Anime & Manga > Ranma
Segui la storia  |       
Autore: quenya    26/12/2023    2 recensioni
Una bufera di neve fuori stagione sta per abbattersi su Nerima quando Ukyo trova, nel suo cortile, un maialino nero letteralmente piovuto dal cielo. Sarà l’inizio di una bizzarra convivenza tra due anime solitarie che piano piano usciranno dal torpore della rassegnazione in cui erano cadute…per scoprire, in modo inaspettato, di non essere più sole.
Una storia interamente dedicata alla coppia Ryoga e Ukyo, che ho amato per tutta la vita.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ryoga Hibiki, Ukyo Kuonji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 9

 

 

 

Una piccola nota integrativa: i kata, di cui si parlerà spesso in questo capitolo, sono una sequenza codificata di movimenti, di attacco e di difesa, lanciati contro avversari immaginari. Esistono anche tornei solo su questa disciplina poiché, visto che ogni mossa deve essere eseguita con velocità e precisione, rappresentano l'esecuzione più pura di un’arte marziale. Vengono usati spesso non solo per aumentare l'abilità in un determinato stile, ma anche per raggiungere uno stato di concentrazione mentale simile a quello della meditazione.

 

 

Dopo un pranzo leggero, durante il quale consultarono di nuovo le notizie meteo scoprendo che un lieve miglioramento era in atto, ma che gli allarmi per precauzione sarebbero perdurati anche per il giorno successivo, si ritrovarono più o meno nella stessa identica situazione di quella mattina. Questa volta, però, dopo aver scartato alcune proposte, fu stabilito quasi subito che avrebbero visto qualcosa alla televisione e si spostarono al piano superiore. Una volta seduta sul divanetto basso all'ingresso della camera da letto, Ukyo si impossessò con decisione del telecomando.

Dopo aver visto qualche episodio di una serie tv, tuttavia, la pazienza di Ryoga si esaurì e ben presto partì un’animata discussione sulla tipologia del programma da guardare.

“Non capisco perché fai tanto il difficile. Per tua stessa ammissione non conosci buona parte dei film o dei programmi televisivi che ci sono in circolazione. Che differenza vuoi che faccia per te uno oppure l’altro?”.

“Il fatto che non li conosca non significa che puoi scegliere quello che ti pare. Non sarò ferrato sull’argomento ma penso di sapere se una cosa mi interessa o meno”, ribatté lui. “Per non parlare di avere almeno un diritto di scelta”, bofonchiò a bassa voce, cosa che gli guadagnò un’altra occhiataccia. A quanto pare avere diritti non era contemplato ma, visto che la televisione era sua e che, per ovvi motivi, non era abituata a condividerla, era abbastanza comprensibile.

“Ma non puoi sapere che una serie non ti piacerà se non ne vedi almeno una stagione!”.

“Ukyo, secondo te una trasmissione che si chiama ‘il Re del Wok’ può interessare qualcuno che non sia del settore? Andiamo, ci deve essere qualche altra cosa che ti piace!”.

“Mi stai dando della fissata?”.

“No, ti sto solo chiedendo delle alternative”.

Alla fine concordarono sul vedere un film e la scelta ricadde su un drammone storico cinese con un tocco di soprannaturale, pieno zeppo di effetti speciali e combattimenti di arti marziali, cosa che, per ovvi motivi, piaceva ad entrambi.

Peccato che Ryoga iniziò quasi subito a commentarne piuttosto aspramente l’esecuzione, a suo dire ‘parecchio fantasiosa’.

“Fanno davvero delle cose assurde… hai visto quel pugno di prima? Sarebbe impossibile da quella angolazione!".

Ukyo sospirò, massaggiandosi le tempie.

“Ryoga, è un film… cosa vuoi che facciano? Un trattato sul Wing Chun del diciassettesimo secolo?”.

“No, ma almeno avrebbero potuto usare un consulente per evitare di rendersi ridicoli!”.

“Guarda che se non ti sta bene rimetto il programma sul wok!”.

Alla fine la minaccia ebbe l’effetto voluto e gli chiuse la bocca quel tanto che bastò per arrivare al finale, sul quale lui riuscì a stento a trattenere qualche lacrima. Non resistendo alla tentazione, Ukyo lo prese in giro a sangue, ridendo come una pazza davanti alle sue risentite rimostranze.

“...e insisto nel dire che, al giorno d’oggi, è considerato perfino offensivo prendersi gioco di una legittima esternazione di un sentimento come il trasporto verso…”.

“Sì, sì… ok, ho capito Ryo-chan, non c’è bisogno che ci scrivi sopra un trattato. Per tutti gli dèi, ma nessuno ti ha mai spiegato come si fa a NON prendere sul personale ogni cosa? Se reagisci così tutte le volte che qualcuno ti fa una critica, non mi sorprende che tu non possa sopportare Ranma”.

“È quel debosciato che non fa che sparare insulti non appena apre bocca!”.

“Sì, ma ormai avresti dovuto imparare ad ignorarli, no?”.

Quella considerazione gli tolse la possibilità di replicare, ma lo fece anche sprofondare in un taciturno silenzio e Ukyo si mordicchiò un labbro. Forse aveva un po’ esagerato con i suoi consigli non richiesti… nonostante la sua tempra e il suo caratteraccio, Ryoga era sempre stato un ragazzo molto sensibile ma, al contrario di altri, non lo aveva mai nascosto. Ci voleva un certo coraggio nel mostrare al mondo questo suo punto debole pur sapendo di esporsi così ad atteggiamenti o commenti che avrebbero potuto ferirlo e all’improvviso si sentì in colpa per averlo preso in giro. Tuttavia, non essendo tipo da scusarsi, cercò di trovare un modo alternativo per risollevargli il morale.

“Ehi, tutta l’azione del film mi ha fatto venire voglia di sgranchirmi le gambe”, disse, alzandosi e stiracchiandosi. “Che ne dici, riusciamo a fare un po’ di kata?”.

Come previsto, la prospettiva di un allenamento fece di colpo uscire Ryoga dal suo malumore.

“Sarebbe fantastico… ma c’è poco spazio. Dovremo limitare un po’ i movimenti”.

“Mmhh, stavo pensando che, se spostiamo un po' i tavoli nella sala di sotto, magari un po' di spazio potrebbe uscire… Certo, sempre senza calci per te e fendenti di spatola per me, ma è meglio di niente”.

Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte e in meno di cinque minuti il loro improvvisato dojo era già allestito. Ukyo aveva tirato fuori da un ripostiglio un vecchio cartellone pubblicitario del suo locale che doveva buttare e lo aveva trasformato, con un po' di fantasia, in un bersaglio per le sue mini spatole attaccandolo ad una parete.

Stava per lanciare la prima, quando vide Ryoga sedersi a gambe incrociate sul pavimento al centro della stanza. Di fronte alla sua espressione interrogativa, lui si affrettò a spiegare.

“Di solito, prima di iniziare a fare i kata, faccio un quarto d’ora di meditazione. Se non ti va di aspettare, posso andare fuori”.

“Nella bufera? Vuoi davvero diventare un bonzo tibetano?”, ribatté lei, incrociando le braccia. “Non essere ridicolo, certo che non mi dispiace. Sono solo stupita… non ti facevo così riflessivo”.

“Come dicevi prima, qualcosa devo aver pur imparato in questi anni, no? Almeno su questo”, borbottò, aggiungendo l’ultima parte a bassa voce. “Tu non hai modificato nulla delle tue tecniche?”.

“Molto poco, in realtà. Il mio stile ha già tutto quello che mi serve. Però, in effetti, l’idea di inserire qualche nuovo attacco non è male”.

“Io lavorerei più sulla difesa”.

Ukyo aprì bocca per replicare che le sue tecniche di difesa andavano più che bene, grazie tante, quando ci ripensò. Per quanto fosse orgogliosa del suo stile di combattimento, non era così arrogante da scartare in automatico il consiglio di uno come Ryoga il quale, che le piacesse o meno, sapeva il fatto suo.

“Mh. Ci penserò”, disse, sedendosi accanto a lui a gambe incrociate.

Ryoga la guardò con aria perplessa.

“Visto che ti devo aspettare, tanto vale provarci anche io”, fece, alzando le spalle. “Che devo fare?”.

Lui le spiegò a grandi linee le basi della meditazione e alcune tecniche utili per rilassare lo spirito e il corpo, poi chiusero gli occhi e il silenzio scese nella stanza. Come era ovvio, Ukyo non riuscì a rilassarsi nemmeno per cinque minuti ma, essendo la prima volta che lo faceva, non si aspettava di certo un qualche risultato. Era ancora intenta a riepilogare nella sua testa le cose da modificare nel menù del mese seguente quando lui si mosse, segnalando la fine della meditazione.

Senza una parola presero posto nelle rispettive posizioni e iniziarono la sessione di allenamento.

Dopo appena qualche movimento, però, Ryoga era già sudato. Abituato com’era a fare i kata all’alba, di solito in posti desolati come montagne o foreste, fare esercizi di riscaldamento in un luogo chiuso e, per giunta, riscaldato lo faceva sentire come in una pentola a pressione. Mentre stava per sollevare il lembo della maglietta, però, gli venne un dubbio e decise che forse sarebbe stato meglio chiedere il permesso.

“Uhm… Ukyo… ti dispiace se mi tolgo la maglietta? Qui fa un po’ troppo caldo per i miei gusti”.

Colta alla sprovvista ancora una volta per quella educata richiesta, Ukyo ci mise un attimo prima di rispondere. Abituata alla giovanile frequentazione di una scuola maschile (sotto mentite spoglie e in tempi non sospetti a livello ormonale) e soprattutto alla nota disinvoltura di Ranma nel denudarsi, non riusciva ancora a capacitarsi dell’educazione di quello strano tipo che le era piombato in casa.

“No, fai pure”.

Ryoga si liberò con un sol gesto della maglietta con un sospiro di sollievo, restando a petto nudo, e Ukyo imprecò dentro di sé per la propria mancanza di lungimiranza. Dopo la visione di quella mattina - che ancora le compariva davanti agli occhi nei momenti meno opportuni - e l’inaspettato contatto seguito alla caduta prima di pranzo, cosa diavolo le era venuto in mente di accettare di avere a meno di un metro di distanza quegli stessi stramaledettissimi muscoli che le avevano aggrovigliato le budella soltanto poche ore prima?

Un'occhiata quasi involontaria nella sua direzione le regalò un’altra scena che, ne era certa, avrebbe passato mesi a cercare di dimenticare. Ryoga, mentre eseguiva i kata, era un vero spettacolo da ammirare: ogni movimento era fluido, rapido e potente ed eseguito con una sicurezza che denotava da sola una pratica profonda e assidua ormai decennale. Vederlo muoversi, in modo così agile ed elegante, attraverso tecniche di parata e di attacco prestabilite contro più avversari immaginari le stava togliendo il fiato, anche perché grazie alla propria esperienza era in grado di osservare, oltre il mero aspetto estetico, la vera essenza dell’arte marziale nella purezza di quella esecuzione.

Negli anni di frequentazione e battaglie di tutti i generi che avevano coinvolto entrambi, Ukyo aveva assistito, suo malgrado, a vari suoi combattimenti. Uno, in particolare, lo ricordava anche meglio degli altri: quello in cui lui l’aveva salvata da quella specie di uomo scimmia sull’isola di Toma. Era stata l’unica volta della sua vita in cui si era trovata nell’inusuale veste della principessina in pericolo… anche se aveva dovuto faticare non poco per convincere il suo improvvisato principe a salvarla. Anche in quella occasione aveva potuto constatare con i suoi stessi occhi quanto lui fosse forte. Ma allora come mai, dopo tutti quegli anni, stava notando soltanto adesso quanto Ryoga fosse dannatamente bravo?

Per ovvie ragioni, la risposta era una e una soltanto: Ranma. Il ragazzo (e ragazza) con il codino aveva sempre calamitato il centro dell'attenzione su di sé, sia per il suo indiscusso talento che per il suo atteggiamento un po' narcisistico e Ukyo, da fidanzata esemplare e devota, assetata di ogni sua più piccola attenzione, non aveva avuto occhi che per lui. Non c'era da stupirsi se, nella propria cieca ossessione, qualunque altro individuo di sesso maschile non fosse stato ritenuto degno di una seconda occhiata.

Sorprendendosi ancora una volta a seguire con lo sguardo l'accattivante percorso di una goccia di sudore lungo quell'ampia schiena, Ukyo distolse a fatica gli occhi e fece un profondo respiro. Da una parte era felice che le cose fossero cambiate e che la sua vita sentimentale stesse in qualche modo andando avanti… dall'altra però non era davvero preparata al fatto che quel cambiamento fosse arrivato proprio adesso. E soprattutto che fosse, almeno in apparenza, determinato da Ryoga.

Okay, lasciamo perdere la mira… a quanto pare mi serve più un esercizio di concentrazione. Devo solo riuscire a dimenticarmi di aver accanto un maschione aitante e sudato che sembra appena uscito dal poster promozionale di una palestra, si disse chiudendo gli occhi.

Inutile dire che non le stava riuscendo nemmeno un po’, ma Ukyo non era ancora disposta ad ammetterlo e raddoppiò i suoi sforzi, focalizzando la sua attenzione nel lanciare le sue affilate mini spatole con più precisione possibile sul bersaglio.

Pochi metri più in là, anche Ryoga aveva i suoi problemi. Fare i kata lo aveva sempre rilassato, permettendogli allo stesso tempo di esercitare il suo fisico, allenare riflessi e concentrazione e sfogare la sua frustrazione. Ma era sempre stato abituato a farlo da solo e trovarsi accanto ad un’altra persona lo stava, con sua grande sorpresa, destabilizzando: era acutamente conscio dei movimenti della ragazza che aveva accanto e la sua disciplina ne stava risentendo perché, per la prima volta da quando la conosceva, si stava scoprendo molto curioso riguardo il suo stile di combattimento. Tuttavia sarebbe stato un errore da vero dilettante lasciarsi distrarre per così poco pertanto, riallineando la sua attenzione nei movimenti che eseguiva da una vita, Ryoga concluse la sequenza senza sforzo apparente. Poi si fermò, girandosi ad osservarla a braccia conserte.

Ricordava bene il loro primo incontro, quando l’aveva scambiata (come tutti, del resto) per un ragazzo e l’aveva affrontata senza alcuna remora, trattandola come l’ennesimo avversario da annientare. Il suo stile, per così dire 'culinario', l’aveva sorpreso e colpito perché era molto simile nella sua agilità e versatilità a quello dei famigerati ninja, tuttavia ricordava anche di non averci messo tanto a neutralizzarlo, una volta arrivato a distanza ravvicinata. Era stato proprio grazie a questa esperienza che le aveva suggerito una difesa più solida della consueta bomba di farina e quasi sovrappensiero iniziò a studiare i movimenti di Ukyo, cercando di escogitare una possibile alternativa. Analizzare lo stile degli avversari per trovare debolezze e punti di forza era quasi una seconda natura per chiunque praticasse a fondo le arti marziali e di certo anche lui non sfuggiva a questa istintiva abitudine.

Ukyo era immobile, con lo sguardo fisso al bersaglio come un lanciatore di coltelli, assorta in una profonda concentrazione. Quando lanciò la mini spatola, con un movimento fluido e potente, questa andò a conficcarsi perfettamente al centro del riquadro, insieme alle sue compagne. Era l’ultima di una dozzina e lui emise un breve fischio di ammirazione.

“Complimenti per la mira”.

La ragazza sussultò per la sorpresa, girandosi di scatto verso di lui e distogliendo lo sguardo una frazione di secondo dopo.

“Grazie. Di solito lo faccio all’aperto e su bersagli mobili, quindi oggi mi è andata di lusso”, gli rispose, alzando una spalla con noncuranza. “Che intendevi prima, con il migliorare la difesa?”, chiese poi, a bruciapelo.

Stavolta fu lui ad essere preso in contropiede, stupito che fossero sulla stessa lunghezza d’onda da pensare quasi la stessa cosa. Essendo entrambi praticanti di arti marziali, però, sapevano bene che il confronto era essenziale, quindi forse non era tanto strano che in un contesto di allenamento le loro rispettive menti entrassero in risonanza.

“Beh, come tutte le armi dalla gittata lunga, il punto di forza della tua spatola è tenere l’avversario a distanza. Ma se questa viene superata e ti trovi ad affrontare un attacco corpo a corpo, allora ti serve una manovra evasiva che sia più solida di una basata solo sull'effetto sorpresa".

"Del tipo?".

"Se possibile, qualcosa che ti permetta di liberarti con rapidità da una presa. I tuoi riflessi sono già molto buoni, quindi schivare ti è senza dubbio congeniale… ma se dovessi trovarti, per esempio, in questa posizione?".

Senza alcun preavviso e con una facilità disarmante, Ryoga le scivolò alle spalle bloccandole entrambe le mani sopra la testa in modo tale da impedirle qualunque movimento.

Sentirsi all'improvviso stretta in una morsa costrittiva e dominante fece subito scattare nella cuoca l'istinto di liberarsi il prima possibile da quella posizione così svantaggiosa; tuttavia, nonostante i numerosi sforzi e svariati tentativi di liberarsi con tutti i mezzi possibili - dai morsi alle testate - tutti subito schivati, la ferrea presa di Ryoga non vacillò nemmeno per un secondo.

A quel punto Ukyo si fermò, ansimante e coperta di sudore, per analizzare meglio la situazione.

Non c'era modo di sfuggirgli a livello fisico, la sua forza e la sua massa erano troppo superiori… il che significava che avrebbe dovuto giocare d'astuzia. Peccato che la sua mente non ne volesse sapere di trovare un modo per separarsi da quella eccitante distesa di muscoli dietro di sé.

Purtroppo per lei, infatti, quella breve pausa le aveva anche permesso di realizzare che quella stretta così intima rappresentava la realizzazione di almeno un paio di fantasie ad occhi aperti che aveva avuto su di lui solo il giorno prima… e che, tra l'altro, la realtà superava di gran lunga l'immaginazione.

Il suo orgoglio guerriero, però, non le permetteva di ammettere una sconfitta di quel genere e, quando una goccia di sudore le scivolò lungo il naso, Ukyo ebbe un'improvvisa intuizione. Smise di cercare di scostarsi da lui e al contrario gli si incollò addosso ancora di più, arrivando a sentire contro la sua schiena ogni muscolo, avvallamento o costola del corpo statuario dietro di sé.

Forse preso in contropiede dal brusco cambiamento di dinamica, Ryoga allentò per un attimo la presa. In quel preciso momento la chef, sfruttando l'effetto lubrificante dei loro corpi sudati, scivolò verso il basso e, sgusciando dalle sue braccia come un'anguilla, riuscì a liberarsi, allontanandosi con una capriola. Si girò trionfante verso di lui con tutta l'intenzione di trovare un nome per quella nuova tecnica, ma non fece nemmeno in tempo a dire una parola che il ragazzo si era già voltato dall'altra parte, dandole le spalle.

"Uhmm… ottima mossa. Però credo che tu debba lavorare meglio su alcuni dettagli e le possibili… uh… conseguenze".

Ukyo sbatté gli occhi, perplessa.

"Conseguenze?".

"Sui tuoi vestiti", mugugnò in risposta Ryoga, da sopra una spalla.

A quel punto, abbassando gli occhi, lei realizzò con orrore che per via del movimento verso il basso usato per sfuggirgli, la sua adorata divisa le si era arrotolata sul petto fino ad esporre quasi per intero sia lo stomaco che il vezzoso reggiseno a balconcino celeste che aveva deciso, per chissà quale strano impulso, di indossare quel giorno.

Rossa come un pomodoro si girò anche lei di scatto, ricomponendosi. Prese al volo due asciugamani per i piatti da un armadio per detergersi il sudore e ne lanciò uno nella vaga direzione di lui.

"Beh, direi che abbiamo entrambi bisogno di una doccia. Vuoi farla…", ci fu un suono strozzato da parte di Ryoga e lei aggrottò la fronte, ma decise che ancora non si fidava abbastanza di se stessa per guardarlo, così lo ignorò. "... prima tu? Io preferisco sempre prendermela un po' più comoda".

"Sì… uhm… grazie".

Stavolta il suo tono di voce, basso, roco e strascicato come se si fosse appena svegliato, era davvero strano ma quando si girò verso di lui Ryoga si era già mosso, così vide solo una nuca, adornata dal nodo della classica bandana a quadretti che sfumava in due spalle poderose, allontanarsi.

“Giusto per capire… da che parte vorresti andare? La doccia è al piano di sopra”, gli fece notare, perplessa, quando lo vide che stava per dirigersi sparato verso la porta che dava sul retro.

Lui si fermò e biascicò qualcosa che sembrava tanto un'imprecazione; poi, sempre dandole le spalle, si voltò di poco e sparì per le scale, lasciandole tutto il tempo del mondo per ammirare un fondoschiena davvero niente male.

Per la miseria, ma che mi prende? Sembra che non abbia mai visto un uomo in vita mia… pensò stizzita. Va bene, ormai ho appurato in tutti i modi possibili che Ryoga È sexy. Adesso la vogliamo conservare uno straccio di dignità?

Sbuffò, facendosi aria sulle guance accaldate con un volantino promozionale trovato lì accanto.

Non riusciva proprio a capire quelle reazioni così estreme ad una presenza maschile. Va bene, di certo era passato parecchio tempo dall’ultima volta che era stata a stretto contatto con un uomo e l'ultima volta era stato circa tre anni fa, quando per un certo tempo aveva ospitato Konatsu, il quale non si poteva di certo definire un perfetto esempio di virilità, avendo vissuto per anni facendosi passare per donna. Però questi istinti carnali non ricordava di averli provati nemmeno con Ranma… o se li aveva provati - e lei sperava con tutta l'anima che fosse così, doveva essere così - di certo non erano stati tanto intensi. Ma forse la spiegazione migliore era anche la più ovvia: era soltanto diventata più matura e il suo corpo non stava facendo altro che lanciarle segnali, per farle capire di essere pronto ad uno stadio successivo. Che poi decidesse di esplorare o meno questi nuovi territori - e soprattutto con Ryoga - era tutto un altro discorso.

Un po' più tranquilla per aver trovato una spiegazione sensata a quel subbuglio emozionale, si stiracchiò con soddisfazione. Tuttavia, mentre aspettava il suo turno per una più che meritata doccia iniziando a tirare fuori il necessario per la cena, un altro pensiero fugace le passò per la testa.

Mmh… chissà se anche per lui potrebbe essere lo stesso…

 

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: quenya