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Autore: dirkfelpy89    15/12/2023    1 recensioni
Il giovane Marius Black ha undici anni e mille dubbi per la testa. Perché non ha ancora ricevuto la sua lettera da Hogwarts? Perché non riesce a compiere neanche la più semplice delle magie. Perché sua madre piange e suo padre lo caccia fuori di casa, il 1° Settembre?
Perché dovrebbe starsene buono e non cercare la sua vendetta?
(Questa fic partecipa alla challenge "Gruppo di scrittura!" indetta da Severa Crouch sul forum "Ferisce più la penna")
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aberforth Silente, Arabella Figg, Famiglia Black, Marius Black, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Capitolo 9, Una Nuova Destinazione.

 



L’uccisione di un facoltoso membro della comunità in un altrettanto distinto sobborgo di Liverpool scatenò immediatamente una furiosa serie di dibattiti sulla sicurezza delle strade di quella grande città e il caso finì anche su qualche testata giornalistica regionale.
Fu un caso che si rivelò ben presto molto difficile da risolvere e la polizia brancolò nel buio per anni, prima di disinteressarsi alla vicenda e lasciar cadere quel caso nella marea di omicidi senza un autore.
Marius questo però non lo poteva certo sapere.

Il ragazzo fuggì da Liverpool pedalando a più non posso, fermandosi in una locanda fuori dalla città, solo dopo diverse ore di tragitto inquieto e solitario.
Era stanco, ancora incredulo di come le cose fossero andate e spaventato per il suo futuro.
Sarah. La sua Sarah era morta. Riusciva a stento a crederci, l’amica che tanto aveva fatto per lui al St. James se n’era andata dove lui non avrebbe potuto seguirla.
Fosse rimasto da solo al mondo forse lo avrebbe fatto, l’avrebbe raggiunta, ma Marius possedeva ancora una tenue speranza.
I suoi genitori si sarebbero comportati come quelli di Sarah?
Lo avrebbero cacciato di casa, lasciando che vivesse nella miseria?
No, al solo pensiero, tremava. Sua madre e Cassiopeia non l’avrebbero lasciato nella polvere.

E poi c’era la sensazione di sentirsi sporco dentro, una sporcizia che l’acqua non poteva risolvere. Aveva ucciso una persona.
Un bastardo, certo, un miserabile ma pur sempre una persona.
Si osservò le mani, per tutta la sera, sentendole sporche di sangue caldo. Stentava a credere a quello che la disperazione e la sete di vendetta l’avevano portato a compiere.
Se ne pentiva?

No, sai benissimo che se lo meritava. Non fare il finto tonto, non con me…

A malapena riuscì a dormire e lo fece sognando ripetutamente il triste incontro con Sarah e l’assassinio del padre. Il giorno dopo si alzò con due notevole occhiaie, rimontò in bicicletta e proseguì verso nord senza rivolgere la parola agli altri ospiti della locanda.
Non aveva un’idea precisa in mente, non si ricordava minimamente l’ubicazione di Black Manor e probabilmente sua sorella non ci viveva più. Non sapeva nemmeno se si fosse sposata oppure no.
Pensò, pedalando, che doveva necessariamente, a tutti i costi, trovare un centro magico per reperire informazioni.
Un centro magico… Il dilemma occupò la mente del ragazzo fino a quando, verso le dieci di mattina, giunse a una ovvia conclusione… ma certo, era ovvio, Hogsmeade!
Vi si era recato un paio di volte in compagnia di suo padre, anni prima, e da quello che si ricordava era uno, se non il solo, centro abitato completamente abitato da maghi e streghe nel Regno Unito.
La sua unica possibilità.
Fermò la bici, leggendo un grosso cartello. “Manchester, 15 chilometri.”
Hogsmeade si trovava in Scozia, questo era l’unico punto di riferimento che aveva. Da lì doveva partire.

Pedalò il resto della mattina, e per parte del primo pomeriggio, fino ad arrivare alla periferia di Manchester. Era una città per certi versi simile a Liverpool, per altri decisamente differente.
Rimase ancora una volta sorpreso di fronte a quella calca di gente che sembrava non finire mai né tantomeno possedere il minimo rigore logico.
Era troppo tardi per continuare il suo viaggio ma si rese conto ben presto che con poche sterline a disposizione, gli alberghi costavano decisamente troppo per le sue magre tasche.
Dopo essere uscito, depresso, dall’ennesima pensione, il ragazzo notò, sotto un vicino ponte ferroviario, una piccola folla di uomini e donne, tutti riuniti uno vicino l’altro.
Capì immediatamente che si trattava di un gruppo di senzatetto, l’unica sua possibilità per la notte era unirsi a loro.

Appoggiò la bicicletta ad un palo, ormai non gli serviva più, e si avvicinò, con discrezione, a un gruppo composto da una ventina di persone, rifugiatesi sotto un basso ponte.
Erano tutte radunate intorno a due focolari in cerca di caldo e protezione. Non appena sentirono i passi del ragazzo farsi più vicini, uno di loro, apparentemente il capo, si alzò, brandendo un bastone contro Marius.

“Chi sei e cosa diavolo vuoi da noi?” sbraitò, avanzando.
“Io… niente, non so dove andare e…”
“E vuoi unirti a noi? E chi ci dice che non sei della polizia?” L’uomo sputò, facendosi sempre più vicino. Marius iniziò a indietreggiare e fece per scappare quando una voce gentile richiamò il suo aggressore.
“Erik, ma ti sembra che questo ragazzo possa essere un poliziotto?”
Una donna anziana, dai lunghi capelli bianchi, si alzò a sua volta, osservando attentamente i due.
“Ma che ne so?” Borbottò Erik, abbassando il bastone. “Chi sei?” Chiese, rivolto a un Marius decisamente confuso.
“Marius, il nome è Marius e sono in viaggio da questa mattina…” sussurrò il ragazzo, abbattuto.
“Non sei uno sbirro?”
“Ma ti pare che abbia l’aria di essere uno di loro?” Chiese l’anziana, avvicinandosi. “Povero caro, che cosa ti è successo?” chiese.
“Sono in viaggio, devo andare in Scozia ma ho a malapena i soldi del biglietto e non un posto dove dormire, stanotte,” spiegò il ragazzo, sull’orlo delle lacrime.
“E volevi unirti a noi?” sbottò Erik.
“Sì, ecco, io…”
“Vieni, caro, avvicinati pure,” sussurrò la donna, afferrando una mano di Marius e invitandolo ad avvicinarsi ai fuochi.
Con la coda dell’occhio, il giovane Black vide Erik alzare gli occhi al cielo, scuotendo la testa.

Marius e l'anziana donna, che si presentò come Emma, arrivarono di fronte a un gruppo composto da una decina di senzatetto i quali, nonostante le condizioni evidentemente disagiate, non esitarono a dare una mano al ragazzo. Gli offrirono una coperta, un pasto caldo e il calore del fuoco contro quel freddo che entrava senza pietà alcuna fin dentro le ossa.
I suoi nuovi compagni lo tempestarono di domande fino a quando il giovane Black non fu praticamente costretto a raccontare la sua triste storia: i suoi genitori che lo diseredavano, l'orfanotrofio, la fuga e la morte di Sarah.
Omise soltanto due particolari abbastanza importanti, ma che sicuramente avrebbero compromesso la sua posizione già di per sé a rischio: il fatto che lui fosse un mago e che avesse da poco ucciso una persona.

“Io e mio marito abbiamo tentato per anni di avere un figlio,” mormorò una ragazza, “non ci siamo mai riusciti. Se penso a tutti quei bastardi che cacciano di casa i loro figli quando non sanno l'onore che provano a essere genitori…”
Strinse i pugni distogliendo lo sguardo, asciugandosi con rabbia una lacrima con il dorso delle mani screpolate.
“E ora dove sei diretto?” Chiese Emma, dando una pacca sulla spalla della ragazza.
“In Scozia. Mia sorella abita là, lei forse non si comporterà come mio padre,” rispose Marius.
“La gente non cambia mai, ricordatelo,” sbottò Erik. “Non farti tante illusioni, parti sempre aspettandosi il meno possibile e vedrai che nella vita non avrai mai grosse delusioni.”
“Questo è un modo piuttosto triste di vivere, non mi pare un buon consiglio da dare a un ragazzo,” ribatté Emma. Poi, rivolto a Marius, aggiunse: “la stazione ferroviaria è poco distante da qui, domattina prosegui dritto per circa un chilometro e la troverai, è piuttosto grande, dovresti riuscire a vederla!”
“Grazie, Emma. Non so come avrei fatto senza di te,” sussurrò Marius, sul punto di addormentarsi dopo aver pedalato per tutto il giorno.
“Noi che viviamo per la strada siamo sempre pronti ad aiutarci a vicenda, ma ora dormi, ragazzino,” rispose la donna, sorridendo. “Hai una lunga strada da fare, domani.”

/ / / / / / /

Il giorno dopo, al risveglio, il ragazzo impiegò diversi secondi per connettere con la realtà e comprendere che si trovava ancora sotto il ponte e che aveva dormito all'addiaccio.
Distolse la coperta calda e si alzò, sentendo tutto il corpo rattrappito per aver dormito su una superficie scomoda e dura come la terra. Eppure ce l'aveva fatta, era vivo e aveva recuperato abbastanza energie per continuare il suo viaggio.

Gli altri senzatetto continuavano a dormire, dall'orologio di Erik capì che erano a malapena le sei di mattina. Presto, eppure al pensiero di potersi finalmente muovere e raggiungere Hogsmeade, e forse sua sorella, ogni traccia di stanchezza sparì dal suo corpo.
Uscì dal calore dalla protezione offerta dal suo rifugio per la notte e si avventurò per le strade mattutine di Manchester.
Numerosi individui già affollavano le strade della città, ma la situazione si rivelò decisamente meno caotica rispetto al giorno precedente in pochi minuti Marius arrivò di fronte a una vasta costruzione dal quale partivano diversi binari: la stazione dei treni, la sua destinazione.

Aveva già preso una volta un treno, allora era stato insieme ad alcuni compagni dell'orfanotrofio per partecipare a non si ricordava bene quale premiazione, e quindi sapeva cosa fare, anche se allora tutto era avvenuto in scala molto ridotta.
Una volta entrato dentro la stazione si unì a una piccola fila che portava ad alcune biglietterie.
L'attesa si rivelò breve, appena dieci minuti, infine fu il turno di Marius.

“Dove devi andare?” Chiese una donna dall'aspetto burbero.
“In Scozia.”
“Questo non mi aiuta. In Scozia dove?”
Maledizione, non aveva pensato minimamente In quale parte della della regione più settentrionale della Gran Bretagna Hogsmeade si trovasse.
“Qual'è la città più grande?” chiese, arrossendo per la vergogna.
La donna l’osservò con malcelata avversione, si voltò per osservare una cartina appesa alle sue spalle e poi, voltandosi, rispose: “la West Coast Main Line parte da qui e arriva direttamente a Glasgow.”
“D'accordo, andrà benissimo!” Rispose Marius, sorridendo.
Acquistò un biglietto di sola andata di terza classe, prosciugando le poche riserve di denaro, e si avviò verso il binario 3 dove si sedette, in attesa.
Ben presto le poche panchina a disposizione vennero occupate da una piccola moltitudine di viaggiatori, pronti a recarsi in Scozia per affari o per tornare a visitare qualche lontano parente.
C'erano tante famiglie, un aspetto che contribuì a far sentire il giovane Black solo più che mai, nonostante avrebbe affrontato quel viaggio insieme a così tante persone.

Il fischio di un treno in arrivo distolse il ragazzo dai suoi pensieri cupi.
Alzò il capo e vide un grosso treno a vapore della LMS fermarsi proprio davanti a lui. Si riscosse, saltò in piedi e corse verso il fondo del treno, dove uno dei viaggiatori gli aveva detto si sarebbero trovate le carrozze di terza classe.
Salì i tre gradini e si ritrovò in ambiente certamente spartano e semplice ma che, dopo la nottata trascorsa dormendo sotto un ponte, a Marius parve l'ambiente più comodo e bello di questo mondo.

Si sedette in uno scompartimento abbastanza affollato, porse il biglietto al controllore e poi, non appena il treno iniziò a muoversi, si addormentò profondamente.

/ / / / / / /



Il viaggio durò circa quattro ore e mezzo, un tempo piuttosto lungo ma che Marius non percepi in quanto dormì per la maggior parte del tempo.
Si risvegliò solamente quando il convoglio arrivò in vista di Glasgow, in quanto il capotreno passò per tutti gli scompartimenti urlando: “cinque minuti al nostro arrivo, cinque minuti a Glasgow!”
Il ragazzo si stiracchiò, sentendosi decisamente riposato dopo la lunga dormita.
Non aveva la minima idea di che cosa avrebbe fatto, una volta sceso in città, ma solo il fatto di trovarsi più vicino ad un centro di maghi e streghe che forse avrebbero potuto dargli una risposta, contribuì a sollevare lo spirito del giovane Black. Più vicini a Hogsmeade, più lontano da Liverpool.
Un quarto d'ora più tardi, Marius uscì dalla stazione di Glasgow tremendo leggermente per l'atmosfera decisamente gelida.

Indossava ancora gli indumenti che si era comprato quando ancora lavorava alla fattoria, jeans e camicia a maniche lunghe, e ormai erano piuttosto usurati e non adatti all'inverno scozzese.
Avrebbe sofferto il freddo forse, ma, una volta riunitosi a sua sorella, tutte quelle sofferenze sarebbero sembrate nulle, solo un buffo ricordo di una lunga disavventura.
Rimase fermo nella piazza davanti alla stazione dei treni, non capendo bene che cosa fare, leggermente intontito per le numerose persone che gli passavano accanto.
Possedeva i soldi necessari giusto per un buon pasto, fece così per incamminarsi verso un bar, all'apparenza caldo e economico, quando una frase in particolare giunse alle sue orecchie.

“Questi maledetti Babbani, sempre in mezzo ai Boccini!”
Babbani…
Non era un termine nuovo nella sua vita, anche se riapriva porte che aveva chiuso decisamente da tempo.
Babbani.
Ma certo, era una parola che i maghi usavano per indicare le persone senza sangue magico!
Si voltò e vide due uomini farsi largo tra la folla, sempre borbottando cattiverie nei confronti dei passanti.
Li seguì, fuori da quella calca di Babbani, e non appena i due entrarono in una stradina laterale, decise di rivolgergli la parola.

“Siete dei maghi, vero?" Chiese, alzando la voce per attirare l'attenzione dei due.
“Forse… e tu chi saresti?” rispose quello più alto dei due.
“Marius… Marius Black. Vi posso chiedere un favore, con tutto il cuore?”
“Ma dico io, incontri due sconosciuti e la prima cosa che fai è chiedere un favore?” Borbottò quello più basso.
“È una situazione disperata, devo andare a Hogsmeade in ogni modo possibile!” Esclamò Marius, avvicinandosi.
“Materializzati!”
“Usa una scopa…”
“No, io sono un… Magonò.”

L'espressione curiosa dei due cambiò all'istante. Quello alto si ritrasse di qualche passo mentre il basso mormorò: “ci dispiace ma non possiamo certo accompagnarti fino a Hogsmeade, abbiamo i nostri affari, noi!”
“Ma io…”
“Se vuoi informazioni puoi andare da quel Babbanofilo di Richard Weasley, sempre dritto poi gira a destra alla terza strada che incontri,” sbottò quello alto, scocciato. “L'unico idiota che poteva venire fin qui ad aprire un centro informazioni per Nati-Babbani, parenti di Babbani e Magonò.”

Marius non se lo fece ripetere due volte. Salutò i due maghi e corse verso la direzione indicatagli il più velocemente possibile.
Non fece molta fatica per trovare la sua destinazione: ben presto entrò in una via secondaria, formata quasi esclusivamente da case diroccate e palazzine in precarie condizioni.
Giunto alla metà esatta di Charlie Road, così si chiamava quella viuzzola, vide una specie di ufficio, all’apparenza piccolo, polveroso e insignificante.
Solo un’insegna storta alla parete scrostata che però attrasse l’attenzione del ragazzo: “Richard Weasley. Una Mano ai Nostri Nuovi Amici!”
Emozionato, si avvicinò e aprì la porta.

Entrò in un’ambiente piccolo, scarsamente illuminato e ingombro di mappe, poster e schedari. C’era posto solo per una scrivania spartana, un paio di sedie e un’uomo sulla quarantina, magro e con lunghi capelli rossi, seduto su una poltrona, intento a studiare una mappa all'apparenza molto antica.
Il rumore della porta aperta colse completamente di sorpresa l'uomo il quale sobbalzò, lanciando la cartina per aria.
“Oh, scusa, non mi aspettavo di avere dei clienti stamattina,” balbettò, raccogliendo la mappa per terra e facendola svanire con un colpo della bacchetta magica.
Poi si voltò, spolverandosi i pantaloni con le mani, e tese a Marius una grossa mano “Richard Weasley, per servirti!” Esclamò, gioviale.

“Marius Black,” si presentò il ragazzo, prendendo posto in una delle poltrone. Richard prese posto nell'altra, osservandolo affascinato.
“Ecco, io…” esordì il giovane Black, indeciso su come introdurre l'argomento che più gli stava a cuore. L’altro uscì da qualche sua fantasticheria e lo interruppe, gioviale.
“Se sei un Nato Babbano e hai bisogno di informazioni in questo vasto mondo, hai scelto il posto giusto! Ho aperto questo ufficio quindici anni fa e ho già aiutato diversi Nati Babbani a trovare il loro posto nel mondo, posso certamente riuscirci anche con te!”
“Sì, beh, ottimo… solo che io sarei un Magonò,” sussurrò Marius, cercando in tutti i modi di non arrossire. L'entusiasmo di Weasley calò vistosamente eppure non perse il sorriso.
“Beh, i Babbani sono il campo nel quale sono più specializzato, sono comunque sicuro di poterti dare una mano, Marius… Black?”
L'uomo strabuzzò gli occhi. “Tu sei uno di quei Black?”
“Se intende dire che i miei genitori sono una delle famiglie Purosangue più importanti del paese… sì," rispose Marius, chinando la testa. “Peccato che non sia riuscito a ereditare niente della mia famiglia.”

Richard Weasley si grattò il mento con aria pensosa per qualche istante di cupo silenzio, i vispi occhi puntati sul soffitto.
“Essere un Magonò è, purtroppo, ritenuta una disgrazia per tante famiglie, non oso immaginare per i Black… e non oso pensare a che cosa avrai dovuto passare nella tua vita, ragazzo.”
“Già, diciamo che ho avuto un bel po' di esperienze, non tutte positive,” rispose Marius.
“E quindi, dove sei diretto? Che cosa ci fai in Scozia?” Chiese Richard, tornando a posare i suoi occhi sul ragazzo. “Con un treno Babbano? Bellissimo, io so tutto sui treni e…” Weasley lo interruppe con tale gioia che per un momento parve un bambino di fronte ai regali di Natale. Poi, evidentemente accortosi di aver interrotto un discorso importante, arrossendo lievemente sì zitti e fece cenno a Marius di continuare.
“Devo recarmi a Hogsmeade per raccogliere notizie sui miei genitori e su mia sorella. Non so dove si trovino, non ho mai cercato l'ubicazione del maniero dei miei genitori su una mappa e mia sorella potrebbe essersi sposata. Ho bisogno di informazioni e di un po' di denaro magico e sono sicuro che l'unica possibilità che ho è recarmi nell'unico villaggio completamente magico del Regno Unito.”
In realtà quel piano frullava nella sua testa da quando era scappato dall'orfanotrofio, dargli forma, parlandone con quel Weasley, contribuì in qualche modo a renderlo più vicino, più fattibile.

L'uomo tornò a grattarsi il mento, pensieroso.
“Hai con te del denaro? “ chiese, infine, con tono decisamente più pratico.
Marius mise una mano in tasca e ne tirò fuori il magro contenuto: qualche centesimo e poco più.
“Normalmente il mio onorario è un po' più alto," borbottò Weasley. “Ma ammetto che non ho mai incontrato una persona con una situazione così difficile. Aspettami qui,” esclamò, alzandosi e dirigendosi nel retrobottega.
Ne uscì qualche minuto più tardi con un giacchetto bello imbottito tra le mani e la bacchetta magica nell'altra.
“Alzati.”
Il ragazzo obbedì.
Richard puntò la bacchetta verso di lui e il ragazzo fece per spostarsi quando, improvvisamente, vide i suoi vestiti, jeans e camicia ormai scoloriti e sfilacciati, tornati come nuovi e splendenti, come forse non erano mai stati.
“Io…”
“Provati questa giacca, è calda,” propose Richard. Aveva ragione, foderata all'interno di pelo, Marius si sentì improvvisamente, per la prima volta da quando era scappato dalla fattoria, al caldo.
“Non deve, io…”
“Sì, in effetti non dovrei," rispose Weasley, tirando fuori calamaio e pergamena e iniziando a scrivere quella che aveva tutta l'aria di essere una lettera, “lo lasciò qui un cliente ormai un mese fa. Non credo che lo reclamerà e sembra servire più a te che a lui.”

In pochi minuti terminò la sua lettera che spedì, legando il messaggio a una zampa di un gufetto che dormiva su un trespolo in un angolo della stanza.
Poi l'uomo prese un vecchio quotidiano, si alzò e si avvicinò al ragazzo.
“Arriveremo a Hogsmeade tramite Passaporta. Ho appena inviato una richiesta ufficiale al Ministero, a breve l'oggetto si illuminerà e tu lo devi afferrare e non mollarlo per nessun motivo,” spiegò. Marius annuì, concentrato.
Dopo pochi secondi, in effetti il quotidiano si illuminò di una luce dorata, Richard ordinò: “adesso!” e il ragazzo afferrò un'estremità del giornale, l'altra nella mano di Weasley.

“Uno… due… tre!”

/ / / / / / /

La Passaporta si rivelò un'esperienza stranissima: fu come se un gancio avesse afferrato lo stomaco del ragazzo e trascinato nel nulla.
Marius urlò, spaventato, cercò di mollare la presa ma era come se le sue dita fossero letteralmente appiccicate alla superficie dorata del giornale.
Dopo qualche secondo quel supplizio terminò e il ragazzo crollò a terra su una dura superficie gelata.

“Forse avrei dovuto avvertirti degli effetti della Passaporta,” esclamò Richard, aiutando il ragazzo a rialzarsi da terra.
Mentre Marius cercava di ripulirsi dalla polvere, si voltò e per poco non svenne.
Fino a qualche istante prima si trovava in uno squallido ufficio, ora era all'aria aperta in un piccolo villaggio innevato.
Hogsmeade, aveva visitato quel villaggio anni prima eppure se lo ricordava ancora quasi perfettamente.

I due si avviarono per la strada principale, passando accanto a diversi abitanti del villaggio.
Richard ne salutò un paio, sorridendo placidamente mentre Marius rimaneva estasiato dalle varie vetrine magiche.
In lontananza videro un grande edificio, all'apparenza caldo e accogliente. “I Tre Manici di Scopa” recitava l'insegna.
Marius se la ricordava bene, rappresentava una tappa fissa nelle varie occasioni in cui aveva accompagnato il padre in quel paesino.
Fece per avvicinarsi, ma il suo accompagnatore lo bloccò, con un tocco sulla spalla, e lo guidò verso una stradina laterale.
“Ma perché…”
“Qui la gente è piuttosto diffidente,” spiegò Weasley, guidandolo per il dedalo di stradine. “E un Black Magonò attira decisamente troppo l'attenzione, soprattutto quelle indesiderate. C'è un altro posto dove potrai comunque raccogliere le sue informazioni senza dare nell'occhio.”

Dopo altri minuti di lento incedere, i due arrivarono di fronte a un'altra locanda ma questa decisamente diversa da quella precedente.
“La Testa di Porco” appariva sporca, i vetri erano quasi tutti oscurati, la parete nera non invitava certo i passanti ad entrare e prendere una Burrobirra.
“Sei sicuro…” Marius stava osservando la sua destinazione con un'aria decisamente perplessa.
“Aberforth, il proprietario, è un tipo strano, burbero,” spiegò Weasley. “ Ma è solo una facciata, lascia che io ci parli. Forse riuscirò a convincerlo a darti un lavoro, lo so non è il massimo, ma potrai metterti da parte qualche soldo e raccogliere informazioni allo stesso tempo.”
Il giovane Black continuava a nutrire parecchi dubbi ma per educazione, visto che Richard si era speso così tanto per lui, annuì e insieme entrarono ne “La Testa di Porco”.

Scoprirono ben presto che gli interni della struttura in qualche modo rispecchiavano l'esterno anche se, e Marius se ne rimase positivamente sorpreso, il grande stanzone interno appariva comunque comodo.
Certo, la pulizia lasciava un po' a desiderare, e i tavoli erano messi un po' alla rinfusa, senza apparente rigore logico.
Un uomo dai lunghi capelli neri si trovava, in piedi, dietro il bancone, anch'esso non particolarmente brillante, mentre già una piccola schiera di clienti affollava il locale.
“Ehi, Ab, hai un momento?” Chiese Richard, sorridendo, in direzione del barista.
Costui squadrò i due per qualche secondo, come indeciso se valessero il suo tempo, versò una bevanda dall'aspetto inquietante a una strega non meno rassicurante e poi, sospirando, si avvicinò a loro.

“Richard, sempre dietro alle sottane dai Babbani?” Chiese, scontroso.
“Ah, ad Ab qui piace scherzare,” Weasley sorrise, dando un colpetto con il gomito a Marius.
“Scherzare un corno, che diavolo vuoi, pel di carota?”
A quelle parole il sorriso di Richard svanì.
“Ti ho portato un nuovo aiutante!” Esclamò, indicando Marius.
“E chi è, uno dei tuoi amici Babbani?”
“No, io sono un Magonò, signore,” rispose Marius, d'istinto.
“Ah, che mi venga un colpo, un Magonò come aiutante!” Esclamò Aberforth, scuotendo i lunghi capelli. “Sarei lo zimbello del villaggio!”
“Non che la feccia che chiami clienti sia migliore” si intromise Richard, “o che tu abbia una nomea cristallina, vero? Dove sono le tue caprette?”

“Richard non ti uccido qui, sul posto, perché conosco tuo fratello e si, è strambo anche lui ma sicuramente molto meglio di te,” sibilò l'oste, dopo qualche secondo. “E tu, da che famiglia provieni? "Chiese, rivolto a Marius.
“Dai Black…”
Aberforth l'osservò attentamente e poi scoppiò a ridere.
“Non ci credo, un Black Magonò, pensavo di averli viste tutte, eh, ma questa!”
“La sua famiglia lo ha abbandonato quando aveva solo undici anni, dovresti mostrare un po' di rispetto,” obiettò Richard, contrito.
Ma Aberforth lo ignorò.
“E perché vorresti trovare un lavoro qui? Non puoi fare il barista in qualche pub Babbano?”
“Ho bisogno di un lavoro qui, a Hogsmeade, perché è uno dei pochi centri magici dove, sono sicuro, riuscirò a trovare informazioni sui miei genitori e su mia sorella,” rispose Marius. “All'orfanotrofio ho fatto diversi lavori fisici e manuali, ho lavorato in fattoria, so sostenere il duro lavoro!”

L'oste osservò il ragazzo con attenzione, forse per la prima volta da quando avevano messo piede nel pub.
C'era una espressione strana nei suoi penetranti occhi, incorniciati da una barba malfatta.
“Un genitore che manda via un figlio non merita una seconda chance,” borbottò, “rimettersi sulle loro tracce non potrà che farti del male ragazzo. Si può vivere bene, in questa vita, anche senza famiglia e te lo dico per esperienza personale. Ma se questo è il tuo volere non posso certo impedirlo.”
Sospirò, squadrando Richard.
“D’accordo, ma se fa pena lo caccio fuori, ok?”
“Oh, ma sono convinto che andrà benissimo!” esclamò Weasley, gioviale. “Ti chiederei un po’ di idromele… ma immagino che farò meglio tornare al mio ufficio. Marius, in bocca al lupo, per qualsiasi cosa scrivimi!”
“Signor Weasley, grazie, senza di lei non avrei…”
“Sì, basta convenevoli,” interloquì Aberforth, “Vieni, Marius.”

Salutato Richard, il ragazzo seguì l’oste per le scale fino a raggiungere il primo piano.
“Ci sono sei stanze, una è la mia, questa è la tua,” l’uomo aprì una porta mezza storta e i due entrarono in un’ambiente disordinato ma caldo.
“Riposati e poi scendi, dobbiamo preparare il servizio serale,” brontolò Aberforth. L’uomo fece per aggiungere qualcos’altro ma si zittì, limitandosi a chiudere la porta.

Marius non se lo fece ripetere una seconda volta. Crollò sul materasso e, vinto dalle decisamente troppe emozioni provate in quegli ultimi giorni, crollò addormentato.
“Sarah… ce la farò… per te,” fu il suo ultimo pensiero prima di crollare tra le braccia di Morfeo.

/ / / / / / /

Eccoci qui, Marius finalmente è arrivato a Hogsmeade e nel prossimo capitolo, mese prossimo, vedremo come si ambienterà e come, e se, riuscirà a mettersi in contatto con la famiglia. Sì, Richard Weasley è un prozio inventato da me. L’ho amato fin dall'inizio e, insomma, Arthur da qualcuno avrà preso la passione per i Babbani!
Spero vi sia piaciuta, al prossimo mese!

  
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