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Autore: Peppe_97_Rinaldi    24/12/2023    0 recensioni
« Non dovresti chiedere ad altre fanciulle di danzare con te? » gli dico mentre ci destreggiamo in quei passi intricati. « Cana dice che Luxus è lo scapolo più ambito di Londra. Io non credo. Penso che sia tu lo scapolo più ambito » .
Natsu fa una smorfia. « Io non credo proprio. Semmai è vero il contrario: sono lo scapolo più imbranato e inaffidabile di… »
« Sei l’anima più bella che ci sia in questo palazzo » lo zittisco. Lady Erza e il visconte Gerard stanno volteggiando accanto a noi.
« Non è possibile » . I piedi di Natsu si muovono a una velocità incredibile.
« E perché no? »
« Perché sei tu l'anima più bella che ci sia in questo palazzo » . La lingua di Natsu corre a umettarsi le labbra. « Anzi, dell’intera Inghilterra » .
“Natsu, siamo fratello e sorella” vorrei dirgli. O meglio, dovrei dirgli. Perché non ne ho il coraggio. Il suo sorriso è troppo bello per poterlo spezzare. E la mia felicità troppo grande affinché qualcosa possa riuscire a smorzarla.
[Questa fanfiction partecipa all'iniziativa "Secret Santa" indetta dal gruppo Facebook "Fairy Tail & Edens Zero Italian Fan Group" - link del gruppo: https://www.facebook.com/groups/1510227842609212]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cana Alberona, Gray Fullbuster, Lucy Heartphilia, Natsu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1
NATSU – MI SENTO FELICE


La bambina stava piangendo.
Pioveva chicchi di amarezza persino il cielo, quel giorno. Non era insolito: la nostra Londra è sempre piovosa, del resto. Ma quel giorno l’acqua si accasciava in scrosci più perturbanti del solito.
Il sacerdote, quel tale di nome Richard Buchanan, stava declamando chissà cosa da quell'altare. In realtà non lo ascoltavo. E sapevo, in quel frangente, che nemmeno Lucy – anzi, soprattutto lei – lo stava ascoltando. Chi se ne importava delle parole di elogio che quel sacerdote aveva da dire?
Certo, vedevo mio fratello annuire con passione, mentre si asciugava delle lacrime, e le amiche di Lucy, come quella tale Cana Alberona, stringersi vicino a lei.
Ma a Lucy non interessava.
Era molto legata a suo padre, del resto. E aveva perso la mamma quando era molto piccola.
Era stato un tragico incidente. Quella maledetta corsa di cavalli, la cinghia non saldata, la caduta… Il padre di Lucy, Jude Heartphilia, era stato amato da tutti, a Londra.
Quel giorno tutti stavano piangendo al funerale.
Tutti cercavano gli occhi di tutti, in uno spasmodico e becero modo che hanno gli adulti di ostentare il loro peso sociale: persino in un’occasione del genere, la manifestazione del dolore diventava ostentazione sociale.
Non sapevo cosa fare.
E così feci l’unica cosa che mi venne in mente. Banale, forse, ma l’unica da fare.
Presi Lucy per mano.
Trasalì. Forse temeva che fosse un adulto, o qualcuno da cui non aveva – legittimamente, in quel momento – voglia di essere toccata. Ma poi i nostri occhi si agganciarono.
E Lucy lasciò che le mie dita si insinuassero fra le sue. Non si divincolò, ma accettò la mia presa.
Che strano. Ero io a volerle dare il mio supporto, eppure mi sentivo scaldato dalla sua mano.
Avevamo otto anni, all’epoca.
Sono passati dieci anni da allora.


 

 
I piedi inciampano l’uno sull’altro. Sto correndo a scavezzacollo, battendo la testa e le gambe non so nemmeno dove: su persone? Su vestiti? Su bancarelle? Credo di sentirmi agitato. Scorre sempre una certa amabile dose di adrenalina dentro di me, quando lo faccio. E questa sensazione se da una parte mi fa sentire euforico e gagliardo, dall’altra mi concede la lucidità di capire che devo sbrigarmi, o non ci riuscirò.
« Signor Dragneel, non osare…!  » Ecco, sapevo sarebbe arrivato. La voce di Gray si fa largo tra la folla.
Per un solo istante mi fermo, lo ammetto, forse irrigidito dall’entusiasmo di essere braccato. Così ghigno e mi fiotto in avanti.
Se mi ha chiamato "signor Dragneel" e non "Natsu", o il preferibile e più frequente "scemo di uno stupido", è davvero arrabbiato.
Il mercato della periferia è l’angolo più puzzolente e caotico e ruspante di tutta Londra. E per questo lo amo: dico, come si fa a non amare tutta quella calca?! La masnada di persone che camminano a fiotti, la luce della speranza – o della disperazione, insomma: quello scemo di Zeffi dice sempre che sono concetti dal confine molto labile. E che dire delle voci che si inanellano in una matassa di grida? Ah, quelle voci… C'è chiasso, d'accordo. Ma perlomeno è sincero. Son voci sincere, oneste. Spontanee. E negli ambienti dell'alta società la spontaneità è ciò che di più lontano si possa immaginare.
In quel dannato palazzo dove vivo c’è sempre un’atmosfera aulica, soave, come se dovessimo per forza essere i conti più altolocati dell’intera Inghilterra. Che noia. Mio fratello Zeffi ci sguazza, in quel contesto fatto di sapientoni studi di filosofia e di arte…
Ed ecco io, invece, dove sguazzo. In questo mercato.
Corro a scavezzacollo, mi infiltro nelle file di vestiti sghembi e per poco non finisco dentro una bancarella che vende pesce. Immagino la faccia che farebbe Gray se mi notasse tutto puzzolente di pesce!
Fiotto a sinistra, poi scarto di alto e corro in avanti… Sento che Gray sta correndo dietro, da qualche parte, destreggiandosi in un zelante inseguimento. Ah, quel poveretto: lo ammetto, lo faccio dannare. Non si può desiderare un maggiordomo più fidato e più leale di quel ragazzo. Ma proprio per questo è mio preciso compito farlo dannare: che divertimento ci sarebbe, altrimenti?
E finalmente intravedo la mia meta: qualche traversa oltre il mercato che ho tagliato per il mero piacere di assaporare l’odore e l’agitazione di una calca in piena. Il locale dove mi sto gettando ha la porta già aperta, e anche se si affaccia su una strada sporca e grigia, so che al suo interno ospita un modesto giardino – certo, in confronto al parco della mia residenza potrebbe assomigliare all’ombra di quel platano, quello sotto cui mi piace dormire, ma tralasciamo questo dettaglio. Mi fiondo dentro, oltrepasso la fila di casette di legno, inspiro l’odore della carne e mi getto nel giardino, in un inseguimento di colori, luci e ombre che fanno concorrenza alla mia velocità. E insomma, Gray dice sempre che sono un “malandrino lestofante”, quindi mi vanto di essere il nobile più veloce di tutta Londra!
 « Vecchio, eccomi! Ho portato della carne!  » esclamo. Nella furia della corsa, quasi mi ero dimenticato della busta di carne che avevo nascosto dentro la panciera. Zeref impallidirebbe nel vedermi estrarre quella confezione oleosa.
Il vecchio dirigente, un vecchio di nome Makarov, mi sorride non appena mi vede arrivare. Solleva la mano dalle erbe che sta raccogliendo, afferra la carne, la strappa e la getta alla nidiata di gatti che strillano ai nostri piedi, e – approfittando del fatto che io mi sia chinato sulle ginocchia per accarezzare gli animali – mi dà un buffetto sulla testa. Un angolo del mio cervello corre a Zeref, il quale impallidirebbe – ancora – nel notare come il tutto sia stato condotto con la stessa mano, e già correrebbe a lavarsi i vestiti. Bah. Che stupido, il mio altolocato fratellone.
Io sorrido.
I gatti stanno miagolando. C’è chi si bea la carne, chi si striscia alle mie gambe… e chi si lecca i genitali. Poetico.
 « Grazie davvero, ragazzo. Non so come farei se non ci fossi  » . Gli occhi del vecchio sono attraversati da un’ombra di rimpianto. Poi si addolcisce, scrutando i gatti. Sono una ventina. Lui è Makarov. Gestisce da solo questo gattile, ma il comune non dà i fondi: ovvio. Quei beoti pensano solo a noi nobili, e a quegli stupidissimi, inutili e vomitevoli balletti. Quelle cerimonie di danze, balli e musiche che sembrano essere il solo scopo della vita di tutti i nobili… Tutti tranne me e Lucy, ovviamente.
E così ogni giorno mi premuro di prelevare un po’ di carne dalle regali cucine del mio palazzo – ben accorto nel non farmi notare dalla nidiata dei miei camerieri, sgattaiolo fuori e corro in sella a una carrozza fino alla città. Vicino al mercato ecco il gattile.
Mi siedo a terra, le gambe divaricate e dei gatti che si insinuano lungo i miei arti.  « Ho paura che quegli idioti butterebbero il cibo, se a fine giornata non finisse… Quindi perché non darlo a questi gatti? Loro, perlomeno, non perdono tempo dietro balletti inutili  » .
Makarov ridacchia.  « Ragazzo, hai 18 anni ormai, se non sbaglio. Presto dovrai trovare una moglie. La tua nobile casata dovrà estendersi, e i visconti Dragneel avranno bisogno di eredi. È il tuo destino, non puoi sottrarti  » .
Picchietto delle dita sul muso di un gatto, che mi miagola e si abbandona sulla schiena.  « Per carità, non lo dire nemmeno  » . Poi caccio un sospiro.  « Certo, mia madre e mio padre dicono sempre che dovrei trovarmi una moglie… e vogliono che io inizi la stagione. Ma che incubo. Non ci penso nemmeno  » .
 « Signore, è arrivato un cliente  » annuncia Bisca, una delle ragazze che lavorano in quel gattile.
E ovviamente, non si tratta di nessun cliente. È Gray, il maggiordomo più zelante e ficcanaso del mondo. Mi rivolge un’occhiata di rimprovero, quando mi trova seduto su un terriccio bagnato con dei gatti che lasciano i peli sui miei regali pantaloni, un tessuto scomodissimo di forma tubolare e larghi alle regali caviglie. Sarà regale anche il mio cipiglio? Sento una smorfia altera che mi arriccia le labbra.
 « Che bella sorpresa! Anche tu qua, caro Gray?  » lo saluto con allegria.
 « Poco verosimile come sorpresa, mio signore. O vorresti farmi credere che non hai corso come un dannato solo perché io ti cercavo tra la folla?  »
 « Io? Ma che vai dicendo, non lo farei mai  » .
Gray sospira. Sa che non può vincere, contro la mia parlantina. E così si arrende, e  mi rivolge quel sorriso carico di affetto come solo lui sa fare.  « Sei il il visconte più manigoldo che Londra abbia mai conosciuto  » . Non ha una voce arrabbiata. Anzi, dopo un’inziale ostentazione di disappunto, è persino divertito. Come dargli torto: gli movimento decisamente la vita, io. Che noia sarebbe stata, per lui, essere il maggiordomo fidato di un conte rispettabile, ligio al dovere e austero? Perlomeno gli do del piccante ogni singolo giorno.
Ed è allora che me ne accorgo. Un gatto ha deciso che non mi lascerà mai andare.
È piccolo, ed è decisamente avvinghiato alla mia gamba. Makarov lo guarda con aria triste.  « Oggi un viaggiatore lo ha abbandonato qui. È un orfano, e quell’uomo non poteva tenerlo. Così lo ha dato  a noi… Ma abbiamo già venti gatti, e siamo molto poveri. Se non fosse per la carne che…  » Si blocca. Trasalisce. Forse pensa di aver detto troppo, e rivolge a Gray un’occhiata tesa.
Io scuoto la testa e faccio un gesto vago con la mano.  « Non preoccuparti per Gray. Quando sei con lui, fai conto che sei con me  » .
Il ragazzo acconsente con un sospiro melodrammatico.  « Tanto mi accorgo benissimo della carne che rubi in cucina, signorino  » .
Ah. Quindi sa tutto.
Comunque, il gatto mi sta osservando. Io ricambio lo sguardo.
Ed è così che ci ragiono su.  « Senti Gray… A palazzo abbiamo tutto  » .
 « Felice di sentirtelo dire  » .
 « Sul serio. Anche robe inutili, come quel pianoforte, o un violino. O la collezione di vasi antichi…  »
 « Collezione menomata tre anni fa da un certo quindicenne: aveva deciso di correre per tutto il corridoio da ubriaco, se ben ricordo…  »
 « Il punto è che ho trovato qualcosa che ci manca. Un gatto!  » Provo a prendere in braccio il piccolo felino, ma quello si aggrappa con gli artigli sulla mia coscia.
Gray intuisce finalmente la mia idea.  « Non se ne parla!  »
Makarov quasi piange per la gioia.  « Oh, ragazzo! Se fossero tutti come te, i nobili!  »
Studio il gatto. Lui mi guarda e miagola. Sorrido.
 
Se mi sono sentito felice in quel momento, nulla è in confronto a ciò che provo quando vedo Lucy.
Gray ed io, in sella alla regale carrozza in cui lui mi costringere ad abbarbicarmici dentro, arriviamo a palazzo. Saluto calorosamente la manciata di guardie che stanno ritte in piedi – statue inani – ad aspettarci, e sento qualcuno che mi saluta con riverenza.  « Il visconte!  »,  « Sua signoria, che sia un lieto giorno  » e altre sciocchezze sesquipedali del genere.
Un giardino sconfinato verdeggia tutto intorno al palazzo, come una corolla lussureggiante che omaggia come una cornice il quadro all’interno. Un’architettura neogotica si impernia ovunque, lungo quelle guglie e quelle palizzate sfarzose.
Quando entriamo dentro, ignoro il lungo corridoio a sinistra che mi porterebbe verso la sala dove – immagino bene – ci saranno mio fratello e mai madre: probabilmente staranno spettegolando sulle nuove coppiette di Londra. Imbocco invece la scalinata a destra, che mi porterebbe verso le camere… se solo non fosse per quella ragazza.
Una voce mi sta chiamando.  « Natsu!  »
Ora. Non che io sia una persona molto sensibile – o almeno, questo è quello che mi rimbrotta sempre mio fratello – ma quando si tratta di Lucy riesco sempre a decifrare l’intensità delle sfaccettate e dardeggianti emozioni che sta provando. C’è rimprovero, nella sua voce: non ne sono sorpreso, dopotutto questa mattina sono sgattaiolato per gettarmi dentro un mercato degno della plebe, cosa che non tutti i giovani rampolli fanno. E per di più sto custodendo un gattino sul mio petto, sporcando di terra, peli e sporcizia tutta la regale camicia bianca, che adesso bianca non è più di tanto.
Ma nella voce di Lucy c’è anche allegria. E infatti, quando mi volto per fissarla, incocco la sua occhiata: lo sguardo è luminescente, soave come al solito.
Cavolo, è bellissima.
I capelli biondi si inanellano in cascate fluide, dorate e intrecciate in armoniche articolazioni (chissà quanto tempo sarà stata alle prese con la nostra parrucchiera). Un corsetto e una sottogonna contribuiscono a imbellettare la sua già soave sagoma, resa ancora più angelica dai lineamenti sottili e vispi e freschi e meravigliosi. Ho già detto che è bellissima?
A proposito. È bellissima. Come sempre, d’altronde.
Così bella che quasi mi manca il fiato.
Ed è Gray a riportarmi alla realtà.  « Mia viscontessa, tuo fratello ha prelevato questo gatto. Mi rincresce, ho provato a fermarlo, ma…  »
 « Un gatto? Oh per l’amor della chiesa anglicana, è carinissimo!  » cinguetta lei.
Forse il mio maggiordomo si aspettava che Lucy sarebbe stata contraria a un animale in casa, a giudicare dal suo cipiglio esasperato quando lei si butta al mio petto e afferra il gatto in braccio.
La creatura miagola. Si starà chiedendo in quale casa di folli sia mai capitato. Poveretto. Me lo chiedo anche io, fidati mio caro gatto.
Io continuo a fissare Lucy. Il gatto strofina la testolina sul suo petto. Sento che le mie guance stanno andando a fuoco e stabilisco di distogliere lo sguardo.
 « Senti, tua madre deve dirti una cosa  » ammette Lucy. Indugia. Il tono diventa scherzoso.  « Non ti piacerà  » .
Se sta dicendo così… Oh, no. Significa solo una cosa. Ruoto gli occhi e sbuffo. Decido di cambiare argomento.  « Come lo chiamiamo?  »
 « Mi dovete raccontare cosa ci fa un gatto in questa casa  » si rende conto la ragazza, guardando amichevolmente sia me sia Gray.
E così lo diciamo: certo, da come lo spiega Gray sembra che la mia corsa sia stata più rocambolesca di quanto in effetti abbia pensato. E mi descrive come più sprovveduto e sciocco di quello che sono – spero, perlomeno. Però mi sorride, e anche lui mi guarda con dolcezza.
Ah, quei due. Gray e Lucy. Sono la mia famiglia, in pratica. Il mio maggiordomo da quando sono un ragazzino – anche se abbiamo la stessa età – e la mia amica di infanzia. Anche se in città ci definiscono “fratello” e “sorella”, adesso.
 « Lo so, so come chiamarlo!  » esclama Lucy.
La luce del sole batte poderosa, attraverso le enormi vetrate che circondano l’ingresso. Tutta quella cascata di luce la fa sembrare più bella e luminosa che mai.  « Happy!  » Gli occhi le ridono.  « Che ne pensate?  »
 « Happy? Felice?! Perché mai?  » Non mi dispiace, ma nemmeno mi entusiasma. Il gatto miagola il suo consenso.
Ma quello che risponde Lucy fa decisamente a pugni con le mie resistenze, e mi convince che “Happy" sia il nome più bello del mondo.  « Perché questo gatto… Natsu, lo hai portato tu  » . La ragazza prende un respiro. Si ferma. Mi studia, e io replico l’occhiata attenta. Percepisco i suoi occhi carichi di desiderio. E io? Io come starò apparendo? Di sicuro, so che il cuore sta martellando contro il mio petto. Le labbra le si increspano in una smorfia suadente.  « E quando ti vedo, ecco come mi sento. Felice  » .
 
 






Angolo dell'autore

Ciao a tutti e tutte!
Ed eccoci qui. Pubblicare fanfiction è sempre un'emozione, e il mese di dicembre e Natale per fortuna riescono a ispirarmi ^^
Spero che la lettura possa essere di vostro gradimento!
In particolare, questa storia vuole essere il mio "dono" come Secret Santa a AlexiaLil Efp ^^ Spero possa essere per te una lettura piacevole. Partecipare a questo contest è stato divertente e rilassante, mi ci voleva proprio.
Allora buon proseguimento della storia!

 

 
   
 
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