Anime & Manga > Ranma
Segui la storia  |       
Autore: Ranma789    06/12/2023    1 recensioni
E se Ranma arrivasse al Ryozampaku, il dojo dei folli Maestri di Kenichi, per addestrarsi?
Come la prenderebbe Kenichi, e che rapporto avrebbe Ranma con Miu, una persona con la quale ha molto in comune?
E perché Ranma, un anno dopo il matrimonio fallito, vive da solo con sua madre e non ha più rapporti con Genma, con i Tendo e, soprattutto, con Akane?
Cosa lo ha spinto a rinnegare la sua vita passata a Nerima?
Allenarsi al Ryozampaku potrebbe aiutarlo a crescere e ad assumersi quelle responsabilità che ha sempre rifuggito, accettando il suo destino di diventare un Maestro.
Ma quando Kenichi e l'Alleanza Shimpaku si troveranno in pericolo, sarà solo collaborando che potranno salvarsi tutti...sempre che il cuore non ci metta lo zampino, e che la gelosia non rovini tutto. Ancora una volta.
Nota: per Kenichi, la fiction si svolge circa tre mesi dopo la fine del manga, per Ranma un anno dopo il diploma
[CROSSOVER RANMA 1/2 e KENICHI THE MIGHTIEST DISCIPLE]
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nodoka Saotome, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki, Tatewaki Kuno
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Quando arrivò finalmente al dojo indicato sulla mappa, Ranma rimase perplesso. Una gigantesca cinta muraria delimitava uno spazio di alcune miglia quadrate, ed una volta decorata che sembrava risalire all’epoca Sengoku* sovrastava una massiccia porta di legno.



Ma che razza di posto è questo? Boh, tanto vale provare ad entrare


Il ragazzo col codino appoggiò le mani sulle ante delle porte e le aprì, senza alcuna difficoltà, ma rendendosi conto che non dovesse essere impresa da persone normali.



“Ehi, c’è nessuno?” domandò nell’entrare, lo zaino ancora in spalla, ma non ottenne risposta. Passeggiando nell’ampio porticato, notò un prato, degli alberi, ed un grande edificio sulla sinistra, che senza dubbio copriva la vista di altri edifici. Il luogo dava una sensazione di incuria, ma non doveva essere abbandonato.


Non vide né sentì nessuno, ma percepì un brusìo di voci provenire dall’interno, che via via si fecero più alte e concitate, poi delle grida ed improvvisamente vari rumori come di vasi spezzati, tavoli rovesciati, ed altri danni assortiti, che provenivano però, a breve distanza di tempo, da angoli diversi della casa, come se un elefante impazzito stesse muovendosi a zig zag.


Ed in breve Ranma lo vide, o meglio LA vide. Quella che sembrava una ragazza poco più giovane di lui, con una lunga treccia bionda, uscì da una parete, sfondandola di netto, inseguita da una cacofonia di voci diverse.


C’era qualcosa di strano in lei, era circondata da un’aura rossa fiammeggiante, ed i suoi occhi non sembravano umani, ma più simili a quelli di un’animale feroce. 




Lei stessa non si esprimeva come una persona, ma emetteva versi che potevano anche essere parole in un’altra lingua, e letteralmente schiumava dalla bocca, come posseduta.


Eh? Ma che diavolo…”


Ma non fece in tempo a fare domande, perché, nel notarlo, la ragazza emise un ringhio e gli si gettò addosso con furia selvaggia, attaccandolo con un colpo di avambraccio che mancò Ranma, che si era istintivamente spostato indietro, ma che spaccò il terreno sottostante.


“Ehi, CHE CAVOLO PENSI DI FARE?” gridò il ragazzo col codino, che tuttavia si limitò a schivare, con le mani ancora in tasca.


Dalla breccia nel muro emersero varie facce di persone bizzarre: un uomo con i capelli lunghi e degli strani mustacchi, un ometto cinese con lunghi baffi ed un ampio cappello, un enorme anziano con una lunga barba, un giovane gigantesco del sudest asiatico con i capelli a spazzola, ed un giapponese con la barba non fatta ed una cicatrice sul volto.


“Tsk! Ci è sfuggita!”

“E sta attaccando quel ragazzo! Doveva essere un cliente!”


“Ooh, non abbiamo mai visite, perché proprio oggi?”


“Apa! Se lo fa fuori, possiamo comunque fargli pagare la retta per la sfida?”


“Uhm…vediamo che cosa succede” suggerì l’uomo più anziano.



La ragazza misteriosa non cessava di incalzare Ranma con attacchi molto vari, acrobatici e ferocissimi, appartenenti ad un’arte marziale che l’erede della scuola Saotome non aveva mai visto, ma che gli ricordava vagamente qualcosa collegato ad uno dei suoi viaggi.


Il ragazzo col codino si limitava, con l’attenzione al massimo, a schivare istintivamente tutti gli attacchi, senza contrattaccare, muovendosi all’indietro, di corsa, come se stesse pattinando sul prato, sempre inseguito dalla ragazza selvaggia, che diventava sempre più frustrata nel non poterlo colpire, ed emetteva una serie di suoni gutturali ad ogni tentativo.


Ad un certo punto Ranma si accorse, con la coda dell’occhio, dei cinque strani individui che li spiavano dal buco nel muro senza fare niente al riguardo.


Tsk! Che cos’è, una specie di test di ammissione al dojo? Se è così, non è di mio gusto!


“EHI VOI! STRANI TIZI!” gridò, senza alcun riguardo, come suo solito.

Le sue parole ebbero un effetto inaspettato. Molti di loro sembrarono contriti




“Parla di noi?”


“Decisamente senza peli sulla lingua…”


“Siamo strani?”


“Beh, tu un po’ strano lo sei, con quella faccia…”


“APA! Apachai non è strano, al massimo un po’ originale, ma non strano…” mormorò “capelli a spazzola”, tenendosi le ginocchia, depresso.



“GUARDATE CHE SE QUESTO E’ QUELLO CHE VOLETE; TRA POCO RISPONDERO’ ALL’ATTACCO! ANCHE SE COLPIRE LE DONNE NON E’ NEL MIO STILE…”



Continuava a svolazzare all’indietro per tutto il cortile, evitando gli ostacoli come se avesse gli occhi dietro la nuca.



In quella, un’ombra uscì fulmineamente dal buco nel muro, coprendo la distanza a grandi balzi e gridando qualcosa.



“NOOOO; FERMATI; MIU-SAN!”



Uh? E quello chi è?” Si domandò Ranma.


La strana figura, però, si avvicinò rapida a loro due e, prima che Ranma potesse farci qualcosa, si interpose tra il ragazzo col codino e la ragazza selvaggia, incassando in pieno stomaco un colpo violentissimo che non era destinato a lui.


“Eeeh?”



Distratto per una frazione di secondo, Ranma inciampò su qualcosa che si ritrovò tra i piedi, che non aveva percepito.


I cinque uomini poterono osservare che un topolino con un cappello da ferroviere stesse guidando una piccola locomotiva fatta di fiammiferi, sulla quale viaggiavano una rana, un coniglietto, ed una scimmietta, tagliando la strada ai contendenti a tutta velocità, e che Ranma, calpestandola, la mandò in mille pezzi, così che le bestiole si dovettero lanciare in ogni direzione, per salvarsi dal “disastro ferroviario”. Il topolino-capostazione teneva stretto un cartello con scritto “HELP!”



“Tochoumaru…ecco…dov’era…finito…” disse una ragazza con una lunga coda di cavallo appollaiata mollemente sul tetto dell’edificio.

L’anziano sollevò lo sguardo, con una gocciolona sulla tempia “Shigure, sei stata lì per tutto il tempo?”



Ranma, inciampando in un ostacolo imprevisto, si ritrovò a rotolare all’indietro a tutta velocità, interrompendo la sua corsa contro un barile pieno d’acqua, che fracassò nell’impatto.



“Ahio…ma che diavolo faceva quel topolino? Anzi, più importante…chi è quello scemo che si è messo in mezzo?” Mormorò mentre cercava di rialzarsi, ormai trasformatosi nella sua versione femminile, bassa, pettoruta e dai capelli rossi.



Il ragazzo che aveva intercettato il colpo stava piegato in due, bocconi, sul prato, tra lui e la ragazza, che si era momentaneamente fermata, emettendo grossi sbanfi, come indecisa sul da farsi. 
Il ragazzo, tremante dal dolore, si girò comunque verso Ranma, chiedendo “Stai…stai bene?”


“Ma certo che sto bene, scimunito! E staresti meglio anche tu se non ti fossi intromesso!” urlò l’erede della scuola Saotome con il savoir faire per il quale era giustamente famoso.


“Uh? Ma…”


“Se i miei occhi non mi ingannano…”


“Mmmmh…”


“Apa!”


“UH? COSA VEDO?”


A quest’ultimo commento, l’ometto con baffi e cappello schizzò in avanti come un fulmine, una luce inquietante negli occhi.


“OH? Un altro pericolo?” Si domandò Ranma, avvertito dal sesto senso, mentre si rialzava, la testa ancora infilata in uno dei cerchi della botte.



“Uo-Ohhh! PROPRIO COME PENSAVO! UNA ROSSA COME PIACE A ME! MISURE 87-53-83! NON SE NE VEDONO TUTTI I GIORNI!”



Era l’omino, che girava intorno a Ranma ragazza a velocità supersonica, provando a palparla e scattando una raffica di foto con fotocamera portatile.



“Uh? Oh? Cosa? VAI VIA, BRUTTO MANIACO!” esclamò Ranma, terrorizzato, scalciando via con tutta la sua forza.


L’ometto schivò senza difficoltà, commentando “uhm…hai delle buone abilità”



“C-che cosa? Una ragazza?” si domandò il ragazzo piegato a terra “ma prima…mi sembrava di aver visto un uomo



La ragazza con la treccia, che era rimasta in piedi, a contemplare la situazione, tremando di rabbia e soffiando dalle narici, all’improvviso non ne poté più. Rivolse la testa al cielo e lanciò un urlo terrificante, primordiale. Un grido di guerra.


Ranma cambiò espressione.


“Arriva”



Ed infatti la ragazza le si scagliò addosso, cercando di attaccarla con rinnovato vigore, variando sempre le mosse.



Ranma però, balzato in piedi, non si fece trovare impreparato, continuando a schivare tutto, e questa volta anche parando, sfruttando a dovere le sue ridotte dimensioni per eludere gli attacchi, ben concentrato e deciso a finirla alla svelta.



“Uhm…niente male, davvero”


“APA! Quella ragazza è forte! Magari non morirà”


“Ma…sentite, sbaglio io, o quella ragazza, poco fa…”


L’anziano, invece, rimase in silenzio, pensieroso.



Ranma soppesava il da farsi.


“Tsk…attacca con ferocia, ma senza un vero schema…anche se non conosco queste mosse, sono più veloce, ed ho riflessi migliori…ma come la fermo senza farle troppi danni? IDEA!”



Continuando a deflettere la barriera di attacchi, Ranma cominciò, come d’abitudine, anche se forse la ragazza non poteva sentirlo, a schernire l’avversario.


“Sai bella mia, non so quale sia il tuo problema…


…ma adesso FINISCE QUI!”



E di scatto, dopo una schivata, le sbucò alle spalle. Le saltò in groppa e le immobilizzò le braccia stringendole intorno le gambe, per poi usare le mani per colpirla sulla schiena in vari punti con una raffica di colpi dati con la punta delle dita, inflitti nei punti di pressione del corpo umano, per immobilizzarla.



Ranma si lasciò cadere in piedi, mentre la ragazza si accasciava a terra, l’aura fiammeggiante esaurita, gli occhi che si spegnevano e l’espressione che ritornava brevemente normale, prima di svenire, più per l’abbassarsi della pressione nervosa che per altro.


“Pff! Non è stato poi difficile”


Devo ricordarmi di ringraziare ancora il dottor Tofu per avermi insegnato quei punti di pressione…”



In quella, però, accaddero diverse cose.



Tutte le persone che osservavano dall’edificio, più lo strano ometto, cambiarono espressione, sparirono all’improvviso, e ricomparvero a semicerchio intorno a Ranma ed alla ragazza accasciata a terra, come se si fossero teletrasportati.



EEEEH? Ma quando si sono mossi?” Ranma non poté trattenere il suo stupore, misto a timore.


Sono veloci…VELOCISSIMI. Molto più veloci persino di me…e saranno anche…più forti?


Uhm…forse ho fatto bene a venire qui, dopotutto”.



Il primo a parlare fu l’uomo con la lunga barba. Ranma poté notare solo ora che era davvero gigantesco. Oltre due metri di altezza per almeno duecento chili di puri muscoli, a dispetto dell’età. Torreggiava persino su tutti gli altri, il che era tutto dire.




Parlò con calma autorità.


“Akisame…”


“Mi occupo subito di Miu, Anziano” disse subito l’uomo con l’Hakama, i capelli lunghi ed i bizzarri mustacchi.


“Kensei…”


“Sì, vado a controllare come sta Kenichi” si offrì il pervertito di mezza età, che dall’atteggiamento sembrava adesso tutta un’altra persona.

“Ed ora…devo chiamarti…signorina?


Forse ci devi qualche spiegazione, non ti pare?”


Pff! Sempre la solita storia! Che seccatura!” Pensò Ranma.


Eh va beh. Via il dente, via il dolore


Fece un inchino non molto profondo e poi disse:


“Sono l’erede della scuola di Arti Marziali Indiscriminate dello Stile Saotome. Sono RANMA SAOTOME. Molto piacere”.



Ricevette diversi sguardi interrogativi in risposta, ma la maggior parte di loro non sembravano ostili, più incuriositi ed in qualche modo benevoli”.


“Beh, forse possiamo parlarne dentro di fronte ad un tè, ti va?” propose con un sorriso.


◊◊◊◊



Si trovavano tutti seduti ad un largo tavolo, all’interno, nella sala centrale.


Ciascuno aveva di fronte una tazza di tè, preparato dal piccolo cinese.


Il ragazzo che si era fatto “suicidare” aveva l’aria di un allievo, non poteva avere più di diciassette o diciotto anni. Si era tolto il gi ed era stato fasciato intorno al costato, ma sembrava in grado di seguire la discussione. Scrutava Ranma in un modo che a lui non piaceva affatto, anche se avrebbe dovuto esserci abituato.



La ragazza con la treccia bionda che aveva attaccato Ranma (e che, da svenuta, aveva un’espressione del tutto diversa, praticamente angelica, ed era-Ranma notò-piuttosto carina) era ancora svenuta ma adesso respirava in modo regolare. Era stata infilata in un futon ad un lato della stanza ed il maestro “mustacchi” come Ranma aveva deciso di chiamarlo nella sua testa, le stava cambiando delle pezze bagnate sulla fronte.



“Come sta?” si informò l’Anziano, una nota di preoccupazione nella voce.



“Si riprenderà, per fortuna non è nulla di grave” lo rassicurò Mustacchi.



“I punti di pressione che ho usato erano…” iniziò Ranma, ma venne interrotto dal piccolo cinese



“Lo sappiamo quali sono. Audace da parte tua usarli in uno scontro reale, visto che palesemente hai appena imparato ad usarli e che la tua conoscenza di essi è piuttosto scarsa; ma sono stati una buona soluzione, devo ammetterlo”



“UH? E lui come fa a saperlo? Lo ha capito solo vedendomeli usare una volta?”



Il cinesino sembrò avergli letto nel pensiero, perché si mise a sghignazzare un poco, ma subito si avviò verso il futon della ragazza. Ranma temette per un istante che volesse fare qualcos’altro di pervertito, invece la girò su un fianco, con delicatezza, si scrocchiò le dita, emise un bel respiro, e poi, a velocità supersonica, colpì con il dito gli stessi punti che aveva usato Ranma per stenderla, adoperando però l’effetto inverso, come antidoto. 
In effetti la bionda, che non avvertì lo shock, iniziò a respirare ancora più tranquillamente, come se fosse del tutto fuori pericolo, ed i suoi muscoli, da irrigiditi che erano, si rilassarono.



Ranma era sbigottito, provò un brivido freddo lungo la schiena.

“Ma dove diavolo sono finito?”



“Il tuo stupore è comprensibile-iniziò l’Anziano, a sua volta sembrando di leggergli nel pensiero-anche se, per arrivare qui, devi aver avuto qualche informazione sul conto di questo dojo.




Questo è il Ryozampaku, il luogo dove si radunano gli eroi che hanno padroneggiato al massimo le loro arti marziali”.



“Padroneggiato al massimo…?”


Ranma ci rifletté un secondo, ed iniziò a tremare di gioia. Aveva sempre sentito dire che le arti marziali sono un percorso senza fine, che c’è sempre qualcosa da imparare, che c’è sempre qualcuno più forte di te, ecc. Ma non ci aveva mai fatto troppo caso. 
Pensava, da arrogante, che fossero favole buone per far comportare bene i bambini. 


Anche se, doveva ammettere, la Vecchia Obaba ed il Vecchio Happosai erano rimasti degli ossi troppo duri da rodere, persino per lui. Era praticamente un neonato di fronte ad un elefante, rispetto a loro. 
Questo però significava che nel mondo dovevano esserci altri praticanti di arti marziali di livello INTERMEDIO tra il suo ed il loro. 
Ed ora ne aveva la prova. Erano qui, davanti a lui. 
Aveva temuto di annoiarsi, di non aver più niente da imparare. Ed ora, invece… Un nuovo mondo di arti marziali si apriva di fronte ai suoi occhi.



D’improvviso, l’entusiasmo per l’allenamento e la voglia di imparare si impossessarono di nuovo di lui, come ai bei vecchi tempi.


Rialzò lo sguardo, gli occhi che brillavano. Gli altri se ne accorsero, perché sorrisero di sottecchi.



“E voi sareste…?”


L’Anziano fece le presentazioni.



Indicò l’uomo alto e muscoloso, con la cicatrice sul viso e lo sguardo da lupo


“Alla mia sinistra:



Il Karateka di Centesimo Dan; Sakaki Shio!”


Poi si rivolse al piccolo pervertito con i baffi lunghi e la pelata.

“Di fronte a me:


Il Maestro di tutto il Kung Fu Cinese: Ma Kensei!”


“Di fianco a lui: Il Maestro Filosofo del Ju Jitsu: Akisame Koetsuji!”


Ecco qual era il vero nome di Mustacchi, pensò Ranma


“alla mia destra: il Dio della Morte della Muay Thai, Apachai Opachai!”


Ed il gigante thailandese con i capelli a spazzola, squittì un “APA!” alla presentazione, lasciando Ranma perplesso.


“Sopra di noi, sulle travi del soffitto:



il Prodigio delle Spade e di Tutte le Armi, Shigure Kosaka!”

Ranma si accorse solo ora della giovane donna e la trovò inquietante. Anche lei doveva avere dei dubbi perché lo guardava di sottecchi.



“Ed io sono Hayato Furinji, il titolare di questo dojo. Mi chiamano anche



IL SUPERUOMO INVINCIBILE!”


Ranma rimase per un istante senza parole. Poi si ricordò dell’allievo, che stava in un angolo, l’espressione mite.



“E…quel tizio SENZA ALCUN TALENTO laggiù in fondo, chi sarebbe?” chiese, con la massima nonchalance, come se stesse parlando del tempo.



Mentre Kenichi si sentiva trafitto da una freccia al cuore, tutti gli altri sghignazzarono.



L’Anziano rispose “Oh, lui è il nostro Primo Allievo; Il Discepolo dei Più Forti della Storia”



“Sono Kenichi Shirahama! Lieto di conoscerti, Saotome Ranma!” disse l’allievo, ricomponendosi e facendo un inchino.




Per nulla impressionato dalla risposta educata alla sua osservazione cafona, Ranma rimaneva dubbioso. 
Come poteva quel tizio essere il discepolo di quei mostri? 
Boh, magari era appena agli inizi, pensò. Certo, SI ERA intromesso nell’attacco della ragazza selvaggia, per cui…beh, avrebbe indagato un’altra volta.



“E…la ragazza che mi ha attaccato…è un’altra vostra allieva?” azzardò.


Le espressioni di tutti si rabbuiarono, abbassando lo sguardo.



Ancora una volta, l’Anziano parlò.



“Sì, lo è. Dobbiamo farti le nostre più sincere scuse, Ranma Saotome. Per quanto abbiamo fama di essere un dojo sopra le righe, con metodi di allenamento…beh, che a molti sembrerebbero ESTREMI; non è nostra abitudine attaccare gli ospiti in questo modo”



“La ragazza che vedi si chiama Miu Furinji, ed è mia nipote”

Ranma dovette fare tanto d’occhi, e tutti se ne accorsero.

“E ti possiamo assicurare che di norma è una ragazza dolce e gentile, per quanto molto preparata nelle arti marziali. La colpa di quello che è successo non è sua.



E’ mia. E solo mia”



“Anziano, non è vero…” iniziò Koetsuji



“Grazie, Akisame, ma sappiamo tutti che è vero. Il fatto è, Ranma, che mia nipote è nata con l’affinità per il ki del Dou, e diciamo che, di recente, per via di esperienze traumatiche delle quali non è il caso di parlare, ha delle grosse difficoltà a controllarlo, e se cerca di evocarlo per potenziare il suo fisico, rischia di perdere il controllo e trasformarsi in una bestia assetata di sangue. 


Ho cercato di intervenire con una terapia d’urto, lasciando sfogare la sua ira, per provare a farle controllare i suoi poteri, ma è sfuggita al nostro controllo, ed ha attaccato la prima persona che ha visto, non rendendosi conto di quello che faceva. 
Per fortuna, la prima persona che ha visto era un praticante di arti marziali abbastanza esperto da essere in grado di cavarsela comunque”.



Ranma non fece caso alla sviolinata, perché non gli sfuggì che era stata fatta per nascondere l’altra, colossale, mancanza che avevano commesso: non intervenire neanche dopo, per la curiosità di vedere cosa sarebbe successo. E questo gli diede una seconda impressione del dojo, una molto meno positiva della prima. Avrebbe dovuto tenere gli occhi aperti.



Tuttavia, in quel momento non desiderava fare polemica, anche se sarebbe tornato sull’argomento, prima o poi. Qualunque risentimento avesse provato per la ragazza si era dissolto, come fumo nell’aria, e provava invece, tanta pena per lei.



Una cosa, però, non gli era chiara.



“Il Ki…del Dou?”



Domandò, con esitazione.


“Ooh? Una praticante di questo livello che non conosce la differenza tra Dou e Sei? Che strano! Quello delle arti marziali è un mondo davvero vasto”.




“Possiamo dire che in generale, quando evocano il proprio Ki, la maggior parte dei praticanti di arti marziali, lo fa ricorrendo alla propria personalità: c’è chi lo fa esplodere adoperando le proprie emozioni, come la rabbia e l’aggressività, e si chiama Dou, e chi invece ricorre alla calma interiore ed alla capacità analitica per affrontare i nemici, ed è definito un praticante Sei. 
Per esempio, da quello che ho visto, tu dovresti essere di tipo Sei”.



Per Ranma fu come se qualcuno avesse fatto esplodere una bomba nel suo cervello.



C’erano così tante cose che aveva visto e fatto nella sua vita che corrispondevano a questa distinzione, eppure non gli era mai stata spiegata, oppure non la conoscevano neanche suo padre e Soun, mentre Obaba ed Happosai…beh, figuriamoci, quei vecchiacci riuscivano ad essere più abbottonati di una vecchia cassaforte, quando volevano.



Lui stesso era un combattente Sei. Era talmente ovvio, sin da piccolo non faceva che evitare con calma e raziocinio le mosse avversarie per poi attaccare e contrattaccare nel momento giusto.



L’Anima di Ghiaccio e lo Hiryu ShotenHa erano mosse Sei. Lo Hiryu ShotenHa sfruttava il ki del Dou dell’avversario contro di lui.

Lo Shishi Hokodan di Ryoga era una mossa Dou, potenziata dalle emozioni, per giunta negative. Ranma non riusciva a replicarlo per quel motivo, non gli era congeniale.




Happosai, mosso dall’avidità, dalla lussuria e dalla crudeltà, era un marzialista Dou.



Cologne era una marzialista Sei.



Shampoo sarà stata del Dou, pur essendo molto brava a controllarsi, quando serviva. Ukyo probabilmente era del Sei. 
Akane…beh era indubbiamente del Dou. 
Mousse era del Sei. 
Ryoga, manco a dirlo, del Dou.



Altri…non ne era sicuro.

E poi…Herb era Dou, ma conosceva anche lo Hiryu ShotenHa.


Ed ora che ci pensava…

Le tecniche proibite della scuola Saotome inventate da Genma…

Lo Yamasen Ken adoperato da Ryu Kumon era una tecnica Dou. E lo Umisen Ken imparato da lui era una tecnica Sei. 
Fin qui tutto chiaro.


Ma suo padre, che le aveva sviluppate, le padroneggiava ENTRAMBE! Proprio come Herb!



Interruppe quel flusso di coscienza per chiedere:

“Ma…esistono anche persone che sanno adoperare ENTRAMBI i tipi di Ki?”



“Ooh, questa è una domanda interessante-rispose Hayato-Beh, in effetti, molto di rado, nasce qualcuno in grado di adoperare tutti e due i tipi di ki, però in genere ha comunque un’affinità naturale per uno dei due. 
Quindi lo adopererà come tipo primario. 
Inoltre, i due tipi di Ki si possono adoperare ALTERNANDO l’uno e l’altro, non INSIEME. 
Chi provasse a farlo…beh, non è il caso di parlarne ora, ma finirebbe molto male”.



Il viso di Kenichi si rabbuiò. Stava pensando allo Seido Gouitsu, che aveva rovinato la vita di Ryuto, di Kanou Sho, e quasi distrutto Kajima Satomi, prima che poi riuscisse a salvarlo in extremis. 
Non sapeva se sarebbe stato in grado di replicare quell’impresa, all’occorrenza.



“Capisco-concluse Ranma, ancora riflettendo su tutto-però…io ho imparato ad usare il Ki anche SENZA adoperare le emozioni, o l’assenza di esse. 
Ci sono sia dei modi di aprire i propri Fori del Ki che di adoperare attacchi di energia interna, che sono, per così dire…neutri. E’ possibile?”



Stava pensando al Moko Takabisha; anche se all’inizio adoperava le emozioni positive per evocarlo, ormai lo faceva in automatico. 
E sapeva usare il Ki per potenziare il suo fisico a prescindere dalle emozioni, lo aveva imparato da poco, ma molto bene. 
Inoltre, anche molte delle tecniche di Hinako non avevano “colore”, per così dire.



Il sorriso di Hayato si allargò ancora di più.


“Oh, beh, a dire il vero ESISTE un terzo tipo di Ki, il Ki neutrale, ma è qualcosa di talmente raro che è difficile valga la pena parlarne. Tu dici che sai adoperarlo?”



“Beh, sì, almeno credo. Ci sono almeno un paio di applicazioni che sono in grado di eseguire”.



“Ma davvero? Allora siamo davvero fortunati ad averti incontrato. Vedi, il terzo tipo di Ki si chiama GA, ma possono adoperarlo solo l’1% della popolazione, forse anche meno. Ciò non esclude che chi lo usa poi usi anche in parallelo il Dou oppure il Sei. Io, per esempio, sono una delle pochissime persone in grado di usare il Ga. Se tu sei un’altra di quelle, il nostro incontro è più unico che raro”.




Tutti gli altri iniziarono a guardarlo con rinnovato interesse.

Ranma sorrise, ma poi un gemito di Miu-era strano sapere come si chiamasse senza essersi presentati-lo riportò agli argomenti più scottanti.




“E poi…quell’effetto estremo di perdita del controllo…non è proprio di TUTTI i combattenti Dou, vero? Perché io…credo di averlo già visto…di recente, una forma molto simile…ma si è trattato di un caso eccezionale”.



Ripensò ovviamente con amarezza a Ryoga ed a come si fosse mutato in una bestia assetata di sangue nel loro ultimo scontro. A pensarci bene, aveva usato in modo magistrale il potere del Sei per sconfiggerlo.




Hayato si rabbuiò. “Hai messo il dito nella piaga, purtroppo. 
No, i praticanti Dou SI SERVONO della rabbia, la INCANALANO, ma di solito non si LASCIANO POSSEDERE da essa. 
Se ciò accade, rischiano di perdere sé stessi e di non tornare più indietro. 
Quando questo avviene, si dice che cadano nella via dell’Ashura. 
Sono lieto che mia nipote, pur correndo quel rischio, non abbia fatto quella fine. A tal proposito, ti devo porgere i miei più sentiti ringraziamenti”.



Ranma si schermì “Ma no, dico davvero, ho fatto solo quello che era necessario, non mi dovete niente”.



Hayato si avvicinò col viso “Bene, sono contento di sentirtelo dire, perché ora che abbiamo chiarito questo aspetto, CI SAREBBE una cosa che TU devi a NOI”.



Ranma lo guardò, facendo tanto d’occhi “Uh? Davvero? E che cosa?”



“UNA SPIEGAZIONE SUL PERCHE’ TU TI SIA TRASFORMATO DA UOMO IN DONNA; PER ESEMPIO!”



“AAAH, è vero! Me n’ero dimenticato!” Ranma era stato così preso dalle ultime rivelazioni che aveva scordato che in origine doveva spiegare il suo aspetto di ragazza.



Ora tutti gli altri avevano delle gocciolone d’imbarazzo.


“E sia-sospirò-vi spiegherò tutto. Ma prima posso, per favore, avere dell’altro tè?”



“Uhm? Ti piace il mio tè? In effetti è molto buono, ti ringrazio-disse Kensei-ma non hai ancora finito il primo”.



“Già, è molto buono, ma in effetti il secondo non intendo BERLO”.



Dubbioso, il cinese gliene porse un secondo bicchiere.



Ranma si alzò in piedi sul tavolo, perché tutti potessero vederlo, nonostante la sua scarsa statura.



“Vi prego di fare attenzione, perché lo farò una sola volta”



E si rovesciò in testa il tè bollente, riacquistando subito l’aspetto di uomo.


◊◊◊◊◊



Quale può essere la reazione di qualcuno di fronte…all’impossibile?



E’ una domanda che molti si pongono: come reagirebbero se…ma in pochi trovano una risposta, perché l’unico modo per saperlo è provarlo per davvero.


La reazione dei maestri di fronte alla metaformofosi di Ranma fu principalmente di stupore e sgomento, ma espressero questo in modi diversi.



Si levò una cacofonia di voci ed urla.



Apachai sembrò terrorizzato, si mise seduto sotto la tavola, stringendosi le ginocchia e gridando: “uaaah, Ranma è un mago! Cioè, una maga! Cioè…non lo so! Apachai è confuso! Ti prego, non farmi il malocchio!”



Sakaki si esibì in un profluvio di oscenità, dopo aver sputato la birra che stava bevendo.



Koetsuji, sempre logico, era di sasso. La sua mente NON POTEVA accettare quello che stava vedendo. “Ma…ma non è possibile”



Hayato fece tanto d’occhi, aprendoli del tutto, il che era rarissimo. “Quindi…è proprio vero e può farlo in entrambi i modi”



Kenichi sembrò sconvolto, lui non si era accorto del tutto che Ranma all’inizio era uomo, ed ora la sua reazione assomigliava molto a quella di Apachai.



Ma il più sconvolto di tutti era Ma Kensei. 
Si ritrasse indietro, aggrappandosi ad una sedia con una mano, tremante, la bocca spalancata, indicando Ranma convulsamente con un dito


“No…non può essere…ma allora…le leggende SONO VERE! Tu…sei stato in quel luogo?”



Ranma si voltò a guardarlo.


“Ah, giusto, lei viene dalla Cina, non è così? 
Vedo che ne ha già sentito parlare…ebbene, è così, io sono stato ALLE FONTI MALEDETTE DI JUSENKYO!” proclamò a voce alta, per farsi sentire da tutti.



“Le magiche fonti che possono mutare la natura delle persone…ne avevo sentito parlare, ma ero convinto si trattasse di una diceria…una favola per bambini”



“Oh, fidatevi, è fin troppo reale. Non sono il solo che conosca al quale è capitata una brutta esperienza”



“Cosa? Ce ne sono degli altri?”



Per un istante, Ma Kensei soppesò il pensiero. Poi gli si stampò un sorrisone ebete sul viso.




“Quindi, da qualche parte…ci sono un mucchio di altre PUPATTOLE come quella di prima?” con gli occhi a cuoricino.



Ranma lo colpì in testa con uno sgabello.


“NON E’ QUELLO CHE INTENDEVO DIRE!”



“Uff…per un attimo pensavo di poter parlare seriamente…comunque no, le persone che conosco sono cadute in ALTRE fonti…per la precisione in fonti nelle quali sono annegati degli animali…ma non vi dirò chi od in quali”



“Un momento, ragazzo, ora stai sovrapponendo la spiegazione. Kensei ne ha già sentito parlare, ma noi non ne sappiamo nulla” gli ricordò Akisame.



“Sì, giusto, scusatemi. 
In pratica, in uno sperduto angolo della Cina esistono un centinaio di leggendarie fonti che sono maledette da tempi immemori. 
In ciascuna di esse è annegata, in tempi remoti, una creatura di qualche tipo. 
Da allora, chiunque si bagni con le acque di quella fonte è destinato a trasformarsi nello stesso tipo di creatura che vi annegò.



Io sono caduto nella Sorgente della Ragazza Annegata, ecco perché assumo l’aspetto di una ragazza, o meglio, di come sarei se fossi nato donna”.



“Uhm…certo, in effetti la ragazza sembrava la tua sorella gemella” soppesò Hayato.




“Esatto, e tutte le volte che vengo bagnato con dell’acqua FREDDA mi trasformo in quel modo, mentre bagnandomi con dell’acqua CALDA, riassumo il mio aspetto originario”.



“E’…è davvero pazzesco” riuscì a dire Sakaki.



“Già, e come vi ho detto, quella capitata a me non è stata neppure la sorte peggiore: conosco persone che sono cadute in fonti dove sono annegati degli animali, e quindi…beh, vi lascio immaginare”



Per un istante, tutti guardarono nel vuoto, immaginando, alternativamente, sé stessi in versione femminile, o peggio, trasformati negli animali più vari. Poi scossero tutti la testa per scacciare quelle fantasie.




“Incredibile…ma d’altronde, l’abbiamo visto con i nostri occhi, quindi non possiamo dubitarne” concluse Akisame.



“Purtroppo non esiste una cura, od un antidoto, a questa maledizione. Tutto quello che posso fare è cercare di conviverci.



Voglio anche precisare che la mia personalità, E SOPRATTUTTO il mio…orientamento sessuale, non cambiano AFFATTO quando sono trasformato in donna.



Di base, a conoscere la maledizione sono solo una manciata di persone dal luogo dal quale provengo, a Nerima, alcune delle quali hanno ricevuto a loro volta una delle altre maledizioni.



Ora siete anche voi a conoscenza del mio segreto e vi pregherei di mantenerlo tale: come potete immaginare, non è una cosa che mi faccia piacere far sapere in giro”.




Tutti rimasero in silenzio per un lungo istante.


Poi scoppiarono a ridere, all’unisono.



“Uahahah, ragazzo, tu sei uno che si preoccupa troppo!-esclamò Sakaki dandogli una micidiale pacca sulla spalla-comunque mi piaci, sei una persona davvero unica, in un certo senso”



“Apachai è amico di Ranma. Sia uomo che donna. Apachai ha DUE nuovi amici!”



“Non ti devi preoccupare, Ranma-interloquì l’Anziano-qui siamo tutti un po’ strani, in un modo od in un altro. E di sicuro non giudichiamo nessuno per le sue condizioni fisiche”. Ranma si sentì sollevato.



Poi sentì una mano sulla spalla. Si voltò. Era Ma Kensei.



Guardava verso il pavimento, con espressione solenne.

“Ah, povero ragazzo…quante ne hai dovute passare, alla tua giovane età…ma quello che devi fare, ora è cercare di farti forza, e…”



Improvvisamente cominciò a tirargli un numero incredibile di secchi d’acqua, e saettava tra di essi, pronto a scattare con la macchina fotografica


“…TROVARTI UNA NUOVA CARRIERA COME FOTOMODELLA; POSSO AIUTARTI IO!”



“MA SEI RIMBECILLITO?”



Ranma evitava tutti i secchi muovendosi a velocità ipersonica, ma non ce l’avrebbe fatta se non fosse arrivata Shigure, piombando giù dal soffitto (in effetti, Ranma non l’aveva vista né sentita durante la spiegazione, ma doveva aver assistito a tutto) a dare la caccia a Kensei inseguendolo con una katana.




Nell’attimo che Ranma sembrò potersi fermare, sentì una sensazione fredda sul collo.



Quello che avevano chiamato Kenichi, l’allievo, gli aveva rovesciato senza tante cerimonie una bottiglia d’acqua in testa, facendolo ritornare donna!



“Wow, è proprio come ha detto lui…”



“MA CHE CAVOLO COMBINI?”



Un calcio laterale fece volare via l’incauto allievo, facendogli fracassare la parete. Mentre scompariva all’orizzonte, si poteva sentire la sua voce dire “Volevo essere sicurooooooo….”


◊◊◊◊◊



“Mannaggia, quanti grattacapi” commentò Ranma-ragazza, strizzando via l’acqua da un lembo del camiciotto.



Era da solo, sotto il portico, mentre gli altri portavano via i tavoli e le sedie. 
A quanto pare, Shigure aveva catturato Kensei, legandolo come un salame con la sua catena e lo aveva appeso ad una trave del soffitto-con il suo topolino, Tochoumaru, a sorvegliarlo, con una lancia fatta da uno stelo di paglia, ed una bandana con il simbolo del Sol Levante stretta in fronte-ed ora gli altri si stavano arrabattando in qualche modo per preparare la cena-di solito era Ma a cucinare, quando non se ne occupava Miu-ed il fatto che lo facessero gli altri lasciava prevedere risultati variabili dallo scarso al disastroso.



Hayato si avvicinò a Ranma “Devi scusarli, non è sempre così…beh, no, ad essere onesti, a volte è pure PEGGIO…”



Ranma lo guardò, poi scosse la testa “Naah, non è un problema. Questa per me è ordinaria amministrazione. La mia vita non è mai stata del tutto normale, ma da quando sono caduto nelle fonti maledette, sembra che la sfortuna faccia a gara a superare sé stessa nell’inventarsi sempre nuovi modi per complicarmi l’esistenza”



“E’ solo che-aggiunse poi-per una volta che stavo entrando in un ambiente nuovo, avevo sperato che tutto potesse andare, in modo, come dire…ordinario? Tranquillo? Non so più neppure cosa vogliano dire, quelle parole”



Hayato sedette a gambe incrociate, come Ranma. Era ormai sera e nel cielo spuntavano le stelle.



“La tranquillità è un lusso che in pochi possono concedersi, nel nostro ambiente. Si potrebbe dire che le persone con gradi doti, non siano DESTINATE ad avere una vita tranquilla.



Tu di certo hai i tuoi problemi, ma come avrai notato, anche qui non siamo esattamente normali…però la cosa importante è che impegnarsi per migliorare, sostenerci gli uni con altri e non venire mai meno ai nostri ideali”.



Ranma si voltò a guardarlo. 
Il vecchio doveva essere matto come un cavallo, esattamente come gli altri, ma, per un momento, al ragazzo sembrò di intuire perché fosse il capo di quel dojo.



“In fondo-riprese Furinji-forse non è necessario AVERE una vita tranquilla, non credi, Ranma? Forse ciò che si dovrebbe desiderare è DI RIUSCIRE A SUPERARE qualunque difficoltà che la vita possa metterci davanti”.



Ranma si trovò a sorridere. “Sì, forse ha ragione”.



Per lunghi minuti entrambi guardarono le stelle, assorti nei loro pensieri.



“Ehi, Anziano, ho una domanda” iniziò la ragazza.



“Dimmi; comunque, puoi chiamarmi Hayato”



“Tua nipote, la ragazza di nome Miu…starà bene?”



Il vecchio sembrò illuminarsi a quella domanda.



“Puoi scommetterci che starà bene, ma ti ringrazio per averlo chiesto. Miu è di fibra molto forte, non devi preoccuparti. 
Sta ancora imparando a gestire i suoi poteri, e questo è stato un piccolo…incidente di percorso, tutto qui. 
Domani sarà come nuova, vedrai”



Ranma, inarcando un sopracciglio, si domandò quale razza di maniaco potesse definire “piccolo incidente di percorso” il trasformarsi in una bestia omicida, ma evitò di dar voce a quel pensiero.



“Bene-disse invece-sono sollevato”.



“Tra parentesi-riprese Hayato-non abbiamo avuto modo di parlare del motivo per il quale sei arrivato qui. Avevi intenzione di allenarti in questo dojo, Ranma Saotome della Scuola di Arti Marziali Indiscriminate?”



“Che cosa voglio fare, a dire il vero, non lo so-affermò il ragazzo, anche se pronunciò quelle parole in forma di ragazza-per un sacco di tempo la mia vita è scorsa su binari prestabiliti da altri, tutto ciò che dovevo fare era quello che mi veniva detto. 
Ad un certo punto, non mi è stato più bene, e mi sono ribellato. 
Però, mi sono reso conto che…non so esattamente COSA farmene della libertà. 
Non sono mai stato abituato ad averla.



Tutta la mia vita è sempre stata incentrata sulle arti marziali, ed in linea di massima mi stava bene. 
Ma ora che posso davvero scegliere cosa fare della mia vita, cos’è che voglio IO, davvero? Non credo di saperlo…”




Rimasero in silenzio per un altro lungo momento.



“Beh, se posso esserti d’aiuto-interloquì Hayato-sia che tu decida di proseguire sulla strada delle arti marziali sia che tu decida di non farlo, l’unica cosa che puoi fare è continuare ad andare avanti, a vivere, e fare esperienze sempre diverse. 
Non devi aspettarti che la risposta ti caschi in braccio da sola. Piuttosto, è probabile che, mentre sarai impegnato a fare altro, quando avrai smesso di pensarci, essa ti si paleserà. 
Ti renderai conto di averla sempre conosciuta”



“E’ possibile…” replicò Ranma dubbioso.



“Comunque-riprese l’Anziano-da quello che ho visto, tu sembri possedere delle capacità non comuni. 
Non è da tutti essere in grado, ad una così giovane età, di evitare gli attacchi di Miu in modalità Ashura**, SENZA avere a tua volta evocato il Ki per potenziarti. 
Sarebbe un vero spreco se un talento simile smettesse di praticare le arti marziali”



Ranma osservò il vecchio, in obliquo. Era lieto del complimento, ma non capiva dove volesse andare a parare.



“Da un lato, questa scelta è solo tua, e la potrai prendere con cognizione di causa dopo aver fatto altre esperienze di vita. 
D’altro canto, questo è un dojo di persone che praticano le arti marziali-scoprirai che tutti possiedono altri tipi di talenti, oltre ad esse, ma principalmente è così-quindi possiamo esserti d’aiuto solo in questo ambito. 
Se ti allenerai qui, potresti riuscire a capire se le arti marziali saranno parte del tuo futuro; potresti decidere di smettere, oppure riuscirai a ravvivare la fiamma della passione che in questo momento si è attenuata”.



Ranma sembrò convincersi.

“Sì, perché no?”



Hayato sorrise di gusto.

“Molto bene! Allora è deciso. Comincerai già da domani, quando Miu e Kenichi si saranno ripresi. 
Ed ora, se vuoi scusarmi, devo fermare quegli idioti prima che distruggano la cucina-Miu non ci perdonerebbe se domani non la ritrovasse intatta-tanto ho capito che per stasera dovremo ordinare d’asporto per cenare”




Ranma rimase seduto sul portico a guardare le stelle anche dopo che Hayato se ne fu andato.



Ripensò a quel tizio strano, quel Kenichi, che doveva essere il loro allievo, con il quale avrebbe avuto a che fare l’indomani. 
Provò una fitta di fastidio al pensiero che lo avesse ritrasformato-a proposito, avrebbe dovuto farsi un bagno caldo prima di andare a dormire-ma in fondo poteva capire che la curiosità per la sua condizione fosse parecchia. Solo che non riusciva ad inquadrarlo. 

Sembrava decisamente…FUORI POSTO; lì in mezzo. 
Tutti gli altri Maestri pazzoidi avevano…in qualche modo una ragion d’essere, in un ambiente come il Ryozampaku, ma lui no.



Pensò anche a Miu. 
Sarebbe stato imbarazzante, il giorno successivo, fare le presentazioni, dopo quello che era accaduto; e per giunta, avrebbe dovuto rispiegare da capo tutta la storia della maledizione anche a lei. Tirò un grosso sospiro. MAI che le cose potessero essere facili.



A dire il vero, Miu era la persona sulla quale sapeva meno di tutti. Non era stata mai cosciente per tutto il tempo, da quando era arrivato al Ryozampaku.



Si sorprese a domandarsi come dovesse essere, in realtà. Assomiglierà di più alla belva feroce che lo aveva attaccato, ad una ragazza sfortunata in lotta contro un crudele destino (in questo senso, si assomigliavano), oppure all’angioletto dolce e gentile che traspariva dal suo viso addormentato?



Oh, beh-pensò-lo scoprirò domani, suppongo. Domani è un altro giorno

◊◊◊◊◊





Legenda



*Sengoku: l’epoca “degli stati combattenti” il lungo periodo di guerra civile che nel 1500 portò alla riunificazione del giappone sotto il potere dell’imperatore e del suo Shogun (primo ministro). L’epoca Sengoku è il periodo nel quale è ambientato, notoriamente, un altro manga della Takahashi, ossia Inuyasha



**Modalità Ashura: ho deciso di dare questo nome allo stato nel quale qualcuno cade quando è preda del Ki del Dou. In fondo, nel manga di Kenichi, si parla di "Via dell'Ashura" per chi sprofonda in una spirale di violenza omicida. Gli Ashura sono sorta di demoni rabbiosi della mitologia buddista, chi segue manga/anime ne avrà sentito parlare
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: Ranma789