sguardo di trionfo.

-Oh… ma davvero? Che genere di informazioni?- chiese, in un sussurro, non trattenendo un sorrisino che Leo trovò davvero inquietante.

Il cuoco impallidì, e si affrettò a distogliere lo sguardo, ben consapevole che però il contatto visivo era necessario solo per creare un legame, e una volta creato, sarebbe rimasto in piedi finché colui che lo aveva messo su non lo spezzava volontariamente, o non si toglieva l’orecchino.

Mosso dal panico, Leo fece uno scatto oltre le sbarre della cella per provare a strappare l’orecchino dall’orecchio di Victor, per niente intenzionato a permettergli di continuare a invadere la sua mente senza consenso, ma il principe anticipò i suoi movimenti, scansò la testa, e approfittò di avere Leo a portata di mano per afferrargli il polso e avvicinarlo a lui, costringendolo a guardarlo dritto in faccia.

-Non è carino non rispondere, Leonida. Allora, che succose informazioni puoi darmi sulla situazione a Jediah?- insistette, tenendolo fermo con forza, e a pochissimi centimetri da lui.

Leo fu grato che ci fossero le sbarre a proteggerlo, anche se non facevano il lavoro migliore del mondo.

Chiuse con forza gli occhi, e iniziò a ripetersi, come un mantra, di tenere la mente chiusa, di non pensare a nulla, di non pensare a nulla di nulla di utile.

Ma più si costringeva a non pensare ai piani di Jediah, più essi premevano per uscire dalla sua mente.

No! No! Doveva tenerli lontani!

Lui non sapeva niente!

-Non forzarti, Leonetto. Più cerchi di non pensare a qualcosa, più alla fine ci penserai. E prima o poi lo scoprirò comunque, quindi perché non darmi le informazioni e basta? Senza farti così male- lo incoraggiò Victor, in tono suadente.

Leo fu inondato da un moto di rabbia.

Era stato tradito, allontanato, attaccato, ferito, era quasi morto tre volte da quando era tornato lì e aveva lavorato con tutte le sue forze per salvare i suoi amici e far finire quella guerra il prima possibile.

In poco più di un mese aveva sofferto molto più di quanto avesse sofferto nel resto della sua vita, e tutto per dare un futuro migliore di quello che era stato scritto.

Aveva mosso mari, monti e foreste (l’ultima cosa letteralmente) per cambiare la Storia.

E non avrebbe mai permesso ad un principino vanesio e crudele di vanificare tutti i suoi sforzi.

-Cambiare la Sto…?- iniziò a chiedere Victor, molto confuso e scettico, ma Leo non lo fece finire, perché si scansò dalla sua presa con forza insospettabile, e urlò con tutto il fiato che aveva in corpo: 

-ESCI FUORI DALLA MIA TESTA!- pregando tutti gli dei di quel mondo che se fosse stato abbastanza determinato, sarebbe riuscito a spezzare il legame, o quantomeno a pensare a qualcos’altro che non fossero i piani di Jediah.

E, sorprendentemente, la sua determinazione sembrò funzionare, perché Victor fece un passo indietro, e si portò una mano alla testa, come se gli fosse appena venuta una fitta.

Lanciò a Leo un’occhiata piena di sdegno, ma il cuoco non la guardò, perché aveva ancora gli occhi completamente chiusi, cercando di evitare in ogni modo che Victor gli leggesse nel pensiero.

-Va bene, va bene, Leon. Non ti ho portato qui per scoprire informazioni sulla strategia di Jediah, dopotutto- il tono di Victor era rilassato, e decise di abbandonare l’argomento, anche se il suo sguardo era piuttosto irritato, cosa che Leo, come prima, non notò, dato che rimase a occhi chiusi e a pensare costantemente a non pensare ai piani di Jediah.

-Cosa vuoi da me?- chiese, cercando di distrarsi su un altro argomento e tenendosi a debita distanza, ora che aveva recuperato il braccio.

-Te l’ho detto, Lennon, tu mi piaci davvero, davvero, davvero tanto, e sarai il mio nuovo cuoco. E magari anche insegnante di cucina. Sono abbastanza umile da ammettere quando qualcuno è più bravo di me in qualcosa, e tu sei il migliore cuoco dei sette regni- Victor spiegò i suoi piani, con entusiasmo decisamente fuori luogo.

-Mi sta sopravvalutando, vostra maestà. Sono a malapena decente…- Leo provò a togliere l’interesse da lui. Alla fine che ne sapeva, Victor, aveva perso la memo… un momento… non aveva perso la memoria.

Si ricordava di Leo più di quanto Leo si ricordasse di lui.

Ma come era possibile se nessuno si sarebbe dovuto ricordare di Leo in quel mondo?!

-Come ti ricordi di me?!- chiese, sconvolto, sempre a occhi chiusi.

-Chi mai potrebbe dimenticarsi di te. Solo qualcuno che non aveva un’alta considerazione delle tue doti- provò a lisciarselo Victor, flirtando non troppo velatamente.

Ew, Leo lo trovava davvero disgustoso.

E dischiuse leggermente gli occhi per vedere la reazione di Victor al pensiero che aveva appena avuto.

Non sembrava affatto irritato.

Forse il legame si era davvero spezzato.

Comunque Leo non si fece minimamente fregare dalle sue lodi e dai suoi flirt.

Era un ragazzo impegnato.

E se Daryan, l’amore della sua vita, aveva avuto così tante difficoltà a ricordare, era impossibile che Victor si ricordasse a prescindere per qualche strano motivo di affetto.

Leo ripensò a Payas, che si ricordava di lui. Aveva detto che anche gli altri semidei ricordavano i fatti passati.

-Sei un discendente del dio Veer, probabilmente sei immune all’amnesia generale, come i semidei- suppose, facendo una deduzione giusta.

Complimenti, Leo!

Victor ci mise qualche secondo a rispondere.

-Cambiando argomento, direi che puoi trasferirti nella tua nuova stanza da cuoco- Victor armeggiò in tasca, e tirò fuori un bracciale d’argento con incastonata una pietra indaco. 

-Io non cucinerò per lei, principe Victor- mise in chiaro Leo, che si era fatto una promessa, e aveva tutta l’intenzione di mantenerla.

Victor finse di non ascoltarlo.

-Ovviamente per evitare che tu decida di provare a scappare dovrai indossare questo bracciale che elimina i tuoi poteri di ghiaccio per tutto il tragitto fino a palazzo e la permanenza lì. Una volta a palazzo non riusciresti ad andartene in ogni caso ma sono già abbastanza impegnato senza dover pensare pure a te- spiegò, facendo cenno a Leo di raggiungerlo per mettergli il bracciale.

-Se è così impegnato forse è meglio buttarmi fuori, non vorrebbe mica che io…- Leo si interruppe, con una piccola ideuzza che iniziava a formarsi nella mente.

Non avrebbe mai cucinato per il principe Victor, ma poteva provare a mettergli i bastoni tra le ruote e sabotare l’esercito di Valkrest dall’interno, per far finire la guerra ancora prima.

Chissà, magari con le nuove strategie di Jediah, Valkrest avrebbe iniziato a rispondere in modo diverso dalla Storia, e Leo poteva…

Interruppe il pensiero, e lanciò una brevissima occhiata verso Victor, che però non sembrava averlo sentito.

Era ormai piuttosto ovvio che la sua mente fosse nuovamente al sicuro.

Uff, menomale.

-D’accordo. Sempre meglio di questa prigione polverosa- Leo porse il braccio, e Victor sorrise prima di mettergli il bracciale.

-Qualsiasi cosa pensi di fare non ti riuscirà, quindi accetterò questo improvviso cambio di atteggiamento con entusiasmo, Levi- commentò, con espressione divertita, aprendo la porta della cella e afferrando Leo per un braccio, per iniziare a portarlo verso il castello.

-Può smetterla con gli stupidi soprannomi?- provò a chiedere Leo, irritato dagli stupidi nomignoli che il principe continuava a propinargli. 

-No- 

-Comunque non cucinerò mai per lei, su questo non cambierò idea- Leo rimase fermo sulle sue idee, lanciando al principe un’occhiataccia.

-Vedremo…- Victor non sembrò minimamente turbato dalla minaccia.

Sembrava davvero sicuro di sé. Leo non sapeva se essere preoccupato, o se pensare che magari si sopravvalutava, e alla fine era tutto fumo e niente arrosto.

Non era nelle condizioni di rischiare di sottovalutarlo, però, e decise che era meglio restare all’erta. Era pur sempre un principe instabile e pericoloso che sembrava ossessionato da lui.

Leo aveva letto troppo fanfiction di Wattpad che partivano in questo modo, ed era una situazione preoccupante.

Victor trascinò Leo attraverso vari corridoi misteriosi, e Leo notò abbastanza presto che i muri neri non erano fatti di pietra normale, ma sembravano lava solidificata, forse ossidiana.

Era veramente incredibile.

-Il tempio di Veer è all’interno del vulcano- spiegò Victor, divertito, notando la curiosità di Leo, che non gli rispose e continuava a non guardarlo.

-E il palazzo è in cima. Ovviamente il vulcano è spento da millenni, e quando si riattiva, la lava esce da aperture secondarie, la usiamo come strategia difensiva- spiegò Victor, improvvisandosi una guida turistica.

Ohhhh, interessante informazione. Leo avrebbe dovuto indagare si queste strategie difensive.

-Se il tuo caro principe Daryan proverà anche solo ad avvicinarsi al castello, suppongo che potrei regalarti la sua statua, appena si solidifica la lava intorno al suo corpo. Sarebbe molto soddisfacente- aggiunse poi, provocando un brivido lungo la spina dorsale di Leo, che non voleva neanche pensare ad una possibilità del genere.

Chissà quanto tempo era passato da quando era stato catturato. Sicuramente a palazzo si erano accorti della sua assenza.

E chissà che cosa era successo a Clay.

Leo probabilmente era troppo buono, ma sperava davvero che non avessero catturato anche lui, e che fosse riuscito a tornare dai bambini. Dubitava che li avrebbe informati, ma quantomeno non sarebbe stato in pericolo.

Ed era meglio che nessuno sapesse dove fosse Leo. Non voleva che lo cercassero rischiando di andare peggio nella guerra.

-Cosa vuoi fare con me?- chiese Leo, in un sussurro, fissando i dintorni e stando attento a non incrociare lo sguardo di Victor neanche per sbaglio.

-Un buono stipendio, vitto e alloggio gratuiti, una cucina privata tutta per te e per farti sperimentare, e un bel contratto di lavoro a tempo indeterminato, e con indeterminato si intende “vita natural durante” senza possibilità di rescissione- spiegò Victor, con un certo orgoglio.

-E se mi rifiutassi?- chiese Leo, che non aveva intenzione di firmare nessun contratto, soprattutto senza possibilità di rescissione. Tsk, non era di certo un idiota. Era ovvio che Victor l’avrebbe sfruttato e trattato come uno schiavo.

E poi non aveva intenzione di cucinare per lui, non avrebbe rotto questa promessa neanche per l’assistenza sanitaria gratuita.

-Hai un mese per decidere, Lando- rispose Victor.

-E se mi rifiutassi?- chiese nuovamente Leo, sempre meno convinto.

-Hai un mese per decidere- ripeté Victor, con un sorrisetto che non preannunciava niente di buono.

Fecero qualche altro metro nel completo silenzio, Leo si rese presto conto che il vulcano dove era allocato il tempio era un vero e proprio labirinto, e non avrebbe saputo dire dove fosse l’uscita.

A Leo venne una piccola idea.

Non era una bella idea.

Ma se Victor sembrava desiderarlo così tanto, forse era qualcosa che Leo avrebbe potuto sfruttare, in qualche modo.

-Se io accettassi di diventare il suo cuoco personale e firmassi questo contratto… potrei mettere come clausola la cessazione immediata dell’ostilità con Jediah?- propose.

Se poteva far finire subito la guerra ed evitare altri spargimenti di sangue, Leo poteva sacrificare anche la propria libertà e il proprio futuro.

Non era qualcosa che voleva fare, ma sarebbe stato per una giusta causa.

Tipo la bella che scambia il posto con suo padre nel castello della bestia.

Con l’unica differenza che in quel caso la bestia, ovvero Victor, era… era decisamente terrificante, e molto più simile a Gaston.

A sentire quella proposta, Victor si fermò, e Leo camminò qualche altro passo prima di rendersene conto e fermarsi a sua volta.

Che stesse valutando l’idea?

Sta per finire il libro con un clamoroso bad ending?

Diventerà una normalissima fanfiction di Wattpad dove il protagonista diventa lo schiavetto del bad boy di turno per sempre finché non si innamora di tale bad boy in piena sindrome di Stoccolma?

-Chiariamo due piccole cose, Leonardo- esordì Victor, in tono affabile, ma che fece venire i brividi a Leo.

Era la prima volta che lo chiamava con il suo vero nome, e non uno stupido nomignolo.

Ed era preoccupante, a dirla tutta.

Leo non rispose, e rimase a testa bassa.

-Primo, non sei assolutamente in posizione di sindacare, perché, secondo, e voglio che questo tu te lo metta bene in testa: tu mi piaci, davvero. Sono assolutamente intrigato da te, tanto da trattarti con ogni riguardo, ovviamente. Ma non pensare, neanche un secondo, di essere importante per me. Perché al primo posto, nella mia vita, ci sono sempre io- mise in chiaro, avvicinandosi il più possibile per rendere ancora più chiaro il concetto.

Leo dovette dare fondo a tutto il suo autocontrollo per non alzare gli occhi e lanciargli uno sguardo sdegnoso. Per fortuna riuscì a trattenersi e rimase a testa bassa.

-Bene, procediamo- prendendo il silenzio di Leo come segno che avesse capito, Victor si allontanò, afferrò Leo per un braccio, e tornò a trascinarlo verso il palazzo.

-Valeva la pena tentare. Al contrario suo, io ci tengo alle altre persone- borbottò Leo.

Victor tirò fuori una risatina.

-Oh, lo so. E so che entro un mese deciderai di lavorare per me e firmare il contratto- Victor sembrava sicuro.

Leo non ribatté, e passarono il resto del tragitto in completo silenzio, finché Leo non fu portato in una piccola ma confortevole stanza, dove venne chiuso dentro, con la promessa che Victor sarebbe tornato ad ora di cena per accertarsi delle sue condizioni.

Una volta solo, Leo si prese il volto tra le mani, valutando la situazione.

Che dire… era nella cacca fino al collo.

 

Bisognava ammettere che la camera non era proprio brutta.

Niente a che vedere con la stanza che Daryan gli aveva offerto nel palazzo di Jediah, ma era comunque meglio del dormitorio che Leo aveva condiviso con Alex, Lionel e Prankit.

Non era una camera molto grande, ma aveva tutti i comfort, come un piccolo monolocale: letto, zona bagno e una cucina piccola ma comoda, che era forse la parte migliore della stanza.

C’era anche un caminetto spento.

E una minuscola finestra che aveva fatto capire a Leo di trovarsi molto in alto nel vulcano.

La vista era stupenda, ma sebbene Leo, con un po’ di difficoltà, poteva anche provare a passare e uscire dalla finestra, sarebbe morto malissimo provandoci.

E la benedizione di Jahlee non copriva anche i suicidi.

Non sembravano esserci molte vie d’uscita, al momento.

O almeno non dalla finestra.

Forse dalla porta poteva anche provarci, ma Leo temeva molto ciò che avrebbe potuto trovare fuori.

Purtroppo il ghiaccio non sembrava volere uscire dalle sue mani, a causa del bracciale che Victor non gli aveva tolto, e che sembrava anche completamente impossibile da togliere, per quanto Leo ci provasse.

Ormai erano passate ore da quando era stato rinchiuso lì, e iniziava ad annoiarsi, a demoralizzarsi, e soprattutto a sentire fame e freddo.

…la fame era colpa sua, dato che c’era del cibo in dispensa, ma Leo non voleva rischiare di cucinare nulla, perché non voleva offrire nulla a Victor, quindi non aveva mangiato per protesta.

Quando stava per arrendersi e valutare l’idea di mangiare qualcosa che non era necessario cucinare, tipo dell’insalata, sentì un armeggiare alla porta, e subito di mise in posizione di difesa, pronto ad affrontare Victor, Brandon, Fausto il fusto o chiunque nemico avesse trovato oltre la soglia.

La visione che gli si parò davanti fu peggio di tutte quelle persone messe insieme.

-Leo, finalmente! Non hai idea di quanto sia stato difficile recuperarti! Ho praticamente venduto l’anima al diavolo!- esordì la nuova venuta, che si rivelò essere Giada.

Leo fu preso più dal panico nel vederla che nell’essere stato rapito, e si affrettò a mettersi il più lontano possibile dalla porta, deciso anche a buttarsi dalla finestra, pur di impedire che lei lo afferrasse e riportasse a casa tramite collana magica.

-QUALCUNO MI SALVI! LA SEMIDEA VUOLE RAPIRMI!- urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, guadagnandosi un’occhiata sdegnata e offesa da parte di Giada.

-Sul serio, Leo?!- si lamentò lei, stringendo i pugni e poi incrociando le braccia.

Era ancora sull’uscio, per fortuna, ma Leo era pronto a scattare nel caso si fosse avvicinata con la collana e il portale.

Nonostante non fosse passato molto dall’ultima volta che Leo l’aveva vista, Giada non era messa proprio benissimo. Aveva occhiaie profonde, vestiti e capelli spiegazzati, e aveva il naso rosso e raffreddato.

Ma Leo era troppo preoccupato da lei per preoccuparsi anche per lei.

-Wow… ammetto che non mi aspettavo tale reazione- osservò una voce impassibile dietro la semidea.

Leo non se n’era accorto, ma era accompagnata.

E al suo fianco c’era Remington, che osservava la scena da dietro la sua spalla con un’espressione completamente impassibile.

Non era cambiato granché da quando Leo l’aveva visto l’ultima volta, sette mesi prima, tranne che era un po’ più pallido, e anche lui sembrava leggermente più magro, come molti in quel mondo dilaniato da una guerra che lasciava poco cibo anche per i ricchi.

Aveva anche i capelli più lunghi, sempre somiglianti a delle fiamme incontrollate.

Oh no! Se erano in due per Leo sarebbe stato più difficile scappare.

-Tranquillo, Leo. Non siamo qui per riportarti nel tuo mondo- lo rassicurò Remington, alzando le mani in segno di rassicurazione.

-Parla per te! L’obiettivo è sempre quello- borbottò Giada, irritata, lanciandogli un’occhiataccia.

Leo non si sentiva rassicurato per niente.

-Victor le ha preso la collana, non può riportarti a casa neanche volendo, e in ogni caso non potrebbe farlo a Valkrest, ma solo a Jediah- spiegò Remington, indicando il collo di Giada, dove in effetti non sembrava esserci nessuna collana.

Giada sospirò, sempre più nervosa.

Leo la conosceva abbastanza bene da capire, analizzando tale reazione, che Remington non stava mentendo, e si calmò appena.

-Ho appena avuto un incentivo a restare qui- borbottò, sedendosi sul letto e incrociando le braccia pronto a litigare con Giada e ripeterle che non sarebbe mai tornato a casa senza prima avere la certezza che i suoi progressi non sarebbero stati annullati.

-Non dirlo neanche per scherzo! E non provare a firmare un contratto. Qui lo prendono molto seriamente- lo avvertì Giada, preoccupata, e guardandosi intorno come ad assicurarsi di non essere spiata e che non ci fossero fogli di carta sospetti in giro.

-Ovunque lo prendono seriamente- Leo alzò le spalle, più per contraddirla per il gusto di farlo che perché non credesse alle sue parole.

E non aveva la minima intenzione di firmare alcun contratto, in ogni caso.

Giada roteò gli occhi sentendo il suo tono.

-Senti, Leo, io capisco i tuoi sentimenti, ma anche tu devi provare a capire il mio punto di vista su questa cosa- provò ad avvicinarsi, accomodante e cercando un compromesso.

-Senti, Giada. Io chiacchiererei volentieri con te, se non sapessi che sei testarda come un mulo e vuoi solo impormi la tua idea e convincermi che sia la migliore. Ma sono testardo anche io sulle cose importanti, e questa è una cosa importante. Quindi mi dispiace, ma a meno che non sei qui per dirmi che mi capisci e che vuoi aiutarmi a cambiare la Storia, allora non voglio perdere tempo ad ascoltarti- mise subito le cose in chiaro, facendo sbuffare irritata Giada.

Leo sentì Remington ridacchiare, e si girò verso di lui, adocchiandolo con sospetto.

-Che hai da sghignazzare, tu? Non mi fido neanche di te! Sei dalla sua parte- lo puntò, con espressione truce.

Remington sollevò nuovamente le mani.

-Nah, non lo sono. Sono la Svizzera- si difese, con un sorrisino.

Giada alzò gli occhi al cielo.

-Che bambino…- borbottò.

-Che succede? Avete litigato?- chiese Leo, adocchiandoli con curiosità.

-No!-

-Sì!- 

Risposero in unisono prima Giada, poi Remington.

-Sul serio?!- si lamentò Giada, offesa, girandosi verso di lui e lanciandogli un’occhiata indignata.

Remington evitò di guardarla.

-Uhhhh, gossip… cosa è successo?- Leo abbandonò ogni ostilità per indagare sul litigio dei due amici, che erano anche la cotta l’uno dell’altro.

Problemi coniugali in paradiso?!

Oh oh oh… 

Leo poteva sfruttare questo litigio per portare Remington dalla sua parte e convincerlo a liberarlo e aiutarlo contro la Storia e contro Victor.

“Svizzera, Leo. Svizzera significa che non sono neanche dalla tua parte” gli arrivò un monito in testa.

Leo era stato così concentrato su Victor e la ricomparsa di Giada, che si era dimenticato che anche Remington leggeva nella mente.

Ed era una dimenticanza non indifferente, dato che avevano conversato mentalmente per giorni, lui e Remington, quando Leo era andato a salvare Giada dalla base dei ribelli antimonarchici.

Oh no! 

Avrebbe rivelato tutto a Victor, adesso?!

Leo non aveva neanche la certezza di aver eliminato il legame con il principe, che ecco che ne creava un altro con il suo lontanissimo zio?

“Cugino… non andiamo a sdoganare strane parentele, per favore” lo corresse Remington.

-Non entrarmi nella testa!- provò a lamentarsi Leo.

Remington sospirò.

-Victor mi ha ordinato di tenerti d’occhio mentalmente. Tranquillo, non gli rivelerò nulla della Storia che stai cambiando o dei piani di Jediah. Fidati, non è nel mio interesse né in quello di nessun altro oltre a lui- rassicurò Leo delle sue buone intenzioni.

Leo non si fidava del tutto, ma doveva ammettere che Remington, ad eccezione della prima impressione al ballo di Opal, gli era sempre sembrato abbastanza affidabile come telepate, mai troppo invasivo.

Non credeva che sarebbe riuscito a tagliare il legame anche con lui, in ogni caso, quindi era meglio tenerselo buono e cercare di censurare il più possibile i pensieri per sicurezza.

-E comunque, Leo, non è successo niente, non abbiamo litigato- Giada tornò all’argomento precedente, per mettere le cose in chiaro.

-Abbiamo litigato, e mi da fastidio che tu ignori anche questo- sbuffò Remington, incrociando le braccia seccato.

-Wow, hai stancato anche Remington? Fossi in te mi farei un’esame di coscienza- le consigliò Leo, acido.

Sentendosi attaccata su due fronti, Giada si mise sulla difensiva.

-Se proprio vuoi saperlo, Leo. È colpa tua se abbiamo litigato- lo accusò, indicandolo arrabbiata.

-Mi piace dare la colpa a Leo come a tutti, ma non è lui il problema, in questo momento- Remington, con grande sorpresa di tutti, persino di me scrittrice, prese le difese di Leo.

Wow!

Era proprio arrabbiato un sacco con Giada, se no non si spiegava.

-Possiamo non parlarne adesso?!- sconvolta quanto tutti noi, Giada provò a chiudere semplicemente l’argomento e passare ad altro, ma Leo si sporse verso i due, sempre in allerta, ma ormai davvero interessato al drama.

-No, no, parlatene adesso. Sono curioso- li incoraggiò, rammaricandosi di non avere dei pop corn a disposizione.

-Non è il momento! Leo, sono venuta qui per offrirti un salvagente in questa situazione terribile con Victor- Giada però era decisa a cambiare argomento, e passò a quello per il quale era andata lì da Leo, nella sua nuova camera/cella.

Leo era abituato a vederla come la sua salvatrice nelle situazioni difficili, quindi non sarebbe dovuto essere strano, per lui, ritrovarsela lì pronta a salvarlo proprio adesso che era rapito da un pazzo principe guerrafondaio.

Ma persino Leo riconosceva che il tempismo era troppo incredibile.

Si rivolse a Remington, ignorando la ex migliore amica.

-È stata lei a permettere che io venissi rapito da Victor?- chiese, già completamente certo della risposta.

Dopotutto lo stesso Victor gli aveva fatto capire di avere un informatore molto affidabile sugli spostamenti di Leo.

-Sì, ha dato informazioni necessarie- confermò Remington senza esitare neanche un secondo.

Ah! Lo sapeva, Leo!

Lo sapeva che Giada avrebbe preferito vederlo intrappolato da qualche parte, qualsiasi parte, pure da Victor, piuttosto che lasciarlo in giro a combinare danni a Jediah.

-Remington!- si lamentò Giada, offesa che l’amico l’avesse appena pugnalata alle spalle con tale semplicità.

-Ho solo confermato ciò che già sapeva. L’hai detto tu di aver venduto l’anima al diavolo, e oggi sono la Svizzera- si difese Remington, senza alcun rimorso.

-Il cosplay della Svizzera ti sta molto bene- si complimentò Leo, che apprezzava parecchio questo Remington che non gli andava troppo contro.

Anche se doveva ammettere che sembrava un po’ spento, rispetto a prima.

Certo, prima era sempre pronto a dare a Leo dell’imbecille, e si infiammava per tutto, ma adesso sembrava come se non gli importasse di nulla, per qualche motivo.

Anche il suo sguardo era abbastanza spento.

-Okay, va bene, ho capito. Ero venuta qui per aiutarti a scappare da Victor, ma vedo che preferisci essere in trappola, quindi va bene, apposto così. Ci vediamo tra una settimana, allora, quando mi implorerai di aiutarti a scappare e tornare a casa, una volta passato un po’ di tempo in questo postaccio- Giada non ne potè più, e diede le spalle a Leo, uscendo dalla stanza a passi pesanti, furiosa per l’improvvisa alchimia che si era instaurata tra i due sue ex migliori amici, uniti dalla passione comune per andarle contro.

Leo si sentì un po’ in colpa a non averla ascoltata, ma si conosceva abbastanza da temere che se avesse sentito anche solo una parola, avrebbe potuto iniziare a dubitare di tutto.

Giada aveva sempre avuto un grande dono nel convincerlo, soprattutto quando Leo era abbattuto.

-Nah, non credo che ti convincerebbe. Non è molto in forma neanche lei- commentò Remington, alzando le spalle e rispondendo ai suoi pensieri.

Leo evitò di lamentarsi della mancanza di privacy della sua mente, perché era altro a premerlo.

-Cosa è successo tra di voi?- chiese infatti.

Non gli avevano dato molte informazioni, dopotutto.

-Lei mi da per scontato, io mi sono stancato di essere trattato sempre come un fornitore ambulante di informazioni, e la guerra non aiuta, così come non aiuta che i nostri genitori si odiano profondamente, in questo momento- rispose Remington, senza offrire molti dettagli.

-A causa mia, vero?- chiese Leo, un po’ titubante.

Sicuramente il suo intervento nella Storia stava creando parecchi conflitti tra gli dei che lo sostenevano e quelli che lo volevano fuori da lì.

Remington non rispose, e si limitò ad armeggiare nelle tasche, e tirare fuori due pietre rosse dall’intricata sfumatura molto simile a una fiamma.

Leo non aveva mai visto niente del genere.

Ricordavano un po’ l’opale di fuoco della collana di Leo (che per fortuna non gli avevano tolto dal collo), ma la sfumatura era più marcata, ed erano anche molto più grandi.

Una era grande quanto una mano aperta, mentre l’altra, molto più piccola, era metà del suo palmo.

Le porse a Leo con attenzione, ma il cuoco non le prese, e le adocchiò con circospezione e sospetto.

-Sono due pietre fenice, Leo. Prendile. Ti serviranno per il fuoco del camino e per cucinare- spiegò Remington, porgendo le pietre con più sicurezza.

-Non ho intenzione di cucinare- mise in chiaro Leo.

-Lo so, lo so. Ma la stanza diventa davvero fredda di notte, e la finestra è difettosa e si apre alla prima folata di vento, quindi ti consiglio quantomeno di usarle per accendere il fuoco. Le manda Victor- spiegò il semidio, molto pratico.

-Cosa vuole da me?- provò a chiedere Leo, sperando che Remington, sebbene fosse la Svizzera, si rivelasse abbastanza aperto da passare qualche informazione.

Perché doveva ammettere di essere terrorizzato dallo stare lì, senza avere la certezza che Victor non avrebbe usato terribili metodi per farlo passare dalla sua parte.

-Come ti ha detto lui, vuole assumerti. Come ha detto Giada, non è il caso che firmi nessun contratto. E hai un mese prima che passi a metodi non tanto carini per convincerti. Vuole conquistarti con la sua innata gentilezza…- Remington alzò gli occhi al cielo parlando di gentilezza -…ma posso assicurarti che se firmi il contratto volontariamente è probabile che ti tratterà bene per il resto dei tuoi giorni- sorprendentemente Remington si rivelò davvero molto aperto con lui.

C’era qualcosa che non andava.

-E allora perché, nella tua ottica, non dovrei firmarlo?- chiese Leo, notando anche la contraddizione nelle sue parole.

-Perché solo Victor, in tutti i sette regni, vuole che firmi il contratto. Credo che l’unica cosa su cui si trovano d’accordo mio padre e il padre di Yu è che nessuno dei due vuole che resti qui per sempre, anche se per motivi diversi- Remington iniziò a giocherellare con le due pietre fenice che Leo ancora non aveva preso dalle sue mani.

-Sarebbe bello poterlo chiamare per chiederglielo- borbottò Leo, pensando a Jahlee e riflettendo su quanto sarebbe stato utile comunicare con gli dei dalla sua parte.

-Mio padre?- Remington lo guardò scettico.

-Jahlee!- lo corresse Leo, che non aveva mai incontrato Veer, ma non gli stava molto simpatico, a pelle.

-Ti consiglierei di stare attento a questo tipo di pensieri. Lui ti sente. Comunque no, non puoi convocare gli dei fintanto che sei a Valkrest- spiegò Remington, sorridendo appena alla figuraccia che il cuoco aveva appena fatto. 

Leo arrossì appena, imbarazzato dall’essere stato beccato così malamente.

-Tutto qui? Sei venuto a consegnarmi due pietruzze e basta? Non ho una cena da dover preparare, o qualcosa del genere?- chiese Leo, osservando la cucina e poi la porta, come se si aspettasse di veder comparire una scorta armata fino ai denti da un momento all’altro per portarlo chissà dove a fare chissà cosa.

-No, per il momento sei solo confinato qui e io devo avvertire Victor se ti avvicini ai fornelli così che possa prendere un po’ di qualsiasi cosa hai intenzione di cucinare. Per il resto, ti consiglio caldamente di non provare a scappare. Non troveresti mai l’uscita. Goditi la prigionia, Leo. E per mandare a fuoco le pietre, basta sfregare la piccola con quella grande e metterla nel fuoco. Attento a non scottarti- Remington porse le due pietre fenice a Leo con uno sguardo che sembrava ordinargli di prenderle e basta se non voleva che il semidio gliele tirasse in testa, e Leo finalmente prese le due pietre in mano, rimanendo sorpreso da quanto fossero leggere rispetto alla grandezza, e calde.

-Secondo la leggenda l’interno delle pietre è di lava incandescente. Ma nessuno è mai riuscito a romperle per confermarlo. Beh, buona fortuna. Ci sentiamo mentalmente, Leo- finito il suo compito, Remington diede le spalle a Leo e si avviò alla porta, pronto a lasciarlo solo nella sua nuova piccola cella inaspettatamente confortevole.

-Remington…- Leo lo chiamò prima che chiudesse la porta.

Remington si girò, sollevando un sopracciglio in attesa.

-Mi dispiace per Giada. E mi dispiace se sto creando troppi casini- si scusò, sinceramente rammaricato, sebbene non avesse intenzione di smettere con la sua missione.

-Forse è per il meglio, chissà- commentò Remington, alzando le spalle, senza specificare se si riferisse a Giada o ai casini, e poi chiuse la porta alle sue spalle.

Leo sospirò, e si rigirò le due pietre tra le mani.

Come suggerito da Remington, usò la piccola per infuocare quella grande, che mise in fretta nel camino, sperando riscaldasse l’atmosfera e non si esaurisse in fretta.

La piccola poi la posizionò sul tavolo, pronta per ogni evenienza. 

“Curiosità per te, la pietra che hai appena messo sul tavolo è la più piccola pietra fenice esistente” gli arrivò in testa, facendolo sobbalzare.

Remington doveva essere annoiato se iniziava già a tartassarlo mentalmente.

Ma era meglio di restare completamente solo, per certi versi.

“Victor non ha badato a spese” borbottò Leo, sarcastico.

“Considerando che ne esistono solo 777 in tutto il mondo, ringrazia di averne addirittura due” obiettò Remington, difendendo il suo nipotino preferito.

“Guarda che è un altro il mio cuginetto preferito. Bada, cugino, non nipote!” borbottò Remington, e Leo lo ignorò.

“777? Wow…” commentò invece, pensando al numero di pietre fenice.

L’ossessione per il numero sette era davvero assurda, in quel mondo.

Leo diede qualche pacca sulla pietra, in segno di affetto.

-Anche se sei piccola, non significa niente. Sei comunque in gamba- le sussurrò, incoraggiante, prima di mettersi a letto, e iniziare a valutare la sua prossima mossa.

Che dire… era regalmente spacciato!

“Puoi dirlo forte”

E tu, smettila di stare in testa a Leo!

“No!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Un capitolo breve e di passaggio che annuncia un cambio completo di ambientazione.

Leo è nelle fauci del nemico, ma Victor non sembra volerlo mangiare subito. Vorrebbe mangiare subito i suoi piatti, ma è paziente.

E Giada sembra essersi alleata con lui.

E Remington sembra stare in disparte con i pop-corn e sembra combattuto.

Chissà cosa è successo tra lui e Giada, esattamente. Probabilmente si scoprirà in prossimi capitoli.

Anche se il sunto è che Giada è una persona testarda, cosa che sapevamo già.

Anche se sembrava piuttosto provata… mmmm.

Victor come sempre è inquietante, ma almeno ha offerto un posto decente a Leo dove stare, e addirittura due pietre fenice. 

Chissà come reagirà Daryan alla scomparsa di Leo.

E se Leo riuscirà a portare la situazione a suo vantaggio, ora che è proprio nel fronte nemico.

Spero che il capitolo, sebbene breve e meno interessante dei precedenti, vi sia piaciuto.

Spero di aggiornare presto, Youtube permettendo.

Un bacione e alla prossima :-*

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: ChrisAndreini