Problemi?
-
"Ginny!" La
rossa si voltò alla voce della madre.
"Mamma!" esclamò
quindi, con un sorriso innocente, di quelli che aveva imparato a fare
già a
quattro anni. Ginny era appena a casa con la metropolvere, ma sua madre
l'aveva
bloccata prima ancora che riuscisse a salire le scale.
"Dobbiamo parlare,
signorina". Molly, con voce sostenuta, le indicava il tavolo in cucina,
senza nessuna possibilità di fuga.
Come? No, no.
"Veramente, io dovrei…"
La donna però la guardò
severamente e lei abbassò lo sguardo, annuendo e seguendola
in cucina.
"È più di un mese che
torni sempre tardi. Non mi piace non sapere dove sei e vederti tornare
all'alba…"
Ginny, che lanciando
un'occhiata all'orologio poteva notare che all'alba mancava ancora
parecchio
tempo, sospirò. "Sono stata da…"
iniziò, pronta a raccontare
l'ennesima bugia.
"Guarda che so già
che non vai a casa di Hermione né di Luna, risparmiami le
tue menzogne."
Molly assunse la
sua posa
da mamma, appoggiando le mani sui fianchi, assomigliando vagamente a
un'anfora.
"Ma quali menzogne!
Io… rimango a casa di una ragazza della squadra, si
chiama…" Ginny stava
mentendo, lei lo capiva benissimo. Ma questa volta non poteva lasciar
correre.
"Ginevra Molly
Weasley!" richiamò la ragazza e questa spalancò
gli occhi. "Non mi
raccontare frottole, sono tua madre!"
Ma cosa credeva, sua
figlia, che si fosse rincretinita? Anche lei era stata giovane e aveva
passato
parecchie notti con Arthur prima del matrimonio, ma non si sarebbe mai
sognata
di prendere in giro i suoi genitori. E poi loro sapevano che era con
lui. Ora
lei voleva sapere quello che stava combinando.
Ginny
sospirò e spostò lo
sguardo: non voleva raccontare bugie a sua madre, ma non voleva neanche
raccontarle qualcosa di cui neanche lei sapeva bene la situazione.
"Mamma,
io…"
"Dormi da un
ragazzo?"
Annuì e si passò una mano
fra i capelli.
"Senti" le
disse, abbassando il tono e sedendosi davanti a lei al tavolo. "Con
Harry
è appena finita e non vorrei che tu stessi
correndo…"
"Ho lasciato Harry
quasi un anno fa, mamma. Non sto correndo per niente."
La strega annuì e questa
volta sospirò lei. "È che quando stavi con Harry
io non ero in pensiero… E
tu non ti assentavi così tanto…"
"Mamma, Harry viveva
qui, praticamente! Dovevamo solo far le scale per vederci!" Ginny
alzò un
braccio indicando vagamente la scala a chiocciola nell'altra stanza
mentre
osservava il viso di sua madre rendersi conto della situazione.
"Ah!" Molly
sembrò pesare le sue parole. "Quindi, con questo qui, sei
già… intima?"
"Mamma…"
"Per l'amor di
Merlino, spero tu prenda precauzioni!"
"Mamma, sì!"
sbottò, per poi sospirare. "Ma non voglio parlarne
con…"
"Preferirei che tu
tornassi a casa prima, però. E poi non sta bene che ti fermi
a casa di un
ragazzo senza che..."
Pronta a ribattere che né
George né Ron, sicuramente, dovevano sottostare a una
qualsiasi regola assurda
stesse pensando, sbuffò e strizzò gli occhi,
quando il fratello più giovane
fece la sua comparsa in salotto.
"Ron!" esclamò
con entusiasmo, vedendolo dalla porta della cucina, rimasta socchiusa.
Ron non si
aspettava di
vedere nessuno: non se l'era sentita di smaterializzarsi e
così aveva preferito
usare il camino, ma aveva pensato che fosse troppo tardi per trovare
qualcuno
ancora in piedi.
"Ehm.. Ginny?"
Stranito più dal tono della sorella che dall'alcol,
osservò la madre e la
ragazza raggiungerlo in salotto come se fosse un vecchio parente
tornato dopo
anni.
"Mamma, a Ron non
diciamo niente per cui è tornato così tardi?
E… fammi sentire… non sembra
neanche totalmente sobrio o sbaglio?"
Sua sorella si era
avvicinata a lui e faceva finta di annusarlo.
"Ron! Hai
bevuto?" Sua madre era scandalizzata.
Ron non è che stesse
capendo benissimo: era uscito con alcuni colleghi del ministero e, una
cosa
tira l'altra, una pinta qua e una pinta là, sì,
insomma, poteva aver bevuto un
pochino di troppo.
Ginny si mise fra lui e la
mamma proprio mentre si passava una mano fra i capelli e tentava di
negare in
modo poco dignitoso.
"Scusami, Ron. Giuro
che mi faccio perdonare" sussurrò, solo per lui, prima di
girarsi verso la
signora in vestaglia che, con le mani appoggiate ai fianchi, era pronta
per una
sfuriata da strillettera. "Io gli farei qualche discorsetto su come ne
ha
rovinati più l'alcol che la bacchetta!" E così
dicendo, scappò via per la
scala a chiocciola.
Ma… Cosa era successo?
Si voltò verso sua madre,
non del tutto sicuro di riuscire a fare conversazione.
*
Ginny era
entrata in
camera e si era appoggiata alla porta chiusa sospirando: l'aveva
scampata per
un pelo.
Poco dopo si sentì bussare
alla porta: fece finta di niente e non rispose, sperando che chi fosse
in
corridoio pensasse che stesse dormendo.
"Ginny… sono io"
sussurrò Ron e la ragazza sospirò ancora,
pensando che a lui non poteva negare
una spiegazione.
Aprì lentamente la porta.
"Ron" mormorò.
"Posso entrare?"
Ginny spalancò l'uscio.
"Devi aver bevuto parecchio per chiedere il permesso di entrare in
camera
mia!"
Ron alzò una spalla mentre
faceva due passi e lei gli richiuse la porta alle spalle. "Hermione
dice
che se mi alleno a essere gentile, poi mi verrà naturale."
"Hermione ti ha preso
com'eri. Non è detto che diverso le piaceresti."
"Come?" Ron
sembrava un po' confuso.
"Lascia stare."
Ron si distese
sul letto di
sua sorella perché la stanza aveva preso a girare. "Cosa ti
ha detto la
mamma?" Chiuse gli occhi per non vedere il soffitto ondeggiare.
Sentì il materasso
piegarsi sotto il peso di Ginny, che si stava sdraiando accanto a lui.
"Ha fatto storie
perché torno tardi…"
"E tu le hai detto
che è fortunata per il fatto che almeno torni?"
"Come?"
Ron rise. "Niente, ho
bevuto davvero".
"Scusa se ti ho messo
in mezzo: non sapevo più come cavarmela. Dice che non sta
bene che io stia fuori
così tanto e che…"
"E che fai
sesso."
Ginny rise. "Ho
cercato di non arrivare a quella parte. Era già piuttosto
imbarazzante il fatto
che mi stesse sgridando per il coprifuoco…"
"Mamma ha solo paura
che tu soffra."
Ginny alzò un
sopracciglio, voltandosi verso di lui. "Sicuro di essere Ron?"
Il ragazzo si toccò la
faccia. "Sì, penso di sì". E il suo tono la fece
ridere ancora.
"Comunque ho sentito che lo diceva a papà dopo cena, non
sono proprio
parole mie…"
"Ah, ecco!" Ora
tutto aveva più senso.
"Penso che non le
piaccia il fatto che non lo hai ancora portato a casa ufficialmente.
Sai che
lei deve avere il controllo della situazione. Magari ha paura che
finisca come con
gli altri…" Ron sbadigliò e non mise la mano
davanti alla bocca.
"Gli altri? Mamma
cosa sa degli altri?"
"Non saprei. Ma lo
sai che non le sfugge niente."
Ginny sospirò e si strinse
le braccia al corpo, come se avesse freddo, nonostante la temperatura
fosse
ideale. "Non voglio portarlo a casa. È troppo presto:
voglio… tenerlo un
po' per me. Solo per me…" spiegò. Ron
alzò un braccio e l'abbracciò,
posandoglielo sulle spalle e stringendola; Ginny si gustò
quella coccola.
"Strano che tu sia
così riflessiva, per una volta."
"Come?" Ginny
corrugò la fronte: che intendeva?
"Sì, beh, di solito
fai le cose subito, senza pensarci, così… un
po'…" Cosa? Lei era cosa?
"Istintiva. Forse è la parola giusta. Merlino, Hermione
sarebbe orgogliosa
di me, ho usato una parola nuova… Istintiva."
"Istintiva?"
chiese ancora Ginny, facendo fatica a stargli dietro.
"Come dicevo, fai le
cose senza considerare quello che potrebbe succedere dopo, ma lo
capisco, a
volte lo faccio anch'io. Non è che lo facciamo apposta. Come
quando sono
scappato da Harry e Hermione e li ho abbandonati. Dopo ci ho ripensato
e sono
riuscito a capire i miei sbagli e ho rimediato; sono tornato. Forse
è una cosa
di famiglia…" Ginny ascoltò Ron con un orecchio
solo: davvero lei era
istintiva e non pensava a ciò che faceva? Prendeva decisioni
sul momento, senza
considerare troppo le conseguenze? Nel Quidditch lo faceva spesso, ma
era una
cosa buona. Beh, il più delle volte. Forse avrebbe dovuto
iniziare a fermarsi a
pensare, prima di agire?
"E lo fai
ancora?" gli chiese, in un sussurro.
"Sto cercando di non
farlo più. Anche se è difficile. Ma forse
è questo crescere, cosa dici?"
Crescere? Ginny annuì
senza dire niente: forse anche lei avrebbe dovuto smetterla di
comportarsi come
una bambina. Perché sono i bambini che si comportano senza
riflettere prima
sulle ripercussioni delle loro azioni. Avrebbe dovuto crescere anche
lei. Rimase
a pensare su questa cosa e per un po' nessuno parlò
più.
"Comunque prima o poi
ti toccherà portarlo a casa. Chi è? Il tipo del Puddlemere United?" Ron
sbadigliò ancora.
"No…"
rispose, non sapendo se dovesse essere sincera o no: come avrebbe
reagito Ron
al fatto che lei usciva con Blaise?
"Per
Godric, è Zabini, vero?"
"Come
hai fatto a indovinare?" Ginny spalancò gli occhi e si
voltò verso di lui,
ma Ron aveva ancora gli occhi chiusi e non poteva vederla.
"Beh, Ginny… la cena,
la foto sul giornale del Quidditch… Non sono un genio,
ma…" Suo fratello sorrise
al buio.
"Non è tutto come
sembra, sai? Alla cena è stato obbligato a venire e la foto
del bacio in verità
era uno scherzo che…"
"Sì, sì certo. 'Siamo
solo amici' dicevi" la interruppe lui con condiscendenza e ironia.
Ginny
sbuffò: come gli dava fastidio quando faceva
così! Ma d'altronde non poteva
dire niente, da fuori sembrava proprio come diceva lui.
Ma poi lui rise, aprendo
gli occhi e voltandosi verso di lei e Ginny capì. "Te lo ha
detto
Hermione! Le avevo detto di non dirti niente!"
Ron rise ancora e lei
sbuffò prendendo uno dei cuscini che aveva sul letto e
sbattendoglielo in
faccia.
"Ron, puzzi di burrobirra!"
Stizzita perché non poteva ribattere e lui continuava a
ridere lo stesso, fece
un broncio e si sentì veramente una bambina.
"Puzzi anche tu"
l'accusò.
"Io?" si
scandalizzò, tentando di avvicinare il naso all'ascella: non
era vero!
"Sì: di cedro. E di…
soddisfazione" disse, prima di addormentarsi.
Ginny pensò che non
l'avesse presa male come era successo con gli altri, forse Hermione
glielo
aveva detto nel modo giusto: lei sapeva davvero quello faceva. Come
tutte le
altre volte, in effetti.
***
"Blaise? Sono
io…"
Ogni volta che Ginny si
materializzava a casa del moro, anche se le aveva detto di farlo
tranquillamente, si sentiva sempre un po' d'impiccio: e se con lui, per
un
motivo o per l'altro, ci fosse stato qualcuno? Cosa avrebbero fatto o
detto?
"Sono nello
studio!" La sua voce, alta e sicura, non aveva mai bisogno di urlare o
alzarsi di tono. Doveva essere una di quelle cose che i piccoli snob
purosangue
succhiavano con il latte materno: non agitarsi e farsi rispettare.
Ginny lo raggiunse e,
sulla porta, lo vide fumare alla finestra. Cercava di non farlo alla
scrivania
perché una volta una pergamena si era rovinata con la cenere
della sigaretta.
Sorrise per il suo autocontrollo.
"Com'è andata?"
"Le hanno prese
tutte" rispose lui.
L'espressione
sul viso
della ragazza lo riempì di orgoglio: aveva scoperto che
rendere qualcun altro
fiero di quello che faceva lui, gli riempiva il petto di un calore
inaspettato.
Ed era bello. Anzi bellissimo. Era forse più eccitante di
contrattare il prezzo
delle foto che vendeva.
"Bravissimo!"
Lei si avvicinò e lo baciò. Blaise fece scorrere
la mano sulla sua schiena e
Ginny ridacchiò quando le toccò quel punto in cui
soffriva il solletico:
adorava quando succedeva.
"Non mi chiedi quanto
mi hanno dato?"
Lei alzò una spalla.
"Se ci tieni…" Si staccò da lui e andò
verso la scrivania, dove Kikky
aveva lasciato il vassoio del pranzo. Prese la mela e diede un morso,
mentre si
spostava per guardare i suoi nuovi disegni. Da un lato, il fatto che a
lei non
interessasse per niente il suo denaro, lo rendeva consapevole che non
stesse
con lui per quello, ma il suo patrimonio, d'altro canto, era anche il
suo
orgoglio, perché era lui che lo faceva fruttare, grazie alle
sue intuizioni e
al suo modo di agire. Si avvicinò alla scrivania dopo aver
spento il mozzicone.
"Quanto ti hanno
dato?" gli chiese, allora, con la bocca piena, mentre prendeva in mano
una
pergamena.
Quando glielo disse, lei
si girò di scatto, sgranando gli occhi. "Davvero? Per i
denti di Merlino!"
esclamò, alzando poi la mano per battergli un cinque.
"Già" continuò.
"Potremmo spenderli… che dici?"
Ginny
alzò gli occhi dal
disegno, che era tornata a guardare subito dopo essersi complimentata
con lui.
"E cosa vorresti farci?" chiese, in risposta.
"Non so. Che ti
piacerebbe? Vorresti un regalo?" Blaise infilò le mani nelle
tasche dei
pantaloni, esibendo un sorrisetto sghembo.
"Io?" chiese e
lui scosse le spalle. "A me non serve niente" spiegò,
corrugando la
fronte.
Già,
questo Blaise lo
sapeva già. "Non vorresti qualcosa?" Lei si morse un labbro,
mentre i
suoi occhi si inumidivano.
"In verità ciò che
desidero non si può comprare…"
mormorò, abbassando lo sguardo e lui si
sentì un idiota. "Però…" La ragazza
tornò a guardarlo con uno sguardo
diverso. Però? Blaise stette in attesa. "Ci sarebbe una cosa
che mi
piacerebbe… Ma costa un sacco di galeoni e non lo avrei mai
proposto… ma visto
che me lo chiedi…" Come? Cosa? Blaise si fece attento:
davvero bastava
chiederlo?
Ginny fece un
passo verso
di lui con uno sguardo eccitato e divertito, come se avesse otto anni e
fosse
la mattina di Natale. Blaise era sempre più attento, pronto
a ricevere da lei
un'informazione preziosissima, neanche fosse la profezia che lo avrebbe
designato imperatore del mondo magico. "E…
cos'è?" chiese, quando non
parlò più.
La ragazza scosse il capo.
"Mi vergogno… costa veramente tantissimo…"
Blaise
corrugò la fronte:
ma cosa poteva essere? Quando lei abbassò di nuovo lo
sguardo, si avvicinò.
"E quanto costa?"
"512 galeoni".
Ginny alzò il viso verso di lui. Blaise non
collegò subito, cercando di pensare
cosa gli ricordasse quel numero. Fu solo quando lei scoppiò
a ridere che capì
di essere stato preso in giro.
"La maglia di
Quigley!" Blaise era divertito, ma scosse la testa.
"Sì. Regalamela che
voglio usarla per provare gli incantesimi distruttivi…" Rise
ancora lei,
per poi stringersi contro di lui e mettergli le braccia al collo. "Non
devi spenderli per me, Blaise, sono soldi tuoi. Ma se vuoi, possiamo
fare
qualcosa insieme: andiamo a mangiare in quel ristorante italiano dove
mi hai
portato due mesi fa, o a un concerto delle Sorelle Stravagarie o
ovunque tu
voglia… Non mi interessa niente, voglio solo stare con
te…"
Blaise incassò il colpo
sorridendo e annuì: l'avrebbe accontentata. Lo avrebbe fatto
anche se lei gli
avesse detto di desiderare che gli comprasse un elfo. "Potremmo andare
al
Tasty Magic…" propose. Notò la smorfia che
segnò il viso della ragazza, ma
poi lei sorrise di nuovo, passandosi una mano sulla testa.
"Va bene, se proprio
ci tieni, andremo lì. Ma devo passare da casa a mettermi un
po' di terra nei
capelli…" Quando capì la battuta, Blaise
sbuffò bonariamente e la spinse,
facendola cadere sul divano dove lei aveva dormito quando gli era
svenuta fra
le braccia.
"Spiritosa, mia cara
Ginny…" la prese in giro.
"Come? Non lo sapevi?
Eh, ma ormai è tardi, non puoi più ridarmi
indietro, sai?" E così dicendo
lo tirò per la camicia per farlo chinare e riuscire a
baciarlo. Blaise non si
fece scappare l'occasione, anche se non le disse che non avrebbe mai
tentato di
'ridarla indietro'.
"Ohi, ma mi stai
ascoltando?"
Blaise staccò lo sguardo
dalla rossa che, nella cucina di Pansy, era chinata sul tavolo mentre
le
raccontava qualcosa di divertente, per cui le ragazze stavano ridendo
insieme.
Scosse il capo.
"Scusa, Theo".
Si voltò verso l'amico, prestandogli attenzione.
Theo
sbuffò bonariamente:
aveva visto che Blaise non riusciva a smettere di guardare la Weasley,
come se
dovesse continuamente sapere dove fosse e cosa facesse.
"Dicevo" iniziò,
andandosi a mettere comunque nella traiettoria fra Blaise e la cucina,
onde
evitare altre distrazioni. "Hai visto Draco, ultimamente?"
Da quando avevano avuto
quella famosa 'discussione' con il biondo, non ne avevano
più parlato, forse
anche perché erano stati distratti dalle ragazze, ma la sera
prima ci aveva
pensato e aveva notato che lui non si era più fatto vedere.
Blaise
portò tutta
l'attenzione sull'amico: Draco? No, non solo non lo aveva
più visto, ma non ci
aveva neanche più pensato. Scosse il capo mentre beveva dal
bicchiere di
cristallo. Ascoltò Theo parlare del biondo con un orecchio
solo, finché non
disse qualcosa che attirò tutta la sua attenzione.
"Come?" chiese,
pensando di aver capito male.
"Redpoppy House,
Blaise, ma mi ascolti?"
Oh. Parlava della
proprietà che la madre di Blaise aveva ereditato da uno dei
precedenti mariti:
era una costruzione dalle discrete dimensioni nella campagna inglese e
loro,
lui e gli altri, c'erano andati più volte durante le vacanze
di primavera o
d'estate. Si ricordò anche del laghetto: poco più
di uno stagno,
effettivamente, ma un ambiente confortevole e in mezzo al boschetto.
Avrebbe
potuto portarci Ginny: era sicuro che a lei sarebbe piaciuto molto,
poteva
essere una vacanza, in fin dei conti. Un posto dove lei non sarebbe
scappata
via di notte per tornare a casa e avrebbero passato del tempo insieme.
"Dicevo che potremmo
portarlo lì, no? Chiamiamo anche Hermes e gli altri, un
weekend fuori da tutto,
come le altre volte, durante gli anni della scuola…
chissà che non scopriamo
qualcosa…"
Mmm… no, lui ora non
poteva proprio andare via. Non voleva staccarsi dal suo folletto rosso,
non
ancora. Lanciò uno sguardo alla cucina, ma la ragazza era di
spalle, così
lasciò scivolare gli occhi sul suo sedere. Potevano andare a
RedpoppyHouse loro
due, così avrebbero passato un'intera notte insieme. E forse
più di una.
"No, non penso che…
Non saprei…" Accampò qualche scusa, girandosi
verso l'amico e sperando di
essere convincente, mentre osservava Theo aggrottare la fronte in un
modo molto
curioso: non resse il suo sguardo quando capì che lo avrebbe
sgamato.
"Di che
parlavate?" chiese la mora, entrando nel loro cerchio di azione, mentre
Ginny la seguiva reggendo un piatto di stuzzichini e un bicchiere pieno
di vino.
Le due ragazze si
sedettero sul divano, e Theo alzò le spalle prima di bere
l'aperitivo che aveva
nel bicchiere. "Stavo ricordando a Blaise di quando andavamo a Redpoppy
House".
"Oh!" A Pansy
brillarono gli occhi, mentre esclamava: "Redpoppy House! Oh, Ginny
sarebbe
magnifico, devi vederla, è una casa bellissima, in mezzo
alla campagna. Non
incontri nessuno per un sacco di miglia, e c'è anche un
bosco; e in mezzo al
bosco un delizioso stagno che…"
La mora aveva iniziato un
monologo descrittivo troppo veloce per essere capito, tanto
l'entusiasmo la
stava prendendo, prima che il moro smorzasse ogni euforia.
"Dicevo che non è
agibile, adesso: ci sono dei lavori da completare e non si
può proprio
andarci" la interruppe Blaise, con un tono forse troppo duro rispetto a
quello che stava dicendo e un disagiato silenzio riempì il
salotto: tutti
avevano nasato la scusa del ragazzo, che sembrava contrario all'idea
dei suoi
amici.
Ginny ci rimase male più
per il suo tono e per come aveva zittito i ragazzi che per quello che
sembrava
che fosse: non parlarne davanti a lei.
Pensò di dire ad alta voce
che non c'era problema per lei, che li avrebbe lasciati soli per
discutere
della cosa, ma pensando che potesse essere una di quelle cose
'istintive' che
le aveva detto suo fratello, decise di non parlare e si alzò
per tornare in
cucina a prendere qualcosa che aveva fatto finta di dimenticare, per
dare loro
l'occasione di parlarsi.
Pansy
notò la rossa
alzarsi e raggiungere la cucina, così la seguì e
aprì uno sportello a caso, iniziando
a parlare di una cosa qualunque.
Theo
notò le ragazze in
cucina e si sporse verso Blaise, sussurrando: "Merlino, ma che ti
è preso?
Si è capito benissimo che era una bugia!"
Il moro scosse le spalle.
"Non so davvero come è messa la casa. Non so neanche se
è può ospitare
qualcuno, non controllo gli elfi da una vita…"
Sì, va bene, ma non
avrebbe potuto dirlo direttamente? "Ma così sembrava che tu
volessi…"
iniziò, ma l'amico lo interruppe, liquidando la questione
con una mano.
"Per Draco, troveremo
una soluzione al più presto, senza aspettare il momento
giusto per andare in
campagna: non lo lasceremo nei guai, lo sai benissimo…" Theo
annuì alle
sue parole e si rassicurò un pochino: Blaise era quello su
cui contare per le questioni
organizzative perché gli piaceva avere il controllo di tutto
e loro glielo
lasciavano fare volentieri. Sapeva anche che per lui era importante che
ogni
cosa fosse perfetta. Ma se anche la casa non fosse stata pienamente
lucida, che
differenza faceva? Forse a volte era esagerato e avrebbe avuto bisogno
di
lasciarsi un po' andare. Notò le ragazze tornare verso di
loro, chissà forse
davvero la Weasley avrebbe potuto essere la persona giusta: era
così poco
prevedibile, lei. E di sicuro poco controllabile.
"E comunque è troppo
presto per organizzare una cosa così" rimarcò
ancora lui: vabbè, almeno le
piccole manie potevano lasciargliele, no? Annuì
distrattamente.
Ginny
sentì l'ultima frase
di Blaise e pensò che riguardasse la loro relazione: era
troppo presto per
andare in vacanza insieme? Effettivamente poteva essere,
così come per lei era
troppo presto ufficializzare la cosa in famiglia, forse per lui era
troppo presto
passare insieme e a stretto contatto, il tempo di una vacanza con i
suoi amici
più intimi.