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Autore: Elgas    23/12/2023    2 recensioni
[Jhin x Hwei, League of Legends/Arcane]
[Lettura da PC]
Bastò una porzione di colore a ipnotizzarlo mentre lentamente, passo dopo passo, il dipinto prendeva forma. Eccolo infine… davanti a un sogno, o a un incubo? Avvertì la Mente scoppiare, il Cuore ferito, il dolore emergere mentre le iridi si dipingevano di un rosso ammaliante, mortale. Quattro Ninfee Scarlatte.
Rosse come il sangue, dipinte col sangue, pennellate selvagge, violente, tripudio di morte e vita. Proprio come allora, come le fiamme, i corpi mutilati, loti mortali. Ogni dettaglio, ogni tratto era inconfondibile.
Genere: Angst, Erotico, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Yuri | Personaggi: Altri, Jayce, Jhin, Vi, Viktor
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo II: Rivelazioni in Quattro Accordi



Hwei aveva immaginato molte cose, ogni parola, ogni gesto, ogni movimento; aveva
immaginato la propria rabbia, il proprio odio. Eppure, di fronte alla realtà, di fronte
a quel sorriso immutato, si ritrovò immobile, muto, in balia dei ricordi; un fiume in
piena che a malincuore ripercorse mentre speranza e disperazione scavavano lente
nell’Anima.

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

«Dunque sei tu… l’artista tanto elogiato dai Maestri.»
Una voce estranea infranse il silenzio, rompendo la monotonia. Un terremoto, si chiese come
avesse fatto uno sconosciuto a entrare nello studio senza che se ne accorgesse, un uomo senza
colori. Che strano, pensò e poi… no, mi soffocherà come tutti. Inspiegabilmente un tepore lo
scaldò. Turbato, Hwei si girò. Un uomo, anonimo e sporcato di fascino, scrutava i dipinti,
negli occhi una sfumatura divertita e curiosa. Un uomo… diverso da qualsiasi altro.
A Hwei parve di arrossire, una calda confusione a navigare in lui, concentrandosi come un
tizzone al centro petto, un fuoco a illuminare anni di solitudine.
«Lukai Hwei. Giusto?»
«P-Piacere! Vi interessa acquistare qualche opera? Per sostenere l’operato del Tempio.»
L’altro non rispose subito, continuò a muoversi leggiadro tra le tele, come in una danza, quasi
sempre dandogli le spalle, il volto celato.
«O per arricchire le tasche dei Maestri a seconda dei punti di vista. No, in verità sono qui
come ospite. Desidero approfondire l’arte di questa regione di Ionia. Il tuo tratto è… peculiare
non c’è dubbio.»
«Ah! Io…!»
Un dolce colpo al Cuore. Poi l’eco dei Maestri distrusse ogni cosa, li vide scemare attorno
all’uomo come avvoltoi, eppure egli non ne venne scalfito.
«Khada Jhin! Ecco dove eravate! Non abbiamo finito di mostrarvi i giardini…! Hwei! Non
avrai importunato il nostro illustre ospite?»
Nei pensieri stridenti, confusi, la voce dell’uomo fu Luce.
«Scusate Signori. Mi stavo annoiando a sentirvi pavoneggiare. Qui… ho trovato qualcosa di
decisamente più interessante.»
Calcando le ultime sillabe Jhin lo guardò e Hwei si ritrovò riflesso in un colore indefinito.


I mesi passarono, la primavera lasciò il posto all’estate.
Parlava come mai aveva fatto Hwei, libero. Era strano pensarlo, poiché Koyehn non era una
prigione, ma le gabbie sapevano essere subdole, invisibili, fatte di voci e sguardi esercitati da
chi avrebbe dovuto guidarlo, sostenerlo.

—Il tuo potere è troppo pericoloso. Non usarlo mai più Hwei. Mai più. —

Con Jhin sentiva di poter risplendere alla luce del giorno. Di non dover rilegare tutto a
notti solitarie, isolate, strette oltre una porta segreta, la luna ad accompagnare le visioni del
Mondo, dell’umanità, di sé stesso.
Jhin era una persona incredibilmente colta, in grado di disquisire su qualsiasi argomento
senza mai imporre la sua visione. Spesso si limitava a rimanere in silenzio, a concedergli
spazio, e se dall’esterno la discussione appariva un lungo monologo, Hwei sentiva di averne
bisogno, così come dello sguardo di Jhin, di ogni vicinanza, di ogni istante passato insieme.
Così l’estate divenne più intensa, i colori vividi di una bellezza senza pari.
Così Khada Jhin si rivelò ai suoi occhi, come se una maschera avesse iniziato a sbriciolarsi, in
una sensualità mai volgare; nell’aspetto anonimo ecco una bellezza sottile, riservata solo a chi,
come lui, sapeva vedere oltre le apparenze. Da quand’era arrivato studiava ogni libro e quadro
custodito nel tempio, finora non aveva mai preso in mano un pennello, dilettandosi a
comporre poesie in Ci, una calligrafia elegante a riempire pregevoli pergamene. Quando
commentava un suo dipinto Hwei riusciva ad aggiungere un dettaglio; ecco il viso austero,
le labbra sottili, le dita smaltate di nero, le spalle ampie, la vita sottile, i capelli lisci lasciati
cadere in avanti lontano da sguardi indiscreti.
Una nuova felicità vibrava in lui e fu allora, in un giorno come tanti, che Jhin disse;
«Alla fine è tutto uguale. Sterile, banale.»
Lo disse di fronte a una sua tela e Hwei scoprì quanto profonda fosse la sua crudeltà.

Di che colore sono i miei occhi?
E i tuoi Jhin?


Quelle parole avevano messo radici con una violenza inaspettata, ma Hwei aveva scelto la via
del silenzio. In fondo Jhin era un ospite importante, persino i Maestri sembravo tendersi in
rispettosi e timorosi inchini. No… una scusa razionale, inutilmente razionale.
Un dubbio in grado di rivelare la verità, la falsa verità faticosamente costruita nel corso di
dieci anni.

—Un potere troppo pericoloso. Non usarlo mai più Hwei. Mai più. —

Il turbamento l’aveva condotto fin lì, al volgere della notte, non verso una tela vuota, ma verso
di lui. Alla soglia della stanza dove alloggiava, Hwei ritrovò la luce soffusa delle candele, il
profumo d’incenso, il tepore di un luogo quasi famigliare. Ma le tenebre gli impedivano di
assaporare la quiete, la bellezza di Jhin rinnovata in una tunica di seta mentre egli, disteso sul
futon, leggeva un rotolo di pergamena.
«Cosa volevi dire? Cosa volevi dire Jhin!?»
Vi era rabbia, una rabbia solo in parte inaspettata.
Eccolo in cerca di risposte, o per nascondersi?
«Semplicemente quel che ho detto. La tua tecnica è perfetta, la migliore che abbia mai visto,
questo te lo devo concedere. Non per niente sei il pittore più famoso di Koyehn. Eppure, io
non ti vedo, dove sei? Dove sei piccolo Hwei?»
Un Demone… Jhin sapeva essere un Demone.
«Cosa ne sai?! Cosa ne sai tu di me?!»
Una risata sottile, uno sbuffo impercettibile e Jhin fu lì, ne percepì il tepore, l’ombra a
oscurarne il campo visivo.
«Quindi sai anche arrabbiarti. Delizioso. E dimmi allora… cosa dovrei sapere?»
Li ho uccisi… e in un lampo il pensiero perse forma nella voce.
«Li ho quasi uccisi. I Maestri. Fu durante una dimostrazione… se l’avessi superata avrei
ereditato la guida del Tempio. Mi chiesero di ritrarre il mare… io mi lasciai andare, io non...
non ho idea di cosa scatenai.»
Nel silenzio desiderò respingerlo, eppure nella gola ormai secca Hwei poté solo accoglierlo,
solo udirne la voce sussurrare la verità, nient'altro che la verità.
«Come me. Tu sei come me. Riesci a vedere la realtà del Mondo, il Cuore delle persone. Lo
vedi ogni giorno, in ogni gioia, in ogni tormento. Ecco da cosa scaturisce il tuo potere Hwei,
la tua magnificenza.»
“È così… non c'è nient'altro, nient'altro che questo.”
Jhin l'aveva compreso a tal punto? Confuso e rincuorato, Hwei non seppe cosa rispondere,
né alla verità, né a una vicinanza via via più tesa. Qualcosa in fondo al Cuore li desiderava,
sognava di lasciarsi andare dimenticando ogni freno.
«Nasconderti… no, tu sei meglio di questo. Mostrati. Dipingi per me Hwei. Solo per me.»
«Cosa devo mostrati?»
«La verità.»
“Non c'è inganno nelle tue parole Jhin.”
Liberarsi… e Hwei capì di amarlo, di averlo amato fin dal primo istante.
«Domani sera. Nel mio studio.»
«Lo farai? Davvero?»
«Promesso.»
«Uhm… ci conto.»
Jhin non disse altro, seguì le onde dell'aria, i desideri vibranti sotto la pelle.
Hwei chiuse gli occhi e nel silenzio della notte accolse quel bacio, prezioso, proibito.

Di che colore sono i miei occhi?
E i tuoi Jhin?


-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

«Hwei… lascia sia io a porti una domanda. Cosa mi hai mostrato quella notte?»
Fra le poche parole di Jhin, solo arrivarono come un fulmine a ciel sereno.
Nero… nella tela dei ricordi Hwei vedeva solo il nero.
«Io… rammento solo le tue parole… domani partirò, farò sbocciare i loti. Uccidere i
Maestri… dare fuoco al Tempio. Non capisco…»
Quelle ultime precisazioni risuonano inutili. Jhin si avvicinò incurante dell’arma.
«Cosa c'era nel tuo dipinto?»
E Hwei ricordò; quella visione di morte e distruzione riemerse, di corpi straziati e
fiamme; intimo e proibito desiderio, eccolo assieme all’estasi di Jhin. Eppure, la Luce
ancora sopravviveva ed essa si tese per dar una logica al tutto, negare la realtà.
«Non-non c'era bisogno di arrivare a tanto! Viene con me… e ti avrei seguito… ti avrei
ovunque!»
«No.»
Solo allora Hwei si rese conto di avere ancora il pennello stretto fra le mani, i colori a
riempirne la punta pronti a colpire, un pallido, sbiadito riflesso di “giustizia”.
Negare la verità, punire le atrocità di Jhin.
No… non era questo. Rinnegare sé stesso, ancora e ancora...
“Di che colore sono i miei occhi?”
“E i tuoi Jhin?”

«Hwei… se non avessi distrutto Koyehn, tu ci saresti tornato prima o poi. Sì…
avresti ereditato il tempio in un modo o nell'altro, ma alla fine quell’equilibrio…
quella gabbia ti avrebbe fatto impazzire. Saresti stato tu il fautore di quell’epilogo.
Le tue mani, le tue bellissime mani sporche di sangue… no, non potevo permetterlo.
Realizzare il tuo desiderio, il tuo più intimo desiderio… solo io potevo riuscirci. Ma
tutto questo in fondo lo sapevi già.»
“Sì, è così…volevo solo… solo…”
E Hwei sentì l’arma cadere, un tonfo sordo, le dita di Jhin sfiorare il collo, la bocca,
dolcemente la bocca.
«Allora… adesso… mi hai mostrato il tuo Cuore. Così meraviglioso, eccitante.»
Liberarsi, ancora una volta…
Eccolo ancora a salvarlo Jhin, a svelar la verità, nient'altro che la verità. E finalmente
Hwei lo vide, velato di sfumature bianche e nere, colori a mischiarsi al grigio della
polvere, alle scintille della cenere. Ogni colore poteva esistere in lui, ogni colore era
verità.
Liberarsi… e l’amore sepolto da “giustizia” e “rettitudine” rifiorì.
«Cosa desideri, piccolo Hwei? »
“… solo ritrovarti… perdermi in te… perderci…”
“Non abbracciare né Luce né Oscurità. Semplicemente amarmi, amarci...”

«Ah… baciami Jhin…»
E Hwei lo sentì, quel bacio avvolgerlo, farsi più audace in pochi istanti.
Istanti e Jhin lo sollevò dolcemente, lo depose sull’ampia poltrona di velluto.
Intrappolato Hwei si tese mentre un tocco delicato lo liberava dai vestiti. Nella
nudità non provò né pudore né imbarazzo, gli occhi di Jhin, iridi cangianti come le
sue, lo scrutavano ammaliati, come rapiti da un’opera d’arte, anche lui aveva atteso
quel momento con la stessa forza. L’uomo si mosse lento e il piacere arrivò intenso
in egual modo; le labbra a torturare col collo, le dita a scivolare in basso, sempre più
in basso.
«Rilassati…»
Jhin lo soffiò, caldo contro la pelle iniziando a giocare col membro, l’altra mano
a sfiorare i genitali, le dita a stimolare l’apertura. Hwei allargò le gambe, i piedi
poggiati sopra i braccioli così da concedergli maggiore spazio. Ogni pensiero si
distrusse, sommerso dal piacere crescente.
«Ah, quanto sei bello Hwei, così… lasciati andare…»
In fondo era parte di quel desiderio recondito, proibito.
«Ah… scopami… ti prego…»
E Jhin, delicato, si fece largo in lui. Hwei non pensava che le dita potessero arrivare
così in fondo, eccitare la carne in quel modo. Si sorprese degli strani rumori prodotti
dal corpo, di quanto eretto e caldo stesse diventando il membro spinta dopo spinta.
Persino il tessuto della poltrona divenne umido. Hwei non comprese le proprie
parole, solo la voce di Jhin giunse cristallina, deliziata oltre l'immaginabile.
«Sei ben fornito… voglio succhiartelo… voglio succhiartelo per bene…»
Avrebbe voluto fermarlo, colto dall’imbarazzo, dal fatto che Jhin si spingesse a tanto.
Non gli sembrava il tipo ecco tutto. Un istante fugace, distrutto appena l’uomo si
chinò. Le labbra indugiarono sulla punta, la lingua scese fino in fondo avvolgendolo
ancora e ancora, il calore a unirsi alla saliva. Hwei gettò la testa all’indietro lasciando
che l’altro continuasse a dettare quel ritmo perfetto. Infine, Jhin risalì, la mano a
stringerlo, l’altra in mezzo ai genitali, le dita a penetrarlo. Hwei sentì il piacere
riversarsi in lui, ondate intense riempirgli la bocca, il seme a scendere dentro la gola,
a colare lungo il membro ancora turgido. Istanti e nel respiro mozzato, nel battito del
Cuore, poté solo osservarlo, assaporare un bacio sporco.
«Ti amo Hwei…»
Cullato da una leggerezza indescrivibile, sprofondò in un dolce sonno.
L’ultima cosa che vide furono iridi dorate e in esse le proprie.
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

I raggi del sole lo accarezzarono quieti nella luce del mattino.
Hwei si svegliò godendosi ancora il sonno dolce e ristoratore, il tepore a inondare
gli occhi chiusi, il corpo nudo, stretto nel fresco abbraccio fra lenzuolo e materasso.
Jhin si era già alzato, ma la presenza permeava ancora l’aria simile agli ultimi echi di
incenso. Tanto bastava. Cullato, ristorato da ogni affanno, Hwei si issò sui gomiti
attirato da un nuovo profumo. Sul fondo del letto trovò un elegante vassoio, sopra
un tris di ravioli di vongole al vapore, un cocktail di gamberetti, accompagnati da un
sake di prugne.
«Si è ricordato che adoro il pesce.»
Una gioia genuina vivrò intensa come non mai. Il cibo si rivelò sublime, come
del resto, c'era da aspettarsi in un hotel di tale livello, i ravioli talmente morbidi
da sciogliersi in bocca, i gamberetti freschi e croccanti, il sakè dolce si concludeva
in una leggera nota aspra.
Deliziato nel corpo e nella mente, un risveglio perfetto… niente di meglio per
iniziare una nuova giornata. No, non si trattava solo di quello. Un capitolo era
stato chiuso, un altro era appena iniziato… come se soltanto adesso avesse iniziato a
vivere. Vivere insieme a Jhin… come sarebbero stati i giorni, i mesi, gli anni d’ora in
avanti? Al pensiero una nuova felicità lo scosse. Vederlo, voleva vederlo, dirgli ti
amo, ti amo anch'io. Finito di mangiare fece una capatina in bagno, il tempo di
sistemarsi e indossare una vestaglia in seta scura, uscì ma sulla soglia della camera
un suono lo bloccò. La risata di Jhin… non l’aveva mai udita così, dolce e spensierata.
Il Cuore si strinse in una morsa. Non era solo, una voce si unì protestando senza
troppa convinzione. La riconobbe all’istante. Tremante, confuso, aprì di soppiatto la
porta, quel tanto da permettergli di sbirciare nella sala. Da una parte sperò di essersi
sbagliato. Speranze distrutte appena vide l’Ambasciatore Akshan.



Angolo Autrice:

Ammetto che alcune dinamiche del flashback ricordano molto la storia ufficiale relativa a Hwei, ma giuro… giuro che, quando ho scritto il Capitolo non l’avevo ancora visionata. Possiamo dire che tutti abbiamo più o meno avuto le stesse vibes su Jhin e Hwei. Il fulcro centrale è lo stesso, Hwei non vuole uccidere Jhin, ma vuole risposte da lui.

Rispetto ad altre fanfic mi sono voluta mantenere più soft riguardo l’estrosità artistica del Virtuoso, se penso a lui ci accostato anche un lato più umano, mi piace pensare che quando si lascia andare alla sua arte lo faccia da solo. Le persone a cui tiene e i suoi nemici possono solo vederne il risultato finale ecco.

Fra l’altro Jhin è il Virtuoso e Hwei il Visionario… interessante accostamento non trovate?

Perché Akshan sul finale? Chi ha letto Along the Death sa… in ogni caso avete un buon motivo per recuperare anche quella storia. Sono otto capitoli non troppo lunghi, si leggono easy peasy.

Per quanto riguarda questo finale aspettatevi grandi cose e altri interessanti cameo.

Tanti auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti <3

Elgas
   
 
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