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Autore: ChrisAndreini    02/12/2023    1 recensioni
[Seguito di Rainbow Cookies, si consiglia la lettura del libro precedente prima di leggere questo, onde evitare spoilers]
Sono passati sette mesi da quando Leo è tornato a casa dopo la sua incredibile avventura nei sette regni, eppure l'aspirante cuoco non riesce ancora a riprendersi del tutto, e a ricominciare a vivere una vita normale. Non aiuta che la sua migliore amica continua ad impedirgli di tornare in visita a Jediah.
E quando scopre che una guerra è scoppiata tra i due regni rivali, dovrà usare tutte le sue poche abilità per riuscire a salvare i suoi amici ed evitare che molte persone muoiano, affrontando combattimenti, sospetto, e soprattutto una schiera di divinità che non tollerano affatto che outsiders mettano mano nella loro Storia perfettamente programmata.
Armato solo della sua capacità in cucina, il suo istinto suicida, e conoscenze di un futuro che cercherà di cambiare in tutti i modi, riuscirà Leo a sopravvivere ad una seconda avventura nei sette regni?
Le divinità dicono di no!
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rainbow Cookies'
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Mi faccio nuovi amici… circa… in realtà non proprio

 

Leo aveva riflettuto a lungo su come uscire, passando anche quasi tutta la notte in bianco con una serie di piani irrealizzabili su come scassinare una porta, e alla fine aveva deciso di provare con il classico trucco delle forcine nella serratura.

Solo che non aveva forcine.

Quindi aveva ripiegato su strumenti della cucina, che modestamente sapeva usare in modo egregio.

Si era avvicinato alla porta con un arsenale di coltelli, forbici, un pelapatate e in generale qualsiasi cosa potesse servire a forzare una serratura o buttare giù la porta.

Si era rimboccato le maniche.

Aveva armeggiato alla serratura per almeno quaranta minuti.

Si era stancamente appoggiato alla maniglia, irritato dai tentativi fallimentari.

…e la porta si era aperta in tutta tranquillità.

E al momento Leo stava fissando l’uscio spalancato, circondato da inutili utensili che non gli erano serviti a nulla, e chiedendosi perché non avesse provato prima ad aprire la porta che evidentemente non era stata chiusa a chiave.

Ma non aveva senso.

Perché non era stata chiusa a chiave?! 

Leo dava per scontato che Victor l’avesse chiusa.

Che Remington l’avesse lasciata aperta di proposito per aiutarlo a scappare?

“No, Victor ha dato ordine di non chiuderti a chiave perché da per scontato che non riuscirai mai a scappare” gli rispose Remington, sentendosi chiamato in causa.

Leo non sapeva se sentirsi offeso o orgoglioso dal fatto di essere così tanto sottovalutato.

Preferì sentirsi orgoglioso.

Avrebbe approfittato della libertà per scappare in fretta e senza essere intercettato! Victor si sarebbe pentito di averlo sottovalutato.

“Per me ti sopravvaluta”

-E invece no!- si lamentò Leo, tirando fuori la testa dalla camera e guardandosi intorno in cerca di una via d’uscita.

C’erano due strade: destra, o sinistra.

Ed entrambe erano completamente identiche, scure, e senza nessuna indicazione.

“Pensavi che Victor ti avrebbe lasciato un cartello con la scritta ‘uscita’ davanti alla camera?” chiese Remington, che aveva deciso di piantare le tende nella mente di Leo.

“Perché no? Sperare non costa nulla” rispose Leo, stando attento a non parlare a voce alta per non allertare nessuno, e scegliendo la strada a destra.

“Ora chi è che sottovaluta gli altri?” lo prese in giro Remington.

“Invece di giudicare, perché non mi aiuti? Dove devo andare per uscire?” Leo provò ad ottenere supporto. Remington sembrava un possibile alleato, in quel momento.

“Sono la Svizzera, e se proprio prendo le parti di qualcuno, in questa circostanza, quel qualcuno è Victor” gli ricordò il semidio, facendolo sospirare.

“Perché lavori per Victor? È insopportabile” indagò Leo, continuando per il corridoio con attenzione, ma non incontrando nessuno.

C’erano molte porte chiuse, ma nessuna di esse sembrava un’uscita, quindi Leo continuò a camminare, sperando di non perdersi.

“Si prende cura di mia madre” rispose Remington, semplicemente.

“Tiene tua madre ostaggio?!” Leo era indignato. Non credeva fosse così crudele anche con il suo pro-pro-pro-pro-pro-pro…

“Osa pensare che sono suo zio ancora una volta e chiamo le guardie per farti riportare in camera” lo minacciò Remington.

Leo interruppe il pensiero.

“E comunque non tiene mia madre ostaggio! È solo ospite a palazzo. E io ripago questa accortezza aiutandolo quando posso. È pur sempre mio cugino, Leo” Remington poi rispose alle accuse di Leo, che alzò le spalle, accettando la spiegazione.

Poteva capire il sentimento, in fondo.

Suo padre era una pessima persona, ma probabilmente se avesse chiesto aiuto a Leo con qualcosa, il ragazzo lo avrebbe aiutato.

Forse non sarebbe stata la scelta giusta, ma era difficile dire di no alla famiglia.

“Remington, posso chiederti una cosa?” dopo qualche altro passo, Leo si rivolse direttamente a Remington.

“Non ti prometto di risponderti, ma okay” arrivò la replica compiacente del semidio.

Ma prima che Leo potesse trovare il modo giusto di formulare la domanda, si accorse di una porta diversa dalle altre, che era semiaperta, e non sembrava controllata da nessuno.

Una possibile uscita?

Leo dimenticò completamente Remington e la domanda, e si fiondò all’interno, sempre con attenzione, rimanendo però deluso di essere entrato solo nella biblioteca.

Centinaia di libri erano posizionati con cura su grandi scaffali, ma sembravano più impolverati rispetto a quelli della grande biblioteca di Jediah, ed era anche notevolmente più piccola.

Leo fece dietro-front, pronto ad uscire subito da lì, ma poi si bloccò di scatto, e osservò nuovamente i dintorni, con un’idea che iniziava a formarsi nella sua mente.

“Ogni volta che sento le rotelle girare nel tuo cervello, mi spavento” borbottò Remington.

Leo lo ignorò.

La biblioteca sembrava deserta, magari Leo poteva approfittarne per leggere qualcosa, ottenere informazioni, e condividerle con Daryan una volta ritornato a Jediah.

Perché sarebbe comunque riuscito a scappare, prima o poi. Ne era certo.

“Dubito”

Leo continuò ad ignorare Remington, e iniziò a controllare i libri, con una certa curiosità.

C’erano molti volumi di storia di Valkrest e degli altri regni. Alcuni titoli li aveva visti anche a Jediah.

E c’era l’intera collezione della saga di Zia Carlina, una delle più famose dei sette regni, perfettamente impilata in uno degli scaffali principali e più accessibili. Era tenuta davvero bene, ed era chiaro che qualcuno la stesse leggendo, dato che non c’era neanche un granello di polvere.

Leo prese il primo della serie, con espressione nostalgica. La saga gli ricordava troppo Daryan e l’intera corte di Jediah.

Non vedeva l’ora di tornare lì e riabbracciare tutti. Sperava che se la stessero cavando bene nella guerra.

-Lascia subito il libro se non vuoi che ti faccia tagliare la testa!- una voce alle sue spalle lo fece sobbalzare, e per poco a Leo non cadde dalle mani il libro, che si affrettò a rimettere a posto, spaventato.

-Non stavo cercando di scappare!- esclamò in tono acuto, girandosi di scatto e aspettandosi di essere tenuto sotto tiro da un intero esercito con le spade sguainate.

Il suo cuore iniziò a battere a ritmo più regolare quando si rese conto che davanti a lui c’era solo un ragazzino che sembrava avere circa l’età di Gideon, e lo guardava a braccia incrociate.

Aveva i capelli rossi e ben pettinati, corporatura robusta, vestiti molto eleganti, e guardava Leo come se gli avesse appena servito un piatto bruciato.

Nonostante fosse addirittura più basso di Leo e non sembrava particolarmente minaccioso in generale, Leo impallidì come se fosse davvero in presenza di duecento cavalieri in armatura con le spade puntate.

Perché aveva gli stessi occhi del principe Victor.

-P_principe Nikolai?- chiese, in un sussurro, supponendo che potesse essere il fratello minore del suo carceriere.

Il principino assottigliò lo sguardo, e fissò Leo con sospetto.

-Chi sei tu? Come sai il mio…- si interruppe, e sollevò lo sguardo -Ohhh, il cuoco!- esclamò poi, indicandolo con un sorrisino soddisfatto.

Evidentemente Remington aveva fatto la spia.

“Yup”

“Traditore!”

-Ehm… i miei ossequi… non stavo scappando- Leo si esibì in un impacciato inchino, perché comunque il principe Nikolai non gli aveva fatto niente quindi non voleva essere sgarbato con un ragazzino di dodici o tredici anni, e adocchiò la porta che però era alle spalle di Nikolai.

Il principino alzò le spalle.

-Tanto non ci riusciresti neanche volendo. Ho già fatto colazione, ma ti concedo di prepararmi un pasto- lanciò a Leo un’occhiata piena di aspettativa. Il suo tono lasciava intendere che desse per scontato che Leo avrebbe eseguito ogni suo ordine.

Leo era combattuto.

Da un lato non voleva cucinare finché si trovava lì per una questione di principio.

Dall’altro… non aveva niente contro Nikolai, alla fine.

Però se avesse cucinato qualcosa per lui, il principe Victor si sarebbe sicuramente imbucato, e nessun cibo preparato da Leo doveva finire nella bocca del principe Victor.

-Se ha già fatto colazione, principe Nikolai, non è il caso di mangiare ancora. Magari all’ora del tè- Leo provò ad avvicinarsi alla porta, ma Nikolai si mise davanti, sbarrandogli la strada con determinazione.

-Se non mi cucini qualcosa dirò a mio fratello che avevi intenzione di scappare!- lo minacciò, in tono da bambino viziato.

La simpatia di Leo nei suoi confronti si raffreddò.

Doveva immaginare che sarebbe stato viziato. Dopotutto era il fratello di Victor.

-Non credo che il principe Victor vorrebbe che lei mangiasse quando non è orario- ribatté Leo, che ormai aveva una certa familiarità con i ragazzi di quell’età.

Nikolai aprì la bocca per ribattere, e poi la richiuse, senza sapere come obiettare.

Alzò nuovamente gli occhi, sorrise, e replicò con sicurezza.

-È la tua parola contro la mia e quella di Remington!- lo minacciò.

“Da che parte stai?!” si lamentò Leo, irritato.

“Dalla parte di Niky” rispose Remington immediatamente.

“Non eri la Svizzera?” obiettò il cuoco.

“Non con Niky” 

Leo scosse la testa.

Ovviamente non poteva aspettarsi niente da Remington.

Incrociò le braccia, e osservò attentamente il principe, cercando il modo di vincere.

Nikolai lo fissava con un sorrisetto vittorioso e certo che avrebbe ottenuto ciò che voleva.

E improvvisamente a Leo lo colse un pensiero.

Perché il principe era lì da solo?

Insomma, erano in tempi di guerra, c’era uno sconosciuto a palazzo lasciato con la porta aperta non troppo distante, e il principe girava così tranquillo senza una scorta?

Accettava, anzi, pretendeva del cibo da uno sconosciuto alleato del regno rivale che avrebbe potuto avvelenarlo senza troppi problemi?

Non era molto sicuro.

Forse il principe Victor non era molto attento a suo fratello.

“Fidati, lo è” gli rivelò Remington con sicurezza.

“Sa già che ci siamo incontrati?” chiese Leo, facendosi venire un dubbio.

“Eccome se lo sa” ammise Remington.

Oh, quindi era così che Victor teneva d’occhio il fratello: tramite contatto mentale.

Beh, almeno non era negligente.

E Leo fu felice che, nonostante fosse dalla parte di Nikolai, Remington non era completamente da quella di Victor, quindi era disposto a condividere con Leo informazioni su di lui.

“E scommetto che appena cucinerò qualcosa, Victor correrà ad assaggiare, vero?” chiese poi Leo, con un’idea che iniziava a frullargli in testa.

“Yup, e ti prego smetti di avere idee che ogni volta è un trauma” si lamentò il semidio.

“Allora non starmi in testa” 

“Non posso, voglio vedere come va a finire questa situazione” 

Leo ignorò Remington come era sempre piacevole fare (“Antipatico”) e sorrise accomodante al principe Nikolai.

-Va bene, principe. Cosa vuole mangiare? Un dolce, magari?- chiese, con una gentilezza che nascondeva un moto di perfidia molto poco da Leo.

Gli occhi di Nikolai si illuminarono.

-Victor mi ha detto che sai cucinare i dolci che posso mangiare! Sì, fammi un dolce! Con la panna!- Nikolai abbandonò tutta l’aggressività e iniziò a saltare sul posto, entusiasta alla prospettiva di un dolce che potesse mangiare senza problemi.

Leo si ricordava che il principe Victor gli aveva detto che suo fratello aveva problemi con gli zuccheri, e ne tenne conto nella ricetta che stava pensando.

Voleva irritare il principe Victor, ma non voleva fare nulla al piccolo principe.

Era viziato e uno spione, ma era solo un ragazzino.

-Allora ti cucinerò una torta buonissima, ma non dire a tuo fratello che cosa ho fatto, mi raccomando. Altrimenti potrebbe arrabbiarsi che mangi fuori orario- Leo sapeva benissimo che Victor già sapeva tutto (grazie a Remington), ma voleva comunque evitare il principe il più possibile, quindi contava di cucinare, lasciare il prodotto a Nikolai, e chiudersi nuovamente in camera creando un piano migliore per scappare, magari il giorno successivo.

“Sicuro di non voler essere presente per quando Victor si renderà conto del tuo piano?” Remington sembrava divertito.

“Mi basta la consapevolezza” 

“Sei solo un fifone… ma ho detto a Victor di aspettare un po’ prima di raggiungervi, quindi dovresti riuscire ad evitarlo” per fortuna Remington gli coprì le spalle.

Il cosplay della Svizzera gli stava davvero bene.

Era quasi simpatico.

Se solo non fosse suonato sempre così apatico e stanco.

“Io non sono…” iniziò ad obiettare Remington, ma Leo lo interruppe, rivolgendosi a Nikolai.

-Allora attenda che vada a preparare la torta in camera mia. Dovrebbero volerci quaranta minuti. Può aspettare?- chiese Leo, andando verso la porta.

-Ti accompagno! Non vorrei che mi stessi mentendo- Nikolai gli fu subito dietro, e Leo doveva ammettere che ammirava la sua faccia tosta, e soprattutto la sua sicurezza nel seguire uno sconosciuto prigioniero delle linee nemiche in camera sua.

Doveva davvero fidarsi della protezione all’interno di quelle mura.

“Te l’ho detto che Victor ci tiene, almeno a lui” ripeté Remington, abbastanza orgoglioso che il pro-pro… ehm, il cugino non fosse un completo psicopatico.

Mmmmm, era una debolezza che Leo avrebbe potuto sfruttare.

“…Leo?” una lieve nota di panico si avvertiva nella voce mentale di Remington, mentre a Leo tornava in mente un evento della Storia che aveva letto abbastanza di sfuggita, e che non era entrato del tutto nella sua mente.

Quando aveva letto la Storia, i giorni prima di tornare nei Sette Regni, si era concentrato principalmente sugli eventi della guerra, e come impedire la morte dei suoi amici.

Perché se impediva la caduta di Jediah, e la morte di tali amici, tutto ciò che era scritto successivamente non sarebbe sicuramente avvenuto.

Quindi perché ricordare fatti che Leo era convinto che avrebbe impedito del tutto?

Anche se qualcosa aveva letto.

Aveva letto la disperazione di Daryan.

Aveva letto la sicurezza di Victor.

E aveva letto la vendetta… 

Di come il principe caduto di Jediah avesse fatto tutto il possibile per far soffrire il principe Victor tanto quanto Victor aveva fatto soffrire lui, andando a colpire il suo più grande punto debole, nonostante tale punto debole fosse innocente.

Leo non riusciva ad associare il Daryan della Storia al Daryan che conosceva e che amava.

Erano due persone diverse.

Perché il suo Daryan non avrebbe mai fatto ciò che era scritto nella Storia, ne era certo.

Sì, Leo avrebbe a tutti i costi impedito alla Storia di andare come doveva.

E non avrebbe mai e poi mai ferito degli innocenti per punire chi gli aveva fatto un torto.

…Leo non puniva neanche chi gli aveva fatto un torto, sapete come è fatto, quindi era assodato che non avrebbe mai fatto nulla al principe Nikolai, per quanto irritante potesse essere, solo per ferire o manipolare il principe Victor.

-Spero non l’annoi vedermi cucinare- Leo si risvegliò dai suoi pensieri un po’ intrusivi, e sorrise al piccolo principe, uscendo dalla biblioteca, e dirigendosi nella propria camera.

-Mi piace vedere le persone cucinare… posso passare qualche mestolo- si offrì Nikolai -…giusto perché non ho altro da fare- aggiunse poi, tornando snob e accigliato.

Oh, un altro tsundere.

Leo alzò gli occhi al cielo, e non commentò.

Cucinò una splendida e gustosa torta adatta ai diabetici con la panna, come voleva il principe Nikolai.

Una sana e gustosa torta al limone.

E il fatto che il principe Victor fosse altamente intollerante agli agrumi, in particolare al limone, fu solo una stranissima coincidenza, ovviamente.

“Che poi, come fai a sapere le intolleranze di Victor?” chiese Remington una volta finita l’operazione e congedato il principe Nikolai, che sicuramente si sarebbe mangiato mezza torta in poco tempo.

“Quando è venuto a palazzo ci hanno comunicato le sue intolleranze per evitare di cucinare qualcosa di sbagliato. E mi ricordo le esigenze alimentari di tutte le persone per cui cucino” spiegò Leo, con un ghigno per la cattiveria che aveva fatto.

Sapeva essere subdolo anche lui, anche se solo con quelli che per davvero gli davano fastidio.

“Posso dire che hai inaspettatamente un’ottima memoria, sebbene selettiva?” si complimentò Remington, molto tra sé.

“Ricordo le cose importanti” si vantò Leo.

“Beh, non direi, ma fingiamo di sì” lo prese in giro Remington.

In effetti Leo si era dimenticato la sua missione principale della giornata, ovvero scappare.

Beh, l’importante era essere riuscito a mantenere la promessa fatta a sé stesso.

Così era riuscito a nutrire Nikolai e portarlo un po’ dalla sua parte, e Victor non avrebbe assaggiato neanche una fetta di quella meravigliosa torta.

Tiè, Principe Victor!

 

Nell’impresa culinaria, Leo si era appunto dimenticato che doveva scappare, ma il giorno successivo, dopo essersi assicurato che non ci fosse nessuno nei dintorni, e dopo aver scoperto da Remington che Nikolai era a lezione di scherma, pertanto molto distante da quella zona del palazzo, Leo decise di riprovarci, ma questa volta prese la strada a sinistra.

La porta era ancora aperta, dopotutto, e Leo era ottimista.

Il corridoio era esattamente identico a quello di destra, e anche le numerose porte chiuse tutte uguali che sembravano camere.

E non sembravano esserci molti residenti, in generale.

Nel castello di Jediah era quasi impossibile andare in giro senza incontrare nessuno, c’erano sempre cavalieri, o personale intento a fare varie faccende. Invece il castello di Valkrest sembrava decisamente più vuoto e malmesso.

Quasi un castello dell’orrore.

Leo capiva che fossero tempi di guerra, ma comunque l’atmosfera era inquietante.

Ed era troppo comodo che Leo non incontrasse nessuno, sembrava fatto di proposito.

Leo si interruppe sui suoi passi quando sentì un ottimo odore provenire da una porta alla sua destra, che aveva appena attraversato, e che era semiaperta.

Leo entrò senza neanche rifletterci più di tanto, attirato come un segugio.

Ed infatti quella stanza si rivelò essere la cucina.

Ed era probabilmente la zona più bella del castello che avesse visto fino a quel momento.

Sapeva che Valkrest ci teneva alla cucina, ma non si aspettava che sarebbe stata così piena e curata.

Era il sogno di ogni cuoco.

Peccato non poter cucinare per obbligo auto-imposto.

Considerato che era passata da poco l’ora di pranzo, e ancora non si era avvicinata l’ora del tè, Leo non si sorprese che la cucina fosse vuota, anche se un po’ si dispiacque, dato che gli sarebbe piaciuto vedere le cuoche al lavoro.

Ma probabilmente era meglio così.

Doveva concentrarsi e scappare, dopotutto.

…Leo iniziò ad esplorare la cucina.

Suvvia, in questo caso lo possiamo anche scusare. Era una cucina, dopotutto. Il suo personale paradiso.

Alcuni ingredienti erano davvero freschi, e tutti i forni erano alimentati a pietre fenice. Leo aveva usato la sua per cucinare la torta, il giorno prima (la pietra grande e più infiammabile) e aveva constatato che erano davvero un carburante incredibile.

Peccato non averne nessuna a Jediah. Sarebbero state utilissime per cucinare.

-Tu chi sei? Cosa ci fai qui?- una voce femminile e spaventata lo fece sobbalzare.

Ma perché veniva sempre beccato ogni volta che si distraeva un secondo e si metteva ad esplorare?!

Ah, già, perché era stupido e si distraeva e si metteva a esplorare quando avrebbe dovuto scappare, quindi ovviamente prima o poi la gente lo beccava.

Era un castello semi-vuoto, ma era comunque un castello, era normale che le persone andassero in giro.

Era strano che non venisse beccato prima.

-Nessuno! Non faccio niente! Vado subito via!- Leo si affrettò a tirare fuori la testa dal forno che stava osservando con curiosità, e adocchiò l’uscita della cucina.

Ovviamente l’uscita era bloccata dalla figura che aveva parlato, che si rivelò essere una giovane donna vestita da cuoca che portava un pesante sacco di farina e sembrava davvero spaventata da Leo.

-Come sei entrato?- chiese tale donna.

Leo si affrettò a fare un sorriso rassicurante.

-Non hai nulla da temere, stavo solo osservando la cucina. È bellissima, ma adesso tolgo il disturbo, non serve chiamare nessuno, vado via e basta, se mi lasci passare- provò ad essere gentile e incoraggiante, sperando che la ragazza non chiamasse le guardie o, peggio ancora, il principe Victor.

La cuoca lo osservò con attenzione, e sgranò gli occhi quando notò il bracciale sul suo polso.

-Tu… tu sei quel cuoco…- si portò una mano alla bocca, scioccata, e fece cadere il sacco di farina, che si rovesciò al suolo.

Leo agì d’istinto, e si avvicinò per aiutarla.

Era più forte di lui.

-Va tutto be…?- iniziò a chiedere, ma neanche il tempo di avvicinarsi, che sentì un suono estremamente familiare, e si scansò d’istinto appena in tempo prima che un coltello per poco non gli tagliasse la gola di netto.

La cuoca, infatti, aveva afferrato un coltello da cucina da non si sa dove e aveva tentato di ucciderlo così, su due piedi.

Leo cadde a terra, portando una mano al viso dove la lama lo aveva sfiorato, per fortuna colpendolo solo alla guancia.

Il suo cuore batteva furiosamente, non si era neanche del tutto reso conto di cosa fosse successo.

-Non mi aspettavo questi riflessi- osservò la cuoca, ridacchiando -Suppongo che in qualità di cuoco conosci bene i coltelli, e come evitarli- rifletté poi, tirandone fuori un altro da sotto la gonna.

-C_Cos…?- Leo era senza parole, e tremava vistosamente.

L’ultima cosa che si aspettava, onestamente, era di essere quasi ucciso in una cucina da una persona che non aveva mai visto prima e che non aveva alcun motivo di volerlo morto.

-Non dovevi uscire fuori dalla tua stanza, Leonardo il cuoco- lo rimproverò la cuoca, sempre con il sorriso, e rigirandosi i coltelli tra le mani con maestria.

Leo li osservò con attenzione, stando attento ai movimenti della donna in modo da accorgersi nel caso fosse stata sul punto di lanciarli nella sua direzione.

Sì, aveva ancora tre vite, ma… ma… ma in quel momento indossava un bracciale che gli bloccava le benedizioni.

Non poteva usare il ghiaccio di Noella, e probabilmente non poteva neanche curare con la benedizione di Flora, quindi… che le vite di Jahlee fossero bloccate?

Era un’ipotesi da non escludere.

Per tutti gli dei, Leo era stato forse ad un passo da…

Impallidì, e si portò una mano alla gola, che non era stata tagliata per pura fortuna.

-T_Torno subito in camera! Non c’è bisogno di… se mi lasci andare ci torno, giuro- provò a patteggiare, tentando di mettersi in piedi ma con le ginocchia molli.

Non poteva morire così dopo tutto quello che aveva fatto per arrivare fino a lì.

Se moriva non aveva idea di come la Storia si sarebbe andata a risolvere, e poi… Leo non voleva morire.

A volte non sembrava, ma Leo voleva vivere.

Incapace di mettersi in piedi, iniziò ad indietreggiare trascinandosi per terra.

-Non capisco cosa ci trovi il principe Victor in un brutto ragazzo come te. Scommetto che non hai neanche così tanto talento. No, probabilmente sì, perché il principe Victor non vorrebbe mai assumere qualcuno di poco talentuoso. Ma quando ti avrò ucciso, tornerò ad essere io la migliore cuoca del castello, e prima o poi il principe mi noterà- la cuoca aveva un’espressione sognante, e Leo finalmente si rese conto della situazione.

Quella pazza… era una yandere!

Palesemente innamorata follemente del principe Victor.

Leo era spacciato.

-Non ho la minima intenzione di cucinare per Victor, non hai niente da temere!- provò ad evitare le sue manie omicide rendendosi il più possibile innocuo.

Purtroppo il panico gli fece commettere un grande errore di formulazione.

-Come osi riferirti a lui per nome senza usare il suo titolo?!- esclamò la donna, furibonda dalla possibilità che Leo e Victor fossero in un rapporto più intimo di quanto pensasse, sollevando la mano pronta a lanciare il coltello.

Per un secondo, il tempo sembrò fermarsi.

E non per via di qualche potere divino, semplicemente l’adrenalina del momento rese la mente di Leo un po’ più reattiva.

Una cosa da sapere su Leo, cosa che probabilmente in pochi si aspetterebbero, anche se dovrebbe essere ovvia, è che Leo è davvero bravo con i coltelli.

Si può dire che sia un esperto.

Normale, dopotutto, è un cuoco. Ha passato la vita ad armeggiare con i coltelli, sfilettando, tagliando, disossando, eccetera.

Quindi riusciva a controllarli con grande precisione, e li conosceva perfettamente.

Per questo quando aveva sentito il familiare suono di un coltello che veniva sfilato da qualche parte si era scansato in fretta.

E per questo stesso motivo, riusciva a prevedere con assoluta precisione la direzione che avrebbe preso il tipo di coltello che la cuoca yandere utilizzava, ovvero un coltello per disossare con una lama di dieci centimetri e un’impugnatura in ferro non particolarmente spessa.

Non credeva che sarebbe riuscito ad evitarlo, dato che era diretto alla sua testa, e nel panico Leo era indietreggiato così tanto da finire contro un muro.

Ma poteva bloccarlo in qualche modo.

Un modo…

La sua mano non lo avrebbe bloccato definitivamente, e sarebbe probabilmente rimasto a vita con difficoltà ad utilizzarla.

Un braccio poteva colpire un’arteria, e farlo morire.

Braccio..

Bracciale.

Il bracciale!

Calcolando la direzione del coltello, Leo sollevò il braccio e posizionò il bracciale nel punto dove il coltello si sarebbe conficcato, sentendosi molto Wonder Woman.

Sentì un fortissimo dolore al polso, e poi una luce viola, e, un istante dopo, coltello, ragazza e bracciale, che si era rotto nell’impatto, volarono via, lontano da lui, e dandogli qualche secondo di vantaggio.

Leo sentì la mano farsi più fredda, la mente farsi più sicura, e trovò la forza di alzarsi e scappare da lì il più velocemente possibile, creando un muro di ghiaccio davanti alla porta della cucina, per impedire a quella folle cuoca di seguirlo.

Leo era sinceramente terrorizzato, a malapena riusciva a camminare, ed era guidato solo da una forte determinazione e dal panico.

Fino a quel momento non aveva realizzato che la corte del principe Victor potesse essere così pericolosa, e credeva che il nemico peggiore sarebbe stato Victor stesso. E il principe sembrava volerlo vivo e farlo cucinare, quindi non era poi una grande minaccia per la salute di Leo.

Ma se c’erano anche cuoche yandere, era effettivamente pericoloso.

E Leo non voleva morire.

Ed era piuttosto certo di aver perso un’altra vita, rimanendo solo con due.

Doveva andarsene subito, prima di perderne altre.

Presto Leo iniziò a perdersi per i corridoi, che sembravano tutti uguali e gli davano l’impressione di girare intorno.

L’uscita non si vedeva da nessuna parte.

Nessuna guardia sembrava essere in giro, anzi, Leo non trovò proprio nessuno che gli sbarrasse la strada, e in assenza di ostacoli umani, il fatto che non riuscisse comunque a trovare l’uscita sembrava assurdo.

Non poteva continuare così.

E di interpellare il semidio nella sua testa non se ne parlava proprio, perché Leo rischiava di allertarlo, nel caso già non se ne fosse accorto, che stava sinceramente tentando la fuga, e non voleva che la Svizzera avvertisse Victor.

Purtroppo Remington, anche quando era silenzioso, era molto percettivo.

Perché una volta che a Leo sembrò finalmente di vedere un corridoio diverso, e gli sembrò di intravedere l’uscita, una terribile visione gli si parò davanti.

Il principe Victor Vasilev era in piedi, appoggiato davanti alla porta, e controllava un orologio da taschino.

Quando notò l’arrivo di Leo, che si era fermato di scatto non appena l’aveva visto, terrorizzato, alzò la testa su di lui, e si esibì in un sorriso divertito.

-Nove minuti e trentasette secondi. Ammetto che mi aspettavo ci mettessi un po’ di meno, e hai anche corso a perdifiato. Guardati, Lilimon, sei completamente esausto. Come pensi di scappare se ti riduci così solo per raggiungere la prima uscita?- lo prese in giro, in tono zuccheroso, come se Leo fosse solo un bambino poco intelligente a cui si stava rivolgendo.

Ma Leo non aveva intenzione di arrendersi.

Era esausto, senza fiato, terrorizzato, aveva rischiato di morire, e si trovava davanti all’uscita.

Non poteva arrendersi ora!

Sollevò la mano sinistra verso il principe Victor.

-Si scansi, principe Victor!- lo minacciò, pronto ad usare il ghiaccio su di lui.

-Metti caso che mi scanso, poi tu esci dalla prima porta, dovrai affrontare altri due corridoi labirintici prima dell’uscita definitiva, e nella prossima area ci sono una decina di cavalieri che sicuramente ti braccheranno. Hai ben sette minuti di ricarica per il tuo potere, quindi dubito fortemente che potrai usarlo troppo spesso. Cosa pensi di fare?- chiese il principe, sempre molto rilassato e sicuro di sé.

Sembrava solo curioso e divertito dalla fuga di Leo, come se il cuoco fosse un cagnolino che gli stava mostrando un gioco buffo.

E in effetti Leo era in difficoltà.

Non riusciva a ragionare lucidamente.

Tutta la sua prontezza mentale, che in generale non era molto acuta, era servita a liberarsi del bracciale e salvarsi la vita.

Ma non era comunque pronto a mollare.

Soprattutto visto che il principe Victor gli stava dando delle preziose informazioni.

Quindi c’erano diverse aree nel palazzo, collegate tra di loro da singole uscite.

Sembrava essere un castello fatto proprio per evitare che la gente riuscisse ad uscire, come un’immensa prigione.

Il primo pensiero di Leo, ora che finalmente riusciva a stare fermo e riflettere un secondo, fu che avrebbe potuto trovare una finestra e creare uno scivolo di ghiaccio per uscire senza troppi problemi, ma non vedeva uscite nelle vicinanze.

E quando la fuga non era un’opzione, tutto ciò che restava era la lotta.

Leo strinse il pugno, e nella sua mano sinistra si andò a formare un enorme e affilato coltello di ghiaccio eterno.

Victor alzò un sopracciglio, e sembrava davvero sorpreso che Leo avesse scelto quella strada.

-Oh, interessante. E pensi che un coltellino ti aiuterà contro un intero esercito?- chiese, osservandolo con attenzione e analizzando la situazione.

Leo cambiò mano, facendo passare il coltello alla destra, la sua mano dominante, anche se era piuttosto bravo ad usarle entrambe quando si trattava di cucina.

-Sono bravo con i coltelli- provò a minacciare Victor, con la sua espressione più truce -Ora spostati se non vuoi che lo usi contro di te-

Victor si esibì in una risatina, come se Leo avesse raccontato la più divertente barzelletta che avesse mai sentito.

Ma Leo era sinceramente determinato ad usare ogni mezzo per uscire da lì, e avrebbe anche ferito Victor se si fosse rivelato necessario.

Se lo meritava, dopotutto. Non era innocente.

-Sono sicuro che sei bravissimo con i coltelli. Anche per questo sarai il mio migliore cuoco- si complimentò il principe, con un occhiolino fuori luogo, senza muoversi dalla sua posizione davanti alla porta.

-Io non cucinerò mai per lei!- insistette Leo -Si sposti!- si avvicinò di un passo, con il coltello puntato, per dimostrare che faceva sul serio.

Victor abbandonò il sorriso, che lasciò il posto ad un’espressione seria e a tratti scettica.

-Okay, fammi spostare- alzò le spalle, mettendosi più dritto, come pronto ad un combattimento.

La mano di Leo tremò appena, ma cercò di mantenerla ferma. Non aveva mai combattuto contro nessuno con un coltello, ma Victor sembrava disarmato, quindi se Leo riusciva a ferirlo superficialmente, poteva riuscire a rallentarlo abbastanza da superarlo.

Solo che… era pericoloso.

Una mossa sbagliata, e poteva ferirlo troppo.

E Leo non era un assassino.

Non era un violento.

Ma per scappare…

Era legittima difesa, dopotutto, vero?

E se anche avesse ucciso Victor… forse la guerra sarebbe finita ancora prima.

Leo non aveva idea di cosa ne sarebbe stato di lui, ma magari tante persone si sarebbero salvate.

E poi poteva creare abbastanza panico da scappare indisturbato.

Strinse con più forza il coltello e lo puntò verso il collo di Victor, sempre restando però a debita distanza.

-Non sottovalutarmi- lo minacciò.

Victor roteò gli occhi, e gli afferrò improvvisamente il polso, con forza.

Leo si preparò ad essere disarmato, e strinse più forte la presa, cercando di scansarsi.

Ma Victor lo sorprese perché si limitò a posizionare il coltello contro la propria gola, come ad invitare Leo a fare il gesto estremo, servito a lui su un piatto d’argento.

Ma era completamente pazzo?! 

Ma lo sapeva che la gola era il punto più vulnerabile del corpo umano?

Un gesto leggermente impreciso, e Leo avrebbe potuto recidere la giugulare, o la carotide.

Leo combatté al massimo delle sue forze per liberarsi dalla presa e tenere il coltello il più lontano possibile da quei punti pericolosi, ma Victor usò la mano libera per bloccargli l’altro braccio, ed era immensamente più forte di lui, quindi riuscì a tenerlo fermo senza problemi.

Ma a che gioco stava giocando?!

-Se mi colpisci ora, ho dato l’ordine di non braccarti e non colpirti appena varcherai quella porta. Riuscirai a scappare e ti sarai anche liberato di un nemico. Non ti sembra un ottimo compromesso?- gli propose Victor, tornando a sorridere con uno sguardo molto poco sano di mente.

Sembrava un’ottima prospettiva.

E Leo aveva effettivamente valutato, per un istante, ciò che la morte prematura del principe Victor avrebbe potuto portare nei Sette Regni, nella guerra, e in Leo.

Ma tutto ciò non contava assolutamente nulla.

Perché Leo non era un assassino.

Leo non era violento in generale.

E sì, Leo avrebbe potuto colpire la gola ed evitare tutti i punti che avrebbero portato alla morte sicura del principe Victor.

Era bravo con i coltelli, dopotutto.

Ma Leo non avrebbe mai ferito volontariamente qualcuno.

Anche a costo di rinunciare alla sua libertà.

Perché Leo aveva dei principi.

Riuscì a scansare abbastanza la mano da lasciar andare il coltello, che fu afferrato al volo da Victor, che sembrava preparato al suo gesto.

Lasciò andare Leo, che cadde all’indietro, finendo a terra.

I suoi occhi erano velati di lacrime, ed era davvero stremato, sia fisicamente che emotivamente.

-Questa è la differenza tra me e te, vedi? Io sono disposto a tutto per perseguire il mio obiettivo, mentre tu ti fai fermare quando sei ad un passo dal raggiungerlo per meri scrupoli- commentò Victor, rigirandosi il coltello tra le mani e osservandolo con grande interesse.

Leo si asciugò le lacrime, e si alzò lentamente in piedi, adocchiando ancora la porta dietro di lui.

-I miei “scupoli”, le hanno salvato la vita- borbottò, con odio.

-Non sarei mai morto, Lenny. Ti ho detto che vengo sempre io al primo posto- Victor alzò le spalle, tranquillissimo, e superò Leo per avviarsi in direzione della camera.

-Su, torniamo in camera tua. Devi riposarti, medicare quella brutta ferita, e magari cucinarmi una torta senza limone- lo incoraggiò a seguirlo, con il coltello letteralmente dalla parte del manico.

Ma Leo, sebbene avesse dei principi, era comunque determinato, e Victor aveva appena lasciato la porta scoperta.

Non sapeva quanto sarebbe riuscito ad andare lontano, ma era passato già qualche minuto dall’ultimo attacco di ghiaccio, quindi poteva trovare una finestra, aspettare la fine del timer, e poi costruirsi un bello scivolo per uscire.

Purtroppo non fece neanche in tempo ad uscire dalla porta, gesto accompagnato da un sospiro stanco ma per niente sorpreso da parte di Victor, che fu accolto da una fortissima botta in testa, la firma inconfondibile di Brandon.

Fece solo in tempo a maledire tutta Valkrest, prima di svenire sul colpo.

 

Quando Leo si svegliò nuovamente, la testa gli pulsava terribilmente.

Brandon aveva un colpo micidiale.

Riconobbe le coperte di lana e la finestra difettosa della sua camera di Valkrest, e si arrese al fatto che anche quel giorno non sarebbe scappato.

Quantomeno qualcuno gli aveva fasciato sia la testa che la ferita sulla guancia.

-Se mi seguivi senza gesti avventati, questo non sarebbe successo- lo rimproverò una voce al suo fianco.

Leo si ritirò inconsciamente il più lontano possibile dal suo incubo vivente, e si girò verso Victor, che lo fissava in modo inquietante, rigirandosi il coltello di ghiaccio tra le mani.

Era ancora bello solido, nonostante il tempo passato.

Certo che Leo era diventato bravo con il ghiaccio eterno… purtroppo.

Non degnò Victor di una risposta, e si portò la mano alla testa, cercando di alleviare il dolore con un po’ di ghiaccio, che però non riuscì ad evocare.

Si guardò la mano sorpreso, e notò che Victor gli aveva messo una specie di guanto con una pietra rossa.

-In effetti un bracciale che elimina tutte le benedizioni poteva essere rischioso, quindi ho optato per un guanto di fuoco, che intercetterà ogni potere di ghiaccio. E non provare a distruggerlo come hai fatto con il bracciale, perché solo una creatura collegata a Veer può togliere questo guanto. Un artefatto divino davvero molto utile- spiegò Victor, orgoglioso per la sua pensata.

Bene, Leo doveva solo convincere Remington ad aiutarlo.

Quel traditore infame.

Sicuramente non era un caso che non fosse nella mente di Leo, ora che aveva spiegazioni da dare su come aveva fatto Victor a trovarlo così in fretta.

-Ti porgo le mie più sentite scuse per il comportamento della giovane Lily. È una donna molto peperina, ed ero convinto che non sarebbe stata in cucina in quel momento. Non era nei miei piani che la incontrassi- Victor continuò a parlare, sospirando nel menzionare la cuoca yandere psicopatica.

Peperina? Osava davvero definire semplicemente ‘peperina’ una donna che aveva tentato senza la minima esitazione di ammazzare Leo?! E ne parlava con tale nonchalance, come se fosse una normalissima cuoca che aveva fatto un gesto di poco conto.

Ma soprattutto…

-Tutto il resto era nei suoi piani, quindi?- chiese Leo, in un sussurro.

-Sapevo che avresti provato a scappare, e ho solo voluto dimostrarti che non ci saresti riuscito neanche con il minimo livello di sicurezza. Ovviamente da domani ci saranno molte più guardie, e molte più porte chiuse. Cucina e biblioteca saranno ancora alla tua portata, ma non riuscirai a raggiungere nessun altro luogo- spiegò Victor, con estrema tranquillità.

Leo non rispose.

Avrebbe trovato un modo.

C’era sempre un modo.

-Si è fatta l’ora del tè, quindi che ne dici di deliziarmi con qualcosa di gustoso?- chiese Victor, dopo qualche secondo, con un sorriso carico di aspettativa.

Leo non lo guardò nemmeno.

-Io non cucinerò mai per lei- gli fece presente.

-Suvvia, Lando, neanche un dolce di scuse per aver provato ad uccidermi? Dovresti essere grato che ho deciso di non sbatterti in cella e farti torturare per il tuo comportamento. Ti ho anche medicato- Victor fece la vittima, e indicò le fasciature sulla testa e sulla guancia di Leo.

Leo si pentì di non avergli tagliato la gola quando avrebbe potuto farlo.

Nah, non è vero. Non si sarebbe mai pentito di una cosa del genere.

Anche se iniziava seriamente a odiare Victor.

E Leo non odiava molta gente, lo sapete.

-Io non cucinerò mai per lei- Leo decise di restare impassibile e ripetere sempre la stessa battuta, sperando che un giorno il principe si sturasse le orecchie e capisse l’antifona.

-Veramente vuoi fare il difficile nella situazione in cui ti trovi?- chiese il principe, con tono leggermente più duro.

-Io. Non. Cucinerò. Mai. Per. Lei- Leo scandì bene ogni parola.

-Sono passato oltre la questione della torta al limone perché a mio fratello è piaciuta molto, ma dopo aver sprecato un intero pomeriggio per stare appresso ai tuoi capricci da bambino, pretendo qualcosa per ripagarmi. Mi basta anche qualche semplice biscotto. Vienimi incontro, dai- insistette Victor.

Leo si girò verso di lui, senza guardarlo negli occhi per non rischiare un collegamento mentale, e perché non voleva assolutamente degnare quel mostro di uno sguardo.

-Io non cu-ci-ne-rò mai per lei- sillabò, dando enfasi molto particolare a ogni sillaba.

Victor non ribatté, ma Leo notò che aveva stretto la bocca e si era irrigidito.

Era chiaramente irritato.

Si alzò in piedi, e si diresse verso l’uscita.

Leo pregò tutti gli dei che stesse andando via, e che non l’avrebbe rivisto per un bel po’.

Purtroppo per lui, Victor si avviò verso il camino, prese un po’ d’acqua, e spense la pietra fenice che era rimasta lì infuocata a riscaldare la stanza.

…forse Leo avrebbe dovuto pregare solo i suoi tre dei.

Victor infatti prese la pietra fenice grande, quella più infiammabile, e la sventolò davanti a Leo, che cercò di rimanere il più possibile impassibile.

-Se non hai intenzione di cucinare, suppongo che non ti servano ben due pietre fenice per avere una fonte di fuoco. Meglio usarne una per qualcosa di più utile- lo minacciò, sperando di fargli cambiare idea.

Erano un paio di notti che Leo dormiva lì, e con il letto vicino alla finestra difettosa, sapeva quanto importante fosse il fuoco in quella stanza. Senza la pietra fenice che gli offriva un fuoco eterno e caloroso, Leo era certo che sarebbe potuto morire di ipotermia, perché a malapena era riuscito a scaldarsi anche così.

E la pietra fenice che Victor sembrava volergli lasciare era troppo piccola per offrire lo stesso supporto della sorella.

Però si limitò ad alzare le spalle.

-Mi sembra un’ottima idea, principe Victor- fece finta che non gli interessasse, e gli diede le spalle.

Victor intascò la pietra, e si diresse verso la porta, questa volta con l’intenzione di uscire, grazie agli dei (solo tre di loro).

-Sarò in attesa di sentire tue notizie, Leonardo- lo chiamò con il nome completo, con un tono affabile ma chiaramente di avvertimento.

Leo sarebbe morto di freddo prima di chiamarlo per pregarlo di restituirgli il calore e cucinargli qualcosa.

Victor se ne andò sbattendo la porta, e Leo sentì la chiave girare.

Evidentemente la promessa di poter girare liberamente era stata appena revocata, almeno per quella notte.

Leo si buttò nel letto, seppellendo il volto nel cuscino, e combatté l’istinto di piangere.

Non poteva crollare, non poteva abbassare la guardia.

Era troppo pericoloso.

Sollevò appena la testa solo il tempo di controllare il marchio di Jahlee, e notò con orrore, ma non sorpresa, che effettivamente gli erano rimaste solo due vite.

Le stava sprecando troppo in fretta.

Doveva essere più cauto.

Almeno adesso era completamente immune da ogni attacco di Lily, dato che le vite funzionavano a persona, praticamente.

Infatti Jahlee gli aveva detto che se qualcuno provava ad ucciderlo attivando la benedizione, e poi ci riprovava, la benedizione si sarebbe attivata senza sprecare un’ulteriore vita, perché qualcuno che sapeva che Leo era benedetto dagli dei lo avrebbe dovuto lasciare in pace.

Era una magra consolazione, ma Leo doveva aggrapparsi a qualsiasi cosa per sopravvivere lì dentro.

 

Senza il supporto della pietra fenice nel camino, la stanza era diventata fredda molto in fretta, forse troppo in fretta per essere normale.

Beh, considerando che la finestra difettosa si era aperta diciassette volte nel giro di venti minuti, probabilmente era normale che la stanza si ghiacciasse in poco tempo, e per quanto Leo ci avesse provato, non era riuscito ad infiammare la piccola pietra che gli era rimasta.

Forse ne servivano due, forse serviva qualche altro oggetto particolare, o forse la pietra era troppo piccola per infiammarsi, ma Leo non la colpevolizzava, anzi, empatizzava con lei.

Così insignificante che nessuno la considerava, ma comunque estremamente potente.

…sì, comunque inutile in mano a Leo che non sapeva usare le pietre fenice, ma quello era un altro discorso.

Quando la finestra si aprì per la diciottesima volta al minuto ventuno, Leo ne aveva avuto abbastanza.

Non sentiva più i piedi, e la coperta ormai era diventata solida per quanto era ghiacciata.

Prese una sedia, e decise di metterla davanti alla finestra, provando in qualche modo a bloccarla definitivamente, anche se probabilmente non avrebbe retto, e prese in mano la pietra fenice più piccola del mondo cercando un modo, un modo qualsiasi, di farla funzionare.

Si rese conto che nonostante il freddo della stanza, tutta la zona del tavolo dove la pietra era poggiata era rimasto piuttosto tiepido, e la pietra era ancora molto calda al tocco.

Eureka!

Giusto!

Non servivano solo a fare il fuoco, ma erano anche molto calde in generale.

Lava all’interno o qualcosa del genere.

Leo, con un enorme sorriso entusiasta, tenne stretta la pietra tra le mani come fosse il più prezioso dei gioielli, le diede un bacio grato, e se la portò a letto cullandola come una bambina, mettendola poi sotto le coperte e usandola come una borsa dell’acqua calda.

Il miglioramento non fu istantaneo, ma lentamente Leo smise di tremare, i piedi si scongelarono, e si sentì sempre meglio, finché il sonno non lo colse.

E, per la prima volta da tanto tempo, fece un sonno davvero piacevole, privo di incubi.

Sognò la sua famiglia, gli amici lontani, la fine della guerra, un futuro radioso e perfetto.

E un bellissimo uccello dalle piume rosse fuoco che volava in giro, cantando meravigliosamente.

Quanto bene faceva avere un po’ di calore in più…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Beh, che dire.

Una montagna russa di emozioni questo capitolo.

Siamo passati da Leo che fa amicizia con il principino fratellino di Victor, e si vendica con una torta di limone ahah silly, a una MALEDETTA YANDERE PAZZA CHE LO AMMAZZA COSÌ GRATUITAMENTE!

E poi c’è il principe Victor che sembra solo trollare Leo, lol, MA FA UN GIOCHETTO MENTALE E MANIPOLATORIO INQUIETANTISSIMO!

Victor mi inquieta, e sembra anche che inizi un po’ a stancarsi del rifiuto di Leo di cucinare per lui, anche se fuori continua a sorridere.

Insomma, la situazione a Valkrest è decisamente peggio che a Jediah, c’è molta più follia, e sembra di essere in quegli isekai dove il ML è uno psicopatico e c’è molta sindrome di Stoccolma.

Anche se ovviamente Victor non è minimamente un interesse amoroso, per Leo (anche se vorrebbe esserlo).

Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto, nel prossimo arriverà un nuovo personaggio, circa. Qualche teoria? Se ne avete fatemelo sapere nei commenti.

Un bacione e alla prossima! :-*

   
 
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