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Autore: Sharon Johanson    02/01/2024    1 recensioni
“Sono sicuro di quello che dico. Non mentirei. Mai.”
“Satoshi, rifletti. Tokyo è immensa. Ci sono tante persone che possono assomigliarmi. Il mio ragionamento vale per chiunque.”
“Quanti ragazzi che ti assomigliano possono chiamarsi proprio Geto Suguru?”
“Tanti. È un nome abbastanza comune. Tokyo è abitata da quasi 14 milioni di persone.”
Genere: Drammatico, Horror, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Geto Suguru, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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“Ho già sprecato troppe lacrime per lui. Spero che tu non faccia il mio stesso errore. Tuo fratello non cambierà mai.”

Hayato aveva ragione: Suguru non sarebbe mai cambiato, per nessuno. Eppure, nonostante questa consapevolezza, anzi, nonostante tutto, Hitomi doveva parlare con suo fratello, doveva affrontarlo. Voleva che comprendesse gli errori imperdonabili che aveva scelto di fare e non nascondeva di desiderare che lui implorasse il perdono per aver reso i suoi -non più i loro- genitori delle vittime. E questa volta non si sarebbe fatta manipolare. 

“Promettimi che non proverai ad avvicinarti a lui.” 

Hitomi scosse lentamente la testa. “Non posso, Hayato. Mi sono illusa di conoscere la verità. Invece ci sono ancora così tante domande e… sarà Suguru a rispondermi. Deve essere lui, per forza.”

Hayato rimase impassibile. In verità era quasi contrariato dalla determinazione feroce di Hitomi. Era troppo immatura, troppo spericolata. Ma la comprendeva alla perfezione, perché anche lui un tempo possedeva la medesima ferocia di Hitomi.

“Non mi importa, Hitomi.” Rispose flebilmente. “Non ti permetterò di metterti un’altra volta in pericolo. Giusto perché tu lo sappia: è probabile che Suguru, per garantire la sicurezza della sua famiglia e stronzate simili, abbia levato le tende. Andare fino al tempio potrebbe essere inutile.”

È probabile. Potrebbe. Manca solo un bel forse. Non sei neanche sicuro di quello che dici.”

“Santo cielo. Ultimamente mi sembra di essere diventato un disco rotto. Ripeto sempre le stesse cose.” Allungò il collo per osservare annoiato l’orario. “Rimandiamo questo discorso. Sei troppo arrabbiata per ragionare lucidamente.”

Hitomi corrucciò la fronte. “Sono arrabbiata per tante cose. Se non vuoi che io lo cerchi da sola, allora accompagnami!”

“La rabbia non ti porterà da nessuna parte. Te lo dico per esperienza.” 

Il suono acuto del citofono soffocò sul nascere la risposta della ragazza. 

Il “meglio tardi che mai” che mormorò Hayato, le fece arrivare uno scomodo sospetto. Quando lui aprì la porta e una voce troppo famigliare disse un “Ciao..Hayato?” ridicolmente insicuro, il sospetto diventò una scomoda certezza. 

Cosa voleva Satoshi? 

Non ci fu nemmeno il bisogno che Hayato la chiamasse a gran voce poiché si era già posizionata davanti al ragazzo. Per un istante Satoshi andò in tilt. Hitomi era sempre bella.

“Oh, sei stata veloce.” Commentò Hayato palesemente divertito. “Allora… Satoshi è venuto fino a qui per scusarsi con te.” Lo aveva detto come se stesse spiegando il significato di una parola complicata a dei bambini molto piccoli.  

“Sono contento di vederti… Hitomi.” 

“Stato tu a costringerlo?” Domandò incuriosita. 

Hayato scoppiò a ridere. “Non proprio, però vorrei essere ringraziato.”

“Ecco…” si intromise lui. “Volevo scusarmi per-”

“Per aver finto di svenire mentre rischiavo la vita per proteggerti. Ti ho già perdonato.” In lei non c’era nessuna traccia di rancore o di rimprovero e Satoshi lo aveva capito al volo, eppure… quelle parole pronunciate con un enorme indifferenza, lo avevano colpito. 

“Andate a fare spettacolo da qualche altra parte.” Hayato diede delle piccole spinte sulle spalle di entrambi fino a mandarli fuori dalla cucina. “Buona fortuna.” Ripetè lui. “Se sarai ancora intero ci rivedremo a cena.”

Satoshi spalancò la bocca. “Mi avevi promesso che avresti evitato che lei mi prendereste a calci! Hi-hitomi… dove vai? Aspettami..!”

Riuscì per un pelo a evitare che la porta della camera in cui erano arrivati gli si chiudesse in faccia.

“Come stai?”

“Non prendermi per il culo.” Disse con una calma che rese maggiormente incerto il ragazzo. 

“Mi dispiace per il braccio, cioè… mi dispiace per… tutto.” 

“Vedo cose e mi diverto a colpire il vuoto. Non ti facevo paura?” 

“Non ho mai avuto paura di te.” Contestò inaspettatamente deciso. “Ascolta, non voglio giustificarmi per essermi comportato di merda. È solo che… quello abbiamo vissuto è stato orribile. Ho passato intere ore a pensare che tuo fratello sarebbe venuto a uccidermi per tapparmi la bocca. Poi è arrivata la tua telefonata e… scusami.” 

Hitomi si sedette sul letto e con un cenno invitò Satoshi a fare lo stesso. “Smettila di scusarti in continuazione. È stato Hayato a farti cambiare idea. Giusto?”

“Sì.” Ammise scoraggiato. “È venuto due volte a farmi visita. La prima volta, è stata quando sono tornato a casa mia dopo essere scappato dal tempio. Anzi… è stato tuo fratello a invitarmi di uscire.” Il solo ricordo di avere fluttuato a dieci centimetri di distanza dal pavimento perché qualcosa -che non avrebbe mai potuto vedere- lo aveva preso di peso, gli causò i brividi. “Hayato mi stava già aspettando. Era furioso e faceva paura. Mi ha fatto sputare il rospo e non ho avuto scelta: ho dovuto raccontargli tutta la storia assurda.”

“Oh. Vai avanti.”

“La seconda volta è stata dopo due giorni. Mi ha dato alcune spiegazioni che fatico ancora a elaborare, ma… hanno senso. Rispondono a tutte le domande che mi ero posto. Credo di avere più paura di Hayato che degli… spiriti.” 

“Si chiamano maledizioni.” 

“G-giusto. Volevo chiederti… ecco, hai intenzione di ritornare a scuola? Non vieni da, uhm… un mese?”

Hitomi si distese sul letto e Satoshi, spinto da un improvviso attacco di coraggio, si coricò anche lui. Erano uno accanto all’altra, proprio come una volta. 

“Non lo so. Forse perderò anche l’anno. Credo di avere superato il numero massimo di assenze. Per me non è un problema ripetere l’anno.” 

“Non puoi dire sul serio! Sai… i senpai del club mi chiedono sempre di te.” Lui, con attenzione e cura, le sfiorò la guancia calda. “Ritornare a scuola ti farebbe bene. Non puoi stare qui per sempre. Hai bisogno di uscire e di… tenerti impegnata per non pensare a… accidenti, non so nemmeno cosa sto dicendo.”

Lei gli diede una carezza e lui, rimase fermo ad assaporare quel calore che gli era tanto mancato. Hitomi si rese conto solo in questo momento di quanto la presenza di Satoshi l’avesse alleggerita. Per un attimo era stato come se fosse tornata indietro nel tempo, precisamente fino al giorno prima di intrufolarsi nel tempio. 

“Ho un’idea. Mi aiuteresti ad essere più occupata?”

“Certo! Come posso aiutarti?” 

Hitomi si avvicinò sorridente al suo orecchio e sussurrò parole che fecero accelerare il battito cardiaco del ragazzo. Satoshi spalancò la bocca. “Dici sul serio? Non è troppo… improvviso? No, non fraintendere! Lo voglio anche io, lo voglio eccome, e… se dovesse scoprirci Hayato?” 

“Andrà tutto bene. Spogliami.”

Satoshi non se lo fece ripetere due volte. 

.

.

Il cadavere ancora fresco di un uomo, giaceva al centro di una sala ampiamente illuminata. Tutti coloro che avevano visto la maniera brutale con la quale era stato ucciso, si erano inchinati così tanto che la loro fronte toccava il pavimento freddo. I seguaci di Geto-sama erano terrorizzati. Nessuno parlava, nessuno osava lamentarsi. I dolori lancinanti che avevano alla schiena e alla testa, non erano paragonabili alla paura che stavano provando. Alcuni si chiedevano se avessero il diritto di respirare la stessa aria di Geto-sama.

“Mi rivolgo ai nuovi seguaci del tempio: cosa non comprendete della parola obbedire?” Suguru sospirò sconsolato. “Ah, perché sto pretendendo qualcosa da voi? Siete solo delle scimmie, è evidente che persino il concetto più banale vi sia sconosciuto.” 

Ad un tratto, il silenzio tombale venne interrotto dalla suoneria allegra di un cellulare. L’espressione cupa di Suguru fece spazio a un simpatico sorriso. 

“Manami!~ Sono da un po’ troppo tempo senza vederti. Devo preoccuparmi?” 

“Ho trovato Hitomi.” Asserì la donna. Era dannatamente orgogliosa di se stessa per avere finalmente raccolto i frutti delle sue solitarie ricerche. Aveva imposto alle gemelle di stare fuori da questa faccenda e persino gli insistenti aiuti che Larue e Toshihisa le avevano offerto più volte, erano stati rifiutati. Sempre. 

Il giorno in cui Manami aveva smesso di sentirsi in colpa per aver permesso a Hitomi di scappare, era arrivato. 

“Santo cielo.” Esclamò infelice. “Non dovevi spingerti fino a tanto. Sarai stanca morta. Manami, non voglio rendere vano il tuo duro lavoro dubitando delle tue capacità investigative, tuttavia… sei sicura di averla trovata?”

“Al 100%.” Confermò uscendo furtivamente dal cortile che circondava il complesso di appartamenti. “Ho deciso di focalizzarmi sul biondo -Satoshi, ricordi?-. Abbiamo dedotto che Hitomi si è allontanata con una macchina, quindi non aveva senso rintracciare ogni suo residuo ambiguo di energia maledetta considerando che si sarebbe certamente interrotto. Sai cosa ho scoperto? Quel ragazzo è scappato dal tempio a piedi, lasciandoci una quantità imbarazzante di residui. Ho pensato: visto che lui e Hitomi sono molto intimi, se lo troviamo, possiamo trovare anche lei.”

“Apprezzo davvero il tuo impegno. È solo che mi è sembrato di averti detto che Hitomi e la scimmia bionda hanno litigato. Le probabilità che siano insieme sono piuttosto misere.” 

“Satoshi era l’unica pista concreta che avevo tra le mani. Lo ammetto, anche io ero scettica, ma la perlustrazione di questa zona, mi ha dato una conferma che non posso ignorare. Ci sono…” continuò a dire abbassando il volume della voce. “…alcuni frammenti che corrispondono a quelli che abbiamo trovato al parco. Tanaka Hayato o chiunque abbia portato con sé Hitomi, si trova qui. Inoltre, più mi avvicino a questi appartamenti, più percepisco una presenza che combacia con quei frammenti. Devo solo da scoprire il numero dell’appartamento. Vale la pena fare un tentativo.

Suguru sorrise sconfitto. “Non so come ringraziarti. Mandami la tua posizione, ti raggiungo. Ho in mente un piano per trovarla subito.” 

.

.

“È stato… incredibile. Tu sei incredibile.” Affermò Satoshi estasiato. 

“Rimettiti i vestiti. Adesso.” Mormorò lei già vestita. “Eh? Dove vai?” 

“Da Hayato. Ho capito una cosa.” Lei, senza aspettare la risposta del ragazzo, andò a cercarlo. 

Lo trovò accomodato su una poltrona di pelle -che fino a ieri non c’era-, mentre sorseggiava placidamente del vino bianco. 

“Ti serve qualcosa?” 

“Credevo di trovarti in cucina.” 

“In effetti fino a poco fa mi trovavo in cucina. La cena è quasi pront-… Hitomi. Perché indossi la maglietta di Satoshi?” 

Fregata. 

“Eh?” Si morse l’interno delle guance. Non aveva badato a ciò che aveva addosso. La sua attenzione fu catturata, piano piano, dai pantaloni -che sicuramente Hayato aveva già notato- messi al contrario. 

Merda. Pazienza. Lo avrebbe scoperto in ogni caso.

“Io…” 

Hayato si massaggiò le tempie. Non poteva crederci che stava per affrontare quel discorso. Non era davvero un buon momento, per entrambi. 

“Io…” La imitò con tono sarcastico.

“Io mi sto impegnando per rispondere alla tua domanda. Credo che tu… lo abbia già capito.”

“Cosa dovrei avere capito?” Domandò fingendo ingenuità. 

“Io e Satoshi lo abbiamo-” 

“Hitomi.” L’aveva interrotta di proposito. “Ho capito. Ti stavo solo prendendo in giro, non c’è bisogno che tu mi descriva la cosa.”

Hitomi alzò un sopracciglio. Tutto qui? A volte Hayato diventava parecchio strano. “È successo anche altre volte.” 

Questa deve essere la punizione per averle mollato uno schiaffo.

“Ne parleremo dopo cena. Per quale motivo mi stavi cercando?” 

“Ah, giusto. Secondo te posso ritornare a scuola?”

Come se avesse ricevuto una scossa, Hayato si alzò subito in piedi e trascinò Hitomi lontana dalla finestra. 

“Hayato? Cosa ti prende?” 

Lui girò la testa da tutte le direzioni. Qualcosa era entrata nel loro spazio con la stessa velocità con cui era uscita. 

La presenza di un centiniamo di maledizioni pericolosamente vicine, gli provocarono un ulteriore scossa. 

Geto Suguru, giochi sporco. 

“Ho un brutto presentimento. Mi sento come se fossi vicino a mio fratello.”  

“Non sei lontana dalla verità. Tuo fratello ci ha appena trovato e adesso, le persone che abitano in questi appartamenti, rischiano la vita. Siamo tutti nella merda. Satoshi!” Alzò la voce. 

“Rivestiti e-” La porta d’ingresso venne sfondata con una violenza incredibile. 

Lei, appena vide la creatura che aveva di fronte, rimase paralizzata. La maledizione che aveva usato suo fratello per farle del male, si trovava nuovamente davanti a lei. 

“T… T… Ti… ricordi… d..di m… me?” Come avrebbe potuto scordare quella voce tanto disgustosa?

“Non preoccuparti.” Hayato le appoggiò una mano sopra la testa. “Sono qui per proteggerti.” 

 

 

 

 

 

  
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