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Autore: Menade Danzante    30/11/2023    0 recensioni
Quelli non sono appuntamenti: si sono visti solo qualche volta, nemmeno sufficienti a coprire le dita di una mano e sempre con l'intento di mantenere intatto il Piano Ineffabile.
Non sono appuntamenti, ma incontri di lavoro, meeting che le loro fazioni ottuse sarebbero troppo impegnate a criticare per vederli esattamente per quello che sono e per accettarli nelle rispettive sedi ufficiali.
[Questa storia partecipa alla ToBeWritingChallenge 2023 indetta da BellaLuna sul Forum delle Penne]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Belzebù, Gabriele
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Avvicinarsi







«A quando il prossimo appuntamento?»

La parola gli fa storcere il naso. O forse è la serenità con cui Belzebù l'ha pronunciata a infastidirlo, a sorprenderlo, a metterlo sulla difensiva.

L'abitudine alla ribellione della sua specie. Non l'avrà mai, lui.

Quelli non sono appuntamenti: si sono visti solo qualche volta, nemmeno sufficienti a coprire le dita di una mano e sempre con l'intento di mantenere intatto il Piano Ineffabile.

Non sono appuntamenti, ma incontri di lavoro, meeting che le loro faziosi ottuse sarebbero troppo impegnate a criticare per vederli esattamente per quello che sono e per accettarli nelle rispettive sedi ufficiali. Su questo Belzebù ha sempre avuto ragione.

«Quando sarà necessario,» risponde, però, senza correggere. Belzebù è abbastanza intelligente da saperlo da sé, puntualizzare è inutile, in fondo ne è consapevole anche lui.

«A causa nostra o vostra

Gabriele ride ironico. «Vostra, ovvio. Come sempre.» Non gli va di ricordare apertamente che il dramma più recente che lo ha portato a incontrarsi in segreto con Belzebù sia stato provocato da membri di entrambe le parti. Che sia l'Inferno ad accollarsene la responsabilità, come è giusto che sia.

«Con Yehoshua non c'entravamo un cazzo di nientei. Per dire.»

L'Arcangelo assottiglia le palpebre, suo malgrado punto sul vivo. «Quello era stato ufficiale.»

Qualsivoglia implicazione rimane taciuta, ma nel guizzo delle sopracciglia alzate di Belzebù vede una ruga di soddisfazione che lo irrita. Sei un sovversivo, gli sta dicendo. È una misura necessaria, vorrebbe rispondere, ma tace: non può negare la mancanza di ufficialità del loro colloquio, quella è nota a entrambi.

Il petto gli si gonfia in un ampio respiro: per un bene superiore è anche disposto a farsi considerare più trasgressivo di quanto sia vero.

«Arrivederci,» saluta dunque, battendo le mani tra loro in un gesto di chiusura.

Belzebù si limita a stringersi nelle spalle prima di sparire in un turbinio di mosche. Il suo modo di dire ciao.


-


«Che cos'è?»

«Cibo.»

Gabriele alza gli occhi al cielo in una muta invocazione di aiuto. A quello era arrivato anche da solo. «A che serve?»

«Mah... Gli umani lo mangiano insieme alla birra e lo chiamano aperitivo.»

«Rivoltante.»

L'odore all'interno del pub non è nemmeno così male, Gabriele deve essere onesto. Non è il profumo della sua colonia, certo, e i suoi termini di paragone non vanno molto al di là di quello, ma nell'aria c'è una nota dolciastra che gli solletica le narici più di quanto sia disposto ad ammettere. È una tentazione a cui resistere, forse.

Non l'unica. C'è anche il rumore di sottofondo, quella canzone, come l'aveva chiamata Belzebù una sera, che gli fa muovere il corpo mortale come se fosse dotato di volontà propria. Gli verrebbe quasi voglia di ballare, e probabilmente di trascinare con sé Belzebù, che fa ondeggiare la testa da un lato all'altro del collo, gli occhi luminosi e il viso disteso. Gabriele non può vedersi, ma non fatica a credere di avere stampata sul volto la stessa espressione rilassata.

Quella, la tranquillità, è forse la tentazione più invitante di tutte, quella per la quale si è ritrovato a proporre e sancire il patto con Belzebù. Quella per cui, se potesse avere la garanzia di giungere allo stesso punto in cui è adesso, rifarebbe tutto da capo.

«Sembri assorto.»

Gabriele si riscuote appena e gli occhi viola si posano gentili su quelli del Lord. «È carino, qui. Accettabile,» commenta, cercando di sviare la sua stessa attenzione dall'oggetto dei propri pensieri.

Belzebù si guarda attorno, come a soppesare per la prima volta il pub di cui sono diventati quasi clienti abituali. «Credo di sì.»

«Pensi mai che dovremmo ringraziarli?» domanda di getto l'Arcangelo. «Aziraphale e Crowley,» precisa poco dopo, notando l'occhiata persa che Belzebù lancia agli altri avventori del locale. La sorpresa momentanea che passa sul volto del Granduca lo fa quasi ridere.

«Per cosa?»

Gabriele inspira dal naso e allarga le braccia in un moto di ovvietà. «Be'... Questo

Non gli serve dire altro. Non gli serve sottolineare che se non fosse stato per la colossale bravata di quei due farabutti a lui non sarebbe mai passato per la mente di non far avvenire l'Apocalisse. Né ha la presenza di spirito di provare a suggerire che questa novità nella rinnovata permanenza del Grande Piano, questo loro vedersi di tanto in tanto per aggiornarsi sui progressi delle loro trame e per... condividere del tempo tra pari ordinando cibi e bevande che non verranno mai consumati, sia diventato un qualcosa a cui aspirare, qualcosa da aspettare e da ricercare.

Non c'è bisogno di essere più chiari di così perché Belzebù può capirlo senza ulteriori parole. E forse non serviva neanche quella.

«Non lo dirò mai a Crowley, stanne certo,» chiosa il Lord in un ghigno divertito.

Gabriele ride e lo slancio di felicità che sente è così forte da indurlo quasi a sorseggiare la sua birra. Riesce a resistere solo quando si concentra sul ginocchio di Belzebù che gli sfiora delicatamente la coscia. Il calore che ne deriva, si dice, gli dà conforto.


-


«Secondo te lo sa?»

Belzebù non deve specificare altro perché lui capisca esattamente a cosa stia facendo riferimento.

A chi.

Gabriele si accorge subito che il terreno è scivoloso. D'istinto direbbe di no, che sono stati troppo bravi finora per farsi scoprire dai loro colleghi. Se i loro capi fossero venuti a conoscenza degli incontri segreti a cui hanno preso parte, l'Arcangelo è certo che sarebbero già stati gravemente puniti. A nulla sarebbero valsi i gradi nelle gerarchie celesti e infernali: non li avrebbero salvati dall'annichilimento totale e definitivo, su questo non nutre alcun dubbio.

Eppure...

Eppure.

Eppure ammettere questo significherebbe negare a Dio la conoscenza suprema di ogni cosa, del Piano Ineffabile stesso, della sua stessa Volontà.

Involontariamente rabbrividisce: non osa neanche immaginare le conseguenze di una supposizione come quella, anche se deve confessare, almeno a sé stesso, che l'idea che a Dio sfugga qualcosa ha un che di frizzante che lo stuzzica più del dovuto.

«Non lo so,» dichiara infine, a metà tra la riluttanza e l'eccitazione. «Perché lo chiedi?»

Belzebù scrolla le spalle. «Così.» Ma qualcosa nel suo tono tradisce la falsa noncuranza della risposta. In fondo, non è sorpreso quando, dopo una pausa tanto lunga da suggerire che non avrebbe più aperto bocca, il Lord delle Mosche effettivamente aggiunge: «Se lo sa, allora è permesso.»

Un sorriso di scherno gli increspa le labbra. Una reazione volontaria, si rende conto. Una necessità del momento. Infatti, se deve essere sincero non vorrebbe sorridere, ma è una mossa che conosce, un gesto familiare che sa fare e riprodurre all'occorrenza e che lo salva, perché proprio non sa come spiegare l'improvviso senso di delusione che gli artiglia il torace, rapace e crudele, là dove agli umani è disposto che sia il cuore.

«Preferivi la clandestinità?» chiede, di nuovo beffardo con Belzebù dopo tanto tempo. «Avere il Suo permesso non appaga la tua idea di rivoluzione?»

Belzebù lo guarda e Gabriele non sa leggere i suoi occhi, non stavolta. È un contatto veloce, le iridi tornano a fissare in fretta il cappuccino che hanno davanti, intatto, mentre l'Arcangelo cerca ancora il suo sguardo.

Poi Belzebù parla. «Il Suo permesso significa che può essere reale.»

Nel petto di Gabriele, il fantasma di un battito cardiaco si ferma. È il suo turno di perdersi ammirato nell'ambra del suo tè, intonso anche quello. Si odia un po' per questo: non ricorda di aver mai evitato lo sguardo di qualcuno, né di aver mai avuto la necessità di deglutire o respirare per recuperare l'autocontrollo perduto.

Non ricorda nemmeno di essere mai stato preso così in contropiede in vita sua. Perché Belzebù ha ragione: se Dio sa, allora tutto può essere reale.

Può essere reale la non-Apocalisse.

Può essere reale la conservazione dello status quo.

Può essere reale quello che c'è tra loro, qualunque cosa sia.

Secondo te lo sa?

È quando la mano di Belzebù si allunga incerta sul tavolino, col palmo rivolto verso l'alto e un lieve tremolio delle dita a invitarlo a ritmo di musica, che Gabriele si rende conto di desiderare che sia così, che Dio non possa essere ingannata così facilmente.

Per forza.

Non può non sapere.

L'Arcangelo stringe la mano del Granduca Infernale.

Dio deve sapere.

Le loro labbra si distendono in un sorriso nello stesso momento.

La Fede di Gabriele non è mai stata così salda.



iRiferimento a “Nativity”, storia scritta da me nel 2019.




Angolino di Menade Danzante:
Salve! Anche questo mese ce l'abbiamo fatta con la ToBeWritingChallenge 2023 di BellaLuna. Il prompt di questo mese per me è stato Secret Dating e ho voluto trattare la coppia in questione perché l'ho adorata e sono stata felicissima che il canone l'abbia sviluppata! Questo è il mio piccolo contributo.
Vi ringrazio per essere arrivat* fin qui e vi saluto!
Alla prossima,

Menade Danzante

   
 
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