Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |      
Autore: StarGlass    08/12/2023    0 recensioni
La vita di Naruto Uzumaki, uno dei migliori agenti di polizia di Kyoto, è stata sconvolta dal rapimento della moglie Hinata e dei loro due figli per mano di una misteriosa organizzazione criminale.
Con la forza della disperazione, Naruto li cerca senza sosta, utilizzando le poche informazioni in suo possesso e il supporto del suo migliore amico, il detective Sasuke Uchiha, tormentato a propria volta da un oscuro e travagliato passato.
Quando Hinata viene improvvisamente ritrovata, muta e priva di memoria a causa del trauma vissuto, Naruto inizia una nuova, lunga battaglia per riavvicinarsi a lei e trovare nuovi indizi che possano condurlo ai loro bambini.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Famiglia Uchiha, Famiglia Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La chiamata era arrivata all’una e mezza del mattino. Naruto non era in servizio, ma non si stupì che avessero bisogno proprio di lui per salvare quella terribile situazione: di tutti gli agenti del distretto est della metropoli, era certamente quello con maggiore preparazione per rispondere a situazioni di forte tensione che richiedevano negoziazione e sangue freddo.
Una macchina non rispettò lo stop ad un incrocio e lui fu costretto ad inchiodare. Per poco non sfondò la portiera posteriore dello sbadato automobilista. Suonò frustrato il clacson: un minuto in più avrebbe potuto fare la differenza tra la vita e la morte.
“Maledizione” imprecò a denti stretti, prima di ripartire, slittando sulla neve fresca.
“Agente Uzumaki, qui squadra 10, ci ricevi?” esordì la voce metallica della radio della polizia incastrata accanto al cruscotto.
“Qui agente Uzumaki, sono quasi arrivato all’indirizzo. Com’è la situazione?”
“Il bersaglio si è appena spostato sulla terrazza, agente. Minaccia di buttarsi di sotto con la bambina, impugna ancora la calibro 92, l’agente Yamanaka sta facendo tutto il possibile per trattenerlo”.
Naruto si passò una mano fra i corti capelli biondi e si morse il labbro inferiore.
“Ricevuto. Sono quasi lì”.
Quando arrivò all’angolo della 34esima, alcuni colleghi in divisa stavano cercando di allontanare la folla dalla base del lussuoso grattacielo. Naruto assottigliò gli occhi azzurri e, grazie al fascio di luce di uno degli elicotteri che vorticavano nervosamente attorno alla cima, intravide una piccola figura che ne tratteneva una ancora più piccola, in bilico sul parapetto dell’attico. Un brivido gli percorse la schiena e il cuore saltò un battito. Si fece spazio tra la gente, sgomitando ed imprecando.
“Naruto! Finalmente sei qui” esclamò un giovane poliziotto dall’espressione preoccupata “sono al  piano, ala C”
Naruto annuì e gli appoggiò una mano sulla spalla, stringendola un appena “Grazie Konohamaru. Andrà tutto bene”.
Provò a ripeterselo nella mente mentre l’ascensore saliva verso l’alto ad una velocità che a lui non pareva sufficiente. Giunto al piano, venne accolto dal capitano Hatake ed altri colleghi armati ed in tuta anti proiettile.
“Maschio sui 35 anni, a servizio della famiglia Sarutobi da alcuni mesi” esordì il capitano, mentre percorrevano il corridoio d’ingresso a rapidi passi “Ha provato ad aggredire la signora mentre il dottor Asuma era via. C’è stata una colluttazione in cui lei ha perso i sensi e il marito è stato ucciso poco dopo essere rientrato. Sono stati i vicini a chiamare, preoccupati dalle urla della bamnina e dai colpi di pistola”.
Superarono l’ingresso della cucina dove, da sotto un telo di plastica, sbucava una mano maschile insanguinata. Apparteneva niente meno che al nipote del vecchio sindaco della città, il signor Hiruzen Sarutobi. Evitarono uno degli uomini della scientifica che stava analizzando la scena e scattando foto e proseguirono per il salotto.
Una donna, probabilmente la proprietaria di casa, piangeva disperata fra le braccia di una agente con i capelli nocciola.
“La mia bambina…” mormorava disperata, aggrappandosi alla divisa di lei, noncurante del sangue che le usciva dalla ferita sulla fronte e le appiccicava i capelli scuri.
“Signora Sarutobi, questo è l’agente Uzumaki, è specializzato in questo tipo d’azioni” affermò il capitano Hatake, accennando a Naruto con l’unico occhio buono che possedeva.
La donna si alzò di scatto e con piccoli passi tremanti esaurì la distanza tra lei e Naruto.
“La mia bambina!” urlò, puntando i propri occhi gonfi di pianto nei suoi “La prego agente, salvate la mia bambina!”
In quell’esatto istante una scena molto simile si impadronì della memoria di Naruto e una voce femminile, ugualmente disperata, gli rimbombò nella mente “Naruto, la bambina!! Salva la bambina!”. Percepì chiaramente il ramen precotto di qualche ora prima, premere verso l’alto e d’istinto scosse la testa per allontanare il ricordo.
Naruto prese i polsi della donna e la allontanò da sè con la maggiore delicatezza di cui fu capace. Lo sguardo implorante di lei gli provocò un violento brivido che scosse le sue spalle. Sapeva che non avrebbe potuto assicurarle niente, ormai.
Abbassò gli occhi, strinse forte le labbra e si recò col capitano verso le porte finestre del terrazzo. Pochi metri oltre, un trio di agenti stavano asserragliati dietro ad un tavolo da giardino, utilizzandolo come parapetto, mentre tenevano il bersaglio sotto la mira delle loro pistole. Sarebbe bastata una minima perdita di equilibrio e il vuoto sottostante avrebbe inghiottito sia il criminale, sia la bimba sui sei anni che stava trattenendo con un braccio, mentre con l’altro le puntava la pistola alla tempia.
“La prego signor Jugo, non si muova” fece una giovane poliziotta bionda, allungando un braccio nella direzione dell’uomo, sebbene non avrebbe mai potuto raggiungerlo.
“Ferma!” ordinò lui, rivolgendole contro l’arma “O giuro che t’ammazzo”.
La bambina che aveva già il viso rigato di lacrime e tremava visibilmente, singhiozzò rumorosamente e, paralizzata dalla paura, non ebbe il coraggio nemmeno di muoversi.
Naruto inspirò profondamente l’aria gelida della notte e fece un passo avanti.
“Jugo” lo chiamò, tentando di mantenere un tono fermo e pacato “sono un’agente di questa squadra, mi chiamo Naruto Uzumaki”.
L’uomo voltò di scatto la testa nella sua direzione, abbandonando la vista di Ino Yamanaka che ne approfittò per muovere qualche piccolo passo verso di loro.
“Calmati, Jugo, voglio solo parlare con te” aggiunse, cercando di sovrastare la cacofonia dell’elicottero sovrastante.
“Parlare?! Non c’è più tempo di parlare… è già tardi per quello!” ribattette l’uomo, premendo di nuovo la canna della pistola contro la testa della bimba che serrò gli occhi, terrorizzata.
“Non è troppo tardi, Jugo. Puoi ancora scegliere e io sono qui per aiutarti”.
Naruto fece una pausa in modo da dargli il tempo di assimilare l’idea.
“Io… io non volevo ucciderlo…” balbettò Hugo contraendo il volto in un’espressione confusa “sono stati loro a dirmi di farlo..”.
“Loro chi?” chiese Naruto.
“Quelle voci... loro…”
Naruto decise di non insistere e si concentrò sull’obiettivo “Ascolta: non è importante che cosa volevi o no, Jugo. Ciò che importa è quello che farai ora. Lascia andare la piccola, Jugo, lasciala tornare da sua madre” Quella richiesta gli fece incrinare la voce sul finale. Si schiarì la gola e si rivolse alla piccola che aveva appreso chiamarsi Mirai. “Andrà tutto bene, piccola. Tra poco sarà tutto finito, te lo prometto. La mamma ti sta aspettando”.
Lo sguardo implorante che la bambina gli rivolse, fu come un pugno dritto al centro del petto.
Ad un tratto uno dei due elicotteri si abbassò di qualche metro, aumentando il rumore. Da dietro il portellone spalancato un agente osservava Jugo nel mirino del proprio fucile di precisione.
“Fatelo smettere, maledizione!!” gridò l’uomo, serrando le palpebre come se quel rumore gli provocasse dolore fisico.
Naruto approfittò di quel momento di distrazione per avvicinarsi di qualche passo verso di loro, poi si voltò verso il capitano Hatake ed intimò di cacciare l’elicottero. L’altro eseguì e il pilota ricevette l’ordine via radio di allontanarsi immediatamente.
“L’ho fatto smettere, Hugo, come hai chiesto. Vedi, sono qui per aiutarti. Possiamo ancora raggiungere un accordo”.
Sebbene non credesse in Dio, Naruto pregò che Jugo, troppo scosso, non si accorgesse di quanto i metri tra loro fossero diminuiti e sperò che le sue parole calme e ferme avessero la meglio sulla mente in subbuglio dell’assassino. In ogni caso, effettivamente Hugo non mostrò segni di irritazione per quell’avvicinamento.
“Va bene” disse solamente con voce tremante “Voglio andare via di qua”.
Naruto deglutì. Contraddirlo sarebbe stato rischioso, ma assecondarlo del tutto non sarebbe stato credibile nemmeno da parte di quel pazzo.
“Sai che non posso lasciarti andare adesso. Ma voglio comunque aiutarti. Se liberi Mirai, ti assicuro che potremmo trovare una buona soluzione quando parlerai con noi e ci racconterai cosa è successo questa notte”.
L’uomo rimase qualche minuto in silenzio.
“Non voglio morire…” affermò infine, mostrando un’espressione impaurita e spaesata simile a quella di un bambino.
“Non morirai, Jugo. Parla con me, andrà tutto meglio. Lascia andare la bambina e parla con me”.
Jugo abbassò lentamente la testa e allontanò la pistola dal capo della piccola, allentando la presa contro di lei. Per qualche lento minuto l’unico rumore che rimase fu quello delle lontane pale dell’elicottero mentre la neve, asciutta e danzante, aumentava la coltre candida attorno a loro. Poi, d’un tratto, Jugo parve scuotersi dal rammarico e un diabolico sorriso si dipinse sul suo volto, distorcendolo in una maschera di pazzia.
“Ormai è troppo tardi” scandì e puntò l’arma contro la propria tempia.
“No!!” strillò l’agente Yamanaka.
Naruto approfittò di quel diversivo per bruciare gli ultimi metri fra lui e l’uomo, ma l’altro fu più rapido e gli puntò contro la pistola. Prima che potesse esplodere il colpo, Naruto riuscì ad afferrarlo  e farlo piombare dalla parte giusta del terrazzo, mentre Ino, scattata nello stesso momento, gli strappava via la bambina urlante.
Per qualche secondo lottarono nella neve fra le grida generali. Naruto ebbe la meglio, bloccandolo sotto di sé con tutto il peso del proprio corpo. Poi un rumore di spari pose fine alla colluttazione e la coltre bianca si fece rossa.
Le ultime cose che Naruto percepì furono il gemito di Hugo e, contemporaneamente, un dolore lancinante divampare da fianco. La vista gli si appannò e i caldi fiotti del loro sangue mescolato sciolsero la neve.
Rotolò sulla schiena e i suoi occhi azzurri si fissarono verso il cielo innevato mentre il capitano Hatake gridava il suo nome.
 
Un rumore assordante e ripetitivo gli riempiva le orecchie assieme ad un vociare di cui lui non capiva una sola parola. Intanto, qualcosa di plastica era premuto contro il suo viso e pompava aria nel suo naso.
D’un tratto un dolore lancinante si irradiò nella sua carne, poco sopra l’anca sinistra. Istintivamente, Naruto si portò una mano in quel punto e percepì un tessuto poroso e caldo, imbrattato di sangue. Aprì gli occhi, gemette e cercò di sollevare il collo ma una mano si portò sulla sua fronte, impedendogli di muovere la testa.
“Più morfina, presto!” ordinò una voce maschile.
Pochi secondi dopo il dolore al fianco diminuì un po' e le sue palpebre pesanti si chiusero di nuovo. I rumori iniziarono ad attutirsi e nella nuova oscurità in cui era piombato presero forma dei delicati lineamenti femminili. Era il volto giovane di una donna molto graziosa, incorniciato da lunghi capelli neri. Il volto gli sorrise dolcemente, arrossendo in un modo adorabile che Naruto aveva conosciuto bene.
Naruto voleva chiamare il nome della donna, ma non riuscì a emettere alcun suono. L’aria continuava ad entrare prepotente e ritmica nella sua bocca secca, forzando i suoi polmoni ad espandersi.
La donna aprì la bocca “Naruto-kun” sussurrò. La sua voce era nitida e delicata anche se erano anni che lui non la sentiva. Allungò un braccio per poterle toccare la guancia ma un’altra mano che non vide, glielo ripose verso il basso.
“Non deve muoversi, altrimenti perderà troppo sangue” era la voce maschile di poco prima a cui seguirono altre mani che gli strinsero i polsi contro il materassino su cui era sdraiato, bloccandoli con delle cinghie di tessuto.
Il volto della donna iniziò a perdere i propri contorni e divenire più opaco. Naruto avrebbe voluto urlarle di portarlo con sé. Provò a gridare e a divincolarsi ma le cinghie lo trattenevano saldamente e le voci di prima sovrastarono il rumore dell’ambulanza, ordinando il nome di un qualche sedativo.
Quando qualcosa di appuntito gli bucò il braccio, il volto di quella che era sua moglie scomparve del tutto. A quel punto una lacrima scivolò lungo la guancia e l’orecchio di Naruto, sparendo da qualche parte contro il colletto insanguinato della camicia.
 
Un pesante odore di disinfettante e di chiuso gli invadeva le narici e qualcosa gli pungeva terribilmente nella piegatura del braccio. Si mosse per provare a liberarsene.
“Ssh ssh ssh, tranquillo” fece una voce familiare e femminile “è tutto ok, Naruto”.
“Sa.. Sakura” mormorò, provando subito un forte dolore alla gola. Aprì lentamente gli occhi, ma la poca luce che penetrava dalle veneziane della stanza azzurra gli diede subito fastidio. Pensò di aver dormito parecchio per sperimentare un simile effetto.
“Sei in ospedale, ma ora va tutto bene, tranquillo” gli rispose una giovane donna sulla trentina, avvolta in un camice bianco. Gli sorrise benevolmente. Naruto abbandonò solo un secondo il volto familiare di lei, in modo da osservarsi: una pesante garzatura gli circondava la pancia, inspessendosi contro il fianco per poi salire lungo una spalla. Nel braccio destro un grande cerotto fissava una flebo.
“Sakura… io.. quell’uomo” gracchiò.
La porta dell’asettica camera si aprì e un uomo alto dai lunghi capelli neri e gli occhi penetranti fece il suo ingresso. Aveva sui 35 anni, la stessa età di Naruto, ma il volto stanco e lo sguardo penetrante gli conferivano l’aspetto di una persona più matura.
“La bambina è salva e l’obiettivo soppresso, ma ti è costato una pallottola” esordì, mentre si avvicinava al suo letto con un lieve sorriso sollevato.
“Sa-Sasuke…” vedendo i suoi due più cari amici, Naruto si sentì un po' rincuorato.
“Ho portato il rapporto compilato da Kakashi” continuò Sasuke, buttando un piccolo fascicolo sulle coperte accanto a Naruto. Sakura lo aiutò a sistemarsi i cuscini dietro la schiena, stando attenta che la ferita al fianco non si aprisse e non gli provocasse troppo dolore.
“Grazie, Sakura-chan” disse sorridendo appena e poi, rivolgendosi a Sasuke, chiese se si sapeva l’origine del gesto. Lui, caposquadra dei reparti investigativi, sicuramente era stato incaricato di scoprirne il movente.
“Non abbiamo chiari i motivi, ma abbiamo esaminato la sua storia di vita e scoperto che all’età di 16 anni aveva subito un TSO per comportamenti aggressivi e autolesionisti. Era stato dichiarato guarito, ma probabilmente si trattava di una stabilità apparente”.
“Capisco. Poco prima di attaccarci, ha detto che erano state delle voci ad ordinargli di uccidere”.
“Un pazzo, chiaramente. E’ stato dichiarato morto sul posto. Tuttavia è riuscito ad esplodere quell’unico colpo contro di te”.
Naruto si tastò il fianco e strinse i denti a causa di una fitta.
“Ti hanno portato qui subito dopo” aggiunse Sakura che intanto aveva raggiunto quello che era diventato suo marito, poggiato al fondo del materasso, ed ora si stagliava accanto a lui, tenendogli una mano sulla spalla “Ti ha operato la dottoressa Shizune, fortunatamente era di turno, non potevi capitare in mani migliori. Ti riprenderai presto, te lo assicuro”.
Naruto abbozzò ad un vago sorriso di circostanza. Della sua salute fisica non gliene importava più molto da alcuni anni a quella parte.
“Io… quando ero svenuto… l’ho vista” ammise piano ed un pesante, mesto silenzio calò tra loro tre.
Quando Sakura si allontanò da Sasuke per prendere posto accanto a Naruto e circondarlo delicatamente con le braccia, gli occhi di lui si riempirono di calde lacrime e qualcosa di pesante gli compresse il petto. Abbandonò la fronte sulla spalla dell’amica e si lasciò andare a qualche singhiozzo, mentre i pugni stringevano le lenzuola.
“Vorrei solo poterla rivedere una volta… lei e i bambini. Solo una volta, sapere almeno che sono…” le parole gli morirono in gola. Non voleva pronunciare quel termine, “vivi”, perché dirlo sarebbe stato come ammettere concretamente la possibilità del contrario. Strinse forte i denti e serrò ulteriormente i pugni, indifferente al dolore delle proprie unghie nella carne del palmo.
Una vampata di stizza sostituì la malinconia e gli irrigidì i muscoli. Con più ruvidità di quella che avrebbe mai voluto utilizzare, si scostò da Sakura e liberò le gambe dalle coperte.
“Devo andarmene subito. Non posso perdere tempo qui” affermò, fissando gli amici con gli occhi arrossati e lucidi.
L’espressione di Sakura passò dall’essere dispiaciuta all’essere dura “Naruto non dire follie” esclamò “Non sei in condizione di andare da nessuna parte ora”.
“Lo sai che guarisco in fretta, Sakura. Finirò la convalescenza a casa mia, così potrò lavorare” ribattette lui, mentre ripensava al suo portatile, colmo di ricerche su persone, luoghi, tratte, video e fotografie nati da anni di indagini personali per provare a chiarire i sospetti legati alla sparizione della sua intera famiglia. Ripensò anche ai suoi quaderni, colmi di appunti scritti a mano, ai post-it appesi ovunque in casa e anche alla bacheca che teneva appesa nella camera da letto che un tempo aveva condiviso con Hinata e che ora si era trasformata in una sorta di laboratorio per indagare sul suo rapimento. Ripensò al quell’enorme lavoro che svolgeva ossessivamente quasi ogni giorno, non appena staccava dal suo ruolo di agente di polizia, e si disse che non avrebbe potuto perdere del tempo prezioso a sonnecchiare in ospedale.
“Naruto” la voce di Sasuke lo richiamò in modo talmente imperioso da osteggiare per un attimo il turbinio di pensieri e ansie che lo stavano avvolgendo “Sakura ha ragione, non puoi andar via adesso, non saresti in condizione di lavorare lucidamente”.
Naruto percepì il calore della rabbia avvampargli le guance “Io voglio una penna e il modulo di dimissioni. Devo andarmene da qui. Non potete trattenermi, nessuno qui dentro può”.
Sakura abbassò i grandi occhi verdi e sospirò. Sasuke, invece, lo raggiunse e gli mise le mani sulle spalle in modo da guardarlo dritto negli occhi. Si fissarono a lungo, intensamente, in modo molto simile a quando erano ragazzi e si sfidavano per qualsiasi cosa. Ed esattamente come allora, Naruto sostenne lo sguardo del suo migliore amico, nonostante fosse consapevole che avesse, come al solito, più ragione di quanta potesse averne lui. E come al solito, Sasuke si arrese alla sua testardaggine, sospirò e si fece indietro.
“Almeno non pretendere di fare tutto da solo” disse solamente, incrociando le braccia contro il petto.
Naruto provò un moto di riconoscenza che lo fece addirittura sorridere.
 
Erano trascorsi ormai tre mesi dall’incidente sul grattacielo e per Naruto tutto ciò che rimaneva di quell’evento era una profonda cicatrice sul fianco sinistro e il ricordo, dolorosamente ravvivato, della sua famiglia scomparsa. Il volto dolce di Hinata lo aveva perseguitato per settimane dopo la missione, comparendo nei suoi sogni agitati, passando dall’essere sorridente a sfigurarsi in grida disperate. Assieme a lei, erano tornate le faccine dei loro figli, quelle dispettose del loro primogenito, Boruto e quelle dolci e determinate della piccola Himawari.
Poi, quando era stato in grado di ritornare a lavoro, il capitano Hatake lo aveva avvisato di quanto madre di Mirai avesse chiesto di lui durante la convalescenza, desiderosa di ringraziarlo per aver salvato la vita della sua bambina. Erano quindi riusciti a fissare un incontro e lì avevano entrambe espresso tutta la loro riconoscenza. La donna aveva a stento trattenuto le lacrime, mentre prendevano un the caldo al chioschetto sulle rive del fiume che costeggiava il grande parco cittadino. Naruto si era comportato in modo sicuro e disinvolto come suo solito, scherzando con la piccola Mirai e rassicurandone la madre, ma per tutta la durata dell’appuntamento aveva percepito un opprimente peso sul petto e si era sentito schiacciato da sentimenti contrastanti verso i quali aveva provato anche un certo senso di colpa.
Infatti se l’idea che Mirai e sua madre fossero assieme, sane e salve, lo aveva fatto sospirare di sollievo, il paragone con il destino avverso dei propri bambini gli creava molto disagio.
Madre e figlia avrebbero sicuramente continuato la loro vita, certo senza una figura importantissima nella loro famiglia, ma per lo meno sarebbero andate avanti unite e con l’idea che tutto si sarebbe risolto sempre per il meglio grazie all’intervento di un valoroso eroe. Guardando la piccola Mirai ridere, abbracciando la propria bambolina di pezza, Naruto si era detto che sì, aveva purtroppo conosciuto un orribile lupo, ma anche dei prodi cacciatori pronti a metterla in salvo e che forse sarebbe diventata grande con l’idea che il male esiste, ma il bene non è da meno. Si era chiesto, al termine di questi pensieri, se la sua piccola Himawari, che adesso avrebbe dovuto avere esattamente l’età di quella bambina, avrebbe mai creduto ai principi azzurri o ai supereroi dopo che quello con cui era cresciuta non era riuscito a proteggerla dai volti scuri che una sera di cinque anni prima l’avevano strappata dalle braccia di sua madre.
Era stato proprio in quel momento che la tensione e i ricordi avevano iniziato a bruciare dentro di lui tanto da costringerlo a scusarsi, pagare per tutti ed infine dileguarsi tra gli alberi ancora spogli del parco.
Si era diretto a casa, camminando a lungo con le mani in tasca, schivando le coppie e i gruppi di amici quasi senza vederli. Voleva raggiungere casa e mettere mano per l’ennesima volta alle poche informazioni che aveva a disposizione e su cui aveva montato più delle congetture che non delle reali ipotesi di soluzione. Come agente era consapevole che più tempo passava dalla sparizione di qualcuno, minore sarebbero state le possibilità di ritrovarlo, ma lui non aveva mai smesso di fare ipotesi e ricerche, anche quando la squadra di indagine aveva messo in stand by il caso, per dare precedenza a situazioni meno disperate, e le indagini erano proseguite solo in modo ufficioso da parte sua e di Sasuke. Il telefono vibrò nella tasca del jeans, interrompendo i suoi pensieri.
“Pronto, Sakura Chan?”
“Naruto!>> rispose trafelata "Devi venire subito in ospedale… si tratta di Hinata! Lei è qui”. -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Commento Autore: Ciao Lettori! Sono una vecchia amica di EFP, praticamente sono cresciuta scrivendo qui. Adesso sono tornata con questa fic dalle tematiche delicate e i personaggi principali più maturi ma, spero, il più fedeli possibile alle personalità e ai caratteri che il maestro Kishimoto ci ha mostrato nelle fasi finali dell'opera, quelle che precedono Boruto. Spero che le mie parole possano tenervi compagnia, sicuramente i vostri commenti (critiche, complimenti, consigli, tutto è super accetto!) mi aiuteranno a migliorare e ad offrirvi una storia sempre più avvincente, fatta d'azione e mistero, certo, ma anche piena di tutta l'introspezione e il sentimento necessario. Al prossimo capitolo! StarGlass
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: StarGlass