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Autore: Zobeyde    20/12/2023    3 recensioni
Solomon Blake si è sempre considerato ben lontano dall’essere un eroe, e i motivi che lo hanno portato, nell’autunno del 1888, nel cuore fumoso della Londra vittoriana, non sono certo dei più altruistici. Ma qualcosa di oscuro si aggira tra i vicoli nebbiosi dell’East End, qualcosa che continua a mietere vittime e che niente sembra in grado di contrastare, persino la magia; cinque morti agghiaccianti, culminate con il rapimento della giovane e facoltosa Arabella, spingeranno l’Arcistregone dell’Ovest a mettersi sulle tracce di uno dei più spietati serial killer della storia, grazie all’aiuto di due improbabili alleati: un demone chiacchierone e combinaguai, e un umile pittore con un pericoloso segreto…
Genere: Comico, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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II.
LE MALEBOLGE

 

 
«Dite che è morto?»
«Di sicuro è pallido come un morto.»
«Secondo voi è vero che è un mago?»
«Non lo so, a vederlo così non sembra molto magico …oh, si è mosso! Forse si sta svegliando!»
Solomon aprì gli occhi con un grugnito. Non c’erano molti dubbi a riguardo, qualcuno doveva averlo colpito alla testa molto forte, a giudicare dal dolore persistente che gli martellava il cranio. Era anche piuttosto sicuro di essere caduto in mezzo ai cassonetti sul ciglio della strada, stando all’odore che emanavano i suoi abiti. Adesso però non si trovava più in strada, ma sdraiato su un materasso pulcioso, in uno squallido stanzone con file di lettini di ferro. E soprattutto, era circondato da una moltitudine di bambini con indosso tuniche dello stesso grigio delle pareti, e che lo stavano osservando con occhi spalancati.
Bambini! Alla fine, ci sono finito sul serio all’inferno!
Riuscì a girarsi sul fianco con fatica. «Che è successo..?»
«Succede che sei un idiota!»
A parlare non erano stati i bambini, ma un uomo bruno e riccioluto, vestito da marinaio, che lo fissava accigliato con la schiena poggiata alla parete e le braccia conserte. Aggrappato alla sua spalla, c’era Wiglaf.
«Azaele?» gracchiò Solomon. «Come diamine hai fatto a uscire dal cerchio?!»
Il demone allargò le braccia. «Sei incredibile! Ti preoccupi di come sia scappato e non che ti abbia salvato la vita! È merito di Wiglaf, comunque: grazie al vostro legame ha percepito che eri in pericolo e si è lasciato convincere a liberarmi.»
Il corvo bianco sventolò le ali e raggiunse il suo padrone, saltellando sul letto come un cagnolino.
Solomon però non era molto in vena di festeggiamenti. Si passò una mano tra i capelli arruffati, cercando di mettere ordine tra i pensieri. «Qualcuno mi è arrivato alle spalle…ma per qualche assurda ragione i miei sensi non lo hanno avvertito! Ero…ero insieme ad Arabella! Lei dov’è? Sta bene?»
Lo sguardo di Azaele si intristì. «Mi dispiace, non ne ho idea. Non c’era nessun altro a parte te, quando sono arrivato nel vicolo.»
Lo stregone sibilò un’imprecazione. «Deve averla presa!»
«Solomon» disse Azaele, accorato. «Ho cercato di avvertirti, il Dannato è diventato troppo potente, non puoi affrontarlo da solo! Ti serve il mio aiuto! Ritroveremo la ragazza, puoi starne certo.»
«Ah, sì? E come?» Solomon si massaggiò la tempia dolorante. «Con molte probabilità è già bella che morta, esattamente come le altre cinque donne assassinate!»
«Non è morta» ribatté il demone. «Ho fatto una capatina Giù da me, mentre aspettavo che ti riprendessi: all’Inferno la sua anima non è stata registrata. E nemmeno ai Piani Alti l’hanno vista, ho chiesto a un amico.»
Solomon si alzò dal letto, barcollando leggermente. «In tal caso, dobbiamo darci una mossa. Per prima cosa, devo tornare sul luogo dell’accaduto e raccogliere indizi e…un momento!» Si tastò la redingote, gettandosi attorno occhiate allarmate. «No…no no no!»
«Mi dici che ti prende adesso?»
«Maledizione, dov’è finito?» Solomon gettò all’aria cuscino e coperte. Non gli importava che Azaele e i bambini lo stessero fissando come se fosse pazzo, doveva ritrovarlo a tutti i costi. «Dov’è il mio orologio!?»
I bambini si guardarono con aria colpevole, poi, uno di loro, coi capelli color topo e le lentiggini, tossicchiò e disse: «Ehm, cerca questo?»
E da dietro la schiena tirò fuori un orologio d’argento col coperchio intarsiato, attaccato a una catenina.
Solomon lo fulminò con un’occhiataccia. «Dà qua, piccolo ladruncolo!»
E gli strappò l’orologio di mano, così bruscamente che gli altri bambini si ritrassero spaventati.
«E dai, Sol, rilassati» intervenne Azaele. «Sono sicuro che non volevano farti un dispetto.»
Lo stregone estrasse un fazzoletto e ripulì per bene l’orologio dalle impronte, poi lo ripose al sicuro sotto la giacca. «Da dove saltano fuori tutti questi marmocchi?»
«Siamo in un orfanotrofio» spiegò Azaele. «Mi serviva un posto sicuro dove portarti: i Dannati non sopportano i bambini, la loro innocenza per loro è tossica. Ho detto che sei un mago, e che se ci avessero nascosti avresti regalato loro un unicorno!»
Bastò la parola “unicorno” per far sparire la paura dai visini dei bambini, che in men che non si dica circondarono Solomon saltellando e urlando eccitati. Lo stregone guardò il demone con occhi stretti. «Ma che bella idea! E dove dovrei andare a prenderlo un unicorno?»
«Oh, ma se ad Arcanta ne avete un intero allevamento! Puoi prenderne uno in prestito dal Bestiario, no?»
Solomon fece schioccare la lingua. «Basta con queste sciocchezze! Pensiamo a come ritrovare Arabella!»
E lasciò in tutta fretta lo stanzone. Azaele trasse un altro profondo respiro e lo seguì, ma prima salutò con la mano i bambini, che ricambiarono allegramente.
Tornarono in strada, percorsa da carretti e gremita da una calca rumorosa, che procedeva tra urla e spintoni; lavandaie che trascinavano le gonne pesanti nel fango, venditori ambulanti di pasticci che decantavano la propria merce, e poi operai, medicanti e spazzacamini dalle facce nere di sudiciume. E in alto, sopra quel miserabile viavai, oltre i tetti di ardesia luccicanti di pioggia e le ciminiere che eruttavano fiumi di fuliggine, un cielo plumbeo e gravido di nuvole fosche.
«Da questa parte.»
Solomon si fece largo agilmente con Azaele al seguito, fino al vicoletto sul retro del Fryin Pan dove aveva visto Arabella per l’ultima volta. Come c’era da aspettarsi, qualunque traccia l’assassino avesse lasciato dietro di sé, era stata lavata via dalla pioggia.
«Era sola quando l’hai incontrata?» domandò Azaele.
«No» rispose lo stregone, chinandosi per esaminare da vicino il selciato pieno di pozzanghere. Trovò solo il coltellino che la ragazza aveva inutilmente usato per difendersi. «C’era un giovanotto con lei, un certo Paul. Sembra che stessero progettando di lasciare Londra insieme.»
«Forse sa qualcosa» propose il demone. «Chiediamo di lui al pub, magari qualcuno lo conosce.»
Solomon si tirò su. «Non serve: ci sta seguendo già da un po’.»
Azaele si volse verso l’estremità del vicolo; fece appena in tempo a scorgere una sagoma sussultare, e poi gettarsi nella fiumana di persone sulla via principale. Demone e stregone si scambiarono un’occhiata.
«Tu vai destra e io a sinistra?» chiese Azaele.
«Io a destra e tu a sinistra.»
Un attimo dopo, si erano entrambi dileguati.
 
Paul Everett correva a perdifiato lungo Flower and Dean Street, sgomitando tra la folla e schivando carri carichi di carbone. Sgusciò in una stradina dopo l’altra, mimetizzandosi nella penombra fumosa e maleodorante con la dimestichezza di chi conosce quel quartiere meglio delle proprie tasche. Una volta sicuro di aver seminato i suoi inseguitori, si concesse qualche istante per prendere fiato, indugiando sotto un viadotto della ferrovia…
«Puoi smetterla di affannarti, giovanotto. Sei al capolinea.»
Il ragazzo sollevò la testa di scatto, boccheggiando.
Il gentiluomo col cappello a bombetta e il bastone da passeggio era stagliato a un capo della strada, ma al contrario di Paul non aveva affatto l’aria affaticata. «Il giovane Paul, deduco.»
Il ragazzo non rispose, e compì uno slancio verso il lato opposto della strada. Non riuscì a compiere molti passi, perché un’ombra spaventosa si allungò di fronte a lui, dotata di corna e ampie ali da pipistrello. Paul arrestò la corsa, terrorizzato, e subito dopo fu sollevato per aria e schiacciato contro un muro di mattoni.
«Calma, biondino» intervenne un’altra voce, e subito dopo Azaele emerse dalle ombre del vicolo, le mani affondate nel cappotto. «Vogliamo solo parlare.»
Il giovane si divincolò, ma una forza invisibile lo teneva inchiodato al muro. «Che volete da me? Io non ho fatto niente!»
«E allora perché sei scappato via in quel modo?»
«Perché?» ansimò il ragazzo, continuando a dibattersi come una furia. Alzò il braccio e indicò Solomon. «Perché quello lì ha rapito la mia ragazza!»
Lo stregone sbatté le palpebre. «La tua ragazza è stata così incosciente da scappare di casa, e io sono incaricato di riportarla dai suoi genitori!»
«E dovrei credervi sulla parola!?»
«Ascolta, Paul» intervenne Azaele, moderando i toni. «È evidente che siamo dalla stessa parte: stiamo cercando Arabella e la creatura che l’ha rapita. Crediamo sia la stessa dietro agli omicidi di Jack lo Squartatore. Tu ieri hai visto qualcosa?»
Senza abbandonare l’atteggiamento guardingo, Paul scosse la testa. «Non ne sono sicuro. Le avevo detto di aspettarmi un minuto, e quando sono tornato ho visto lui.» E fece un altro cenno brusco verso Solomon. «Che la minacciava!»
«Tecnicamente, è stata lei a minacciare me» puntualizzò lo stregone. «Con una spatola.»
«Poi cosa è accaduto?» domandò Azaele.
«Ho visto qualcosa» fece Paul, esitante. «Ma non sono sicuro che fosse un uomo, sembrava fatto di…di fumo. L’ho visto strisciare lungo il vicolo, emergere dalla nebbia, e poi tutti i lampioni si sono spenti all’improvviso. Ho sentito Arabella gridare, ma non vedevo niente!»
Pensieroso, Solomon guardò Azaele. «Ti ritrovi con questa descrizione? Era il famoso Dannato?»
«Difficile dirlo» ammise il demone. «Le anime, trapassando, vengono separate dal corpo, perciò in teoria non hanno una forma propria nel mondo mortale. Sono puro spirito, quindi necessitano di possedere qualcun altro. Non ho mai sentito di Dannati che se ne vanno a spasso senza un corpo fisico. In effetti, non riuscirebbero neppure a camminare.»
«Perciò il Dannato potrebbe aver posseduto il corpo di chiunque?»
«Be’ sì. Almeno, credo.»
Solomon sospirò. «Per essere un esperto non ti stai dimostrando molto utile!»
«Almeno io non mi sono fatto mettere ko con una botta in testa!»
«Non puoi chiedere ai tuoi colleghi qualche informazione?» lo spronò Solomon, con impazienza. «All’Inferno dovranno pur tenere un registro dei detenuti! Basta vedere chi manca e sapremo con cosa abbiamo a che fare!»
Azaele si grattò la nuca. «Il fatto è che al momento c’è un po’ di caos Laggiù: sai, con il colera abbiamo avuto un sacco di nuovi arrivi e…»
«Ma se l’epidemia di colera è stata nel’54!»
«Abbiamo una burocrazia lenta.»
Solomon si schiaffeggiò la fronte. «Ci rinuncio!»
«Scusate» s’intromise Paul. «Io ancora appeso al muro!»
Solomon agitò distrattamente la mano e il ragazzo piombò a terra con un’imprecazione.
«Quindi, cosa facciamo adesso?» chiese Azaele.
«C’è un solo modo per ottenere risposte» appurò Solomon, accarezzandosi il pizzetto. «Interrogare direttamente le vittime: mi auguro abbiate stomaci forti, signori, si va all’obitorio.»
«Perché parla al plurale?» protestò Paul. «Che c’entro io? Non vi conosco neanche!»
«Perché, finché non avrò trovato una pista migliore, resti il sospettato numero uno» rispose Solomon, agguantandolo per la collottola. «E non ho intenzione di perderti di vista!»

 
Tutti i corpi delle vittime attribuite a Jack lo Squartatore erano conservati nell’obitorio di Old Montague Street. Appena prima di varcare la soglia, Azaele domandò: «Qual è il piano? Entriamo e diciamo: “Buongiorno, passavamo di qui e abbiamo pensato di dare un’occhiata alla vostra collezione di corpi mutilati?”»
«Lascia fare a me» replicò lo stregone. «Mi occorre solo un veloce cambio d’abito.»
Sfilò la bombetta e la capovolse, trasformandola in un elmetto con visiera e lo stemma di Scotland Yard. Dopodiché, effettuò una piroetta e la redingote fu sostituita da un lungo cappotto blu decorato da galloni.
Paul si lasciò sfuggire un fischio. «Accidenti, gran bel trucco!»
«Lo so.» Solomon si piantò in testa l’elmetto. «Ora, reggetemi il gioco.»
Entrarono. La camera mortuaria aveva i soffitti bassi, voltati a botte, e una fila di tavoli con sopra allineati cadaveri coperti da lenzuoli. Vi aleggiavano un freddo e un’umidità pungenti, insieme all’odore di ammoniaca e quello dolciastro della carne in putrefazione.
In fondo, un uomo baffuto, con gli occhiali e un grembiule macchiato di sangue, stava discutendo con un poliziotto. Quando li vide arrivare, l’agente portò subito la mano al manganello: «Che significa? Cosa volete?»
«Sono l’ispettore Spratlin» disse Solomon, tranquillo. «Ho con me il fratello e il nipote dell’ultima vittima. Li ho portati affinché ne accertino l’identità, e ci diano indizi utili per risalire all’assassino.»
«Abbiamo già accertato che si tratta di Mary Jane Kelly» borbottò l’agente, sospettoso. «L’ha identificata la sua padrona di casa. Il procuratore…»
«Il procuratore vuole che l’indagine venga chiusa in fretta, prima che il Parlamento prenda provvedimenti» lo interruppe Solomon, sempre calmo ma deciso. «Il dipartimento non sta facendo una gran figura di fronte al Paese. Di questo passo, ci saranno un bel po’ di tagli al personale.»
L’agente deglutì rumorosamente. «Molto bene…dottor Llewellyn, proceda.»
Il medico si avvicinò a uno dei tavoli e sollevò il lenzuolo. Solomon sentì Paul trattenere un conato. «Povera ragazza, se capitasse ad Arabella…!»
In vita, Mary Jane Kelly doveva essere stata una donna molto avvenente, formosa, dai capelli rossi e la pelle chiara spolverata di lentiggini. La sua gola era stata recisa da sinistra a destra, con due tagli precisi. Trachea, esofago e midollo spinale erano stati tagliati. Il volto orribilmente deturpato da lividi e segni di percosse. E il ventre dilaniato.
«Le mancano le orecchie» notò Azaele, indicando i fori ai lati del cranio.
«Non solo quelle» disse il medico. «Le hanno asportato anche fegato e polmoni.»
«E dove sono finiti?»
Il dottor Llewellyn scrollò le spalle. «Non ne ho idea. L’assassino deve averli tenuti con sé. Lo ha fatto anche con le altre quattro vittime: a Mary Anne Nichols ha asportato l’intestino e il pancreas, ad Annie Chapman utero e vescica. A Elizabeth Stride mancavano naso, seni e il rene destro, e a Catherine Eddowes…addirittura i denti!»
«Interessante.» Solomon girò attorno al tavolo per esaminare il cadavere da varie angolazioni, gli occhi accesi da uno scintillio eccitato. «Davvero uno splendido lavoro. Così preciso, pulito…artistico, oserei dire!»
«Ehm» fece Azaele. «Non sono sicuro che sia sano di fare certi apprezzamenti.»
Solomon lo ignorò, tornando a rivolgersi al medico. «Chiunque sia stato, di certo conosce l’anatomia umana. Mi dica, dottore, è giusto supporre che questa sventurata sia stata colpita con due armi diverse?»
«Be’, sì» rispose quello, sorpreso. «Una baionetta d’ordinanza e poi…uno strumento più affilato e preciso, tipo un bisturi o un rasoio.»
«Ha parlato di una baionetta?» chiese Azaele. «Come quella di un soldato?»
«Questo restringerebbe il campo» commentò il poliziotto «Ci sono parecchi soldati che vanno a Whitechapel, per divertirsi con le ragazze.»
«Questo non lo chiamerei divertimento» disse Solomon. «E non credo possa trattarsi di un militare.»
«E perché mai?»
«Quale soldato si presenterebbe in caserma con l’uniforme insanguinata? E, a giudicare da queste ferite, deve essersi sporcato parecchio. La baionetta potrebbe averla tranquillamente rubata.»
«E non dimentichiamoci del bisturi» intervenne Paul. «Potrebbe trattarsi di un medico?»
«O di un barbiere» aggiunse Azaele.
«In ogni caso, qualcuno in grado di dileguarsi senza attirare l’attenzione» concluse Solomon. «Che abiti solo, nei dintorni, e possa giustificare il sangue sui vestiti. E, a proposito di vestiti…potrei vedere quelli della vittima?»
«Da questa parte.»
Gli averi di Mary Jane Kelly erano stati riposti in una cassetta, con un cartellino che ne indicava la proprietà, e contavano stivaletti stringati coperti di fango, un cappotto malconcio, camicetta di flanella, e poi vari strati di sottoveste intrisi di sangue secco. Solomon rovistò nelle tasche del cappotto e vi trovò due grosse monete. «Queste non appartenevano alla vittima.»
«Come fai a dirlo?» chiese Azaele. «Forse erano i suoi ultimi risparmi.»
«Dubito ci si possa comprare qualcosa» obiettò lo stregone, osservandole alla luce. «Sono oboli celtici. Venivano posti sugli occhi dei defunti prima della sepoltura.»
«Dunque stiamo cercando un appassionato di storia antica?»
«Si direbbe» mormorò Solomon, distratto da un pensiero. «Grazie agente, dottor Llewellyn: è stata una piacevole chiacchierata! Andiamo, non c’è un minuto da perdere!»
Dopodiché girò i tacchi e lasciò il sotterraneo. Paul diede una leggera gomitata ad Azaele. «Ma è sempre così?»
«Sempre» sospirò il demone. «E inizio a pensare che lui e l’assassino abbiano molto in comune!»
Di nuovo in strada, Solomon si liberò del travestimento e disse: «Monete di quel tipo sono facilmente reperibili in qualche vecchia tomba. È probabile che l’assassino li abbia acquistati in un banco dei pegni. Giovanotto, tu che sei del posto, ne conosci uno abbastanza vicino ai luoghi degli omicidi?»
«Quindi fate sul serio?» domandò Paul. «Volete mettervi sulle tracce di un pazzo assassino?»
«Tu non vuoi salvare Arabella?» chiese Azaele.
Il volto del ragazzo diventò subito molto serio e determinato. «Lo voglio più di ogni altra cosa. Se le è capitato qualcosa di brutto, potrei uccidere quel mostro con le mie stesse mani! Non mi importa quanto sia pericoloso!»
Azaele sorrise, colpito dalla sua grinta. «In tal caso» disse, porgendogli la mano. «Benvenuto in squadra!»
«Non siamo una squadra» obiettò Solomon, piattamente. «E non stiamo arruolando volontari. Dicci dove si trova il banco dei pegni e tornatene a casa.»
«Sentite, io a Whitechapel ci sono nato» ribatté Paul. «Conosco ogni vicolo e buco merdoso, vi posso aiutare!»
Solomon incrociò le braccia. «Grazie, ma no, grazie. L’ultima cosa che mi serve è un altro adolescente in crisi ormonale a cui fare da balia.»
«E dai, Sol!» insistette invece Azaele. «È un ragazzo innamorato! E ha ragione, conosce il quartiere meglio di noi.»
Alla fine, lo stregone dovette cedere. «E va bene! L’importante è che non ci rallenti.»
Paul li condusse a un negozio in un’arteria deserta di Thawl Street. Gli affari non dovevano andare troppo bene, a giudicare dalla polvere che ricopriva gli oggetti in vetrina e dall’assenza di clienti. Il loro ingresso fu anticipato dal suono di un cicalino.
Il proprietario, un ometto ricurvo coi capelli unti, li squadrò da capo a piedi. «I signori desiderano?»
«Buonuomo, per caso riconosce queste monete?»
Solomon estrasse i due oboli dalla tasca e li adagiò sul bancone. L’ometto tirò fuori dalla redingote logora un monocolo e li studiò da vicino. «Mhm, può darsi.»
Azaele si sporse in avanti. «Ricorda a chi li ha venduti?»
«Be’, di qui passa un sacco di gente» fece l’altro, in tono vago. «Ricordo una donna, però. È stata qui alcuni mesi fa. Era particolarmente interessata all’artigianato celtico: amuleti, pugnali cerimoniali, cose così. Le ho detto che questo non è mica il British Museum!»
Solomon e Azaele incrociarono gli sguardi, facendosi attenti. «Ricorda che aspetto aveva? Ha lasciato un nome?»
Il proprietario restituì loro le monete. «No, garantisco sempre privacy ai miei clienti.»
«Ovvio che lo fa» disse Azaele, accigliato. «La maggior parte della merce che espone è rubata! Mi dica un po’, quante tombe ha profanato?»
«Calunnie!» esclamò il rigattiere, spazientendosi. «Io sono solo un onesto rivenditore! E ora, vi prego di andarvene!»
«Aspetti!» torno alla carica Solomon. «La donna ha comprato qualcos’altro? Qualcosa di poco comune, tipo un’arma…?»
«Ho detto» ringhiò l’uomo. «Di andarvene, o chiamo la polizia!»
E li sbatté in strada, senza troppe cerimonie.
«Quel miserabile» brontolò Azaele. «Lo getterò dritto tra i Fraudolenti!»
«Potevi risparmiartela» disse Solomon, seccato. «Avrebbe potuto darci altre informazioni!»
«Insomma, sappiamo che gli oboli erano in possesso di una donna» li richiamò all’attenzione Paul. «Quindi può essere che li abbia comprati proprio Mary Jane Kelly.»
«Non ce la vedo una prostituta a interessarsi di antiquariato» ribatté Solomon. «No, la persona in questione ha fatto un acquisto mirato. Comincio a sospettare che gli omicidi facciano parte di un disegno più grande.»
«Aspetta» disse Azaele. «Stai dicendo che possa trattarsi di un qualche rituale magico?»
«Questo spiegherebbe l’ossessione per gli organi» dedusse Solomon. «Orecchie, fegato, polmoni…l’assassino sta mettendo insieme i pezzi per creare qualcosa. Ma cosa?»
«Però gli mancano occhi e cuore» s’inserì Paul. «Non li ha ancora asportati a nessuna delle vittime.»
Lo stregone si rabbuiò. «Significa che presto colpirà ancora. Ma almeno adesso abbiamo una pista da seguire…quella donna, chiunque fosse, forse lavora per lo Squartatore. Dovevo immaginare che avesse un complice!»
«Se gli interessa la mitologia celtica, è probabile che abbia consultato dei libri in biblioteca» suppose Azaele. «Potremmo partire da lì!»
Lo stregone lo fisso, meravigliato. «Da non credere, per una volta hai avuto una buona idea. La mia compagnia ti sta rendendo più intelligente.»
«Peccato che la mia invece non ti sta rendendo meno stronzo!»
«Ehm» fece Paul, a un tratto nervoso. «Intendete andarci…adesso?»
«Certo, adesso» disse Solomon. «Prima riusciamo a risalire al killer e prima troveremo Arabella.»
«Ma si sta facendo buio» insistette il ragazzo, che per qualche ragione continuava ad occhieggiare il cielo, come se temesse l’arrivo di qualcosa da un momento all’altro. «È pericoloso girare di notte. Forse è meglio pensarci domattina.»
Insospettito, Solomon era sul punto di riempirlo di domande, quando ebbe la sensazione che non fossero più soli e si bloccò, in ascolto. «Abbiamo compagnia.»
Quattro uomini si erano avvicinati di nascosto alle loro spalle, risalendo dal vicolo vuoto. Paul non ebbe neanche il tempo di girarsi, che uno di loro gli torse il braccio dietro la schiena e puntò un coltellaccio sudicio alla sua gola.
«Fuori la grana» disse, con voce rauca. «O strappo via la faccia a questo bamboccio.»
«Ci state rapinando?» esclamò Azaele, sorpreso.
«No, vi stiamo invitando a un party. Certo che vi stiamo rapinando!»
«Ma io non ho denaro» ribatté Azaele.
«Nemmeno io» disse Solomon, con una smorfia. «È sporco, e per quel che mi riguarda, completamente inutile.»
«In questo caso, ci toccherà perquisirvi!»
Lo stregone sospirò. «Sicuro di non volerla risolvere da gentiluomini?»
Gli altri tre balzarono loro addosso.
«Lo prendo per un “no”.»
Il bastone da passeggio di Solomon tracciò un arco basso, e ne colpì uno alle gambe, mandandolo di faccia a terra; con un'altra brusca rotazione, l'asta spezzò il polso al secondo, che ululò di dolore. Azaele, nel frattempo, schivò agile un pugno in rotta di collisione con la sua mascella, poi dalla sua schiena si aprirono due immense ali nere, che usò per sbalzare via gli assalitori. Quelli indietreggiarono, sbalorditi. «Ma che diavolo..?»
«Ben detto!» sibilò il demone, cambiando aspetto; la sua pelle si tinse di nero pece e i suoi occhi si accesero di un sinistro bagliore infuocato. Le mani si allungarono, curvandosi a forma di artiglio e dalla sua fronte spuntarono due corna ricurve.
«Allora» disse, la coda puntuta che frustava l’aria. «Chi vuole farsi un giretto con me all’Inferno?»
Approfittando del fatto che fossero rimasti tutti a bocca aperta, Paul si liberò dell’aggressore piantandogli il tacco della scarpa dritta sul piede e assestandogli una gomitata.
I quattro malviventi non indugiarono un minuto di più e se la diedero a gambe levate lungo il vicolo, incespicando gli uni sugli altri.
«Molto ad effetto» approvò Solomon, sistemandosi la giacca.
«Grazie!» Il demone sorrise, e recuperò l’aspetto da marinaio. «Anche se la coda è alquanto fastidiosa. Spero solo di non aver spaventato Paul…Paul?»
Si guardarono attorno. Il ragazzo era sparito. «Ops».
Solomon non aveva neanche la forza di arrabbiarsi. «Perfetto, ci è sfuggito di nuovo! Proprio quando aveva iniziato a comportarsi in modo sospetto!»
«Ma dai» disse Azaele. «Pensavo che avessimo assodato che è un bravo ragazzo!»
«E allora come mai ha cercato di tirarsi indietro appena si è accorto che avevamo trovato una pista, eh?»
Azaele storse la bocca, ma poi guardò in basso. «Aspetta.»
Si chinò e raccolse un foglietto accartocciato da terra. «Forse so dov’è.»
Solomon gli prese di mano il foglietto e lo voltò. Si trattava di un volantino di spettacoli teatrali.
«“Il Pozzo Fatato”» lesse. «Ho la netta impressione che troveremo lì le risposte che cerchiamo.»


 
  
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