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Autore: AncientDust    15/12/2023    6 recensioni
"Per iniziare, ogni partita necessita che i pezzi vengano disposti sulla scacchiera. I bianchi da un lato, i neri dall’altro. I bianchi muovono per primi."
.
"Spesso si dice che le cose vanno come devono andare. Che seguono un'immateriale volontà superiore. Eppure questa è solo una parte della verità. Una pennellata, un ritocco sporadico nel complesso dipinto dell'universo; un piccolo aggiustamento strategico sulla scacchiera del mondo."
.
Crowley e Aziraphale fanno i conti con le loro scelte, mentre il mondo si prepara al Secondo Avvento.
Tentativo parecchio personale, e decisamente più drammatico, di proseguire la storia da dove si è interrotta, immaginando la trama di un'eventuale terza stagione.
[spoiler seconda stagione / tematiche delicate]
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Crowley, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Parte VII

 

 

 

- Aprile -

 

 

Non erano molte le cose che Muriel sapeva davvero.

Di certo sapeva come redigere dei documenti; sapeva come leggerli, come catalogarli in perfetto ordine e come interpretare ogni postilla e cavillo della burocrazia celeste.

Del resto, lo aveva fatto per seimila anni.

E gestire i documenti di un archivio non era molto diverso dal gestire dei libri, tutto sommato, nonostante questi ultimi fossero indubbiamente più piacevoli e offrissero molta più varietà di contenuti. Perciò, ormai poteva affermare con una certa sicurezza di saper anche organizzare una libreria; di sapere come disporre tutto per bene sugli scaffali, per rendere facile e veloce la ricerca e, perché no, anche come ordinare le altezze e colori delle copertine in modo gradevole.

Un'altra cosa che Muriel sapeva era come preparare il tè, anche se si trattava di un apprendimento piuttosto recente. Complice la gentilezza e l'aiuto di Maggie, che si era messa con pazienza a mostrarle tutti i giusti passaggi; spiegandole che c'è una temperatura ideale per l'acqua – a seconda della tipologia scelta di tè –, un esatto tempo di infusione, un quantitativo corretto di dolcificante, e tante altre cose interessanti sulle miscele, sulla cui memorizzazione però aveva ancora da lavorare.

Nell'ultimo periodo aveva persino imparato a comprendere meglio gli umani e i loro comportamenti, sebbene non si sentisse troppo padrona della questione. Aveva spesso intrattenuto amichevoli conversazioni con gli altri negozianti della strada, con i clienti della libreria e qualche volta persino con delle persone al Caffè di Nina, e le sembrava di migliorare un po’ ogni volta.

Eppure, sentiva di sapere con assoluta certezza solo una cosa: che le piaceva vivere sulla terra, come non le era mai piaciuto nient’altro.

In Paradiso non c'erano tutti quei colori, quelle luci, quella varietà. Tutta quella vita e quelle energie che si muovevano e cambiavano sempre; che a volte disorientavano e le facevano sentire la testa pesante, magari un po' confusa, ma che la riempivano anche di curiosità e di voglia di scoprire cose nuove, o di apprezzare quelle già conosciute.

E Muriel le amava tutte.

C’erano i libri, il tè e quei fantastici dischi di musica, e il tepore delle abat-jour alla sera, che illuminavano di caldo conforto gli scaffali della libreria. C’erano le coperte morbide, i biscotti al burro e le decorazioni di Natale (Oh, quanto le aveva adorate!); e poi le vetrine dei negozi, le anatre al Saint James Park, le pozzanghere dopo la pioggia e il vento che trascinava le foglie. E non era più sola, perché c’erano Maggie e Nina, e tante altre persone diverse con cui parlare ogni giorno, anche solo in quella piccola realtà tutta umana che era Whickber Street.

E anche se ancora non erano molte le cose che comprendeva bene o che aveva sperimentato, non se ne dispiaceva, perché c’era sempre la possibilità di conoscerne di nuove.

O almeno così era stato fino a quella mattina.

C’era infatti un baule. Un vecchio baule di legno con la chiusura in ottone, proprio sotto la scala.

In realtà, prima di allora Muriel non si era nemmeno resa conto che quello fosse effettivamente un baule; credeva si trattasse solo di un altro strano basso scaffale, o qualcosa di simile, considerando le pile di libri e di altri oggetti che vi erano sempre stati sopra e che ne ricoprivano la superficie.

Ma il suo personale programma di riordino – che, con la dovuta placidità angelica, durava ormai da diversi mesi – aveva infine raggiunto anche quel piccolo spazio occultato sotto i gradini, rimasto fino a quel momento trascurato. Ai libri e agli oggetti erano quindi state trovate nuove e più comode sistemazioni, e il baule, ora sgombro e spolverato, aveva potuto mostrare la sua vera natura; oltre che una piccola targhetta ossidata sul coperchio, con incisa la parola Memorie in un grazioso corsivo svolazzante.

Un ritrovamento imprevisto, come quelli di cui aveva letto nei romanzi e che di solito davano il pretesto per l’inizio di una nuova storia. E il petto le si era subito riempito di frizzante esaltazione, immaginandone il misterioso contenuto.

Il baule, tuttavia, era chiuso.

Totalmente, completamente sigillato, deciso a non rivelare i suoi segreti; sebbene sulla superficie non vi fosse traccia di alcun lucchetto o serratura. E a nulla erano serviti i suoi tentativi di aprirlo, miracoli compresi.

Era perciò già da qualche minuto, ormai, che sedeva sconsolata sull’ultimo gradino della scala a chiocciola, senza sapere cosa fare. Sbirciando, di tanto in tanto, il coperchio di legno scheggiato attraverso le sbarre del corrimano, forse nella speranza di vederlo aprirsi spontaneamente, prima o poi. Ma quello se ne stava solo lì, indifferente, immobile nella sua posizione; come del resto, era giusto che un baule inanimato facesse.

L’orologio a pendolo suonò otto severi rintocchi, mentre, per la prima volta, Muriel si sentiva davvero rattristata dal non sapere qualcosa.

Sospirò, riflettendo sul fatto che forse anche alla libreria c’erano cose a cui non le era permesso accedere, proprio come negli Archivi in Paradiso. Cose che il Signor Aziraphale aveva dovuto lasciare indietro, ma che non voleva fossero toccate da altri.

Cose davvero importanti, pensò Muriel. Considerando che nemmeno le prime rarissime edizioni dei libri di profezie erano state protette a quel modo.

Si sentì improvvisamente in difetto, per aver desiderato di conoscere un qualcosa di così riservato e prezioso. E nella sua testa proruppe grave quel monito, ultimamente un po’ dimenticato, che la redarguiva sulla natura demoniaca della troppa curiosità.

Scattò in piedi, le mani allacciate contro il petto e le guance avvampate da un filo di vergogna, in un moto di ansia involontario che la prendeva sempre quando credeva di aver fatto qualcosa di sbagliato. Ma, grazie al Cielo, nulla di irreparabile era ancora accaduto.

Prese un lungo respiro e lisciò il profilo della gonna, recuperando il giusto contegno.

Se quel baule era così importante, allora se ne sarebbe presa cura; lo avrebbe custodito per il Signor Aziraphale, tenendolo al sicuro fino a quando lui non fosse tornato. Questo si disse e, dopo una rapida occhiata al sottoscala, convenne che la prima cosa da fare sarebbe stata trovare un posto migliore dove riporlo.

Si abbassò, per non sbattere la testa contro un gradino e, risoluta, ne afferrò un’estremità, trascinandolo a fatica appena fuori dalla sua nicchia. E lì si fermò, sbuffando contrariata, con le mani sui fianchi.

Era evidente che il baule fosse troppo pesante per essere spostato in quel modo, e stava quasi per operare un piccolo miracolo, quando notò un angolino bianco che sbucava proprio da sotto il bordo, nella scia che si era creata fra la polvere sulle assi del pavimento.

Sembrava l’estremità di un foglio.

Lo raccolse, sfilandolo con attenzione per evitare che si strappasse, e si rese conto che non era un foglio, bensì una fotografia.

Muriel sapeva cos’era una fotografia. Era stata Nina a spiegarglielo alcuni mesi prima, quando ne aveva trovate a decine stipate in alcune cartelle e altrettante ordinate all’interno di una fila di grossi tomi in pelle nera, riposti in uno degli scaffali più in alto. Tuttavia, le fotografie in questione erano state tutte datate con cura e indicavano sempre il luogo in cui erano state scattate, e spesso anche qualche nota, a differenza di quella che ora si ritrovava in mano.

L’immagine era scura e un po’ graffiata, ma erano ben distinguibili due figure conosciute: una del Signor Aziraphale e l’altra del demone Crowley, apparentemente intenti a passarsi qualcosa di mano. Non era una bella foto, pensò, almeno non come quelle che aveva visto raccolte nei tomi; sembrava scattata di fretta e con poca cura, ed era anche un po’ sfocata, ma in qualche modo risultava comunque bella a vedersi.

Forse perché quello ritratto sembrava un bel momento, e anche se l’unico a sorridere era il Signor Aziraphale, persino il Signor Demone appariva meno scontroso del solito; quasi contento, avrebbe osato dire.

Si ritrovò a sorridere di rimando, stringendo la fotografia fra le mani e chiedendosi perché mai si trovasse sotto quel baule. Forse vi era caduta per errore.

Aveva appena iniziato a ragionare su dove poterla riporre, quando dalla strada risuonò il rombo rauco e familiare di un motore. E Muriel si illuminò, colta da un’improvvisa soluzione. Mise la foto nel taschino del gilet e corse fra gli scaffali, e poi rapida oltre l’ingresso della libreria, lasciando la campanella a tintinnare impazzita dietro di sé.

«Signor Crowley!»

Lo vide scivolare fuori dalla portiera, con uno dei suoi soliti bizzarri movimenti un po’ disfatti, e avviarsi come sempre in direzione del Caffè di Nina.

«Signor Crowley, aspetti!» chiamò di nuovo, mentre trotterellava attraverso la strada, fino alla lucida auto nera. E lui le rivolse le orbite scure degli occhiali, un sopracciglio appuntito appena sollevato al di sopra.

«Torna in libreria, angioletto.», pronunciò stancamente, «Non devi parlare con me. Ricordi? Sono un demone

«Lo so, lo so. Ma c’è una cosa che vorrei darle.» sfilò la fotografia dal taschino e gliela porse, fremente di gioia, esibendo il sorriso più largo che riuscì a produrre.

Lui la prese in punta di dita, mentre il sopracciglio aguzzo si faceva ancora più alto e la fronte gli si corrugava in tante piccole onde. La scrutò in silenzio, con il suo liscio sguardo di vetro, e il labbro gli tremò appena.

Muriel sorrise ancora più forte, stringendo le mani contro il petto, incapace di trattenere l’entusiasmo che sentiva agitarsi al di sotto. «L'ho trovata poco fa, pensi un po' sotto un baule!» trillò, felice.

«E infatti ho pensato: strano posto per riporre una cosa del genere. Eppure avevo capito che le foto si conservassero in appositi contenitori... com'è che si chiamano? Accidenti, mi sfugge sempre il nome giusto.» ponderò appena un istante, dondolandosi fremente sui talloni, «Ecco si, album, si chiamano album! Ce ne sono davvero tanti nella libreria, ma sono quasi tutti pieni di paesaggi, o scorci di città, o a volte qualche ritratto; tutti catalogati e datati in perfetto ordine, sia chiaro. Ma questa è l'unica foto che ho trovato a non avere un posto, né una data o nessun'altra indicazione, vede?

«Ed è veramente strano, perché tutto nella libreria è conservato con meticolosa attenzione, malgrado ci sia un po’ di disordine. Infatti è per questo che sto sistemando da, beh… ehm, comunque, proprio un attimo fa stavo guardando la fotografia e riflettevo su dove metterla, e poi l’ho sentita arrivare e ho pensato ma certo!», riprese fiato, «C'è anche lei nell’immagine, perciò magari le potrebbe far piacere averla e… tenerla, ovviamente, certo. Dato che adesso il Signor Aziraphale se n'è andato e-»

«Ho capito, angioletto.» disse lui, piatto, interrompendo bruscamente quel flusso di pensieri che avevano iniziato a viaggiarle sulla lingua ad una velocità sempre più vertiginosa.

E anche Muriel si bloccò insieme ad essi, mortificata. Le braccia tirate lungo i fianchi e le dita ancora strette contro i palmi dall’agitazione. Lo aveva fatto di nuovo, si era persa in troppe parole. E parlare troppo faceva sempre innervosire le persone; era una delle prime cose che aveva imparato, già da molto prima di scendere sulla Terra.

Sbatté le palpebre un paio di volte, a respiro trattenuto, in attesa; cercando di decifrare l’espressione insondabile barricata dietro quegli scuri cerchi di vetro che aveva davanti, aspettandosi l’arrivo di un rimprovero.

Ma il Signor Demone non fece niente del genere. Guardò la foto ancora per qualche momento, poi la ripose nella tasca della giacca, con un gesto un po’ malfermo, e l’angolo della sua bocca si tirò in un ghigno appena accennato.

«Grazie.» aggiunse infine, ma nella sua voce c’era qualcosa di strano. Come una nota stonata.

Muriel si aprì di nuovo in un piccolo sorriso incerto.

Le piaceva il Signor Crowley.

Per quanto fosse un demone, non era per niente come di solito venivano descritti i demoni; era gentile e mai veramente malvagio, anche se un po’ scontroso e malinconico. E le piaceva anche quel suo modo bizzarro di muoversi, il colore acceso dei suoi capelli, e la parlata strascicata che aveva di solito, dal tono tagliente e a volte un po’ sibilante. Quello che non le piaceva, invece, era la nebbia scura che lo avvolgeva sempre, e quella distanza irraggiungibile in cui celava lo sguardo; quel freddo distacco che non permetteva a nessuno di avvicinarsi.

Soprattutto da quando il Signor Aziraphale se n’era andato.

Per questo gli aveva portato la fotografia; voleva fare qualcosa di buono, anche se ora non era più troppo sicura di aver fatto bene. Forse sperava in una reazione migliore, ma in fondo lei non era mai stata istruita per operare sul campo, come facevano gli angeli più importanti; aveva sempre solo redatto e catalogato parole, nella solitudine del suo ufficio. E non era molto brava a comunicare.

Strinse un po’ inquieta la stoffa del gilet, e fece per dire qualcosa, ma le uscì solo un balbettio confuso.

Una folata di vento tiepido imperversò nella strada, e nello spazio fra loro, agitando le pieghe della sua gonna tartan e qualche ciuffo vermiglio sulla fronte del Signor Demone, che lui riportò subito indietro con la mano affusolata.

«Bene.» disse lui, schiarendo la voce, «Ora torna dentro, prima che qualcuno ti veda a fraternizzare con uno come me.», accennò con la testa verso l’ingresso della libreria, «Sai che al Piano di Sopra non vanno matti per queste cose.»

Muriel annuì un po’ sconsolata.

In realtà avrebbe voluto poterlo invitare a prendere un tè qualche volta, e chiedergli di tutte le cose che sapeva; della Terra, degli esseri umani e di ciò che aveva visto in quei secoli in cui vi aveva vissuto. Avrebbe voluto dirgli che la libreria era ancora aperta per lui, se avesse avuto il desiderio di tornarci; e avrebbe voluto anche fargli sapere che le dispiaceva di aver preso il posto del Signor Aziraphale, e che capiva cosa voleva dire sentirsi soli.

Avrebbe voluto dire tante cose, ma così come aprì di nuovo la bocca, così la richiuse, senza che nulla ne fosse uscito. Perché era vero, in Paradiso non apprezzavano che ci fossero questo genere di scambi. Gli angeli sono angeli e i demoni sono demoni, del resto.

Il bene non si mescola con il male.

E questa era sicuramente una ragione valida, anche se iniziava a sembrarle forse un po’ troppo rigida. Ma un angelo di 37esima classe come lei, di certo non aveva il diritto di poter sindacare su questioni del genere. Non era niente di più che una semplice archivista, e sarebbe stato meglio per lei tornare ai suoi compiti, a ciò che conosceva meglio.

Si morse il labbro.

«A-allora, arrivederci.» balbettò, accennando un timido saluto con la mano. E fece per tornare sui suoi passi, verso l’altro lato della strada.

«Hey, angioletto.» la richiamò lui, prima che si voltasse, «Sei stata brava.»

E Muriel sentì tornare un piccolo calore nel petto e un sorriso tirargli le guance.

Certo, non erano molte le cose che sapeva, e ancora meno quelle che capiva per bene, ma forse, per una volta, era riuscita a non combinare un guaio.

 

 

 

***

 

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NOTE DELL’AUTRICE:

Esco così, un po’ a sorpresa, un po’ a caso, con un aggiornamento. In realtà questa doveva essere una parte di un capitolo composto da più POV, ma quando ho iniziato a vedere che diventava troppo lungo ho deciso di spezzare (perciò forse vi beccate la prossima parte in una tempistica meno biblica).

Comunque si, lo so, sembra tutto un po’ di transizione, ma ho bisogno di certi dettagli per preparare il campo agli avvenimenti successivi, e poi non potevo non scrivere un pochino anche di Muriel, perché la adoro. Per il resto, non c’è bisogno di dire che le cose stanno iniziando ad andare in m*rda, MA non potete neanche immaginare quanto.

Ringrazio tutt* come sempre e torno a ritirarmi nel mio antro, bye!

 

   
 
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