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Autore: TigerEyes    02/12/2023    14 recensioni
Studenti di giorno, apprendisti agenti segreti di notte, l'uno all'insaputa dell'altra.
Cosa accadrà quando scopriranno le rispettive doppie vite?
Sulla falsariga di Mr & Mrs Smith, penso l'abbiate già intuito...
Capitolo 9 online!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Carissimi, scusate l’immenso ritardo con cui aggiorno questa ff, è passato più di un anno dall’ultimo capitolo! Chiedo perdono, ma non voleva proprio saperne di venire fuori questo capitolo 9, ero davvero priva di ispirazione per i combattimenti (invece la parte finale è stata la prima che ho scritto… XDD), ecco perché mi rifaccio viva solo adesso, spero solo che l’attesa sia valsa la pena! Prima di lasciarvi alla lettura, ringrazio come sempre dal profondo del cuore le mie impareggiabili beta Tillyci e Moira, senza di loro sarei persa!


Glossario:
Nunchaku: due brevi bastoni uniti da una catena.
Sai: coppia di punteruoli con sporgenze laterali che ricordano dei pugnali.
San setsu-kon: nunchaku a tre bastoni.
Suruchin: catena con due pesi alle estremità.
Tekko: simile al nostro pugno di ferro.
Tonfa: bastoni con impugnatura laterale.



IX

FINO ALL’ULTIMO RESPIRO






“D’accordo, allora”, rispose Ranma distanziando le ginocchia e protendendo un braccio in avanti, mentre portava l’altro all’altezza del volto. “Attaccatemi pure tutti insieme. Sono pronto”, sorrise beffardo. Sarebbe stato un gioco da ragazzi sbarazzarsi di tutti quei…
“Fermi, non azzardatevi! Ho detto che è una faccenda tra me e lui, nessuno deve intromettersi!”, protestò la sua ancora per poco moglie rivolta alle guardie della sicurezza, che tutt’intorno a loro non si mossero in effetti di un millimetro, limitandosi a brandire contro di lui le armi più disparate.
“Non obbediscono a te”, gracchiò una voce alle spalle di Akane. “Ma se ci tieni tanto, interverranno solo nel caso di un tuo nuovo… fallimento”, spuntò dietro di lei… Shaka? Sheka? Shema? Non ricordava il nome del tapiro, ma chisseneimportava. “Rammenta solo che è la tua ultima possibilità e sai bene a cosa alludo”, la minacciò.
Akane strinse i denti come se tentasse con tutte le sue forze di trattenersi dal saltare alla gola di quella specie di carlino incarognito, anziché alla propria. La stavano ricattando in qualche modo? Fu solo un istante, tuttavia, prima che si voltasse di scatto verso la guardia alla sua destra e le strappasse di mano ciò che impugnava. Un attimo dopo, la catena di un suruchin saettò verso di lui rapida come un fulmine a ciel sereno arrivando a sfiorargli la frangia: se non avesse avuto i riflessi di cui tanto si vantava, non si sarebbe mai inarcato all’indietro in tempo per evitare quell’affondo e il peso metallico all’estremità della lunga catena gli avrebbe aperto un terzo occhio in piena fronte.
Nonostante la sorpresa, Ranma completò la rotazione su se stesso sforbiciando le gambe in aria e, nell’atterrare, sferrò un calcio in piena faccia a una guardia alle sue spalle, così da afferrare al volo il san setsu-kon che l’uomo brandiva e che si lasciò sfuggire dalle dita. Ranma impugnò il nunchaku a tre bastoni con ambo le mani e lo dispiegò per tutta la sua lunghezza tenendolo teso davanti a sé.
Akane continuò a far roteare il suruchin nell’aria senza staccargli l’espressione truce di dosso, apparentemente indifferente alla prodezza di cui lui aveva fatto sfoggio, anche se un lampo di frustrazione rabbuiò ancora di più lo sguardo con cui sua moglie stava cercando di scorticarlo vivo. Una moglie che stentava a riconoscere, rapida negli attacchi e persino capace di maneggiare un’arma che – avrebbe potuto giurare fino a pochi giorni addietro – al massimo avrebbe arrotolato attorno al collo finendo per strozzarsi. Ma anche se quella davanti a lui non era più l’Akane imbranata che conosceva, era comunque impensabile che potesse sostenere contro di lui un combattimento alla pari.
Ha conciato Shampoo per le feste, però…
D’accordo, era leggermente migliorata e allora? Non sarebbe mai stata in grado di impensierire uno come lui, figurarsi...
Akane piroettò su se stessa prima di scagliargli contro l’estremità della catena che aveva fatto roteare nell’aria fino a un attimo prima. Ranma la deviò col nunchaku nello stesso momento in cui Akane, continuando a volteggiare, gli lanciò contro anche l’altra estremità, che lui dirottò all’ultimo istante, rendendosi conto che il primo attacco doveva solo servire a distrarlo. Da quel momento, fu una continua raffica di assalti che Ranma si limitò a schivare, per evitare che la catena di Akane si agganciasse a quella del suo nunchaku, ma con l’ultimo affondo sua moglie spaccò un tavolo in due facendo volare nell’aria piatti di porcellana e bicchieri di cristallo. Fortuna che gli invitati si erano già dati a una fuga precipitosa, o sarebbe stata capace di far prendere il volo anche a loro.
Ranma ne approfittò per attorcigliare il suo nunchaku attorno al suruchin di Akane e strapparglielo dalle mani per lanciarlo dall’altra parte della sala.
Fu allora che lei scagliò lontano le scarpe e artigliando la gonna la strappò con un unico, deciso strattone fino a lasciare le cosce scoperte quasi per intero. Ancora una volta, Akane si mostrava davanti a tutti in abiti succinti e anche se era più che evidente il motivo per cui si era liberata di quello scomodo intralcio, non poté impedirsi di avvampare di rabbia. Un istante prima che lei, con un paio di salti rovesciati all’indietro degni di una ginnasta di loro conoscenza, raggiungesse una delle guardie per strappargli di mano una coppia di sai.
Sa usare anche quelli?!


Quel Ranma era davvero notevole, non c’era che dire. Il solo fatto di essere riuscito a introdursi nella sede della Fenice Bianca per ben tre volte senza essere notato era uno smacco inaccettabile per l’organizzazione. Chi altri poteva essere stato, infatti, a rovinare l’allestimento in giardino per le nozze di Satzuki e poi a introdursi nella camera della ragazza per scattare quelle foto oscene? Che razza di tecnica permetteva di passare più inosservati di un ninja? Sarebbe stato arduo per Akane anche solo tenere testa a un simile professionista, un vero peccato non averlo reclutato tra le loro fila. In ogni caso, che la ragazza riuscisse o meno ad avere la meglio su di lui non aveva importanza: era sufficiente che lo tenesse impegnato e lo sfiancasse, a ridurlo all’impotenza ci avrebbero pensato le altre guardie, quelle appostate tutt’intorno alla residenza e chiamate prontamente a circondarla fino a bloccare ogni uscita e possibile via di fuga. Saotome Ranma non sarebbe andato da nessuna parte, anche se avesse battuto Akane.
E comunque Akane era un osso duro, era evidente che nemmeno il marito immaginasse quanto, da come osservava sbigottito il modo in cui lei faceva roteare i sai tra le mani, quasi fossero dei banali portachiavi, e poi li bloccava puntandoglieli contro e portando un piede in avanti per mettersi in posizione d’attacco, il volto un concentrato di rabbia e determinazione.
Se quel Ranma non imprecò a voce, lo fecero gli occhi che sgranò ancora di più, ma fu un attimo: Shika li vide ridursi a due fessure che soppesavano la situazione con la rapidità di una stella cadente, prima di gettare via il san setsu-kon, compiere uno spettacolare salto in alto all’indietro per atterrare sulla testa di una guardia, sfilargli di mano i sai che anch’essa impugnava e con un altro balzo piombare su Akane. A quanto sembrava la specialità di quel ragazzo era il combattimento aereo e tuttavia voleva uno scontro ad armi pari. Forse per non schiacciare Akane con la sua presunta superiorità? Peggio per lui: la specialità della ragazza era il combattimento ravvicinato in cui poteva dar sfogo a tutta la sua incredibile forza.
Difatti Akane non si lasciò impressionare e anziché attendere passivamente l’attacco, con un ruggito si era già lanciata contro di lui. Le armi d’acciaio cozzarono le une contro le altre con un clangore degno di due katane, ma a far scintille furono i loro occhi, che fissi gli uni in quelli dell’altro si lanciavano lampi incandescenti.
Si respinsero a vicenda e tornarono all’attacco, ma nello scambio serrato di colpi che seguì, in cui nessuno dei due voleva cedere terreno all’altro, Shika notò che le punte dei sai non arrivarono mai a infliggere ferite: le armi di Akane strapparono in più punti la camicia e i pantaloni di Ranma, le armi di Ranma lacerarono qua e là il vestito di Akane, che rimase appeso a una spalla soltanto. Fortuna che respingendosi ancora una volta si distanziarono abbastanza da riprendere fiato. Non ci sarebbe voluto molto, però, prima che a entrambi rimanessero addosso solo brandelli di tessuto.
Shika increspò la fronte. Non riusciva a capire se stessero facendo sul serio, ma non riuscissero a colpirsi a vicenda, oppure non volessero sul serio colpirsi l’un l’altra. In ogni caso, se gli sguardi avessero potuto spogliare, quei due si sarebbero già denudati reciprocamente da un pezzo. Impossibile che a qualcuno sfuggisse, stavolta, il modo in cui gli occhi di quel Ranma stessero percorrendo il corpo di Akane e viceversa.
Era necessario dare alla giovane Tendo una strigliata.


“Ricordati cosa accadrebbe se fallissi di nuovo, Akane…”.
La voce gracchiante di Shika le rammentò il motivo per cui odiava la Fenice Bianca con la medesima intensità con cui ora detestava l’imbecille di fronte a lei.
“Come se potessi scordarlo!”, rispose arrabbiata senza mai distogliere lo sguardo da lui.
Sapeva che sarebbe stato arduo trovare un varco nella guardia di Ranma, anzi, del tutto impensabile, ma sperava che strappandosi la gonna del vestito per muoversi più agilmente avrebbe spiazzato e distratto quel cretino almeno quel poco da consentirle di scalfirlo. Invece niente, la difesa di suo… marito restava impenetrabile. Tutto ciò che era riuscita a ottenere dopo due anni di duri e intensi allenamenti era di arrivargli abbastanza vicino da lacerargli i vestiti. Bel successo. E adesso che cercava di riprender fiato, mentre si studiavano a vicenda girando in tondo, era lei che si stava distraendo, accidenti a Ranma e al suo maledetto fisico scolpito! Ma lo faceva apposta a contrarre bicipiti e pettorali mentre brandiva i sai in posizione di difesa? Evidentemente sì, dal sorrisetto sbieco che incurvava un labbro.
Non pensare alle sue labbra! Non pensare alle sue stramaledette labbra!
Invece quella traditrice della sua mente riavvolse il nastro dei ricordi e si arrestò alla notte in cui Ranma l’aveva baciata nel bagno mentre lei – ancora con quel ridicolo costume arancione addosso – cercava di togliersi disperata il trucco dalla faccia.
Allora sei stupida! E piantala di mangiartelo con gli occhi! Rimani concentrata!
Era una parola: adesso quel deficiente sorrideva sfacciato quasi da un orecchio all’altro. Cos’aveva da ridere, poi? Si era accorto che gli stava facendo una radiografia accurata? La derideva per non essere ancora riuscita a scalfirlo? Credeva di avere già la vittoria in pugno?
Te lo puoi scordare, traditore!
Akane si lanciò in avanti, quasi a testa bassa, e come aveva previsto Ranma preferì evitare il suo attacco spiccando un salto verso l’alto e roteando su se stesso per sorprenderla alle spalle e magari bloccarla. Stavolta però non si sarebbe fatta beffare lasciandogli usare la propria testa come perno: Akane si voltò di scatto e gli lanciò uno dopo l’altro i suoi sai, che si scontrarono a mezz’aria con quelli che lui le aveva lanciato nello stesso momento, mentre lei strappava dalle mani di una delle guardie che ancora li attorniavano ciò a cui davvero mirava: un falcetto dotato di catena.
Ranma atterrò nel medesimo istante in cui lei gli lanciava contro il kama e lui afferrava le prime armi che gli capitarono a tiro dalla guardia alle sue spalle, facendole aderire agli avambracci subito prima che il falcetto si conficcasse in uno dei tonfa branditi da quel monumentale idiota: l’espressione sbalordita che Ranma fece, unita alla goccia di sudore che colò lungo una tempia, fu impagabile.
Con la coda dell’occhio, Akane vide Shika fare un cenno col capo e le guardie si ritirarono, lasciandoli soli.
Adesso era lei a sorridere.


Che mi venga un colpo… Avrebbe potuto prendermi in pieno!
Ride bene chi ride ultimo, avrebbe voluto dire a sua… moglie, ma non era lei a impugnare due armi di legno, a dir poco le meno adatte contro un kama che era arrivato a un soffio dalla sua faccia, prima che Akane lo strattonasse per riprenderne possesso.
Le cose erano due: o la sua ormai ex doveva ancora perfezionare la mira, o non aveva voluto colpirlo di proposito. E in questo caso, se aveva voluto soltanto dargli un’ulteriore dimostrazione di quel che sarebbe stata capace davvero di fare, forse Ranma avrebbe dovuto cominciare a prenderla sul serio. Come se fosse facile, con quel poco di stoffa che le era rimasta addosso. Imbecille lui, che pur di non ferirla si era limitato a stracciarle la veste giusto per farle capire che forse era il caso che si arrendesse, se non voleva continuare a combattere in biancheria intima. Akane invece, da brava testarda fino alla sconsideratezza, aveva perseverato nella lotta finendo col distrarlo, man mano che sempre più lembi di pelle si offrivano ai suoi occhi. Cercò di scacciare dalla mente il ricordo di quel costumino striminzito che metteva tutto in mostra e in risalto, anziché nascondere, proprio come ora le curve di Akane erano ormai fin troppo in evidenza. La sua geniale strategia, alla fine, gli si era ritorta contro.
Lo aveva già detto che era un imbecille?
E adesso che la mogliettina era pure meglio armata di lui, oltre che discinta e ancora più determinata, che gli restava da fare per indurla a capitolare? Se ancora credeva di conoscerla, c’era solo una cosa che poteva sorprendere quella cocciuta abbastanza da distrarla ed era infallibile, dato che funzionava persino con Ryoga nella sua forma femminile, segno di quanto lui fosse affascinante come donna, oltre che come uomo.
Ranma lasciò cadere i tonfa, afferrò gli orli stracciati della propria camicia e la strattonò fino a strapparla del tutto per restare a torso nudo, per poi mettersi in posizione d’attacco facendo guizzare i muscoli. La faccia scioccata di Akane, che lo fissava a bocca aperta e con gli occhi che faticavano a stare nelle orbite, non aveva prezzo. Perfino Shema si godeva lo spettacolo squadrandolo da capo a piedi.
Tiè, guarda bene cosa ti sei persa, perché non lo rivedrai mai più!
Forse lo aveva visto fin troppo bene, perché Akane non solo prese fuoco, ma si lasciò scivolare di mano il falcetto, che cadde sul pavimento di marmo con un tonfo sonoro.
Il rumore la ridestò come da un bel sogno, ma non era certo per quello che a Ranma parve di vedere del fumo uscire dalle orecchie della traditrice, mentre una nube nera si addensava sopra la sua testa: si era fatta cogliere di sorpresa e ora era più infuriata che mai, ma con se stessa. Ottimo. Significava che era troppo concentrata sull’errore commesso, per recuperare in tempo il kama prima che lui si avventasse su di lei.
Era ora di vedere come se la cavava a mani nude.


Che tu sia maledetto, Ranma! No, sono io che sono stupida!
C’era cascata come una cretina, ma insultarsi, ormai, era inutile: non avrebbe fatto in tempo a riprendersi il kama, Ranma era scattato in avanti col suo sorriso sfrontato stampato in faccia che avrebbe tanto volentieri demolito a furia di calci. Non aveva altra scelta che affrontarlo in uno scontro in cui lui restava più agile e veloce di lei. O forse no.
A mali estremi…
Akane afferrò la bretella ancora integra del vestito e la strappò via insieme al corpetto rivelando il bustino sottostante. E il grande artista marziale che era stato quel deficiente di suo marito, come aveva previsto, strabuzzò gli occhi e avvampò fino alla radice dei capelli, addirittura le parve sul punto di voler scappare, ma ormai le era addosso e troppo impegnato a fissare il seno che traboccava dal corsetto per evitare il suo attacco frontale.
“Calcio del tradimento d’amore!”, gridò centrandolo in pieno mento e spedendolo per aria a sfondare di testa un tavolo rotondo che collassò per l’impatto, tra bicchieri e posate che volarono ovunque.
“Allora è così che accalappi i tuoi obiettivi, vero?”, la provocò Ranma emergendo come un fungo dal groviglio di legno e tovaglia con un piatto miracolosamente intatto sopra la testa. “Del resto, a quello serviva il costume provocante con cui ti ho sorpresa in bagno, ammettilo!”.
“Non ti permettere!”, ruggì lei. “E parli proprio tu, poi, che ti scatti perfino delle foto con le ragazze che seduci!”.
“Io non ho sedotto proprio nessuno al contrario di te, che sei arrivata perfino a concederti a quella rapa moscia di Sentaro!”.
Akane risucchiò tanto il respiro che rischiò di far scoppiare i polmoni.
“Io non ho mai fatto nulla del genere, brutto idiota!”.
Si voltò furibonda verso il tavolo alla sua sinistra, lo afferrò per i bordi e lo issò fin sopra la testa, prima di lanciarlo contro quell’ipocrita, bugiardo, traditore di un donnaiolo. E poi corrergli dietro. Così, quando Ranma lo spaccò con un pugno solo, lei sbucò tra le due metà a gamba tesa sul punto di affondare il piede in quella faccia da schiaffi, che invece per un soffio lo evitò scansandosi appena di lato e lasciando che lei sfondasse anzi una vetrata. Akane si ritrovò così proiettata in giardino tra una pioggia di vetri, ma con una piroetta atterrò in piedi e si rimise subito in guardia, cercando di ignorare il freddo pungente e l’erba bagnata attraverso le calze, proprio mentre Ranma sbucava dal finestrone al grido di: “Colpo del serpente!”.
Voleva colpirla con la tecnica che non era riuscito a utilizzare contro la leggendaria fenice? Peggio per lui! Akane contrattaccò bloccando tra i propri palmi la mano sinistra e paralizzandolo così per la sorpresa.
“Ma questa tecnica è mia!”, contestò Ranma prima di cercare di colpirla al collo con l’indice della mano destra, ma Akane riuscì a bloccargli il dito tra indice e medio, mentre stringeva le dita della mano destra attorno al polso sinistro di Ranma.
“E pure questa è mia!”.
“E allora? Osservando s’impara! Piantala di ragliare e beccati ‘sto bernoccolo!”, gridò lei rifilandogli una testata in fronte. Nonostante la botta, però, Ranma non si sbilanciò né svenne, le fece anzi uno sgambetto e lei sarebbe caduta rovinosamente sul prato, se all’ultimo istante non avesse poggiato a terra una mano e al tempo stesso non avesse calciato in faccia quel baka irrecuperabile.
Stavolta sì che riuscì a sbilanciarlo quel tanto da farlo almeno arretrare costringendolo a una posizione di difesa, lei però poggiò un piede su un pezzo di vetro e non riuscì a contenere un grido.
“Akane, cosa…?”.
“Ora basta, voi due, avete fatto anche troppi danni!”, tuonò Shika dalla vetrata rotta. “Andate altrove a concludere il vostro kakutō kekkon, ma non tornare senza la testa di tuo marito, Akane!”, le ordinò schioccando le dita.
“Ehi, ma quale matrimonio marziale!”, protestò Ranma. “Non siamo neppure…”. Le tenebre iniziarono a ringhiare alla loro destra e poi anche alla loro sinistra, oltre le fiaccole accese. “…davvero sposati…”.
Lei e il cretino si guardarono per un istante negli occhi sgranati prendendo coscienza del pericolo.
I dobermann!
Un nanosecondo dopo era tra le braccia di Ranma, che saltò appena in tempo sul muro di cinta, prima che numerose fauci latranti e irte di zanne potessero staccargli un polpaccio. Ma dal muro di cinta il marito dovette poi saltare su un tetto e poi su un altro ancora per evitare rampini, shuriken e pugnali lanciati verso di loro da una moltitudine di ninja appostati nel buio.
“Abbassati! A destra! A sinistra! Salta!”.
Col piede sanguinante e pulsante di dolore, Akane si era inconsciamente aggrappata al collo di Ranma cercando di impedire che venissero colpiti entrambi, prima che fossero troppo lontani per essere raggiunti da tutti quegli attacchi. Solo quando lui si fermò ansante sulla linea di colmo di un’abitazione a due piani, Akane si rese conto di quello che aveva appena fatto e trattenne il respiro, quando Ranma si staccò appena da lei per guardarla negli occhi.
“Akane… stai…”.
“Benissimo!”, fu la sua risposta accompagnata da un pugno sul naso.
Ranma volò giù dal tetto col sangue che sprizzava da una narice, mentre lei ne approfittava per spiccare un salto col piede sano, sperando di tetto in tetto di raggiungere casa prima di quel deficiente e incredibilmente ci riuscì, anche se il dojo Tendo sembrava ormai più un campo di battaglia.
Akane entrò in camera sua ad applicare prima di tutto un cerotto al taglio sotto il piede e poi recuperare ciò che aveva lasciato in cima all’armadio, prima di infilarsi nella camera di Kasumi rischiarata solo dalla luce dei lampioni. Tutto era rimasto immutato dal giorno in cui si era sposata e Akane iniziò frugando nell’armadio della sorella, per poi passare ai cassetti della specchiera, al mobile sotto la finestra, al comodino, perfino allo spazio sotto il letto. Niente.
Ma dove sarà? Dove l’avrà nascosta? Ha detto che l’aveva ricucita!
Si rialzò in piedi frustrata e sforzandosi di sondare le ombre cercò di capire che fine potesse aver fatto la...
“Cercavi questa?”.
Akane si voltò di scatto, mentre la plafoniera al centro del soffitto s’illuminava di colpo. Dietro di lei, appoggiato con una spalla allo stipite della porta e un sorriso beffardo sotto il naso macchiato di rosso, Ranma teneva in equilibrio sulla punta dell’indice una scatola chiusa con un sigillo anti-demone.
“Dov’era?”, gli chiese mentre tastava con la punta delle dita il letto della sorella.
“Kasumi me l’aveva affidata affinché la riportassi a un ‘certo tempio di montagna’ dove papà e io l’avevamo presa, ma ho preferito seppellirla in un angolo del giardino affinché nessun altro potesse indossarla”, le rivelò Ranma spostando lo sguardo sulla scatola che iniziò ad agitarsi. La tuta percepiva forse la sua presenza? “Così pensavi di ricorrere a questo mezzuccio pur di battermi, eh?”, continuò Ranma afferrandone al volo le estremità con tutt’e due le mani. “Beh, dovrai pensare a qualcos’altro!”. E con uno strattone strappò in due il cartone lacerando anche il contenuto, sicché brandelli della Tuta della Forza planarono sul pavimento.
“Già fatto!”, gridò lei afferrando l’arco sul letto e incoccando una freccia, che tuttavia passò attraverso la porta e si conficcò nella parete opposta del corridoio perché l’imbecille si era gettato nel corridoio riuscendo a evitarla per un pelo.
“Le finirai, prima o poi, quelle dannate frecce!”, lo sentì urlare da chissà dove.
Era vero, purtroppo: gliene erano rimaste solo due.
“Anche fosse, le armi per batterti non mi mancano!”, mentì lei intanto che incoccava il penultimo dardo.
“Perché sai bene che a mani nude resti un’incapace!”.
Parla, parla, fammi sapere dove ti nascondi…
“La pensa così anche il tuo naso?”, lo provocò Akane mentre si lanciava nel corridoio deserto con l’arco teso. Lo puntò in direzione della propria stanza, quindi verso le scale, ma di lui nessuna traccia.
“Sì, è d’accordo con me!”, piovve dall’alto la voce di Ranma, mentre l’arco le veniva strappato via dalle mani e spezzato in due. Akane alzò lo sguardo al soffitto in tempo per vedere il maledetto che piombava alle sue spalle insieme ai frammenti del suo kyū.
Akane slanciò indietro una gamba facendo quasi una spaccata in aria, eppure riuscì solo a sfiorargli un ginocchio: il dannato evitò il suo calcio e anzi usò perfino la sua coscia come trampolino per spiccare un salto così da ritrovarsi comunque dietro di lei, che non fece in tempo a voltarsi per colpirlo in pieno stomaco: le mani di Ranma sbucarono inaspettatamente sotto le sue ascelle e…
“Colpo degli artigli del falco che ghermiscono il petto!”.
…stavano palpeggiando… il seno…?
Ranmalestavapalepeggiandoilseno?!
E poi era lei quella che ricorreva ai mezzucci?!
Prima che l’idiota potesse approfittare della sua sorpresa per tramortirla, Akane gli afferrò i polsi per allontanare le sue manacce da sé e poi gli rifilò una testata all’indietro, nuca contro fronte. Solo allora, sentendolo arretrare con un ouch! soffocato, si voltò e al grido di bruttomaniacodeficientechenonseialtro lo colpì con un pugno sotto al mento che lo spedì a penzolare dal soffitto del corridoio, incastrato per metà nel sottotetto.


Sbalordito per la forza da oni dimostrata da Akane – ma conoscendola, di che stupirsi? Lui piuttosto non stava dando il massimo, nello sforzo di renderla inoffensiva senza farle del male – forse era venuto il momento di fare sul serio, basta perdere tempo.
Ranma fece forza sulle braccia e si issò nella soffitta, udendo sotto di sé Akane che correva giù per le scale. Di sicuro era diretta in cucina, se avesse messo le mani sulla mannaia era finita. Prima però di calarsi dallo stesso buco in cui era entrato, si avvide nella penombra di qualcosa di famigliare abbandonato lì chissà da quanto e lo agguantò, si gettò nell’apertura praticata suo malgrado nel solaio e con cautela si avvicinò alla rampa dei gradini, ma non appena mise piede sul secondo scalino respinse col bokken un coltello che volava verso di lui, mandandolo a decorare una parete dell’ingresso, insieme alle frecce rimaste conficcate dal primo assalto di Akane due notti addietro. Era una sua impressione, o il lancio era stato impreciso? Era stanca? O non voleva davvero ferirlo, come lui non voleva ferire lei?
“Stai toccando il fondo, mogliettina, se devi ricorrere ai coltelli da cucina per sperare di fermarmi…”, cercò di stanarla mentre scendeva un altro scalino.
“Userò qualunque mezzo contro di te, maritino: per l’incolumità di Kasumi questo e altro!”.
Ranma increspò la fronte.
Aspè… cosa?
“Come sarebbe a dire? Cosa c’entra tua sorella?”, le chiese fermandosi a metà delle scale.
“La Fenice Bianca la tiene prigioniera insieme al dott. Tofu: la loro liberazione in cambio della tua cattura!”, rispose lei da qualche parte tra la cucina e la stanza di Happosai.
Dunque stavano così le cose: i Miyakoji ricattavano Akane così come i Daimonji ricattavano lui.
“A me quelli della Tigre Nera hanno giurato di aver trovato mia madre, ma non mi permetteranno di vederla finché non ti avrò consegnato a loro”.
Ranma scese qualche altro gradino nel più assoluto silenzio.
“Questo significa che nessuno dei due ha scelta!”, replicò lei sbucando dalla parete sfondata della camera del vecchio e lanciandogli contro un altro coltello.
Ranma deviò con facilità anche quello con la spada di legno e quello dopo e quello dopo ancora, finché con l’ultimo Akane non riuscì a spezzargli il bokken e Ranma si ritrovò a dover saltare a gambe divaricate per evitare un pugno con cui Akane sfondò la parete delle scale. E mentre lui atterrava davanti alla porta d’ingresso, lei ne approfittava per correre al piano superiore. E ora che altro si sarebbe inventata?
Salì gli scalini tre a tre in tempo per vedere la porta della stanza di Nabiki che si chiudeva. Che c’era entrata a fare? Vi aveva nascosto qualcosa?
Machissenefrega, devo mettere fine a questo assurdo combattimento una volta per tutte!
Decise così di sfondare direttamente la porta con un calcio nell’esatto momento in cui la sentì gridare: “Attacco della nuvola di cipria che acceca l’avversario!”. E la vide soffiare su un portacipria aperto un istante prima che una nube lattiginosa penetrasse negli occhi e in gola, costringendolo a tossire fino alle lacrime.
“Attacco… boh, della sciarpa che si avvinghia al nemico!”, contrattaccò lui afferrandone una a caso tra quelle abbandonate sul letto dalla sanguisuga e usandola a mo’ di frusta per avvolgerla attorno alle caviglie di Akane, che perse l’equilibrio e cadde all’indietro sul tappeto. Era la sua occasione. Peccato che sua moglie avesse afferrato al volo un cestino di vimini.
“Attacco dei bigodini della nonna!”.
Cosa?!
Impossibile stabilire come, ma Ranma si ritrovò la folta chioma costellata da piccoli cilindri dai colori sgargianti, roba che se lo avessero visto Ryoga o Mousse, si sarebbe seppellito vivo per il resto dei suoi giorni in una fossa scavata con le sue stesse mani. Da quando era diventata così veloce?!
Akane ne approfittò per mollargli una ginocchiata nello stomaco e alzarsi in piedi, mentre lui si teneva la pancia. La vide afferrare una spazzola dalla toletta di Nabiki e con un colpo di reni si rimise in piedi anch’egli, afferrando un vasetto opaco a caso.
“Attacco della crema da notte che pialla le rughe!”.
“Ehi, quella è mia!”, protestò lei puntandogli un dito contro.
Ranma guardò interrogativa lei e poi il vasetto.
“Hai bisogno di una crema antirughe?!”.
“Ma no, idiota, è una crema illuminate! L’avevo comprata poco prima che ci sposassimo, volevo…”. Con un sospiro chiuse per un istante gli occhi, come pentita, forse cercando anche di trovare il coraggio per confessare chissà quale azione vergognosa. “Volevo iniziare a truccarmi un pochino con l’aiuto di Nabiki per apparire più femminile, così che magari tu… tu mi…”.
“…notassi?”.
Lei annuì distogliendo lo sguardo.
“Che stupida, vero?”, mormorò scuotendo la testa e sbattendo le ciglia nello sforzo di non piangere. “E ora che ci faccio caso… anche la cipria è mia! E anche questa spazzola! Avevo comprato tutta questa roba per… Oh, chissene importa, ormai, continuiamo!”, concluse rimettendosi in posizione d’attacco, determinata a ricominciare.
Lui invece abbassò lo sguardo sul vasetto che teneva in mano. La Fenice Bianca ricattava Akane come la Tigre Nera ricattava lui. Ma avevano davvero ritrovato sua madre? E perché aspettare fino adesso per informarlo? Solo quando avevano scoperto che lui aveva sposato una spia, gli avevano rivelato di tenere “in custodia” colei che tanto aveva cercato. Forse… forse lo stavano solo ingannando per costringerlo a togliere di mezzo Akane.
“Allora? Che stai aspettando?!”.
Ranma la fissò negli occhi mentre richiudeva lentamente il vasetto.
“No”.
“Cosa?!”.
“Dimmi la verità, Akane. La Fenice Bianca ti ha chiesto di farmi fuori?”.
Lo fissò di rimando, perplessa e interrogativa, mentre lui si toglieva uno a uno i bigodini dalla testa.
“Non esplicitamente. La nonna di Satsuki mi ha chiesto di ‘sbarazzarmi’ di te”.
“Le stesse parole che ha usato con me la nonna di Sentaro. Tu come le hai interpretate?”.
Lei lo scrutò dubbiosa, senza ancora accennare ad abbassare le braccia.
“Che dovessi toglierti di mezzo”.
“Anch’io”.
“Ma… non è quello che hai cercato di fare: a casa di Tofu e Kasumi mi hai ordinato piuttosto di lasciare la città…”.
“Anche tu, nonostante ti sentissi tradita da me. Perché?”.
“Beh, perché… non… non…”.
“Perché dopotutto non volevi arrivare a uno scontro con me, così come io non volevo fare del male a te, anche se mi sentivo ugualmente tradito”.
“Eppure eccoci qua!”.
“Già… ma tu non hai mai combattuto sul serio. E nemmeno io”.
“Sì, che l’ho fatto!”, replicò piccata. “Dato che non hai voluto lasciare Nerima, non ho altra scelta che catturarti e consegnarti ai Miyakoji, solo così posso riavere indietro mia sorella!”.
“Esattamente ciò che ho pensato anch’io nei tuoi confronti: catturarti e consegnarti ai Daimonji, per cui…”. Allungò una mano per porgerle il vasetto di crema. “Mi arrendo”.
“Ma che stai dicendo?! E tua madre?”.
“Non sono certo che sia davvero nelle loro mani e comunque… Non ci riesco. È come quando indossavi la Tuta della Forza e io cercavo di batterla… ma senza colpire te, perché non me lo sarei mai perdonato. Quindi colpiscimi pure come allora, non opporrò resistenza”, disse allargando le braccia.
Lei esitò. Il labbro che iniziava a tremare e gli occhi a farsi più lucidi.
“È un trucco? Tu vuoi solo… vuoi solo…”.
“Arrendermi, te l’ho detto. Mi arrendo. Non ho mai avuto davvero intenzione di combattere contro di te, solo di catturarti. Ma non riesco a fare neanche questo”.
“No! Tu non ti sei mai arreso! Perché proprio ora?!”.
“Perché contro di te sono senza forze e senza difese, razza di scema! E poi perché la sola idea di consegnarti a Sentaro…”.
Lei abbassò le braccia, tanto attonita e incredula che la mascella stava per cascarle per terra.
“Non nominare quel babbeo! Accidenti a me e a quando ho accettato di lavorare per la Fenice Bianca! Se ripenso che ho dovuto colpirlo dietro il collo pur di impedirgli di allungare le mani!”.
“Quindi… vuoi dire che…”.
“Che non ti ho mai tradito, baka di un baka!”.
Adesso fu il turno di Ranma di rimanere a bocca spalancata come un merluzzo.
“Su-sul serio…?”.
“Sì, sul serio, brutto cretino!”, urlò sua moglie pestando un piede. “Per quale motivo credi stessi piangendo la sera che mi hai scoperta in bagno con quell’assurdo costumino di Halloween addosso? Perché avevo giurato a me stessa che quella sarebbe stata la prima e ultima volta che avrei fatto da esca per incastrare qualcuno!”.
“Ecco perché in quella foto avevi un’espressione che sembrava…”, rifletté buttando un occhio sul corpetto non meno striminzito di quel costume arancione.
“…disgustata? Che schifo, non farmici ripensare!”, rabbrividì passandosi le mani sulle braccia. Ma così facendo metteva ancora più in evidenza il seno traboccante, tanto che Ranma deglutì e dovette costringersi a trovare estremamente interessante il pavimento.
“Comunque, nemmeno io ti ho tradito…”.
“Lo so. A differenza tua, io l’ho capito”, rivelò Akane risentita incrociando le braccia al petto per coprire la scollatura. E facendolo sudare freddo.
“Come? Quando?”.
“Quando ho strappato la bretella del vestito per rimanere in corsetto: sei avvampato e stavi persino per inciampare, quale dongiovanni si sarebbe imbarazzato e sarebbe diventato di colpo imbranato? E poi, anche se non conosco molto bene Satsuki, non credo che una ragazza come lei si farebbe mai abbindolare da un deficiente come te, non lei…”.
“Ehi!”.
“…ma io sì… a quanto pare…”, ammise mentre lo fissava con bruciante intensità, come se si aspettasse qualcosa da lui, ma non avesse il coraggio di chiederla.
“A-Akane…?”.
“Sì…?”.
“N-non hai mai avuto bisogno di-di questa roba… con me…”, le confessò a sua volta, soppesando il vasetto e poi buttandolo sul letto di Nabiki, senza osare guardare Akane in faccia. Solo per ritrovarsela tra le braccia un nanosecondo dopo, che da brava gorilla gli stritolava il torace tra le lacrime.
Evvai, finalmente ci diamo dentro!
Oh no… di nuovo lui! A cuccia, maledetto!
Non ci penso nemmeno, stavolta no!
Avrebbe voluto ricambiare l’abbraccio di sua moglie, ma già così il suo corpo stava reagendo fin troppo, per cui si sforzò di evitare ulteriori contatti, tenendo le braccia ben distanziate da lei.
Ma che accidenti fai? Stringila a te!
Almeno finché Akane non smise di singhiozzare per alzare gli occhi inumiditi dal pianto su di lui, poggiandogli le mani sul torace e guardandolo come se null’altro esistesse al mondo, prima di protendersi a occhi chiusi verso la sua bocca.
Fu lì che capì che avrebbe perso la prima di molte battaglie.
Contro se stesso.
Addio, sinapsi, vi ho voluto bene…


- § -


Allarme intruso! Allarme intruso! Allarme intruso!”.
Quel dannato apparecchio non faceva altro che gracchiare sempre la stessa frase nell’orecchio, non le restava che procedere a passo svelto lungo la via di casa continuando a monitorare la situazione attraverso le cuffie. Eppure si era raccomandata a quei due maldestri di Akane e del cognato di non entrare nella sua stanza, mentre lei non c’era! Di certo era stata sua sorella a far scattare i sensori di movimento per frugare come una furia nel proprio armadio in cerca di capi di vestiario che lei le aveva preso in prestito, per fortuna che era rientrata prima dal Lago Ashi!
Allarme intruso! Allarme intruso! Allarme intruso!”.
Era ancora lì dentro? Stava rivoltando camera sua come un calzino, per caso? Le aveva sottratto solo un paio di magliette!
Allarme intruso! Allarme intruso! Allarme intruso!”.
Ah, basta! Adesso avrebbe silenziato quel benedetto sensore e avrebbe attivato l’audio per capire cosa Akane stesse combinando.
Nabiki aumentò l’andatura senza distogliere lo sguardo dal piccolo monitor della ricetrasmittente, mentre cercava di ricordare quali tasti le avrebbero permesso di accedere ai microfoni piazzati ai quattro angoli della stanza da letto. Ma quando finalmente l’allarme smise di tartassarle le orecchie, furono ben due le voci che le perforarono i timpani con i loro strepiti.
“Cosa credi di fare?! Non osare puntarmi contro quel… quel coso!”.
“Ma sei scema? E dove accidenti dovrei puntarlo, secondo te?!”.
“Non lo so, non mi interessa, mi fa impressione!”.
“Ti fa impressione?! Ma se ho ancora addosso i boxer!”.
“E allora? Mi fa impressione lo stesso, puntalo altrove!”.
“E che ci dovrei fare, i buchi nei muri? L’appendiabiti?!”.
“Quanto sei idiota! Lo vuoi capire che mi vergogno? Non è facile, per me, anche se siamo sposati!”.
“E pensi che per me lo sia? Ma che vogliamo fare, gli eterni fidanzati nonostante l’anello al dito?”.
“Sì! No! Non lo so!”.
“E va bene, allora tieni pure gli occhi chiusi, se ti impressiona così tanto!”.
Nabiki si bloccò davanti al colabrodo che una volta era stata la sua casa, incapace di credere ai suoni che erano appena stati interpretati dal suo cervello.
No… non è possibile… quei due stanno davvero per…
“Mi stai facendo male, deficiente!”.
“Sei tu che sei rigida come un palo della luce!”.
“Frigida a chi, idiota?!”.
“Ho detto rigida, non frigida, scema!”.
“Ma come faccio a rilassarmi con quel coso puntato proprio ?!”.
“E va bene… dovrò ricorrere a una delle infallibili tecniche segrete della Scuola Saotome!”.
“Cioè? Vuoi farmi un massaggio? Premere uno tsubo per rilassarmi?”.
“Eh… una cosa del genere…”.
Stanno copulando nella MIA stanza?! Magari sul mio letto!
“Perché sei diventato tutto rosso, adesso? Ehi… che intenzioni hai?! Ma cosa stai… oh… uh… oh, kamisama…”.
A Nabiki quasi cascò di mano la ricetrasmittente.
Non che non fosse contenta, però… di tutti i posti dove potevano ruzzolare, ma proprio in camera sua?! Accidenti e adesso? Non poteva rientrare in casa ora, non le restava che rimanere in strada ad aspettare che finissero. Sperando, per Akane, non troppo presto…
Scosse la testa e sbuffò, prendendo dalla borsa una mini lattina di Coca.
“M-m-meglio?”.
Senti come geme, tu che dici, cognatino?
“A-Akane…? Ehi… lasciami la mano… Akane?! Mi serve, lasciala!”.
“Noncipensonemmeno!”, urlò la sorella come se le stessero chiedendo di strapparsi un braccio.
“Mollala, accidenti, ti do un’altra cosa in cambio!”.
“L’altra mano?!”.
Sì, certo, sorella: una mano con un dito solo formato pannocchia…
“Ehm… non proprio…”.
“Allora cosa… ehi, no, aspet… no, ehi, no, no, no… Ouch!”.
Non ci credo: è pure la loro prima volta!
Nabiki tirò la linguetta della lattina con un sorriso a trentacinque denti facendo fuoriuscire la schiuma, la sollevò in aria come per fare un brindisi e ne prese un lungo sorso gongolando.
Benvenuta nel mio mondo, sorellina!
“Oh… dèi… del Cielo… che maleeee! Ma brutto idiota deficiente che non sei altro! Mi hai fatto un male cane!”.
“Scu-scusa! Ti prego non piangere, odio vederti piangere!”.
“Non posso farci niente, mi fa maaaaa… ah… ohhh… oh, per tutti… i kami…”.
“Ehm… m-meglio così?”.
“Ma che fai, rallenti?! Non azzardarti o ti ammazzo! Anzi, aumenta! Ancora!”.
“È una sfida, per caso?”.
“Sì… vediamo… quanto resisti…”.
“E va bene, l’hai voluto tu!”.
Nabiki sputò la coca in faccia a un vecchietto che le passò davanti a bocca aperta e solo allora si accorse che una discreta folla di vicini attempati si era radunata davanti casa in vestaglia, ciabatte e perfino bigodini.
“Nabiki, cara, togliti quelle cuffie, altrimenti non senti niente!”, le suggerì la signora Kabuya da una finestra del primo piano dell’abitazione di fronte.
Lei incredula eseguì, accorgendosi che i gemiti di Akane erano così forti che avrebbe potuto udirli perfino dal Furinkan.
“Ehi, ehi, ehi! Mi spiace, signori e signore, ma devo preservare la dignità di mia sorella! Sono diecimila yen a testa se volete rimanere ad ascoltare!”.
I presenti si affrettarono a lanciare banconote da balconi e finestre o a correre in casa a prendere il portafoglio tornando chi con una sedia pieghevole, chi con un pacchetto di patatine o popcorn, mentre lo show a casa sua continuava senza sosta.
“Il fondoschiena, no! Artigliami… le spalle, le braccia… qualunque cosa ma… quello no… mi prude ancora!”.
“Sì, ma tu non perdere il ritmo…”.
“Ma… stai usando i piedi… per spingermi contro di te?”.
“Beh, visto che… non posso… usare le mani…”.
“E meno male che ti faceva impressione…”.
“Cretino, non farmi ridere!”.
“In effetti preferisco sentirti gemere… Ehi! Che fai?! Sto io sopra!”.
“E chi lo dice?!”.
“Io, perché sono l’uomo!”.
“Allora prova a ribaltarmi, se ci riesci… Ranko!”.
“Ehi, questo è un colpo basso!”.
“No… questo… è un colpo basso…”.
“Oh, kami… a ben pensarci… ho una visuale migliore… da qui…”.
“Ma come… non ero… tubolare? Senza fascino e… sex appeal…?”.
“Ma che mi hai… creduto davvero?”.
“Sì, brutto zotico… Aspetta, ho un’idea… tira su le ginocchia!”.
“Così?”.
“Oh… kami… sìììì!”.
Il rumore di qualcosa che sbatteva ritmicamente contro una parete rischiò di far strozzare Nabiki sul serio, stavolta. Lo stavano facendo sul pavimento?!
“Ahio! Akane, rallenta! Stai spingendo così forte che sbatto la testa contro il muro! Tra un po’ lo sfondo!”.
“Sta’ zitto e metti le mani qui! Anzi, no, qua!”.
“Oh, deciditi, non sono un polpo, ho solo due arti! E rallenta, ho detto!”.
“Ehi, perché ti sollevi, che vuoi fare?!”.
“Evito di farmi venire un bernoccolo!”.
“No, aspet…! Ahia, la schiena!”.
“Ma se ti tengo con una mano! Io mi sono fatto male alle nocche, sempre a lagnarti, stai!”.
“Ma piantala e riprendi subito da dove…”.
“Così?!”.
“Oh… sì… perfetto!”.
“Ahia, le unghie! Non artigliarmi le natiche, accidenti!”.
“Lo faccio per la tua incolumità… se ti fermi… sei morto sul serio… stavolta!”.
“Ah sì? Spero tu abbia ancora fiato, allora!”.
“Pensa al tuo!”.
“Io ne ho da vendere!”.
“E allora spingi di più!”.
“Più di così?! Un altro po’ e ti apro in due!”.
“Sì, kami, fallo!”.
Non poteva crederci: quei due riuscivano a litigare perfino mentre facevano sesso. E nonostante tutto, andavano avanti con una foga da primato olimpico: ne aveva di resistenza, Ranma, eh? Bene, bene…
“Chi scommette che arrivano a dieci minuti?”, urlò Nabiki al pubblico riunito.
“Io dico quindici!”.
“Io pure!”.
“Io invece venti! Era il rumore di una parete sfondata quello o sbaglio?”, le chiese il signor Moroboshi.
Una parete sfondata? Ma che stanno…?
“Ranma, siamo finiti in camera mia! Te l’avevo detto di non farlo in piedi!”.
“È colpa mia se avete le pareti di polistirolo?!”.
“No, ma è colpa tua se ci metti tutta la forza!”.
“Mi hai chiesto tu di spingere di più!”.
“Ma non di fermarti! Riprendi immediatamente!”.
“Ma se non attutivo la caduta ti facevi male!”.
“Sta’ zitto e riprendi!”.
“Sì ma tu lasciami andare i capelli, mi stai strappando il cuoio capelluto!”.
“Allora torno io sopra e non si discute!”.
“Non se ne parla! Sopra ci sto io!”.
“E se mi metto seduta?”.
“Uhm… non è… affatto… male… lo ammetto…”.
“E se adesso… fossi io a dirti… di non mettere le mani… sul mio fondoschiena…?”.
“Aspetta e spera…”.
“No, il collo no, sono sensibile!”.
“Sì, inarcati ancora… Ahio, le unghie!”.
“Ancora? Neanche la schiena posso graffiarti?!”.
“Me l’hai ridotta a coriandoli! Aspetta, proviamo così…”.
“Ma che fai? Perché devo darti le spalle? Oh… kami!”.
“Rilancio a venticinque minuti!”, gridò Nabiki guardando l’orologio.
“Ci sto!”.
“Pure io!”.
“Ecco i miei soldi!”.
Dai, ragazzi, rendetemi fiera di voi!
“Aspetta… mi sta venendo… un crampo, così… torniamo a…”.
“D’accordo… ma sto sopra io… e ti blocco le mani!”.
I gemiti di Akane mutarono quasi all’istante in gridolini sempre più acuti, che sfociarono rapidamente in un crescendo di urla liberatorie a ventitré minuti e trentasette secondi esatti dall’inizio di quell’assurdo amplesso.
Accidenti!
Subito dopo, si udirono i gemiti non meno liberatori di Ranma, che doveva ammetterlo, se l’era cavata per niente male. A confermarlo, alle spalle di Nabiki partì un coro di fischi e applausi con qualche “bravi!” e “ancora!” gridati qua e là.


“Credo di avere una costola incrinata…”, esalò Ranma stramazzando sul pavimento di fianco ad Akane, ansante e sfinito come nemmeno nel più logorante dei combattimenti contro Obaba e Happosai messi insieme. “Così ti faceva impressione, eh? Quello che non sei riuscita a farmi combattendo, sei riuscita a farmelo… ah, lasciamo perdere…”.
“Io non mi sento più le gambe…”, gli confessò Akane, non meno ansante, ridendo sommessamente. “E comunque non lamentarti, poteva andarti peggio se ti fossi fermato un’altra volta…”.
“Mi hai sfidato, pur di vincere me le sarei anche rotte tutte, le costole…”, rise di rimando anche lui.
“Allora ringraziami: se non ti sfidavo, oltre un bacetto tu non andavi!”.
“Lo ammetto, è vero… che ci siamo persi, finora…”.
E tu, là sotto, sei contento, finalmente?
Silenzio di tomba. Ranma increspò la fronte.
Oh, ci sei? Sei morto, per caso?!
“Ma… sono applausi quelli che sento?”, chiese Akane aguzzando l’orecchio mentre a fatica si issava sui gomiti in mezzo a pezzi di cartongesso, le labbra gonfie per i baci, le guance arrossate, i capelli arruffati e gli occhi tanto scintillanti da abbagliare la sua mente. Per tacere di quel che poteva ammirare dal collo in giù. “Sento anche dei fischi…”.
Ranma distolse lo sguardo da lei nella speranza di ritrovare la lucidità che era andata a farsi friggere.
“Li sento anche io, adesso. A chi stanno gridando ‘bravi’?”.
Nell’attimo stesso in cui formulò la domanda, vide la risposta negli occhi increduli di Akane, che si portava tutt’e due le mani a tapparsi la bocca, mentre avvampava fino alla punta dei capelli.
“Non sarà per… Oh no, voglio sotterrarmi!”, disse balzando in piedi per correre a seppellirsi sotto le coperte del proprio letto.
“Ma se ci chiedono di rifarlo di nuovo, non senti?”, ironizzò lui rialzandosi più dolorante della sfida contro Azusa e Mikado, la schiena in fiamme per i graffi elargiti da quell’orango di sua moglie. Male che andava, avrebbe avuto delle cicatrici di cui andare fiero…
“La prossima volta però avvisatemi, così allestisco anche un maxischermo!”, annunciò una voce serpentina in fondo alle scale.
“Nabiki!”, gridarono indignati lui e Akane all’unisono.
“Se non siete presentabili, vestitevi subito e scendete, devastatori che non siete altro: dobbiamo parlare”.









Eccomi di nuovo qui, spero che vi siate divertiti a leggere questo capitolo così come io mi sono divertita a scriverlo: piaciuta la scena di sesso più improbabile nella storia del fandom (spero)? XDD Che accadrà ora? Come risolveranno Ranma e Akane le beghe con le rispettive organizzazioni segrete? Il prossimo capitolo dovrebbe essere quello conclusivo, alla prossima! ^_-

   
 
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