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Autore: GReina    30/12/2023    2 recensioni
[sakuatsu: vampire!Sakusa - human!Atsumu]
L'eternità era noiosa e Sakusa Kiyoomi ne era consapevole, ma bastò scambiare un singolo sguardo con un umano combattivo per ribaltare il suo mondo.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsumu Miya, Kiyoomi Sakusa, Motoya Komori, Osamu Miya, Rintarō Suna
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Miya O. 

"Rin, l'ordine per il tre è pronto!" Avvertì Osamu a gran voce affinché il suo compagno sentisse. L'altro si avvicinò con la sua solita espressione neutra, ma Miya sapeva bene quanto prendesse sul serio il suo lavoro al ristorante. Afferrò i piatti da servire e Osamu gli inclinò la maschera d'indifferenza rivolgendogli un sorriso cochon. Non era mai facile modificare l'espressione di Suna, quindi si congratulò mentalmente con se stesso, felicemente consapevole di cosa quel sorriso gli sarebbe valso quella stessa notte tra le lenzuola. Sogghignò contento e tornò a lavorare il riso. Ormai la sua attività andava avanti da anni, ma non passava quadrimestre in cui lui e Suna non registrassero aumenti di profitto, ed Osamu non avrebbe potuto esserne più fiero. Suo fratello era partito da sette mesi, ma spesso arrivavano lettere e persino alcuni clienti che dicevano di portare con sé il "buono-sconto-Tsumu-è-il-miglior-gemello" per il quale avevano fatto diversa strada. La gioia di Osamu nell'incontrare viaggiatori che erano entrati in contatto con suo fratello superava (la maggior parte delle volte) la sua rabbia nel leggere le pessime offerte che Atsumu aveva garantito loro. Osamu preparava a quei clienti ciò che chiedevano e si sedeva con loro per fare due chiacchiere sullo strano uomo identico a lui che li aveva indirizzati verso Onigiri Miya. Il castano sapeva che Atsumu stava cercando la propria strada, e si era ripromesso di accettarla, qualunque essa fosse, anche se questo avrebbe voluto dire lasciare che l'altro si allontanasse da lui. 

Fu poco dopo i nove mesi di viaggio che finalmente Osamu lo vide ritornare. Il furin suonò, indicandogli che qualcuno aveva aperto la porta, dunque Miya si voltò per accogliere il nuovo cliente, quando la vista della sua immagine identica lo bloccò. L'appena arrivato sorrise. 

"Ciao, Samu. Sono a casa." 

Miya sorrise di rimando, si affrettò a girare davanti al bancone e poi corse a stringere il suo gemello. Un tempo non erano così affettuosi, ma Osamu sentiva come se ad ogni separazione una parte del suo stupido orgoglio andasse via con Atsumu, e quando poi suo fratello ritornava, Osamu non era più interessato a riavere quella parte indietro, ma solo a stringere quello stupido girovago tra le proprie braccia. 

L'altro ricambiò la stretta e risero, entrambi felici di essere nuovamente insieme. Rintaro li raggiunse poco dopo e non persero altro tempo: si sedettero al bancone e iniziarono a recuperare il tempo perduto. 

Atsumu era diverso, in meglio. Sorrideva come se non avesse un pensiero al mondo; le sue guance erano vivaci di colore ed i suoi occhi brillavano mentre raccontava loro le sue avventure; aveva anche smesso di portare abiti dal girocollo alto che gli coprissero le cicatrici, indossando invece proprio quei morsi con una dignità tale da renderli quasi invisibili. 

Parlarono per ore, servendo i clienti insieme tra una parola e l'altra, e prima che se ne rendessero conto fu notte fonda. Rimasero ancora al pian terreno, con porta e vetrine chiuse a coprire la luce delle lanterne e le loro tre voci accompagnate da altrettante risate contente. Andarono a dormire sul tardi, stremati tutti dalla lunga giornata, ma ugualmente impazienti di risvegliarsi di buon'ora il mattino seguente per riprendere da capo.  

Passarono giornate incantevoli; attorniati solo da belle sensazioni e sentimenti d'affetto, e fu solo all'orario di chiusura del terzo giorno, mentre Suna era a fare commissioni, che quella piccola bolla di felicità scoppiò.  

"Sono partito per cercare il mio posto nel mondo," gli aveva detto Atsumu, "e finalmente l'ho trovato." L'altro Miya non avrebbe potuto essere più contento a quella notizia, già pronto ad accettare che fosse dall'altra parte del Paese, ma per quanto si fosse preparato ad ogni evenienza, non avrebbe mai potuto esserlo per quella: 

"Dov'è?" Chiese. 

"Con lui." Gli fu risposto.  

Il cuore di Osamu calò a picco, come gettato in fondo a un pozzo senza fine. Gli mancò il fiato, vedendo crollare all'improvviso il futuro radioso che aveva immaginato per suo fratello. 

"No..." Aveva sussurrato, privo di altre parole. La gola gli diventò arida e per diversi attimi non riuscì a fare altro che boccheggiare. Sembrava che Atsumu si aspettasse quella reazione, perché lo guardò dispiaciuto, allungando una mano oltre il piano di legno per stringerne una delle sue. 

"Samu--" iniziò, ma lui non lo fece finire. 

"No!" Scansò la mano dalla stretta di Atsumu solo per passare ad essere lui a stringere quella dell'altro. "Tsumu, mi dispiace!" Gli disse con fare disperato. "Mi dispiace non riuscire a capire cosa ti abbia fatto quel vampiro mentre ti teneva lì con lui, prometto che proverò a rimediare, ma non andare." 

Atsumu ridacchiò, in parte mesto e in parte commosso. "Durante il mio viaggio ho realizzato che per quanto io mi sforzi non potrò mai farti capire il mio punto di vista, e che per quanto ti sforza tu, tu non potrai mai capirlo." 

Osamu iniziò a scuotere il capo, forse concordando con suo fratello ma rifiutandosi di accettarlo. "Non tornare da lui per questo. Non è lui che può capirti!" 

"Lo so." Rispose Atsumu repentinamente. "Neanche Omi può capirmi appieno, almeno non per ora." Poi continuò: "L'ultima tappa del mio viaggio prima di tornare qui è stata Osaka. Io e Omi c'eravamo stati diversi anni fa, e allora ho conosciuto un vampiro e un umano che stanno insieme. Ho parlato con loro. Più con l'umano, in realtà. Lui è l'unico che possa capirmi davvero, Samu, e grazie a lui ho fatto chiarezza nella mia testa." 

"Ma--!" 

"No." Lo interruppe Atsumu. Poi sospirò, e strinse maggiormente la mano intorno a quella di Osamu. "Sono tornato perché ti avevo fatto una promessa, ma sono convinto della mia scelta, Samu." 

L'altro non sapeva come altro convincerlo. Sciolse la presa delle loro mani per allungare la propria fino ai segni sul collo di Atsumu. 

"Come la metti con questi? Perché vuoi tornare da un mostro che ti usa solo come cibo."  

Atsumu rise come si può ridere ai bambini che non capiscono qualcosa di basilare. "Il suo nome è Kiyoomi, e non mi usa affatto come cibo." Gli scostò delicatamente la mano dal collo per rimetterla tra la propria poggiata sul piano del tavolo. 

"Ascolta, so che il mio rapporto con Omi è iniziato male, ma è cambiato. Io l'ho fatto cambiare, capisci?"  

"Vuoi solo convincertene!" 

"È la verità!" 

"Ci scommetteresti la tua vita!?" Chiese il ristoratore, arrabbiato e preoccupato. "Se torni da lui non ti lascerà più andare. Non farlo... Non farlo." 

"Non mi costringerà più a fare qualcosa che non voglio." 

"Non puoi saperlo." 

"Lo so. Tu non lo conosci." 

"Forse neanche tu...!" Rantolò, sempre più a corto di speranza. 

Seguirono alcuni secondi di silenzio; poi Atsumu rispose alla sua domanda lasciata in sospeso: “Mi fido di lui e, sì, ci scommetto la vita. Non riesco a spiegarti tutto, Samu, e ho fatto pace con l'idea che non riuscirò mai a farlo, ma tu cerca di capire." Gli disse. "Non sto prendendo questa decisione d'istinto. Sono tre anni che ci ragiono. Senza Omi sento che non sarò più completo, una parte di me è rimasta in quel castello. Vedevo te e Sunarin andare avanti e non riuscivo a capire perché io non riuscissi a farlo, ma adesso lo so." 

Calde lacrime iniziarono a sgorgare dagli occhi di Osamu. Aveva provato a dissuadere Atsumu dal seguire l'ombra del suo passato tante volte, e in tutte aveva fallito. Per quanto si sforzasse, davvero non riusciva a capire come suo fratello potesse anche solo accettare l’esistenza di quell’essere. Osamu non si era mai arreso, e con tutto il proprio impegno tentava ancora di persuadere Atsumu a cambiare idea, ma sentiva che il fallimento di quella sera sarebbe stato quello definitivo. 

"Devo vederlo con i miei occhi." Decise. "Se ci scommetteresti la tua vita, allora verrò con te e mi assicurerò che trovi quello che cerchi." 

"Samu--" 

"Se sei pronto a scommettere la tua vita devi scommettere anche la mia!" Osamu vide l'indecisione passare sul volto dell'altro. "O hai paura che Kiyoomi possa uccidermi non appena mi vede?" L'indecisione diventò determinazione.  

"D'accordo. Ti farò vedere, allora." 

  

Decisero di partire l'indomani, prima che uno dei due cambiasse idea. Dopo diverse proteste di questi, fu deciso che Suna sarebbe rimasto a servire i clienti di Onigiri Miya, dunque Osamu si fece da parte e lasciò che Atsumu salutasse come si deve il suo migliore amico. Rintaro non aveva partecipato alla discussione della sera prima, quindi la loro decisione di partire per Hyogo l'aveva spiazzato a dir poco. Lui più di Osamu sapeva che non avrebbero mai potuto trattenere Atsumu contro la sua volontà, eppure – privato del tempo necessario per abituarsi all'idea – Suna non riuscì a nascondere la propria delusione per quella nuova e più dolorosa separazione. Osamu decise di lasciare quel momento per loro, conscio del fatto che la sua presenza avrebbe potuto essere solo di troppo.  

Quando infine partirono, il ristoratore osservò di sottecchi il fratello che invece – deciso – guardava dritto davanti a sé. La postura delle sue spalle, la tensione della sua mascella e la stretta possente dei pugni sulle redini, gli dissero però che stava facendo un grande sforzo per non voltarsi indietro, portando Osamu a chiedersi in quante altre occasioni si fosse già comportato in quel modo. Atsumu aveva stravolto la sua realtà per poi rimetterla insieme così tante volte da far male persino a lui che tutti quei traumi li aveva vissuti solo di riflesso. Miya sperava davvero che quella attuale fosse l'ultima volta che suo fratello fosse costretto a cambiare di netto la propria vita, demolendo tutto e ricominciando da capo, ma Osamu non sarebbe mai arrivato a credere che ciò fosse possibile andando a vivere con Sakusa finché non l'avesse visto con i propri occhi, e forse neanche allora. 

Si voltò a sua volta verso il sentiero che avevano davanti e tenne lo sguardo fisso all'orizzonte, consapevole di non poter fare altro, arrivati quel punto, che accettare di seguire la strada che Atsumu aveva scelto di percorrere. 

  

Fu sempre Atsumu a guidare il carro. A scegliere dove dormire, a consultare la cartina e a dettare i tempi di marcia. Guardandolo in azione, per la prima volta Osamu capì quanto fosse cresciuto. Erano gemelli, certo, e per definizione non potevano che crescere insieme; tuttavia, sin da quando Atsumu era tornato dal castello Osamu non era riuscito ad impedirsi di trattarlo come se fosse fatto di cristallo. L'aveva lasciato partire nove mesi prima con una morsa sul cuore e gli incubi a disturbargli il sonno ogni notte. Invece, Atsumu era uscito da tutte le sue esperienze rafforzato, e non indebolito. 

Arrivarono al loro paese natale in poco più di una settimana di viaggio, ma non si fermarono a salutare nessuna vecchia conoscenza, né indugiarono quando intravidero i ruderi della loro vecchia baracca. Piuttosto, deciso e sempre più eccitato, non appena il castello del vampiro fu a vista Atsumu fece scoccare le redini ed il ronzino aumentò il passo. Fermarono il carro pochi minuti più tardi che il sole fu scomparso dietro l'orizzonte. Osamu non sapeva se suo fratello avesse calcolato appositamente i tempi per arrivare a quell'ora, ma in ogni caso lui non poté impedirsi di fissare il cielo con apprensione. Si voltò verso Atsumu per controllare se anche lui fosse nelle sue stesse condizioni, ma quello sorrideva, fremendo dall'eccitazione e quasi tremando per impedirsi di correre verso il portone. Quando si voltò verso di lui notando i suoi dubbi, gli sorrise dandogli una leggera spallata.  

"Ti piacerà non appena lo conoscerai." Disse poco prima di fare un passo avanti, e poi un altro, e un altro ancora, sempre più veloce, finché non furono entrambi a pochi centimetri dall'ingresso. Atsumu sollevò una mano per afferrare il picchiotto ed Osamu sospirò per tentare di prepararsi all'incontro con Sakusa, ma nessuno dei due ebbe il tempo di portare a termine i propri propositi: il pesante portone si spalancò di scatto e la figura slanciata del succhia-sangue incombette su di loro. Osamu agì d'istinto, facendo un passo indietro ed afferrando il braccio di Atsumu affinché lui facesse altrettanto, tuttavia questi non si mosse, rimanendo sul posto come avrebbe potuto fare solo una massiccia statua di pietra. Sgomento, Osamu saettò lo sguardo dal vampiro col gilet appariscente a suo fratello; l'atmosfera si fece immobile, gli occhi di entrambi incatenati a quelli dell'altro, le parole bloccate in gola e persino i fiati sospesi. 

"Sei tornato." Sussurrò il vampiro con la voce che gli usciva a malapena. 

"Sì." 

"Non avresti dovuto." 

"Questo lo benissimo anche io, Omi! Non fare il saccente!"  

Osamu non sapeva cosa si fosse aspettato di vedere; sapeva che in casi normali Atsumu avrebbe risposto a chiunque per le rime, ma quello davanti a loro era un assassino senza scrupoli, certamente non un "caso normale", ed urlargli contro non poteva di certo essere la soluzione migliore. 

"Allora perché sei qui?" Domandò ad Atsumu, stranamente senza alcuna ripercussione per il suo tono di poco prima. L'umano non rispose ed il silenzio si protrasse per qualche attimo.  

"Io ho una domanda migliore." Fece suo fratello, mortalmente serio. "Che. Cos. È. Quel gilet, Omi!" Scandì bene, finendo poi con una risata. In effetti, il gilet del vampiro era (ovviamente) stata la prima cosa che Osamu aveva notato. Dal verde dei limoni sfumava in un giallo deciso, e – sebbene fosse da riconoscere quanto gli fasciasse bene la vita – non poteva che cozzare con la bella camicia color panna a falde larghe ed i pantaloni scuri. 

Sakusa guardò in basso il proprio vestiario e anche se Osamu stentava a credere ai propri occhi, avrebbe giurato che fosse in imbarazzo. 

"L'ho visto nella bottega di un sarto un paio di anni fa e ho pensato che ti sarebbe potuto piacere, quindi l'ho preso." Se quella frase, così umana e persino affettuosa, destabilizzò Osamu, Atsumu non fece una piega, e invece continuò a ridere. 

"Come hai potuto pensare che mi sarebbe piaciuto!? È orribile e lo odio. Ti sta malissimo, Omi."  

Invece di arrabbiarsi, il vampiro sorrise di rimando. "Allora diciamo che l'ho visto e ho pensato che ti avrebbe fatto ridere." Le risate di suo fratello si fecero più allegre. "E avevo ragione." Concluse il corvino. 

A quel punto Atsumu si morse il labbro, indeciso, forse, sulle prossime parole da usare. 

"Hai avuto torto su una cosa però, poco fa." Alla tacita domanda nello sguardo di Sakusa, Atsumu rispose: "Riguardo al fatto che non sarei dovuto tornare." 

"Non ho mai avuto più ragione, invece." 

"Allora perché non hai finto di esserti trasferito? Sono passati quasi quattro anni da quando me ne sono andato. Non mi sarei stupito se non ti avessi trovato." L'altro non rispose, quindi Atsumu continuò ad infierire: "Invece sei corso ad aprirmi la porta. Hai sentito il mio odore, non è così? O hai riconosciuto il suono dei miei passi? Non hai lasciato neanche che bussassi alla porta." 

"Tu avresti dovuto essere più forte di me. O più saggio, quantomeno. Che ne è del tuo istinto di preservazione?" 

"Fanculo!" Sbraitò Atsumu. "È proprio per quell'istinto che sono qui!" Dopodiché si sentì solo il rabbioso respiro d'affanno di Atsumu per un po'. Osamu prese a studiare le reazioni del vampiro: era lì per quel motivo, dopotutto, ed i due non sembravano starsi rendendo conto che con loro ci fosse anche lui, il che gli stava rendendo il compito più semplice. Sapeva cosa suo fratello provava per l'altro, eppure se fu strano per lui vedere Atsumu urlare così liberamente contro Sakusa, ancora di più lo fu vedere lo sguardo di questi così perdutamente vittima dell'umano. Quell'immagine si dissociava talmente tanto dalla sua idea di quel mostro e dai pochi ricordi che ne aveva che l'unica spiegazione plausibile che gli venne in mente fu di starsi immaginando ogni cosa, eppure i sentimenti di quei due erano tanto chiari da far invidia al sole. 

"Non sei cambiato." Disse Kiyoomi ad Atsumu. "Continui a non fare quello che ti dico." L'altro sollevò il mento. 

"Non devo più." 

"No, infatti." Concordò il corvino. "Perché ho lasciato che fuggissi." 

"Ma ora sono tornato." 

"Non dovevi." 

"Ma l'ho fatto! E voglio restare." A quel punto Sakusa spalancò gli occhi, ma qualsiasi cosa avesse avuto intenzione di rispondere, gli rimase bloccata in gola. Atsumu fece un passo in avanti arrivando a un palmo dalle fauci dell'altro, ed Osamu trattenne il fiato. 

"Però stavolta sarò io a mettere delle regole." Incapace di parlare, il corvino annuì. 

"Se è qualcosa che riguarda me dovrai sempre assicurarti di avere il mio consenso. Sono libero, quindi potrò fare quello che mi pare. Voglio che andiamo a vivere in città, così durante il giorno avrò qualcosa da fare se mi andrà di uscire. E potrò invitare chiunque io voglia e tu dovrai comportarti bene. Mi tengo i miei capelli castani." Fece una pausa, poi il suo sguardo cadde verso il petto del vampiro. "E non potrai più comprare cose gialle o verdi senza il mio benestare. Non sai sceglierle, Omi! Al nostro guardaroba ci penso io." Atsumu sorrise della propria ultima richiesta, ma il corvino era ancora troppo trasognato per reagire in altro modo se non deglutire sonoramente, forse nel tentativo di riprendersi. 

"Accordato." Sussurrò infine, e Miya annuì soddisfatto.  

"Vuoi che io accetti qualcosa in cambio?" Gli chiese, ma Kiyoomi scosse la testa, stupendo Osamu. Atsumu si rilassò visibilmente, trasformando la grinta in un più rilassato sentimento d'affetto; i suoi occhi castani si sciolsero in miele ed il suo fiato si fece irregolare, come in trepidante attesa. Gli occhi neri del succhia-sangue si incatenarono alle labbra dell'altro, poi tonarono agli occhi. 

"Posso baciarti?" Domandò, vibrando d'ansia e di aspettativa. 

"Sì, per favore." Esalò Atsumu, ed un attimo dopo furono l'uno sull'altro. Per quanto tentato di distogliere lo sguardo, una forte voglia di comprendere si impadronì di Osamu: le braccia di suo fratello si legarono attorno al collo di Sakusa mentre quelle del corvino cingevano la vita di Atsumu stringendo nei propri pugni le sue vesti. Il bacio che si scambiarono fu lungo e profondo e sembrò trasportarli in un modo interamente loro. Gli occhi di entrambi erano chiusi, le sopracciglia aggrottate in un'espressione piena di passione e sentimento. 

Si separarono solo quando Atsumu ebbe bisogno di respirare, a quel punto Sakusa gli accarezzò una guancia, sorridendo raggiante, ammaliato dal viso di Atsumu ed in estasi per il fatto di averlo davanti ai propri occhi, poi si fece avanti, puntando il viso verso il collo dell'uomo, ed Osamu rimpianse tutto: la sua debolezza nel non aver convinto il fratello ad ascoltarlo, la sua stoltezza per aver anche solo creduto che una creatura del calibro di Sakusa Kiyoomi potesse provare amore, ma non fece in tempo a concludere quei pensieri che dovette ricredersi. I canini del vampiro superarono il collo di Atsumu senza sfiorarlo nemmeno; Sakusa seppellì il viso nell'incavo della spalla di Miya e strinse forte l'umano in un abbraccio pieno di tenerezza. 

"Grazie." Sentì la sua voce attutita. "Grazie, grazie per essere tornato." Osamu non capiva come poco prima avesse potuto credere che Kiyoomi volesse morderlo, quando bere il sangue di Atsumu sembrava così distante dei suoi pensieri. 

"Atsu, non ho mai smesso." Continuò il corvino. "Penso ancora quelle cose che ti ho detto." Osamu non aveva idea di cosa il corvino stesse parlando, ma notò suo fratello irrigidirsi poco prima di sciogliersi completamente tra le braccia di Sakusa.  

"Anch'io ti amo." Gli rispose, scioccando Osamu meno di quanto questi avrebbe voluto ammettere. "Ti amavo allora, e ti amo anche di più adesso." 

Il vampiro strinse maggiormente la presa. "Prometto che farò in modo di meritarmelo." In risposta Atsumu mormorò compiaciuto ed iniziò a giocare con i suoi riccioli neri. 

"Perché non cominci dal fare cambiare idea su di te a mio fratello?" Suggerì, poi i due si voltarono verso di lui, a un tratto di nuovo consapevoli della sua presenza.  

Kiyoomi gli aveva già iniziato a fargli cambiare idea e non ci aveva neanche provato, ma Miya avrebbe preferito morire prima di ammetterlo a suo fratello e soprattutto prima di lasciare che le cose potessero diventare facili per Sakusa. Osamu incrociò le braccia, quindi, e minaccioso (per quanto un umano potesse esserlo per un immortale) strinse le labbra e sollevò un sopracciglio. 

"Può provarci." Accordò infine. Atsumu sorrise, Kiyoomi un po’ meno, poi il vampiro fece un passo di lato per fare accomodare gli umani nel castello.  

"Temo che non inizierò con una bella figura. Non ho più servitori e non ho mai imparato ad usare i fornelli, vi offrirei del thè o un po' di caffè, ma non ho idea di come si dovrebbe fare." Osamu trattenne una risata beffarda mentre Atsumu la sfogava ad alta voce, poi questi prese Kiyoomi per mano e iniziò a marciare verso quella che doveva essere la direzione della cucina. 

"Non dirmi che non usi una cucina dal XIII secolo, Omi." 

"In realtà non ho dovuto neanche quando ero umano. Avevo la servitù." 

"Ovviamente!" Osamu sentì la voce sempre più lontana di Atsumu sbeffeggiarlo. "Vorrà dire che stavolta insegnerò io qualcosa a te. Posso aggiungere che voglio la colazione a letto almeno una volta a settimana tra le mie regole?" 

"Puoi aggiungere tutte le regole che vuoi, Atsumu." 

Osamu si godette quel quadretto per qualche secondo ancora, prima di raggiungerli. I timori che l'avevano attanagliato durante gli ultimi otto anni erano stati dettati da fatti concreti ed episodi di indiscutibile crudeltà da parte del vampiro. Ma c’era di più. Atsumu aveva provato a dirglielo nel corso degli ultimi anni, e adesso – forse – Osamu era pronto ad ascoltarlo. Miya non avrebbe mai potuto approvare un nuovo tentativo di convivenza tra Atsumu ed il suo aguzzino, eppure davanti a lui si parava qualcos'altro, non una vittima con il suo carnefice, bensì due anime che si amavano, e quello sì, col tempo avrebbe potuto accettarlo. 

Fin. 
 


n.a. 
Eccoci alla fine. Spero vi sia piaciuta! Ci sono volute quasi 38K parole per cercare di “giustificare” l’amore di Atsumu per Sakusa. Lascio a voi il giudizio finale! 
Da questo punto in avanti non aggiungo altro. Ho pensato a mille finali diversi, ma eccetto che per questo risultavano essere tutti angst, e qualcuno mi ha vietato di farlo...  
Dato che sono stronza, però, ora vi dico il mio headcanon (ringraziatemi più tardi, eheh): Atsumu non vuole essere trasformato e Kiyoomi lo rispetta. Vivono insieme finché Atsumu non muore di cause naturali. Dopo un centinaio di anni passati senza Atsumu, Kiyoomi capisce che non riavrà mai un amore simile; ripensa al sorriso di Atsumu con affetto paragonandolo alla bellezza del sole e capisce che – in effetti – non sarebbe un brutto modo per raggiungerlo: aspetta l’alba, apre le porte, fa qualche passo in giardino e sorride alla vista del sole che spunta all’orizzonte. Poi si dissolve. (SORRY-NOT-SORRY). 

È stato un pacioro. Adiòs! 

   
 
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