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Autore: Glenda    17/12/2023    4 recensioni
In un mondo in cui la magia è rara e con un grande peso politico, ed i maghi figure temute e inquietanti, Heze, un giovane viaggiatore dal cuore limpido e il carattere solare, viene ingaggiato da uno di loro perché lo accompagni fino alla capitale a consegnare un messaggio segreto. Ma la persona con cui si trova ad affrontare questa avventura è completamente diversa dalle aspettative che si era costruito: svagato, onesto, gentile e smaccatamente vulnerabile, Yèlveran diventa per Heze un mistero da svelare, e finisce per legarsi a lui al punto di farsi trascinare in un complotto che potrebbe costare la vita a entrambi...
Storia di avventura con una componente politica, ma principalmente focalizzata sulla relazione tra i personaggi (a cui sono affezionatissima e dei quali ho volentieri indugiato nel descrivere i pensieri). Un bel po' di bromance e molto drama.
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Meirem stava cavalcando più velocemente che poteva, ma temeva di avere poche possibilità di arrivare in tempo. In fondo, era già un miracolo che fossero venuti in possesso di quell’informazione: se Leu non fosse partito per l’est, non l’avrebbero mai saputo.

Era una grande risorsa, il potere di Leu: ben altra cosa che il suo.

Eppure, Iruvàn contava su di lei più che su chiunque altro, e anche quella volta, quando avrebbe potuto servirsi di qualcuno dei suoi numerosi seguaci, si era invece affidato completamente alle sue capacità.

Ne era così orgogliosa: nessuno, prima di Iruvàn, l’aveva mai guardata in quel modo. Nessuno l’aveva fatta sentire straordinaria. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per non deluderlo. Di più: avrebbe dato la vita per lui, ne era certa.

Spronò il cavallo: doveva essere a Peshparao entro il sorgere il sole, doveva sorprenderlo ancora una volta portando a termine quell’incarico dagli scarsi margini di successo: proteggere la vita della Maledizione e riportarla sana e salva da lui.

La Maledizione era stata individuata il giorno prima ed i Persuasori erano già intervenuti, prendendola in custodia. Purtroppo, quei dannati erano molto rapidi nell’eseguire le loro condanne; non avevano bisogno di prove, di processi, di testimoni: in quel settore avevano carta bianca. Ma del resto, che c’era da processare? La vittima non aveva commesso crimini: aveva solo dei poteri a cui loro non avevano accesso. Meirem pensò che se una speranza di fare in tempo c’era, in quel momento stava proprio nella natura del potere in questione: se lo avessero trovato particolarmente interessante, forse lo avrebbero studiato per un po’, e l’esecuzione sarebbe stata rimandata.

Da quando Iruvàn l’aveva salvata, Meirem aveva imparato molto sulle Maledizioni e su se stessa: lui le aveva spiegato che non era vero che le Maledizioni erano abomini prodotti dalle forze malvagie che si erano sprigionate il giorno che la terra si era spaccata, quella era solo una teoria senza alcun fondamento che i Persuasori avevano elaborato per demonizzare una forma di potere che non potevano ricondurre alla loro stupida classificazione. Ma di quella teoria avevano fatto una persecuzione: non solo avevano alimentato la paura superstiziosa in modo da essere chiamati in soccorso ogniqualvolta un individuo che non era stato selezionato da loro manifestava poteri sovrannaturali, ma attraverso la politica del terrore si erano presentati, nei secoli, come la sola forza benigna in grado di proteggere l’umanità da un misterioso “male” di cui nemmeno loro stessi conoscevano la natura. Le favole funzionavano dalla notte dei tempi, e continuavano a farlo… soprattutto quando esistevano persone capaci di inculcare quelle favole nella mente degli uomini rendendole realtà. Se solo Iruvàn non le avesse aperto gli occhi, avrebbe continuato a vivere nella convinzione di non essere neppure umana, sarebbe stata per sempre lo sbaglio di natura che i suoi genitori avrebbero preferito non mettere al mondo.

Invece il destino era andato controcorrente ed oggi lei, la Maledizione che sei anni prima avrebbe dovuto morire, era il braccio destro dell’unico uomo che potesse dare una raddrizzata a quel mondo ottuso e distorto. L’unico che aveva il coraggio di provarci e forse il potere di farlo.

Il profilo del borgo si stagliava all’orizzonte: la luna era ancora alta, evviva.

Per fortuna a Peshparao non esisteva un’enclave, altrimenti le sue possibilità sarebbero state nulle: invece il suo obiettivo doveva essere stato imprigionato in qualche luogo più neutro. Certo, senza la collaborazione della Maledizione stessa sarebbe stata una battaglia persa, ma stando alle informazioni di Leu, l’uomo che doveva salvare aveva molti assi nella manica, se lei fosse riuscita a convincerlo a giocarseli. Doveva solo preoccuparsi del confine, quello sì: una condanna a morte non si eseguiva mai senza un confine. Tuttavia, sapeva anche che per uccidere una maledizione servivano un Persuasore di Sensi e un Persuasore di Cesura, e, se erano già arrivati lì, significava che li avevano mandati dall’enclave più vicina, che troppo grande non doveva essere: dunque poteva sperare che nessuno dei due fosse un esperto di confini, e, se la sorte era dalla sua parte, magari se l’erano presa comoda e avevano usato gli oggetti rituali: in quel caso aveva buone opportunità di trovarli. Non solo, poteva pure augurarsi che non fossero particolarmente preparati, o almeno non entrambi.

Iruvàn non aveva mai voluto insegnarle le sue arti: “Offendono la tua identità” aveva detto “Non è giusto che tu impari ciò da cui hai dovuto fuggire”; ma le stava insegnando a proteggersi da ciascuna di esse. “Non devi essere come loro, ma devi diventare tutto ciò che gli si oppone: grazie al tuo potere e al mio aiuto, diventerai il loro peggiore ostacolo. Meglio: il loro rovescio.”

Iruvàn l’aveva fatta diventare forte, lui l’aveva resa perfettamente padrona di sé.

Poteva batterli.

Anche una contro due.

Non aveva paura.

 

Era proprio il suo giorno fortunato: non solo i Persuasori non avevano ancora eseguito la condanna, ma avrebbero trasferito la Maledizione alla loro enclave di provenienza. Meirem non conosceva le ragioni di quella scelta: forse non erano in grado di installare il confine, forse non erano stati mandati lì come esecutori diretti perché non praticavano l’arte giusta… fatto sta che li precedette sulla strada, mentre viaggiavano a bordo di un carro, con la vittima inerme tra loro, di certo sotto l’effetto di una Persuasione.

Meirem indossò la maschera e spronò il cavallo nella loro direzione, terrorizzando i muli e il cocchiere: si portò al fianco del carro e vi balzò sopra. Le bastò un colpo d’occhio per avere chiaro lo scenario: uno dei due era Persuasore di Cesura, era evidente dal contrasto tra la posa docile della Maledizione e il suo sguardo terrorizzato. Quale? La donna – una ragazza più giovane di lei – che stava seduta vicina al prigioniero: Iruvàn gli aveva spiegato che maggiore era la prossimità, migliore l’effetto della Persuasione, e lei la sapeva lunga, in quanto a prossimità…

Si lanciò dunque sull’altro: bisognava sempre neutralizzare prima l’elemento ignoto, piuttosto che il noto. Lo afferrò, gli torse il braccio dietro la schiena e gli puntò il coltello alla gola. Il cocchiere cercò di frenare ed il carro sbandò, finendo con due ruote fuori strada: Meirem si tenne salda, mentre gli altri due passeggeri evitarono per poco di essere sbalzati fuori.

“Scendi e vattene, o lo ammazzo!” intimò alla donna.

Non fece in tempo a finire di parlare che un dolore acuto le attraversò il polso, scendendo fino alle dita che stringevano l’impugnatura: strinse i denti quanto bastava a non farsi fregare da quell’attacco a sorpresa.

«Quest’uomo è Persuasore di Sensi,» constatò «ma debole e inesperto. Non deve essere la sua arte principale.»

Gli si fece più vicina e lo cinse attorno alla vita, in una stretta molto simile ad un abbraccio.

“Provaci ancora, dai…” gli soffiò all’orecchio.

Era sempre divertente vedere un dannato Persuasore allibire davanti alla manifestazione del suo potere. Il dolore alla mano scomparve e le gambe del suo prigioniero tremarono: era un ometto così fragile, così poco resistente, che se lo avesse stretto un po’ più forte sarebbe crollato svenuto.

La reazione dell’altra non si fece attendere, ed era esattamente ciò che lei sperava: si accorse subito che la ragazza stava usando la sua arte su di lei. Meirem non era ancora abbastanza brava da impedirlo ed allentò la presa, lasciando che l’altro ricadesse in ginocchio, spossato, ai suoi piedi, ma questo non era importante, anzi, faceva parte del piano, perché nessun Persuasore di Cesura, per quanto abile, poteva esercitare il dominio su due persone contemporaneamente.

“Se vuoi salvarti, mi devi aiutare ora!” gridò nella direzione del terzo uomo, che, come sciolto da catene invisibili, si era rimesso in piedi tentando di guadagnare la fuga. Si scambiarono un solo sguardo, poi le assi cominciarono a tremare sotto i loro piedi e a spezzarsi una ad una come fuscelli. Meirem balzò al fianco della Maledizione, il Persuasore di Cesura soccorse il compagno che stava tentando di rialzarsi, ma in quell’istante anche le ruote cedettero e il carro collassò su se stesso in un’esplosione di schegge. Meriem richiamò il cavallo con un fischio e gli balzò in groppa insieme all’alleato: poi lo spronò al galoppo prima che i due potessero riprendere il controllodella situazione.

 

“Chi sei? Mi hai salvato! Come hai fatto? Perché?”

Meirem trovava quella Maledizione un omino mite e delizioso: un po’ attempato per aver manifestato i poteri solo adesso, ma a volte la mente faceva scherzi strani. Era impacciato, con un voce esile, quasi effeminata, barbetta rada e un viso pallido e lungo, su cui si aprivano un paio di occhi buoni. Come si poteva pensare che un tipo così potesse essere un pericolo? D’accordo, faceva a pezzi le cose con la forza del pensiero, ma non era certo più minaccioso di un branco di adolescenti ricchi a cui veniva data in mano un’arma solo perché avevano l’età giusta per avviarsi alla carriera militare.

“Vuoi sapere troppe cose e tutte insieme. Aspetta. Prima prendi fiato e abituati all’idea che per il momento sei al sicuro. Poi parleremo, ed io risponderò ad alcune, a tutte o a nessuna delle tue domande, a seconda di quale scelta farai.”

Cavalcò per ore finché non ebbe messo debita distanza tra sé e i potenziali inseguitori: smontarono e si inoltrarono nel fitto di un bosco di cui Meriem conosceva bene i sentieri. Aveva bisogno di un posto tranquillo per parlare. Non le sarebbe servito molto tempo: nelle operazioni di salvataggio, la rapidità era la migliore alleata e non c’era troppo spazio per la delicatezza.

“Come ti chiami?”

L’uomo la seguiva arrendevole, le spalle curve e il mento basso.

“Teshdei.”

“Teshdei, come avrai capito,” iniziò “io sono come te. Immagino che adesso tu sia spaventato, turbato, arrabbiato con l’universo: magari non avresti mai voluto scoprire di essere anche tu una delle aberrazioni che disprezzavi fino a ieri…”

Lui abbassò gli occhi, colpevole.

“Ma così stanno le cose, e tu hai tre scelte: arrenderti al pensiero comune e lasciarti ammazzare, nasconderti per sempre sperando di riuscire a gestire il tuo potere da solo o venire con me e accettare di contribuire alla mia causa. Solo in quest’ultimo caso potrò offrirti protezione, dirti chi sono e come ho fatto a salvarti. Sul perché lo abbia fatto, invece, è piuttosto semplice: credo fermamente che le Maledizioni abbiano diritto alla vita. Di più: al rispetto. Sei un essere umano come gli altri, nessuno può esigere la cancellazione della tua esistenza.”

“Sono sempre stato onesto… ” gemette lui “non ho mai fatto un torto ha nessuno, non ho mai infranto la legge, mai mancato di rispetto…” il dolore lo sopraffece e scoppiò a piangere “Ho una moglie e due figli! Come faranno senza di me?”

Quella era la parte più emotivamente disturbante del suo lavoro, ma al tempo stesso la più semplice, perché c’era una sola risposta a quella domanda: uguale per tutti. Inutile sperare nella pietà e nel buon senso umani.

“A quest’ora si stanno domandando come hanno fatto a non accorgersi di avere una Maledizione in casa, e stanno sospirando di sollievo al fatto che i Persuasori siano arrivati subito a portarti via.”

“No! Proxeim non lo penserebbe mai…”

Meirem affondò lo sguardo nel suo.

“Immagina la situazione al contrario. Cosa avresti fatto tu?”

L’uomo tacque: i suoi grandi occhi onesti ammisero la verità.

“Ci hanno insegnato che le Maledizioni sono un pericolo, anzi, hanno fatto di peggio, perché non si sono limitati a sostenere che il pericolo risieda nell’incapacità di controllare un potere troppo grande, bensì ci hanno convinto che le Maledizioni siano tutte intrinsecamente crudeli: che nutrano desiderio di fare del male e di distruggere. Non si accontentano di stigmatizzare ciò che tu sei, ma credono di poter decidere e poi condannare ciò che tu vuoi e pensi. Sai che è così, perché lo hai creduto anche tu: ma adesso che tu sei la Maledizione, sai cosa senti, sai cosa pensi, sai cosa desideri… e non potrai dirlo a nessuno, perché non verrai ascoltato. Quello che puoi ricevere dal mondo, d’ora in poi, è solo disprezzo e terrore. Io sono la tua alternativa: piangi pure ancora un po’, ma poi prendi una decisione. Il diritto a compatirti è un altro dei tanti che non ti sono più concessi.”

Lui strinse i pugni: aveva mani fragili, nodose e lunghe, non doveva essere abituato ai lavori di fatica, sembrava un insegnante, o uno studioso… forse era stato un uomo rispettabile nella sua vita precedente. Ora non era più nulla.

“Che cosa ti aspetti da me?”

“Niente che tu non sia in grado di fare, né che tu non voglia fare. L’uomo che ci guida non pretende nulla da nessuno. Ma vuole la tua lealtà, e che tu gli dia il permesso di assicurarsela.”

“Cosa significa?”

“Sai come funziona la Persuasione del Cuore?”

L’uomo gli rivolse lo stesso sguardo ignaro che, a questo punto, le rivolgevano tutti.

“Magia.” parafrasò “Stringerai un’alleanza attraverso la magia. Col tuo consenso, ovviamente, o non funzionerà.”

Ma il consenso glielo avrebbe dato, Meirem lo sapeva. Tutti lo davano. Per una Maledizione scampata alla morte, conoscere Iruvàn ed amarlo erano quasi sempre la stessa cosa.

 

  
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