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Autore: Star_Rover    18/12/2023    5 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XXXI. Sangue
 

Le truppe bianche avevano raggiunto la cima della collina, la strada per Tampere era deserta. L’improvvisa ritirata dei Rossi non era affatto rassicurante, poteva esserci il rischio di cadere in un’imboscata.  
Jari esternò le sue preoccupazioni al sergente Hiltunen.
«Gli esploratori non hanno rilevato la presenza del nemico lungo il sentiero» disse Emil.
«Che cosa hanno scoperto sulla loro posizione?»
«I Rossi sono schierati nei pressi del cimitero, appena fuori dalla città. Probabilmente quello sarà il campo di battaglia»
Il giovane tenente analizzò la situazione.
«Questa mattina ho sentito i nostri cannoni»
«L’artiglieria si sta preparando all’attacco»
Jari annuì.
«Per il momento non possiamo fare altro che attendere, non abbiamo ancora ricevuto l’ordine di avanzare»
«Suppongo che il capitano stia attendendo i rinforzi»
Il tenente scrutò il lato opposto della vallata.
«I volontari svedesi attaccheranno Tampere da est, mentre noi tenteremo di creare un varco a nord-ovest»
«Tampere non cadrà oggi, ma non potrà resistere ancora a lungo» sentenziò il sergente.
 
Emil osservò il tenente Koskinen mentre era concentrato a studiare le mappe. Nonostante la giovane età stava dimostrando di essere un buon comandante, diligente e determinato.
L’espressione seria e l’atteggiamento deciso potevano donargli una certa autorità, ma il suo aspetto era ancora quello di un ragazzo. Poteva riconoscere i dolci lineamenti di Helena sul suo viso.
Hiltunen aveva tentato di considerare Jari semplicemente come un suo superiore, ma ogni volta che incrociava il suo sguardo, rivedeva in lui la donna amata.
Negli ultimi vent’anni aveva cercato di fare del suo meglio per lasciarsi il passato alle spalle, ma non aveva mai smesso di domandarsi come sarebbero andate le cose se avesse agito diversamente.
Forse, se in passato avesse avuto il coraggio di lottare per Helena, lei non si sarebbe innamorata di un altro uomo. Quello restava il suo più grande rimpianto.
«Sergente…»
L’uomo si riprese da quei pensieri tornando a prestare attenzione all’ufficiale.
«Volevo solo dirle che per me sarà un onore combattere al suo fianco. Mi hanno riferito delle sue imprese durante la battaglia di Oulu, anche se non ho avuto modo di conoscerla personalmente, posso affermare di stimare un uomo come lei»
Emil fu colpito da quelle parole.
«Quando ho saputo che il nostro nuovo comandante era poco più di un ragazzino non avevo molte speranze…temevo che l’inesperienza e l’ambizione di un giovane ufficiale potessero compromettere l’integrità del plotone. Adesso, però, ho la certezza che lei sia l’uomo giusto per comandare questi soldati. Ha dimostrato di aver meritato la sua promozione, è pronto ad affrontare questa guerra, ed io sarò lieto di eseguire i suoi ordini sul campo di battaglia»
Jari rispose con un sincero sorriso, si congedò con un rapido saluto, poi si allontanò per tornare a perlustrare le trincee.
Emil rimase ad osservarlo con aria malinconica, pensando a ciò che non era riuscito a dire ad alta voce.
Se fossi mio figlio, sarei davvero orgoglioso di te.
 
 
Le truppe ricevettero l’ordine di avanzare al termine dell’azione d’artiglieria. La carica di fanteria non colse il nemico di sorpresa, i Rossi erano pronti a difendersi, scaricando raffiche di proiettili.
Jari guidò i suoi uomini fino al limite della foresta, avrebbero attaccato le trincee come i tedeschi. Squadre rapide ed efficienti, con fucili e bombe a mano. Il resto degli uomini si sarebbe occupato della copertura, aveva già individuato le postazioni migliori per le mitragliatrici.
Jari era intenzionato a prendere parte all’azione, ma il sergente Hiltunen glielo impedì.
«È meglio che rimanga qui a coordinare il fuoco di copertura»
«Non posso, un ufficiale deve dare l’esempio ai suoi uomini»
Emil lo bloccò, afferrandolo con decisione per la manica della giacca.
«Lei è il comandante, deve pensare al bene del plotone. Esporsi a un rischio simile sarebbe una decisione irresponsabile!»
Jari stava per protestare, ma l’aumento d’intensità del fuoco nemico lo costrinse ad abbandonare la discussione. Il tenente indirizzò lo sguardo alle postazioni delle mitragliatrici, voltando le spalle al fronte nemico.
Il sergente udì il fischio di una granata, istintivamente corse verso il suo superiore, il quale era ancora ignaro del pericolo. Senza esitazione Hiltunen spinse il giovane ufficiale a terra, appena in tempo per allontanarlo dalla pioggia di schegge.
Jari fu scaraventato dall’urto dell’esplosione contro alla parete ghiacciata. Si riprese tossendo in una nuvola di polvere, ancora scosso e frastornato.
Quando la vista tornò nitida, vide il sergente steso a terra, inerme, con decine di frammenti metallici conficcati nel corpo. Il sangue sgorgava copiosamente da una profonda ferita al fianco.
Jari si affrettò a correre in suo soccorso.
«Sergente!»
Il giovane si chinò su di lui, tentando di fare il possibile per frenare l’emorragia.
«Chiamate un medico! Presto!» ordinò agli altri soldati, i quali obbedirono prontamente.
L’uomo con la croce rossa al braccio che giunse di corsa non era Yrjö, ma un caporale medico.
Jari non poté far altro che lasciare Hiltunen nelle sue mani, doveva tornare al comando dell’operazione, non poteva preoccuparsi per lui in quel momento. Dentro di sé, però, sapeva che l’intervento del sergente gli aveva salvato la vita.  
 
***

I bombardamenti sulla città di Tampere erano ricominciati senza sosta. Verner attraversò la strada tra i detriti. L’ultima bomba aveva colpito un palazzo poco distante dal quartier generale, un’intensa nube nera e rossa si sollevò fino al cielo.
Verner proseguì imperterrito verso la sua meta, limitandosi a distogliere lo sguardo dai cadaveri in parte sepolti sotto alle macerie.
Era ormai giunto a destinazione quando ad un tratto si fermò al margine della strada, quella volta non riuscì a restare indifferente. Il corpo senza vita, coperto di polvere e sangue, era quello di un ragazzino.
Il giovane strinse i pugni per la rabbia, avvertì gli occhi umidi e le labbra tremanti. Per un momento pensò che sarebbe caduto in ginocchio a piangere, ma ciò non accadde. Mantenne il controllo, sistemò il fucile in spalla, e si allontanò con una terribile sensazione di nausea e un altro peso sul cuore.
 
Entrò nell’edificio e rapidamente salì le scale. In una delle stanze al secondo piano Jussi lo stava attendendo con impazienza.
«Finalmente! Perché ci hai messo tanto? Temevo che ti fosse accaduto qualcosa»
Verner consegnò il messaggio con gli ordini del capitano Hentilä.
«Hanno bombardato il distretto di Kyttälä, la zona era ancora abitata dai civili»
Jussi non fu sorpreso dalla notizia: «non l’hai ancora capito? I Bianchi non vogliono solo vincere la guerra, il loro obiettivo è annientarci»
Verner era ancora sconvolto.
«Tra i morti per strada c’era anche un ragazzino, dannazione, avrebbe potuto essere Hjalmar!»
L’amico poggiò una mano sulla sua spalla.
«Non devi pensare a questo, non adesso»
Il giovane scosse la testa: «mi dispiace…è solo che...non ho più avuto notizie di mio fratello dopo la sua partenza. Non so cosa possa essergli successo»
«Al momento non c’è nulla che tu possa fare. Devi solo avere fiducia in lui e sperare per il meglio»
Egli sospirò: «suppongo che tu abbia ragione»
«Non puoi lasciarti sopraffare dalle tue debolezze. Devi essere lucido per combattere»
Verner tentò di fare del suo meglio per riprendere il controllo di sé.
«Posso contare su di te?» domandò Jussi.
Il ragazzo confermò con decisione.
«Sì, certo. Allora, quali sono gli ordini del capitano?»
«Dobbiamo difendere la postazione, è nostro compito impedire alle truppe di entrare in città»
Verner rifletté attentamente.
«Dovremo rinforzare le barricate e posizionare i cecchini sul tetto»
«Adesso sì che ti riconosco! Coraggio, non abbiamo tempo da perdere!»
 
 
Tutto era pronto per l’imminente battaglia.
Verner era appostato vicino a una finestra, dalla sua postazione aveva una buona visuale sull’incrocio.
Jussi si trovava al lato opposto della stanza, anch’egli in posizione di tiro.
I primi colpi si abbatterono sull’edificio, le pareti tremarono, ma soltanto una piccola parte del soffitto cedette.
Verner osservò la voragine al piano superiore, poi tornò a sbirciare dalla finestra. C’era agitazione alle barricate, in strada si stava combattendo.
Il giovane non esitò a puntare il fucile, prese la mira e con fermezza premette il grilletto. La sua esperienza come tiratore si dimostrò impeccabile anche sul campo di battaglia.
Sparava senza esitazione, dentro di sé sapeva perché riusciva ad eseguire gli ordini con così tanta facilità. Quei soldati non erano Jäger, erano svedesi, indossavano divise bianche per mimetizzarsi nella neve.
Un soldato non avrebbe dovuto fare differenze, un nemico era un nemico, e basta. Pur essendo consapevole di ciò, Verner fu lieto di non dover sparare alle uniformi verdi.
 
I Bianchi avevano individuato la loro posizione, una pioggia di proiettili si abbatté al secondo piano dell’edificio, Verner si gettò al riparo. Le pallottole volarono sopra alla sua testa, conficcandosi nel pavimento e nel muro alle sue spalle. Altri proiettili colpirono i mobili e frantumarono gli specchi. 
Una granata ruppe la vetrata sul lato est, l’esplosione causò il crollo di un’altra parte del tetto. Verner si sollevò da terra tossendo a causa del fumo.
«Jussi! Jussi, rispondi!»
Il giovane arrancò nella polvere, istintivamente allungò il braccio per raggiungere l’arma.  
Quando il fumo iniziò a diradarsi, Verner riconobbe una sagoma stesa a terra. Immediatamente si avvicinò, strisciando verso il suo compagno.
Jussi giaceva inerme sul pavimento, disteso su un fianco in una pozza vermiglia. Tra le mani stringeva ancora il suo fucile, era stato colpito sopra alla tempia, un solo proiettile in testa, e tutto era finito.
Verner ripensò al loro incontro alla ferrovia, ai suoi discorsi sulla giustizia e l’uguaglianza, e a tutti i pericoli che avevano affrontato insieme dall’inizio della guerra. Jussi era stato il suo fedele compagno per tanto tempo, era stato proprio lui a convincerlo a prendere parte alla rivolta, ed ora egli non c’era più. Niente più sogni, né speranze, soltanto un cadavere in un edificio in fiamme.
Verner si rannicchiò al suo fianco, con le mani sporche di sangue e gli occhi umidi di lacrime.
 
***

Yrjö correva da una parte all’altra della foresta, era costretto a gettarsi nelle trincee e a zigzagare tra gli alberi per raggiungere i compagni che richiedevano il suo aiuto.
Il giovane medico si ritrovò in una piccola radura, tre soldati erano rannicchiati all’ombra delle betulle.
«Dottore! Venga qui, presto!»
Yrjö si avvicinò, un quarto uomo era sdraiato nella neve, aveva un proiettile conficcato nella gamba.
Il dottore valutò rapidamente la condizione del ferito, preoccupandosi immediatamente di fermare l’emorragia. Mentre sistemava le bende, gli altri soldati tornarono a sparare oltre la linea. Gli spari sempre più vicini avvisarono Yrjö che non aveva ancora molto tempo. Doveva agire il fretta.
«Presto! Aiutatemi, dobbiamo portarlo via da qui!»
Un altro Jäger si affrettò sorreggere il compagno colpito. Quest’ultimo strinse i denti con un’espressione sofferente.
I due uomini trasportarono il ferito lontano dalla linea di fuoco. Ostacolati dalla neve, dovettero faticare per non perdere la presa e non scivolare, rischiando di far cadere il delicato fardello.
Aveva ripreso a nevicare, la nebbia impediva di riconoscere i luoghi, senza punti di riferimento c’era il rischio di perdersi nella foresta.
Il ferito ricominciò a lamentarsi.
«Ho perso molto sangue, vero dottore?»
«No, non è così grave» rispose Yrjö.
«Fa male! Il dolore è terribile…sento che sanguina ancora…sta ancora sanguinando?»
L’altro soldato sbuffò: «risparmia le energie Anders, sei solo un bastardo fortunato, ti stiamo portando via da questo inferno!»
Egli rimase in silenzio per un po’, quando ricominciò a parlare la sua voce era debole come un sussurro.
«Ho freddo, dannazione, sto congelando»
Yrjö tentò di rassicurarlo: «resisti ancora un po’, presto sarai al caldo»
«Sto tremando. Ho paura, dottore…sto davvero per morire?»
«Non stai per morire. Cerca di riposare adesso»
Il volto del giovane si rigò di lacrime.
«Mi dispiace»
«Per che cosa?» domandò il suo compagno. 
«Per tutto, non avrei dovuto farmi colpire»
«Non preoccuparti ragazzo, non hai fatto nulla di male. Non è colpa tua»
«Sto davvero male, per favore, mi dia qualcosa per il dolore» implorò rivolgendosi nuovamente al medico.
Yrjö interruppe la marcia per somministrare la morfina, almeno si sarebbe calmato.
Quando ripresero il cammino, egli si era già addormentato.  
«Dottore, lei crede che ce la farà?» chiese l’altro soldato.
Yrjö esitò, la ferita era profonda, forse era già infetta. Inoltre il giovane era molto debole, aveva la febbre alta e le sue condizioni stavano peggiorando.
Prese un profondo sospiro, non era mai stato bravo a mentire, ma quella volta non aveva scelta.
«Sì, certo. Dobbiamo solo portarlo al sicuro al più presto»
L’altro scelse di credere alle sue parole, quella flebile speranza gli donò la forza necessaria per sostenere la fatica.
 
Dopo aver lasciato Anders alla postazione di soccorso, Yrjö tornò a vagare solo nella foresta. Era riuscito a trovare qualche benda e ad elemosinare altra morfina. I medicinali scarseggiavano in prima linea, bisognava fare il possibile con i mezzi a disposizione.
Yrjö tentò di non pensare alla sorte del giovane che aveva appena assistito, aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per salvarlo, non aveva nulla da rimproverarsi. Nonostante ciò, avrebbe desiderato fare di più.
Sapeva anche di aver mentito a fin di bene, di non aver avuto altra scelta se non illudere il suo compagno con false speranze. Purtroppo la buona volontà non era sufficiente a salvare vite.
Yrjö si poggiò al tronco di un albero, aveva bisogno di un momento per riposare. Non si era ancora fermato dall’alba, quando era iniziata la battaglia.
Il giovane infilò una mano nel taschino della giacca ed estrasse il ritratto di Kaija che conservava sempre sul cuore.
Era stanco della guerra, non riusciva più a sopportare tutta quella violenza. Nemmeno le parole del dottor Lange riuscirono a confortarlo in quel momento di disperazione. Aveva mantenuto fede alla sua promessa, era rimasto a fianco dei suoi compagni ed era tornato in quell’inferno. Le sue intenzioni erano sempre rimaste le stesse, il suo unico obiettivo era fare del bene. Ma ora, mentre la foresta bruciava e scorrevano fiumi di sangue, voleva solo credere che un giorno tutto ciò sarebbe finito. Niente più guerre, niente più orrore.
Ripensò all’unica notte trascorsa con Kaija, a come era stato semplice dimenticare ogni tormento cedendo ai suoi baci e alle sue carezze. Con quella ragazza era tornato a vivere. In quell’istante promise a se stesso che se fosse sopravvissuto non avrebbe mai più nascosto i suoi sentimenti per lei. Non avrebbe più avuto paura di amare.
All’improvviso un botto irruppe nel silenzio, Yrjö si rannicchiò su se stesso sentendo il terreno tremare sotto ai suoi piedi. Subito dopo l’esplosione un urlo straziante echeggiò tra gli alberi.
«Dottore! Dottore!»
Yrjö scattò fuori dal suo riparo, gettandosi un’altra volta nel labirinto di conifere.
 
***

La battaglia progrediva incessantemente. Lauri approfittò di una breve tregua per riprendere fiato e ricaricare il fucile. I cannoni avevano smesso di sparare, la gittata troppo corta aveva mancato l’obiettivo principale. Le caserme russe erano rimaste illese dopo i bombardamenti.
Sul versante opposto, le truppe svedesi avevano subito gravi perdite. Da entrambi i fronti si potevano udire le grida dei feriti.
I Bianchi appostati nella boscaglia ricevettero l’ordine di avanzare, era giunto il momento di uscire all’attacco. Lauri seguì i suoi compagni, uscì allo scoperto e attraversò il campo aperto sotto al fuoco nemico.
Continuò a correre mentre i suoi commilitoni cadevano a terra, calpestò la neve macchiata di sangue e scavalcò i cadaveri che ostacolavano il suo percorso.
Ansimando per lo sforzo Lauri raggiunse il muro in mattoni rossi che circondava il cimitero di Kalevankangas.
I Rossi erano appostati tra le lapidi, pronti a sparare contro agli invasori.
Lauri vide alcune reclute bloccate nelle neve, probabilmente erano troppo spaventate per proseguire.
«Al riparo! Svelti!»
Purtroppo il suo avvertimento non fu abbastanza rapido. Proprio in quel momento una raffica di pallottole si abbatté su di loro.
Lauri assistette inerme a quel massacro, i volontari stavano pagando a caro prezzo l’inesperienza sul campo di battaglia.
Il giovane non ebbe il tempo per piangere i morti, doveva prendere parte all’azione.
Approfittando del fumo e della nebbia, Lauri si arrampicò sui mattoni sporgenti. L’addestramento avuto al campo di Lockstedt fu utile per permettergli di superare l’ostacolo agilmente e rapidamente. Atterrò su un cumulo di neve, subito imbracciò il fucile e riprese ad avanzare in cerca di un riparo.
Alle sue spalle poteva udire le grida degli ufficiali che spronavano i loro uomini all’attacco.
«Combattere o morire! Non c’è alternativa!»
Lauri fu scaraventato a terra dall’esplosione di una granata, rotolò sul suolo ghiacciato, si fermò battendo la schiena contro alla dura pietra. Si trattava della base di una statua, i colpi avevano sfigurato l’opera originale, lasciando una figura deforme e mutilata, macabra e inquietante.
Lauri si guardò intorno, gli alberi venivano abbattuti avvolti dalle fiamme, ovunque volavano pietre e pallottole.
Ad un tratto si estraniò dalla battaglia, tutto gli parve indefinito e distante. La sua mente lo riportò ad Helsinki, prima di partire per la Germania. Quella sera aveva lasciato i suoi compagni a discutere della guerra, per la prima volta aveva detto di voler tornare a casa da sua moglie. E così aveva fatto, al suo rientro aveva trovato Marja ad attenderlo. Avevano cenato a lume di candela, avevano danzato alla musica di un grammofono, infine erano rimasti accoccolati davanti al camino. Marja si era addormentata tra le sue braccia, poggiando dolcemente la testa sulla sua spalla. Lauri aveva sfiorato il suo viso con un dolce carezza, in quel momento aveva promesso a se stesso che avrebbe fatto di tutto per proteggere chi amava. Voleva lottare perché la vita che sognava potesse diventare realtà. Tutto ciò che desiderava era un futuro con la sua famiglia.
Alla fine della guerra avrebbe lasciato l’esercito, sarebbe diventato un poliziotto, riteneva che fosse il mestiere giusto per lui. Avrebbe guadagnato abbastanza per permettersi un bell’appartamento in città per Marja e i bambini. Voleva una famiglia numerosa, i suoi figli avrebbero potuto crescere in una Finlandia libera e indipendente. Sarebbero stati felici, avrebbero vissuto in pace.
Lauri tornò alla realtà, il terreno tremava sotto ai suoi piedi. Altre esplosioni echeggiarono in lontananza.
Il giovane vide gli Jäger avanzare tra le tombe, era giunto il momento, non poteva più esitare.
Combattere o morire.
Lauri si sporse dal suo nascondiglio, puntò il fucile e premette più volte il grilletto. All’improvviso un colpo lo raggiunse al petto. Rotolò a terra, riverso su un fianco.
Non avvertì più i rumori della battaglia, tutto fu avvolto dal silenzio. La vista si annebbiò, poi sopraggiunse l’oscurità.
   
 
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