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Autore: Star_Rover    26/12/2023    5 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XXXII. Incubi
 

Aleks ebbe nuovamente lo stesso incubo. Sognò Pietrogrado in fiamme, le strade della città ostruite dalle barricate, gli eserciti che combattevano ad ogni angolo per conquistare la città.
Riconobbe casa sua, sventrata da una palla di cannone, ormai ridotta a un cumulo di macerie.
Aleks si ritrovò a scavare nella polvere e nella neve, gridando disperatamente i nomi di sua moglie e suo figlio.
«Sofiya! Yasha! Sono tornato! Dove siete?»
Continuava a scavare e a urlare, le mani sanguinavano, ma lui non voleva arrendersi.
Poi, come tutte le altre volte, una figura comparve davanti a lui. Si trattava di un volto anonimo, un soldato con l’uniforme bolscevica.
«Aiutami! Devo trovare la mia famiglia! Loro mi stanno aspettando, hanno bisogno di me!» lo implorò singhiozzando.
Lo sconosciuto rimase impassibile.
I rumori della battaglia si avvicinavano sempre di più. Spari ed esplosioni echeggiavano con tuoni minacciosi.
«Devo trovarli, non mi resta molto tempo!»
Aleks si chinò nuovamente a terra, ma in quel momento una mano si poggiò sulla sua spalla.
Il soldato lo esortò ad alzarsi e gli indicò un punto poco distante. In quel momento sapeva che stava per accadere qualcosa di terribile, così si rifiutava di eseguire quel comando. Allora il soldato l’obbligava a muoversi puntando contro di lui la sua baionetta.
Aleks si avvicinò sul bordo di una fossa, con orrore riconobbe i corpi senza vita di sua moglie e suo figlio. Erano stati gettati nel fango, come i cadaveri degli innocenti che aveva rinvenuto nel villaggio finlandese.
«Sei arrivato troppo tardi» sentenziò il bolscevico.
«No! Non può essere!»
«Dove eri quando la tua famiglia aveva bisogno di te? Perché non sei rimasto con loro per proteggerli?»
Aleks si gettò sul fondo della buca, prese tra le braccia il corpo freddo della moglie e la strinse a sé.
Piangeva, il soldato continuava ad accusarlo, quello che era accaduto era solo colpa sua.
Poi, quando cercava di raggiungere il cadavere del figlio, si risvegliava all’improvviso.
 
Anche quella notte Aleks si destò nell’oscurità. Ebbe bisogno di qualche istante prima di accorgersi di trovarsi all’interno del rifugio, e non per le strade di Pietrogrado devastate dalla guerra civile.
Smirnov dormiva al lato opposto della stanza, fuori fischiava il vento.
Aleks si rannicchiò nel suo giaciglio, abbandonandosi a un silenzioso pianto. Le parole del soldato erano quelle della sua coscienza, si incolpava per aver abbandonato la sua famiglia, per non aver fatto niente per proteggere le persone che amava dagli orrori della guerra.
Nel sogno non riusciva mai a vedere suo figlio, si risvegliava prima di raggiungerlo. I suoi ricordi si fermavano a quando Yasha era soltanto un neonato in fasce, per questo la sua mente non riusciva a immaginare il reale aspetto di quel bambino. Erano trascorsi quattro anni, Yasha era cresciuto senza di lui. Era un padre che non riconosceva il volto del figlio, un marito che non era mai stato presente per sua moglie.  
Non sperava di rimediare agli errori del suo passato, ciò che desiderava era dimostrare che in tutto quel tempo non aveva mai smesso di amare la sua famiglia.
Aleks maledisse la bufera che lo stava trattenendo prigioniero in quella baita. Stava perdendo tempo prezioso, non poteva essere troppo tardi, non voleva che fosse troppo tardi.
 
***

Smirnov era ancora debole, ma le sue condizioni erano notevolmente migliorate.
La bufera all’esterno non sembrava intenzionata a placarsi. Aleks aveva razionato le provviste, non era ancora giunto il momento di preoccuparsi, non sarebbero morti di fame e di stenti. Almeno non a breve.
L’ufficiale consumò il suo pasto in rigoroso silenzio.
«Mi piacerebbe conoscere il tuo nome. Non ho intenzione di chiamarti “tenente” come i tuoi sottoposti»
L’altro sbuffò: «soltanto i conoscenti più intimi mi chiamano per nome»
«Be’, dopo averti salvato la vita, direi di essermi guadagnato questo privilegio»
Il tenente rifletté qualche istante prima di prendere la sua decisione.
«Il mio nome è Mikhail»
Aleks sorrise: «bene. È già un inizio»
Smirnov scosse le spalle.  
«Non credere che mi senta in debito con te per quello che hai fatto. Io non ti devo niente»
«Capisco che tu non riesca ad accettare l’umiliazione di essere stato salvato da un fuggitivo, ma non devi preoccuparti di questo. Siamo pari»
«Il mio non è stato un atto di pietà. Non ti ho giustiziato in quel bosco perché sono un uomo d’onore. Ti avrei arrestato e condotto davanti a un giudice, dopo la tua condanna non avrei esitato a comandare il plotone d’esecuzione»
Aleks ascoltò impassibile quell’amara confessione.
«Io invece non avrei esitato a ucciderti a sangue freddo, se ne avessi avuto la possibilità»
«Non capisco. Se odi così tanto quel che rappresento, perché hai voluto salvarmi?»
Il giovane scosse il capo: «ho dedicato tutta la mia vita alla causa, adesso sono stanco di lottare. Non ti avrei ucciso per la tua divisa, ti avrei ucciso perché non mi avresti permesso di fuggire»
Mikhail era perplesso.
«Ti ho dato la caccia per più di un anno. Credo di conoscere bene la tua storia. Non sei il tipo che si arrende tanto facilmente. Perché hai abbandonato i tuoi compagni?»
Aleks rispose con la voce tremante.
«Per la mia famiglia. Voglio tornare da mia moglie e da mio figlio. È per loro che sto combattendo la mia ultima battaglia. Devo raggiungere il confine prima che sia troppo tardi»
Il tenente Smirnov riconobbe sincera apprensione nello sguardo del suo interlocutore. Eppure c’era qualcosa che ancora non riusciva a cogliere.
«Perché hai rinunciato ai tuoi ideali proprio adesso? La guerra non è finita»
Aleks non seppe per quale motivo si sentì in dovere di rispondere.
«Perché non voglio morire adesso che ho trovato una ragione per cui vivere. Prima ero troppo giovane e testardo per capire, troppo egoista per prendermi le mie responsabilità. Non potrò rimediare ai miei errori, ma voglio dimostrare alle persone che amo che mi dispiace per tutto il dolore che ho causato»
Smirnov abbassò lo sguardo, si sentì a disagio di fronte a quelle rivelazioni così intime e personali.
«E tu? Davvero non hai nessuno per cui desideri continuare a vivere?» domandò Aleks.
L’ufficiale mantenne il suo solito distacco.
«No, ho sempre saputo che la vita militare mi avrebbe tenuto lontano dalla mia famiglia. Per questo non ho mai voluto crearne una»
«Anche io credevo di non aver bisogno di nessuno, ma quando ho incontrato Sofiya non potuto fare altro che innamorarmi di lei»
«Un matrimonio di convenienza avrebbe potuto aiutarmi a fare carriera, ma quando si è presentata l’occasione ho rifiutato. Desideravo guadagnarmi le promozioni solo per i miei meriti sul campo»
«Questo ti rende onore, ma…davvero non hai alcun rimpianto?»
«Perché dovrei? Ho servito fedelmente nell’Esercito imperiale, ho sempre rispettato il mio giuramento. Non ho nulla da rimproverarmi»
«E adesso che l’Impero è ridotto in cenere, a te cosa resta? Un pezzo di metallo al petto? Una carica inesistente?»
«La consapevolezza di aver sempre adempito al mio dovere»
«Ed è sufficiente?»
Il tenente cominciò a trovare assurda quella situazione.
«Dannazione! Perché sto ancora ad ascoltarti?»
Aleks rimase calmo e paziente.
«Perché la bufera non si è ancora placata e qui non abbiamo molto da fare, se non parlare»
 
Dopo un lungo silenzio Smirnov tornò a rivolgere la parola al suo compagno.  
«Tu sei l’unico incarico che non sono riuscito a portare a termine. Per questo non ho mai rinunciato a darti la caccia, la tua libertà è la prova del mio fallimento»
Aleks guardò dritto negli occhi di ghiaccio dell’ufficiale.
«Suppongo che dovrei sentirmi onorato per questo…»
«Non è mai stata una questione personale, solo dovere»
«E adesso qual è il tuo dovere?»
Smirnov osservò con rassegnazione quel che rimaneva della sua divisa.
«Mio fratello è morto in Manciuria durante la guerra. Ho sofferto molto dopo la sua scomparsa, ma anche al tempo ero consapevole che egli aveva affrontato con onore il suo destino. Era stato ucciso in combattimento, come un vero soldato. Ero certo che avrei condiviso la sua stessa sorte quando sarebbe giunto il mio momento»
«Dunque non hai mai considerato un’alternativa»
«Perché avrei dovuto? Ho sempre creduto negli ideali per cui ho combattuto»
«La tua è una figura affascinante, davvero molto tragica…»
Smirnov ignorò il suo commento.
«La tempesta non durerà per sempre. Tu potrai uscire da qui e continuare la tua disperata corsa per la vita. Nonostante tutto, spero che tu riesca a superare il confine. Se io non sono riuscito a fermarti, è giusto che ti goda la tua vittoria»
Aleks rispose con onestà: «nessuno di noi ha vinto questa guerra»
«Te lo concedo»
Il tenente riempì il suo bicchiere di vodka, ispezionando il rifugio avevano trovato una preziosa scorta.
«Mi dispiace» ammise Aleks.
Mikhail sollevò lo sguardo: «per che cosa?»
«Per quello che ho detto durante il nostro confronto nella foresta. Non credo davvero che dovresti preservare un proiettile per mettere fine alla tua vita»
L’ufficiale mostrò un triste sorriso: «se fossi riuscito a catturarti, avrei già premuto il grilletto da molto tempo»
Aleks rimase particolarmente turbato da quelle parole. Aveva avuto prova che il tenente era un uomo d’onore, un ufficiale meritevole di rispetto. Il fatto che avesse deciso di combattere per il nemico era ormai irrilevante.
Aveva riconosciuto in Smirnov molti aspetti di se stesso, primo tra tutti l’attaccamento ai propri ideali.
Affrontare una dolorosa sconfitta su ogni fronte, politico, professionale e personale doveva essere devastante per chiunque. Smirnov aveva perso tutto in quella guerra, la sua disperazione era comprensibile, ma non poteva finire così.
«Sai perché ho voluto salvarti la vita?» domandò.
«A dire il vero me lo sto chiedendo ancora adesso»
«Perché ho riconosciuto la tua onestà e ti ho considerato meritevole di una seconda possibilità»
Smirnov valutò la sua condizione, poteva restare fedele all’Impero e accettare la sua condanna, oppure voltare le spalle a tutto quel che era stato e affrontare l’ignoto.
In quel momento aveva soltanto una certezza: il tenente Smirnov era un uomo morto.
 
***

Frans stringeva saldamente le redini nelle sue mani esperte, i cavalli erano forti e robusti, avrebbero resistito senza difficoltà fino alla loro meta.
Il soldato rivolse lo sguardo alla sua compagna di viaggio, la giovane era rimasta in silenzio da quando avevano lasciato il villaggio. Notò che era stretta nel suo cappotto, aveva le orecchie arrossate e le labbra leggermente violacee.
«Si è alzato il vento, hai freddo?»
Lei scosse la testa.
«Se vuoi puoi prendere il mio mantello»
Leena ignorò le sue parole.
Frans fermò i cavalli, si levò il pesante mantello e lo pose sulle spalle della ragazza.
«Stai tremando, così rischi di ammalarti»
Lei lo rimproverò.
«Non devi preoccuparti per me. So badare da sola a me stessa»
Frans non aveva dubbi a riguardo.
«Cercavo solo di essere gentile»
Leena tornò a guardare dritto davanti a sé.
«Avanti, riparti! Non abbiamo tempo da perdere!»
Il giovane sospirò.
«Ruovesi è ancora lontana, sarà un lungo viaggio»
«Voglio raggiungere le rive del lago prima che tramonti il sole» affermò lei con decisione.
Il soldato si rassegnò.
«Per quale ragione hai tanta fretta di arrivare in città?» domandò poco dopo.
Leena fu vaga nel rispondere.
«Sto cercando una persona…»
Frans intuì che non avrebbe potuto scoprire molto di più a riguardo. Stanco di quell’ottuso silenzio, decise di essere lui a parlare.
«Prima della guerra vivevo in una fattoria, è lì che ho imparato a prendermi cura dei cavalli. Ho imparato a cavalcare quando ero un ragazzino, ma crescendo ho preferito i motori. A diciotto anni ho speso tutti i miei risparmi per una motocicletta. Ero l’unico al mio villaggio ad averla, mi piaceva la velocità. Una volta però sono scivolato sul ghiaccio e mi sono quasi rotto una gamba. Non sono più salito in sella da allora»
Leena non fu particolarmente colpita dal racconto, ma si sforzò di mostrare un minimo di interesse.
«E che fine ha fatto la motocicletta?»
Egli sospirò: «l’ho venduta prima di arruolarmi, in ogni caso non mi sarebbe più servita»
Lei notò un velo di tristezza nel suo sguardo.
«Sei stato in Germania?» chiese con discrezione.
Il giovane annuì.
«È stata l’esperienza più terribile della mia vita. Al campo di addestramento dovevamo sopportare angherie e soprusi da parte dei tedeschi, eravamo lontani da casa, non sapevamo cosa ci attendeva in prima linea. In battaglia sono stato ferito due volte, la prima al braccio destro e la seconda alla gamba sinistra. Poi mi sono ammalato di polmonite, in un certo senso è stata la mia salvezza. Almeno sono tornato vivo»
«Per quale motivo hai deciso di arruolarti?»
«Perché la mia famiglia moriva di fame e la paga del soldato era buona»
Leena fu colpita da quella risposta.
«Sei sposato?»
Frans scosse la testa: «no. Dopo la morte di mio padre sono rimasto solo io ad occuparmi di mia madre e delle mie sorelle»
Leena pensò che, in fondo, quello sconosciuto sembrava un ragazzo di buon cuore.
«E tu, invece? La persona che stai cercando è il tuo fidanzato?»
Lei negò.
«Si tratta di un ragazzino, ho promesso a suo fratello di riportarlo al sicuro oltre al confine»
Frans rimase perplesso.
«Non sarà facile trovarlo, molti civili sono stati costretti ad abbandonare la città dopo la battaglia»
Leena non poté rivelare nulla di più.
«Devo almeno tentare»
 
***

Come previsto da Leena, i due raggiunsero le rive del lago prima del tramonto. Un capanno di pescatori, abbandonato in quella stagione, si rivelò un buon rifugio per la notte.
Frans fu sorpreso ancora una volta dall’intraprendenza di Leena. Fu lei ad occuparsi dei cavalli e a pulire il camino. Probabilmente senza di lui avrebbe anche pensato alla legna da ardere.
Fortunatamente i pescatori erano stati previdenti a lasciare delle scorte di viveri per le emergenze, così non dovettero preoccuparsi della cena.
Mentre alimentava il fuoco, Frans si lasciò distrarre dalla presenza di Leena, seduta al suo fianco per scaldarsi. Osservò con attenzione il suo viso illuminato dalle fiamme, apprezzandone ogni particolare.
Era molto bella, era rimasto colpito da lei fin dal primo momento su quel treno. Il suo sguardo però, così triste e malinconico, celava qualcosa riguardante un doloroso passato.
Frans le offrì la ciotola colma di minestra fumante.
«Prendi, hai bisogno di scaldarti e recuperare un po’ di forze»
Lei accettò con titubanza.
«Non c’è bisogno di essere così diffidente nei miei confronti, puoi fidarti di me»
Leena rispose freddamente: «non mi fido degli sconosciuti»
Il soldato mostrò un cordiale sorriso: «da quando ci siamo incontrati ho dimostrato di essere disposto ad aiutarti»
«Già, perché mi consideri una fanciulla in difficoltà»
Il giovane ridacchiò.
«D’accordo. Mi sono sbagliato sul tuo conto, però…ammetti che sarebbe stato impegnativo e pericoloso affrontare da sola questo viaggio»
La ragazza gli rivolse uno sguardo di sfida.
«Ho affrontato situazioni peggiori. Ho accettato il tuo aiuto solo perché devo salvare una persona»
Frans iniziò a insospettirsi.
«A proposito, questo ragazzo ha un nome?»
«Perché vuoi saperlo?»
«Forse potrei esserti utile per ritrovarlo»
«La questione non ti riguarda»
Frans si aspettava una simile risposta.
«È vero. Ma ormai siamo qui, soli. Perché non raccontarci la verità?»
«Se tu sapessi la verità non vorresti più aiutarmi» concluse Leena.
 
 
Frans rimase di guardia fuori dal rifugio finché non ebbe la certezza che la foresta fosse realmente deserta. Probabilmente non c’era anima viva oltre a loro nell’intera vallata.
Il giovane rientrò e poggiò il fucile davanti alla porta.
Leena stava sistemando il suo giaciglio vicino al fuoco.
Frans rimase ad osservarla, lei si accorse di ciò, ma continuò a fingere indifferenza. Poi, ad un tratto si voltò verso di lui, lo guardò dritto negli occhi ed iniziò a spogliarsi.
Lasciò cadere a terra i pesanti abiti di stoffa, restando solo con la sottoveste che lasciava scoperte le gambe e metteva in risalto le forme dei fianchi e dei seni.
Il soldato si avvicinò a lei, raccolse la coperta da terra e gliela porse.
«Riposa tranquilla, mi occuperò io del fuoco»
Leena si coprì e si sdraiò in silenzio.   
Frans trascorse la notte ad osservare le fiamme scoppiettanti, sapeva perché lei si comportava in quel modo, cominciava ad essere stanco dei suoi giochetti e dei suoi segreti. Nonostante ciò, non riuscì a smettere di pensare al corpo che aveva nascosto sotto a quella coperta.
 
Frans si concesse di riposare a brevi intervalli, svegliandosi regolarmente per ravvivare il fuoco.
Stava per tornare a distendersi sulle scomode assi del pavimento, quando notò dei movimenti nell’oscurità.
Leena si rigirava tra le coperte, agitandosi nel sonno.
Il giovane si chinò al suo fianco.
Lei si svegliò di soprassalto, aveva gli occhi sbarrati dal terrore e il volto madido di sudore.
«Tranquilla, hai solo avuto un incubo»
Leena sentì le lacrime scendere copiose sul suo viso, a stento trattenne i singhiozzi.
Frans la strinse a sé nel tentativo di calmarla.
«Adesso è tutto finito. Ci sono qui io con te, sei al sicuro»
La ragazza non avvertì alcun istinto di repulsione a quel contatto. Il suo abbraccio non era soffocante e opprimente, ma dolce e protettivo. L’unico uomo con cui aveva provato quelle sensazioni era stato Erik.
Lei poggiò spontaneamente la testa sulla sua spalla.
«Promettilo, per favore. Ho bisogno di sapere che posso fidarmi di te»
Frans la guardò intensamente negli occhi, sfiorò il suo viso con una carezza per asciugarlo dalle lacrime.
«Ti prometto che con me sarai sempre al sicuro. Ti prometto che non ti farò mai del male. Ti prometto che penserò solo a proteggerti»
Leena attese la sua ultima parola, poi si sporse in avanti e sigillò quella promessa con un bacio.
Il soldato fu sorpreso da quel gesto inaspettato, non reagì, come stregato dal dolce sapore delle sue labbra.
Quando si distaccarono, lei gli rivelò quel che voleva sapere.
«Hjalmar Meinander. È questo il nome del ragazzo che sto cercando, ha solo quindici anni e si fa chiamare da tutti Jänis»
Frans le scostò delicatamente una ciocca bionda dal viso.
«Lo troveremo, ora però devi riposare. Domani mattina ripartiremo prima dell’alba»
La ragazza tornò a distendersi nella penombra della stanza. Poggiò la testa sul cuscino, avvertendo i passi pesanti del soldato allontanarsi. 
Rimase a lungo immobile nell’oscurità, una parte di sé avrebbe desiderato che Frans si fosse rivelato un mostro come tutti gli altri Bianchi. Allora sarebbe stato più semplice sparargli.
   
 
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